2015년 10월 28일 수요일

Storia del Quindici Maggio in Napoli 4

Storia del Quindici Maggio in Napoli 4


V
 
15 MAGGIO.
 
 
Le truppe si ritirarono, la Camera si sciolse, ma il fermento restò
nella via di Toledo, ove si seguitò la costruzione di nuove barricate.
Da tutte parti accorrevano guardie nazionali, ma tra queste non eravi
ordine alcuno il comando non era concentrato, onde partissero le
disposizioni; non governo di sorta, ciascuno faceva da sè: furono
convocati gli uffiziali e molti si presentarono; parte di questi restò,
altra parte si ritirò. Per le prime ore del mattino si fecero nuove
barricate, quindi si ristette, e verso le nove ore tutte le vie di
Toledo eran chiuse e lo sbocco dei vicoli alla via grande era custodito
da qualche fazione. A meglio intendere i fatti che vanno a seguire, io
credo necessario parlare di questa via che fu il campo principale della
strage nefanda.
 
Napoli è chiusa quasi in semicerchio, da parte di terra, dai colli
di Pizzo-Falcone, S. Elmo, Capodimonte, dal poggio ove è situato il
palazzo della Riccia da cui piglia il nome, da Capodichino, dal quale
ultimo colle attraversandosi per ubertose paludi e verzieri si giunge
al mare che chiude il semicerchio. Partendo dal colle di Capodimonte,
traversando il real museo e le fosse del grano comincia la via Toledo
che termina col palazzo reale, il cui piede vien bagnato dal mare. La
via splendida di alti palagi ove abitano i più ricchi e la più scelta
nobiltà, la frequenza della gente che vi affluisce, il numero immenso
delle carrozze che la percorrono, il romore delle grida, le voci
dei venditori, i magazzini che la fiancheggiano splendidi d'immense
dovizie, ne formano una delle principali vie delle più popolose città
del mondo. Da destra a sinistra vie e _vicoli_ mettono in essa.
 
Molte barricate principali la traversavano, ed altre secondarie la
chiudevano dalla parte dei _vicoli_. Io replico, nella guardia
nazionale lo scopo della formazione delle barricate (provocate dalle
regie spie) era quello di una dimostrazione. E questo vien dimostrato
dal non aversi eletto un capo militare dal lasciar passare per le
barricate gran numero di curiosi, tra i quali non mancavano certamente
ufficiali senza uniforme; ed in ultimo dalle munizioni scarse in
alcuni, nulle in altri. Così trascorse ancora del tempo fino a che
si riunirono i Deputati di nuovo in Monteoliveto in abito di gala, mai
supponendo che le cose avessero dovuto prendere un'attitudine così
minacciosa, e maravigliando che non fossero disfatte le barricate,
anzi trovandone delle nuove. Allora raccolti formarono delle nuove
deputazioni e si intavolarono nuove trattative; ad ogni modo essi
Deputati fecero affiggere per le vie e per i cantoni di Toledo dei
cartelli (in quell'istante io era nelle barricate). Questi contenevano
un invito alla nazione di disfarle ed aprir la via per la solenne
cerimonia, essendosi differito il giuramento. Codesti cartelli in
pessimo carattere da molti non furon creduti opera del Parlamento,
bensì affissi per paura nata nel cuore del re, e pigliarono ardire;
altri non vollero prestare obbedienza, perchè diceano, una volta
composta la nazione ad attitudine così minacciosa, tolto quel baluardo,
si sarebbe stati esposti ai colpi della tirannide, che avrebbe preso
una vendetta per procedere così ardito. Infelici! e' non sapevano per
l'opera del tiranno essere raccolti lì, e che già era accesa la miccia
dei cannoni e non s'aspettava che un segno.
 
Non essendovi capi, e come avviene in questi casi, tutti dissero le
loro, ognun fece da se, e le barricate restarono. Intanto scorrevano
momenti terribili... sì, momenti terribili.
 
