2015년 6월 2일 화요일

Storia degli Esseni 23

Storia degli Esseni 23


che continuamente rinchiusi nelle loro cellette, nè uscivano, nè parlavano
con chicchessia, e che _di fronte alle speculazioni e allo studio_,
continua Filone, _ogni altro religioso dovere tenevano a vile_. Queste
sono le due classi, e questo il ritratto che ce ne offre principalmente
Giuseppe. Filone istesso non lascia di autorizzare la esistenza di
questa duplice classe. Filone, come altra volta vi dissi, scritto
aveva due libri l’uno «_ogni uomo onesto è libero_» e parlava degli
Esseni l’altro, _de vita contemplativa_ e vi trattava dei Terapeuti;
ma ciò che grandemente interessa la questione presente, si è il modo,
si è la frase con cui Filone trapassa dal 1º libro al 2º da quello
cioè che concerne gli Esseni a quello che riguarda i Terapeuti. Egli
usa parole che non solo confermano la esistenza della duplice classe
da noi accennata, ma ci additano altresì la speciale composizione
dello Essenato Palestinese ed Egizio e quale e nell’uno e nell’altro
predominasse degli accennati elementi, _Pratico_ o _Contemplativo_.
_Avendo già_, così dice Filone all’esordire del 2º libro, _avendo già
fatto parola degli Esseni_ (e già aveva detto precedentemente come
cotesti la Palestina avessero a patria), _i quali menano una vita
pratica e attiva, conviene al presente ch’io tratti di quelli che si
danno alla Contemplazione_. Che cosa vedete in queste parole? Non solo
vedrete la identità generica, la suprema medesimezza degli Esseni e dei
Terapeuti che taluno volle revocare in dubbio; non solo vi vedrete la
distinzione delle due classi, ma ciò che al tempo stesso non vi potrà
non apparire manifesto si è, come benissimo avvertiva l’illustre sig.
Munk, il prevalere del pratico elemento tra gli Esseni di Palestina
come la preponderanza che aveva la parte contemplativa tra i Terapeuti,
ch’è quanto dire tra gli Esseni di Alessandria. Nè altrimenti poteva
procedere la bisogna. L’Egitto, e specialmente l’Egitto siccome fatto
lo avevano la greca filosofia e le religioni orientali, era la patria
naturale, propria di ogni ascetismo comecchè trasmodante. Il celibato,
la solitudine, il disprezzo del mondo, il divorzio di ogni civile
consorzio, erano piante che in niun altro terreno meglio avriano potuto
attecchire che nel terreno egiziano. Non così per Palestina, dove se la
vita contemplativa non cessava di essere in onore grandissimo, non era
di quella tempra viziosa, esclusiva che colpisce di paralisi ogni più
attuosa facultà, e le più prestanti e rigogliose aspirazioni consuma
in un misticismo vaporoso. La vita contemplativa dei Dottori non
procedeva per lo più scompagnata dall’esercizio della umana attività,
dalla santificazione del corpo, mercè il culto esteriore, dalla
santificazione del mondo e dei piaceri e delle occupazioni del mondo,
mercè il suggello e quasi non dissi il crisma che gl’imponeva la fede.
Misticismo, vi era chi lo nega? Ma era quello di buona lega, quello che
non scinde, non smembra, non mutila l’uomo a favore delle facoltà sue
superlative, ma che tutto l’uomo, i pensieri come le opere, gli studj
come la pratica, il corpo come lo spirito, prende a santificare, e
tutto, anche le opre più vili, gli fa praticare in _ispirito e verità_;
era quel misticismo sincero, di cui nobilissimamente discorreva
Vincenzo Gioberti presso a cui s’impara più d’Ebraismo che non per
avventura presso a tanti sedicenti israeliti scrittori, quando nella
_Filosofia della Rivelazione_ dettava queste parole, a cui ogni buon
Israelita potrebbe soscrivere «_La vera vita contemplativa implica
l’attiva, o esterna e sensata. L’attiva perchè la somma anzi l’unica
attività, è quella del pensiero. L’esterna perchè questa è necessaria
a svolgere l’intelligente e a passare allo stato di mentalità pura;
gli orientali e gli ascetici che rigettano la vita esterna e collocano
la vita contemplativa nella mera passività, non s’intendono di vera
contemplazione._» E Gioberti ha ragione per l’oriente eterodosso.
L’oriente ortodosso però, i Profeti e Dottori, comecchè recassero
la vita contemplativa sino alle sue ultime conseguenze, non la
fuorviarono mai dalla via che conduce al perfezionamento dell’uomo
intero, e Paradiso e Civiltà se non eran per essi due termini
sinonimi, certo eran strettamente correlativi. Moralmente parlando
l’Ebraismo aveva collocato da lungo tempo la terra in cielo, pria
che nascesse Copernico. E questo era il misticismo palestinese, e
questo principalmente il suo Essenato, in cui la parte maggiore si
componeva, voi la udiste, di quei Dottori, di quei fratelli, che
tutto che vivessero e conversassero tra gli uomini in società, e
nozze contraessero, e gioje e dolori e vicende coi fratelli tutti
dividessero, ciononostante tale inflessibile regola presiedeva ad ogni
loro atto, tali i vincoli che li univano comecchè disgregati talvolta,
tale l’unità di vita e di mire a tutti comune, che per essi non sarebbe
profanazione ripetere ciò che fu detto per quel Dio che sì nobilmente
adoravano: che la sua circonferenza non è in nessun luogo e che il suo
centro è da per tutto. Non si vuol dire con ciò che _contemplativi_
veri, proprj, esclusivi, non esistessero in Palestina, e se io lo
dicessi, non solo Giuseppe, ma i Dottori stessi, ma il _Talmud_, ma
_il Zoar_ sorgerebbero a smentirmi. Ciò che dico questo si è, ch’eran
pochi, non solo, ma che anche nel concetto universale era quello
uno stato di sovrumana perfezione, a cui non avrebbero potuto senza
periglio aspirare che pochissimi, a cui natura avesse conceduto la
forza di vivere sulla terra la vita dei Celestiali. Ma pure esistevano,
e se esistevano, mestieri è per essi come pei Pratici, rinnovare quella
inchiesta che non cessammo di ripetere ad ogni nuovo elemento che ci
si porse dinanzi della Essenica esistenza. Havvi di questa distinzione
memoria tra i nostri Dottori, consuona questa duplice divisione di
Pratici, di Contemplativi, con quel che di sè narrano i Dottori delle
proprie divisioni? Abbiamo insomma, anche da questo verso, ragione di
credere alla identità da noi propugnata delle due scuole di Esseni e di
Farisei? La prossima conferenza ce ne darà adeguata risposta.
 
