Passeggiate per l'Italia 1
Passeggiate per l'Italia, vol. 5
Author: Ferdinand Gregorovius
Notizie sull'Autore
Nacque Ferdinando Gregorovius il 19 gennaio 1821 nella piccola città
di Neidenburg, presso la frontiera polacca, in un antico castello
medioevale fondato dai cavalieri teutoni. Suo padre era consigliere di
giustizia a Neidenburg: appena innalzato a questo ufficio, ottenne dal
Governo che il glorioso castello, in gran parte ruinato ed abbandonato,
venisse interamente restaurato. Ivi prese sede il tribunale e fra
quelle storiche mura, che tanto dicevano del passato, si stabilì la
numerosa famiglia del consigliere di giustizia.
Certo, questa dimora esercitò la sua influenza sul giovane Ferdinando:
egli stesso ha lasciato detto che forse non avrebbe scritto la _Storia
di Roma nel medioevo_, se non avesse trascorso la sua giovinezza in
quel vecchio castello dei cavalieri tedeschi. Si aggiunga a questo la
rivoluzione della Polonia nel 1830, quando egli aveva nove anni, di
cui udì narrare tutte le fasi, e gli episodi più impressionanti e le
memorabili gesta. Sin da allora ei dovè cominciare ad appassionarsi
ai grandi fatti del passato, ricollegandoli a quelli del tragico e
sanguinoso presente, e a comprendere l'odio contro l'oppressore e la
pietà per l'oppresso.
Nel 1831 al giovane Gregorovius morì la madre di etisia, e poco
dopo egli fu dal padre mandato in ginnasio, a Gumbinnen, in casa di
un suo zio. Terminati nel 1835 questi studi, passò all'Università
di Königsberg, per seguire i corsi di teologia, continuando così
una tradizione della famiglia, giacchè l'avo, il padre ed il nonno
di suo padre erano stati pastori evangelici alla stessa parrocchia
nella Prussia orientale. Ma la teologia non rappresentava pel giovane
studente la sua più alta aspirazione ed in breve ei l'abbandonò
per dedicarsi invece interamente agli studi filosofici, letterari e
storici. Kant ed Hegel, spiegati da Carlo Rosenkranz, lo entusiasmarono
e per un momento si credette destinato a diventare egli pure un
filosofo.
Non pertanto, per esaudire un desiderio di suo padre, nel 1841 sostenne
felicemente gli esami di teologia; dopo di che abbandonò Königsberg, e
vagabondò per qualche tempo in cerca della propria via, dopo essersi
laureato anche in filosofia con uno studio sul _Senso del bello in
Plotino e presso i neoplatonici_.
In questo periodo di transizione, quando ancora nella sua mente v'era
qualcosa di caotico che impedivagli di vedere il dritto cammino che
gli si apriva dinanzi, compose molte liriche e un romanzo, _Werdomar e
Wladislaw_, che apparve nel 1845. Fu il tributo del giovane scrittore
al sorgente romanticismo tedesco che doveva poi tanto irritare Federigo
Nietzsche. L'azione tutta fantastica si svolgeva nel mondo in cui era
vissuto, sul confine tedesco-polacco. Il libro non ebbe un grande
successo, ma fu letto, sopratutto a Königsberg. Le sventure della
Polonia scossero e commossero fortemente Ferdinando Gregorovius, il
quale, nel 1848, riassunse sulla questione le sue idee in un opuscolo,
_L'idea polacca_. Più tardi pubblicò, sullo stesso argomento, una
raccolta di liriche, _Polen und Magyarenlieder_ (_Canzoni polacche e
magiare_).
Già in questi suoi primi lavori palpitava quel sentimento della vita
dell'umanità, quell'alto ideale umano che fu — come ha detto Domenico
Gnoli — come la stella a cui per tutta la vita sollevò l'occhio
dell'anima. «Io credo — scriveva nel romanzo sopra ricordato —
nell'umanità e nel suo genio». E in un altro suo scritto vagheggiava
«la fratellanza di tutti gl'interessi, di tutte le religioni, di tutte
le culture».
Nel primo centenario di Goethe pubblicò un caratteristico studio,
_Mastro Guglielmo ne' suoi elementi socialisti_, nel quale Goethe
appare come il Colombo della Germania che ha scoperto l'America
dell'Umanesimo.
L'anno 1851 segna una data di grande importanza pel grande storico,
perchè in quest'anno egli, per la prima volta, rivolse la sua
attenzione su Roma e su Roma scrisse una specie di biografia
drammatica, una tragedia, _La morte di Tiberio_, che se non era
un'opera di grande valore artistico e teatrale, appariva già come
un preludio alla sua grande opera avvenire sulla città dei Cesari. E
difatti, poco dopo cominciò la _Storia dell'Imperatore Augusto_, che
più tardi rifece ed ampliò.
In questo anno, 1852, avvenne un fatto che ha la sua importanza
biografica: il pittore storico Luigi Bornträger, suo carissimo amico,
su consiglio dei medici, partì per l'Italia e Gregorovius decise
di seguirlo. Visitò dapprima Venezia, poi, nell'estate, percorse la
Corsica, che illustrò in due volumi, si fermò a Firenze, donde proseguì
per l'Isola d'Elba, poscia Roma, Napoli, tutta l'Italia meridionale e
la Sicilia. Fu in questa sua peregrinazione attraverso la penisola che
scrisse per la _Gazzetta d'Augusta_ molti dei capitoli che figurano in
queste _Passeggiate per l'Italia_, apparse in Germania in cinque volumi
sotto il titolo di _Wanderjahre in Italien_, editi dal Brokhaus di
Lipsia; e cioè i capitoli: «San Marco in Firenze», «Melodie toscane»,
«L'Isola d'Elba», «Idilli delle spiagge romane», «Il Ghetto di Roma»,
e negli anni successivi gli altri che formano questa raccolta.