In questo tempo io veggo passeggiare le barricate da un generale
svizzero, alto e tarchiato della persona, con due occhietti grigi,
seguito da un cavallo ed un'ordinanza, e circondato da molti ufficiali
della guardia nazionale. La faccia di costui mi parve equivoca, un
tristo presentimento mi strinse il cuore; quel volto non m'era nuovo;
cercai una memoria... e la trovai: in occasione dell'espulsione dei
gesuiti, ad alcuni suoi ufficiali che mostravano troppo zelo in favor
della nazione egli dicea, moderandone l'ardore, _prudence, prudence,
nous ignorons l'avenir_; ed io lo sentiva e quella cautela mi parve
ed era l'indizio di un animo doppio e tale da piegare agli eventi, e
farsene strumento. Ora veder costui nelle barricate spiegare un'aria
di liberalismo... egli soldato del tiranno! mi fè concepire gravi
sospetti; interrogai alcuni amici, che tutti lieti mi dicevano esser
colui da parte nostra, io ne dubitai... allora risolutamente me gli
feci innanzi e gli dimandai: Chi siete voi signore? egli rispose,
Svizzero repubblicano; per favor di chi venite? egli esitò un istante,
il mio contegno risoluto lo tenne un momento sospeso, ma presente a sè
stesso, riprese: pel popolo! questo è il momento d'innalzarvi a nazione
gigante! coraggio, io vengo da parte di sei mila Svizzeri, sei mila
braccia repubblicane son per voi; animo, o valorosi! Il suo discorso fu
chiuso coi plausi del crocchio che lo cingeva, ma io vedea la patria
mia sul punto di divenire un campo di battaglia, per abbandonarmi
a mal fondato entusiasmo; onde dissi ad alcuni ufficiali in nome
d'Iddio non ve ne fidate; se veramente è per noi, resti con noi, e
mandi gli ordini ai reggimenti svizzeri. Il mio consiglio non fu
accolto, mi fu risposto che non si sarebbe abusato della fiducia d'uno
che volente era venuto fralle barricate; gli aprirono un passaggio
e lo congedarono con nuovi e replicati plausi. Io mi restai muto, e
guardai i balconi guarniti di giovani pronti ad opporre una vigorosa
resistenza e dalle barricate gioventù decisa che ad ogni istante
prendeva posto sui balconi; la gente cominciava a diradare, la scena
si facea da momento in momento più imponente e minacciosa; da un'altra
parte v'erano in mezzo al largo di palazzo alcune migliaja di soldati;
io trovai una certa sicurezza nei liberali che avrebbero avuto a
lottare con armi eguali, fucili contro fucili, giacchè non si vedeano
cannoni fiancheggiar la truppa. Scarsa ragione! non potevano uscir
le artiglierie da un momento all'altro? pure io sormontai la prima
barricata cioè quella fatta in contro al palazzo reale e mi trassi fino
al largo di San Francesco di Paola, piazza messa innanzi al palazzo, e
vidi i cannoni celati dietro le fila dei soldati ed i cannonieri colle
miccie accese; mi ritrassi col cuore che mi si facea in brani, vedendo
Napolitani approntare la mano omicida sulla macchina distruttrice che
dovea fulminare i fratelli, le mura, i palazzi; spargere di terrore
e di sangue le vie che tante volte aveano passeggiate, le vie della
patria loro; ed i nostri che avrebbero opposto al cannone? pochi in
numero, col baluardo insicuro di deboli barricate, e fiducianti in
insidiose promesse; guardai il cielo... come era bello e limpido! come
era raggiante il sole di maggio! Ma tra poco l'azzurro del cielo ed
il disco solare sarebbe stato velato dal fumo della polvere, l'aria
assordata dai colpi di cannone e dalle strida delle vittime!...
 
Io tornai sulle barricate, ne avvertii i fratelli miei, i miei cari
fratelli, di cui tanti ho dovuto deplorare estinti; si comincia a
pensare davvero; si risolve correre attorno ai quartieri ove è la
truppa, rompere le vie ed impedirne l'uscita occupando i balconi
adiacenti dai quali un vivo fuoco li avrebbe ricacciati nelle caserme,
mentre si sarebbe consumato la rivolta a Toledo; si cominciò a mandar
gente in provincia per dimandar soccorso alle guardie nazionali di
là; si disponeva per aver sacchi d'arena... allorchè s'intese una
archibugiata partita nessun sà da dove; il levarsi e l'accorrer
delle truppe alle barricate, e il ricambiar colla nazione la fucilata
micidialissima, e il tuonar del cannone, fu un punto solo.
 
La nefanda strage è cominciata: dalla barricata S. Ferdinando e dai
balconi dei palazzi parte un fuoco micidiale diretto contro la truppa,
che da parte sua risponde con fuoco non meno vivo; solo essendo la
guardia nazionale in eccellenti posizioni e difesa dalle materasse
collocate sulle ringhiere dei balconi, così i suoi colpi recavano danno
gravissimo alla truppa che trovavasi scoperta nel largo; aggiungi che
essendovi molti provinciali che tiravan sulla regia armata, nessun
colpo partiva dai loro fucili senza recar morte, essendo essi educati
al tiro delle armi nell'esercizio della caccia.
 