 
 
 
LEZIONE DECIMATERZA.
 
 
Di due sorta classificazioni studiammo nella società degli Esseni
nella conferenza passata: abbiamo veduto in che cosa consistesse la
prima, e come getti le sue radici in una identica distinzione che la
Misna ci additava in seno al Farisato. Abbiamo veduto in che cosa
consistesse e su che principalmente si fondasse la seconda distinzione;
distinzione di officio, di genio, di peculiare indirizzo, per cui
in due principalissime categorie si dividevano tutti gli Esseni, in
_Pratici_, in _Contemplativi_. Erano i pratici coloro che del tutto
non si separavano dal mondo. Eran i contemplativi coloro che all’amor
dello studio, al ritiro, alla contemplazione sacrificavano ogni altro
culto, ogni affetto, ogni ambizione: di queste due classi noi abbiamo
costatato, quanto era mestieri, l’indole, il carattere particolare;
abbiamo veduto come più si affacesse ai primi la patria Palestinese,
e come piuttosto si acconciasse ai secondi il soggiorno di Egitto. Se
questa fosse semplice e nuda esposizione della Essenica organizzazione,
se non ci fossimo sin da principio proposti di restituire il nostro
Essenato al più vasto seno, alla più vasta scuola dei Farisei, se non
dovessimo porre questa identità al raffronto di ogni fatto che si
presenta, e da quello nuovo argomento derivare in favor nostro; se
questa restituzione non fosse di sommo, di capitale interesse nella
storia religiosa del popolo nostro, forse noi, postergato questa sera
l’argomento presente, procederemmo difilati più oltre. Però grave
debito c’incombe e lo adempiremo. Noi dobbiamo sperimentare quanto
e come regga al confronto dei fatti il nostro supposto, dobbiamo
vedere se la distinzione di cui si favella nella società degli Esseni,
risponde ad altrettale distinzione in seno al Farisato; in una parola,
dobbiamo anco una fiata vedere se la propugnata identità non è una
favola. Io chieggo dunque: conobbe egli il Farisato distinzione
siffatta? Havvi tra esso una scuola, un sistema che sia e che si
appelli _contemplativo_? Havvi al tempo istesso un altro che le
dottrine professi e il titolo rechi di _Pratici_? Io oso dire che la
distinzione esiste, e tale esiste che meglio non potrebbe allo scopo
conferire. Esiste in tutta la estensione della Enciclopedia Rabbinica
dei primi secoli, esiste nei fatti, negli uomini, nelle dottrine e
infine sotto due principalissime forme due modi di storica rimembranza.
Prima forma io chiamo quei casi innumerevoli in cui l’una o l’altra
scuola, i Pratici o i Contemplativi s’introducono ad agire, a parlare
isolatamente, separatamente dalla scuola e dal sistema contrario,
così che noi esamineremo successivamente, passando prima in rassegna
tutto ciò che nella Rabbinica Enciclopedia allude agli uomini, ai
fatti, alle dottrine dei _Pratici_, e poi ai fatti e agli uomini che
si dicono _Contemplativi_. Ma quanto più vivo interesse, quanto più
efficacia nella forma seconda! In questa _Pratici_ e _Contemplativi_,
sistema e sistema, dottrina e dottrina più non ti appariscono lontani
e disgiunti; ma con bella e parlante antitesi interloquiscono ambedue
ad un tempo; e fede fanno ad un tempo della loro esistenza, e la
distinzione pongono più chiaramente in rilievo in virtù del contrasto.
E prima, che nome recano negli scritti Rabbinici le due scuole? Che
nome pei primi i Pratici?Ora il nome di _Iere het, che temono il
