2015년 6월 2일 화요일

Storia degli Esseni 24

Storia degli Esseni 24


Ma in altre parti ancora della Rabbinica Enciclopedia lasciarono di
sè vestigia i _hasidim_. Lasciaronle nel Talmud Babilonico ove a
chiunque, ed eziandio a quei Dottori che alle più rigide regole non
soggiacquero del Hasidut, e solo allo strettissimo _Jure_ mostrino
di attenersi, si suole maravigliando interrogare, ella è forse
cotesta la _Misna dei hasidim_? Quasi dicessero, egli è questo il
fare severo, irreprensibile dei hasidim?Lasciaronla nel trattato
_Berahot_, dove degli antichissimi hasidim si narra il lungo orare,
e le protratte preparazioni, e la giornata quasi interamente sacrata
agli uffici di devozione quando si dice: _Gli antichi hasidim un’ora
spendevano in preludio a preghiera, un’ora nell’orare, un’altra
pria di congedarsi da Dio e così facevano tre volte al giorno._ Ove
dunque gli studi e dove l’industria per vivere?Si ripiglia lo stesso
Talmud: sendo costoro _hasidim_, il poco studio fruttava assai e lo
scarso industriarsi sopperiva al bisogno. O io sbaglio, o questo
passo del Talmud è un bizarro accozzamento di antiche tradizioni e
di più moderne spiegazioni. Mestieri è che sappiate che cosa sia il
Talmud Babilonico; come fuori fosse compilato di terra santa, come
gli autori che dierongli la forma sua definitiva, nè la Palestina per
avventura vedessero mai, nè i partiti, nè le vicende più importanti gli
fossero conte di Palestina; quindi i non rari anacronismi nella storia
palestinese, i fatti storici a quella relativi narrati in confuso, e
quindi infine il sentenziare presente. Per tradizione conoscevano per
avventura gli antichissimi _Hasidim_ e li ricordano, udito avevano
la vita a perfezione religiosa atteggiata, e così la dipingono;
le orazioni lunghissime, la giornata spesa in devozioni e tale la
narrano in verità, obbliarono però o non udirono come la speciale loro
organizzazione, la comunanza dei beni, il lavoro in comune, questo
tenore di vita straordinario gli consentissero, cioè le lunghissime ore
trascorse in offici pietosi, quindi le più tarde e forzate spiegazioni,
il ricorrere al prodigio, l’attribuire ad una grazia ognor rinnovata
ciò ch’era effetto della loro istituzione, e quindi il bizzarro
accozzamento di un fatto vero e di una ragione arbitraria, di una
tradizione verace e di una interpretazione gratuita.[59] E lasciarono
di sè manifeste vestigia in Hasidim, in quella eccezione singolare per
cui un ceto intero dei cultori della legge viene formalmente dispensato
da ogni pratica religiosa, siccome apertamente dispensa il Talmud da
ogni religioso dovere coloro che fanno unica somma loro occupazione
la meditazione della legge, o come dice il Talmud, _che altra
professione non eserce tranne lo studio_; e quando infine per colmo
di maraviglia volendo citare il Talmud un uomo, una scuola che alle
condizioni tutte abbia adempito necessarie a questa dispensa, il gran
nome cita e la gran scuola ad esempio.[60] R. Simon ben Johai e i suoi
compagni, insegnandoci al tempo stesso nella citazione preziosissima
e il carattere ascetico, speculativo, studioso, eccezionale di quella
famiglia e la preziosa indicazione della esistenza istessa di una
scuola da quel gran nome capitanata, e infine la bellissima coincidenza
delle due dispense, quella che il Farisato consentiva al Ben Johai ed
alla scuola sua da ogni pratica osservanza, e quella che gli Esseni
rispettavano nel più perfetto del loro Istituto da ogni pratica
esteriore;[61] e quindi nuova e preziosissima conferma e della identità
generale della Farisaica colla Essenica scuola, e tra i medesimi
Farisei una più speciale affinità colla scuola mistico-teologica, dei
cabbalisti di cui fu principe e restauratore Simon Ben Johai. Ma io
vi dissi che non solo disgiuntamente lasciarono di sè vestigio nei
Rabbinici monumenti ed Esseni pratici ed Esseni contemplativi; dissi
ancora, e vado a provarlo, che la coesistenza in seno al Dottorato
di questa duplice ramificazione, resulta anco più spiccata, anco più
manifesta in tutti quei luoghi, e sono molti e sono parlanti, nei quali
gli uni figurano a costa degli altri, in cui Pratici e Contemplativi si
fanno lume, si spiegano, si suppongono scambievolmente, ora Dottrina
contrapponendo a Dottrina, ed ora professori a professori. E dove fan
questo? Dove in primo luogo l’antitesi delle dottrine? Antitesi, io
dico, chiarissima nel Talmud Berahot, dove Pratici e Contemplativi
scendono a disputare.E qual’è del disputare l’obbietto? Niente meno
che la quistione grandissima che tra essi verteva, voglio dire la
eccellenza maggiore di ambo le vite, della vita _pratica_ e della vita
_contemplativa_. Voi comprendete il gran momento di questo trovato.
Ma che sarà poi se il nome intenderete dei disputanti, se vi dico,
per esempio, che l’avvocato della vita pratica, della vita socievole
è Ribbi Ismaele, e se aggiungessi di più che l’apologista della vita
contemplativa è R. Simon Ben Iohai? Certo che in questa disputa,
in questi nomi vedreste l’impronta del vero.Certo direste, ma non
invano, il Ben Iohai è sempre nelle pagine del Talmud l’infallibile
rappresentante della vita, delle dottrine, della società degli Asceti.
Certo, direte, che i vincoli che le sua alla scuola stringevan degli
Esseni, vincoli dovevano essere forti, numerosi, strettissimi. Ma che?
La verità si fa strada da sè, e non fa d’uopo che lasciarla parlare
per rimanere convinto. Udiste poc’anzi un cabbalista, un Fariseo, R.
Simon Ben Johai, attribuirsi, patrocinare il sistema, la vita, le idee
degli Asceti. Udite ora un altro Fariseo, un altro Cabbalista gli
stessi principii propugnare e le stesse dottrine: e chi è cotesto?
Egli è Ribbi Akiba, il cui nome nei fasti cabbalistici suona non meno
celebre del suo celebratissimo discepolo Ribbi Simon Ben Johai. Ma
quanto del disputare il campo non si estende! Quanto più ampliata la
discussione! Quanto più il tema elevato! Non si tratta già di sapere
soltanto se la vita pratica, la pratica sociale debba entrare qual
elemento, qual ausiliare alla vita dell’anima; ma si tratta sapere se
la _pratica_ in generale, la sociale come la religiosa, la civile
come la spirituale, se sottostia, se sovrasti alla vita speculativa,
studiosa, contemplativa. Era pur grande consesso cotesto ove siedevano
i più illustri tra i Tanaiti, tra le mura di _Lydda_ in Palestina dove
il gran tema fu proposto_Qual sia delle due più eccellente, la vita
pratica o la vita contemplativa._
 