Nel primo cominciar del fuoco cadde ferito il generale Statella da
proiettile che gli ruppe la rotella del ginocchio, e parecchi ufficiali
e gran numero di soldati furono uccisi. Tosto si aprirono le fila ed
uscì l'artiglieria che cominciò a battere contro le barricate, e la
mitraglia che fulminava contro i balconi; ma la barricata S. Ferdinando
era unicamente costruita con arte militare a segno che poco nocumento
ne riceveva e del pari i balconi per la cura con cui erano difesi: così
passò circa un'ora in cui il vantaggio si manifestava per la guardia
nazionale, tuttochè anch'essa soffrisse qualche perdita, giacchè molta
truppa in agguato dal palazzo reale tirava sopra alcuni terrazzi e
balconi ove i combattenti non erano abbastanza difesi[5].
 
Fin dal principio dell'attacco il re avea fatto tirare tre colpi a
polvere dalle castella ed inalberare bandiera rossa, ed a quel segnale
uscirono di nuovo le truppe dai quartieri eccole giungere sul luogo
della tremenda battaglia con altra artiglieria; qui ricomincia un
fuoco spaventevole: non v'è balcone o finestra dalla quale non si
faccia fuoco, e dall'altra parte il fuoco della truppa a scariche così
dette di _battaglione_, il fragore del cannoneggiamento, formavano
di quella ridentissima piazza una scena di terrore. Il re ordina a
Bouman, quello stesso che due ore prima io avea visto sulle barricate,
che si avanzassero i suoi reggimenti e dirigesse l'assalto da due
punti: dal largo di palazzo, e dal largo del castello onde prendere ai
fianchi la guardia nazionale. Il perfido Bouman dà le disposizioni; si
comincia l'assalto innanzi alla prima barricata; succede un accanito
e spaventevole conflitto, una strage tremenda: Bouman per aizzare
vieppiù la ferocia dei soldati, fa prendere i cadaveri dei compagni
e li fa passare per la fila, e le ire crescono e più s'accendono;
tornano gli Svizzeri all'assalto con più ferocia, ma con grave perdita
son respinti: il largo di palazzo e la barricata di S. Ferdinando sono
coperti di cadaveri. Escono i carretti e si riempiono d'estinti, escono
cataletti e son coperti da feriti. Nè miglior fortuna toccava a quei
che dal largo del Castello tentarono un assalto da parte di S. Brigida,
e la Concezione (due vie che mettono a Toledo). Tuttochè in quel punto
fossero protetti dall'artiglieria propria e dal fuoco delle castella,
pure dovettero indietreggiare con grave perdita di guisa, che la truppa
fino alle 2 e mezzo ebbe a contar la perdita di oltre a 1000 individui;
il fuoco ristà un momento, un silenzio funebre tremendo s'impadronisce
del campo di battaglia.
 
Intanto vogliam dire che Napoli era indifferente a questo spettacolo?
no; i cuori battevano al romore del cannone, ma le masse non erano
preparate ad una rivoluzione, nè questa era rivoluzione tentata dalla
nazione, quivi condotta dall'invito del tradimento: presso di lei
non erano armi nè munizioni; non conosceva con quale intendimento si
fossero costruite le barricate, nè perchè la guardia nazionale si fosse
posta a difesa di esse, ed in ultimo attaccato il fuoco, maravigliava
come si battesse colla truppa; la rivoluzione suole seguirsi o per
opinioni mature, o per setta o congiura antecedentemente apparecchiate,
nè il popolo napolitano fremea per concordia d'ire, nè per lega
d'opinioni.
 
Intanto i generali ricorrono al re, gli espongono lo stato delle cose:
un pugno di uomini collocati in sui balconi trionfar di parecchie
migliaja, mancare le munizioni, la diffidenza insinuarsi negli animi.
Ne fremè il Borbone, e tosto disse a diversi comandanti dei corpi:
_fate uscire artiglieria grossa, battete mura e porte, ed ai soldati
dite, che queste vie sono abitate dai più ricchi, e tutte le dovizie
che troveranno nei palagi espugnati saranno premio della vittoria:
intanto si puniscano i colpevoli ed in modo visibile_. Vi fu alcuno
che d'animo men tristo, fè osservare che con tali disposizioni le ire
potrebbero traboccare con maggior violenza ed i soldati inferocire con
ogni specie di baldanza e di licenza: impazientito il sovrano riprese:
si sa che il soldato non è frate e li accomiatò: quindi chiamò il
magazziniere della polvere, per nuova distribuzione di munizioni:
costui a quel comando trasalì pensando a che sarebbero impiegate
l'altre che gli venivano richieste; ma sperando poter impietosire
l'animo di Ferdinando, esitò alcun tempo ed accusò la dispersione di
chiavi: allora l'altro cavata di tasca una pistola gliela puntò sulla
faccia, intimandogli pronta resa delle chiavi se non volea restar morto, l'altro obbedì.

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