peccato_, ora quello più espressivo di _anse maase, gli uomini della
pratica_, i _Pratici_, come udirete dagli esempj. Che nome recano i
Contemplativi?Il nome principalmente di _Hasidim_. Noi dell’uno e
dello altro conosciamo i nomi; dove ora le dottrine, dove i fatti e
dove gli uomini? Dove in primo luogo i Pratici?Eccoli quando predicano
l’insufficienza della sola speculazione; quando vogliono lo studio
delle cose divine congiunto alla pratica dei doveri sociali _iafe
talmud tora im dereherez, im en dereherez en tora_; quando dicono
l’uomo non doversi dalla società sequestrare _leolam tee datho sceladam
meurebat im abiriot_; quando insegnano nessuna virtù tornar gradita
comecchè trascendente; quando dal centro vivificatore si sequestri,
dalla religiosa comunanza, dalla chiesa di Dio; quando levano a
cielo la necessità del lavoro _ghedola melaha scemehabbedet bealea;
ghedolim baale umaniot_ l’amore dell’industria, la fatica del corpo
e i benefici influssi di una vita laboriosa ed attiva alla salute
dell’anima. Dove sono i Contemplativi? Vedeteli nel Talmud in _Sotà_
ove coi più celebri Dottori si lamentan perdute altresì le più rare
virtù, e dove specialmente con _Iose ben Catnuta_ si dice oscurato il
lustro dei Hasidim; vedeteli nel Talmud Gerosolimitano, ove di un’opera
e di un titolo si accenna, che non so come si potrebbe desiderare più
appropriato pel caso nostro; è la menzione di un’opera che il titolo
reca di _Misnat hasidim_, ed in cui tutto ed al sommo c’interessa,
persino una curiosa variante. Interessa una citazione che ivi stesso
è riprodotta dell’opera in questione, e dove in brevi ma espressivi
tratti ti si dipingon le fattezze dei Contemplativi; ove si legge,
p.e.: _se tu per un solo giorno mi abbandoni, io ti abbandonerò per
due_, volendo dire come l’assiduità e la perseveranza sia precipua
somma condizione nei sacri studj; e noi sappiamo qual ritratto ci
abbia Filone lasciato della applicazione istancabile dei Terapeuti
ai cari studj. Dissi persino una variante, e ve lo provo. Io lessi
_Misna hasidim Lettura o tradizione dei Hasidim_ per che così recano
parecchi autorevolissimi testi, per che così par confermato da altri
passi talmudici, come tra poco intenderete, e perchè finalmente,
quando pure si meni buona la diversa lezione, pure il senso rimarrebbe
a parer mio invariato. Ma qual è la seconda lezione? Leggono invero
alcuni testi _Meghillat Setarim_ invece di _Misnat hasidim_. Ma che
vuol dire _Meghillat Setarim_? Vuol dire _il volume dei Misteri_. Io
non so s’è dato afferrare da ora l’attinenza che corre strettissima fra
le due lezioni. Bisognerebbe che precorso aveste in parte il mio dire.
Bisognerebbe che voi sapeste come i libri degli Esseni fossero tenuti
in gelosissima custodia, nè ad altri ne fosse comunicata contezza,
tranne ai più fidi, ai meglio provati. Comprendereste allora l’origine
di questa variante; vedreste siccome io veggo come naturalmente siensi
presentate ambedue le lezioni, e vedreste ancora come se la vera e
originale lezione non è al certo che una, pure non può essere senza
grave cagione ammessa, introdotta la seconda lezione, e questa cagione
e questa origine e la somma convenienza di libri, di opere esotteriche
quando si parla di Esseni; siccome quelli che la storia accenna veramente possessori e custodi di libri siffatti.

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