In queste monografie il suo ingegno aveva trovato la forma spontanea,
originale in cui manifestarsi in tutta la sua ricchezza, riunendo in
un genere nuovo, nel paesaggio storico, le forze e le attitudini varie
che aveva esercitato ne' suoi lavori di gioventù: il pensiero del
filosofo e la fantasia del poeta, la tavolozza del pittore e la ricerca
dell'erudito.
Ecco quello che ne ha scritto un poeta di fama ed un conoscitore di
cose romane di valore indiscutibile, Domenico Gnoli:
«Gregorovius entrò in Roma coll'animo del visitatore, proponendosi
di proseguire il suo viaggio dopo aver osservato e illustrato nel
presente e nelle origini storiche quanto di più caratteristico lo
colpisse. Incominciò infatti con uno scritto sul “Ghetto di Roma,” ma
avvinghiato a poco a poco dal fascino della città eterna, gli mancò la
forza di allontanarsi, e la stazione si cambiò in sede. A comprendere
l'impressione profonda prodotta dalla vita di Roma sull'anima
fantastica e meditativa del Gregorovius, conviene rappresentarsi
quel tempo di cui il ricordo, a noi stessi che vi abbiamo vissuto in
mezzo, è come la lettura d'una storia lontana. Se qualche moto si
agitava in Roma, nulla ne appariva alla superficie; ma ne' silenzi
di quell'isola medioevale pareva vivere solo la storia. La vicenda
degli avvenimenti del mondo, l'assiduo lavorío della scienza, le nuove
battaglie del pensiero vi giungevano come il sordo frangersi delle
onde in una spiaggia remota. Un passato d'immani grandezze, di glorie
immani schiacciava col suo peso il presente, e l'avvenire anch'esso
era aspirazione al passato: i contemporanei di Roma erano gli eroi
biancheggianti nel marmo, i martiri dormenti sotto i mosaici dorati
delle basiliche. E Gregorovius aspirava con tutta l'anima la poesia
della storia. Vedeva tre città, Gerusalemme, Atene e Roma rifulgere
come città universali nella vita del mondo: Gerusalemme portare alla
civiltà il monoteismo, Atene l'opera creatrice del pensiero e della
fantasia, Roma l'azione, l'_Imperium_, l'idea dello stato universale,
dell'unità della gente umana; e quindi Roma ereditare dalla Grecia
la cultura dell'intelletto, dalla Giudea la religione universale
ed estendere la civiltà coll'organamento universale dell'Impero, al
quale succede la monarchia universale della Chiesa che, accogliendo
l'organamento dello Stato, si fa dominatrice e legislatrice
dell'università dei popoli cristiani. Egli vedeva la Chiesa associarsi
al Germanesimo che aveva atterrato l'Impero, la Germania per lunghi
secoli avvinta a Roma coi legami della fede e dell'Impero germanico
romano, e la storia della città divenir parte integrante della
storia tedesca. Da Roma, come da una specola sublime, gli si apriva
sott'occhio tutto il medio evo, e le ricordanze nazionali spiccavano
per lui sul campo della storia del mondo cristiano. Pieno l'animo
della grande epopea romana, la vastità della materia spezzava la forma
ristretta del Paesaggio storico e si allarga nell'ardito concetto della
storia di Roma nel medio evo».
Così Ferdinando Gregorovius pervenne, attraverso a queste mirabili e
pittoresche monografie, alla grande opera di Roma medioevale, opera che
si leva come monumento gigantesco a perpetuare la gloria della città
eterna e che alla fama dell'autore è monumento perenne.
Ormai l'Italia era divenuta per lo storico tedesco la sua seconda
patria, ed egli vi rimase sino a quasi gli ultimi anni della sua
vita, sino al 1890, allontanandosene solo di tanto in tanto per dei
brevi periodi, nei quali tornava in Germania. Durante l'inverno
e la primavera, egli correva ogni anno fra' suoi amici italiani,
specialmente a Roma. Dopo il 1880 visitò la Grecia, l'Egitto, la Siria,
e frutti di tali viaggi furono degli studi sulla storia e i dintorni di
Atene, l'idillio «Corfù», la monografia «Atenaide», brevi lavori che
dovevano poi compendiarsi nella sua opera maggiore, la _Storia della
città di Atene nel medio evo_, apparsa nel 1889.
In questo frattempo, però, terminata la sua _Storia di Roma_, egli
aveva scritto un volume su Lucrezia Borgia, su documenti tratti dagli
archivi di Modena e di Mantova (1874); una monografia su _Urbano VIII
in lotta con la Spagna e l'Impero_ ed alcuni nuovi capitoli di queste
_Wanderjahre in Italien_.
L'ultimo lavoro dello storico tedesco fu una conferenza sulle «grandi
Monarchie o gl'Imperi universali della Storia», tenuta il 15 novembre
1890 all'Accademia bavarese delle scienze di Monaco. In quest'anno
egli aveva abbandonato Roma, lieto delle molte prove di ammirazione
e di affetto ricevute; contava di tornarvi nell'autunno seguente,
quando suo fratello Giulio si ammalò gravemente. Era da poco uscito
di convalescenza, quando, alla sua volta, Ferdinando si ammalò. «Ho da
pochi mesi compiuto il settantesimo anno — scriveva egli il 28 gennaio
— sicchè di ragione sono entrato nella via Appia e mi trovo vicinissimo
al _bustum_». Egli prevedeva prossima la morte. Tre mesi dopo soltanto,
infatti, il 1º maggio 1891, Ferdinando Gregorovius «cittadino romano» si spegneva nella città di Monaco.
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