Chi sostenne la prima, chi difese la pratica? R. Tryphon. Chi antepose
la contemplativa? Voi l’udiste. Egli è R. Akiba, il visitatore
del mistico _Pardes_,[62] il maestro di Ben Iohai, il corifeo del
Misticismo. Or che sarà se vedremo la caratteristica del _Hasidut_
apposta a R. Akiba in tre luoghi del Talmud, vale a dire il distintivo
e l’appellazione essenica come noi presumiamo? Nel primo (Berahot
27), secondo la lezione di R. Nissim nell’_Ammafteah_ (25. 2), in cui
si dice che chiunque vede R. Akiba in sogno aspiri al _hasidut_. Nel
secondo (Sanedrin XI), ove il verso dei salmi: radunatemi i miei pii
(_hasidai_) s’interpreta per _R. Akiba e suoi compagni_. Il terzo
infine ove per significare, come quel Dottore si dilunghi talvolta
dalle abituali sue dottrine, si dice: _Abbandonò R. Akiba il suo
hasidut._
 
E non sono persino le più minute circostanze che non abbiano in questo
racconto il lor valore. Per esempio quel _Mesubbin_, quello stare
a mensa seduti, quello alternare il pane del corpo col pan dello
spirito, quel discutere a mensa, quanto non vi riescirebbe prezioso se
potessi dir tutto! Se vi dicessi che questo era il costume proprio,
proprissimo della società degli Esseni, a quanto ne attestan Filone e
Giuseppe; che dico? se vi narrassi come non dissimile procedesse il
costume dei _Zoaristi_ i quali per lo più, mentre a mensa sedevano, un
testo togliean a interpretare della legge, e il sobrio pane mescevan
col più soave dei condimenti, la _scienza_.[63] Ma di questo più
diffusamente a suo luogo. Dovrò io citare dopo questi luminosissimi,
esempi per avventura di men rilievo? Dovrò dire di due altri campioni
che la pratica o la contemplativa vita tolgono a propugnare nel 4º di
Kidusin? Difende la prima R. Meir quando l’obbligo inculca ai genitori
d’insegnare al figliuolo un mestiere: propugna l’altra ivi stesso
Ribbi Neorai quando dice: _Ogni arte rigetto, ogni mestiere, e solo
il figlio mio inizierò allo studio._ E chi è Ribbi Neorai? singolare
a dirsi. Vedeste R. Akiba, vedeste Ben Iohai, ambo Farisei non solo,
ambo cabbalisti, farsi organi, farsi rappresentanti delle idee degli
Esseni. Vedetene ora un terzo! Poche, forse non altre volte è di questo
Dottore menzione tra i Rabbini, tranne questa ed altra fiata nella
Misna di Abot. Ma quanto però e come significativamente nelle pagine
del Zoar! Ove _R. Neorai_ è uno dei più famosi anacoreti, anzi è quegli
stesso che voi, non è molto, udiste rammemorare tra coloro che il Zoar
ci narra abitare la solitudine, e solo nelle feste solenni alla città
convenire. E quella fiata istessa che n’è parola in Abot, quanto non
ha ella la fisonomia e il linguaggio di un Essena! Curioso a dirsi!
Niuno, che io mi sappia, lo notò; eppure notabilissime suonano le sue
parole. Chiede R. Neorai che muovasi esule lontano per istudiare la
legge, e oh meraviglia! nel Zoar è egli stesso Ribbi Neorai che la gran
sentenza profferiva che con questa torna a capello, cioè non altrove
potersi con frutto meditare la legge se non nell’esilio, se non nella
solitudine. È la menzogna, è il caso che ha create siffatte armonie?
No, è la verità che solleva un lembo del suo velo, è l’armonia che,
tolto l’ostacolo, prorompe sonora fra la Misna e il Zoar, fra tutte e
due poi è la società degli Esseni in quella guisa che due stromenti
accordati all’unisono, mandano l’un l’altro amica risposta.[64]
 
Dissi nella passata lezione come non solo le dottrine degli Esseni,
ma gli uomini eziandio sono posti nel Talmud talvolta in contrasto;
non solo la _Pratica_ e la _Contemplazione_ figurano una a fianco
dell’altra, ma i _Pratici_ eziandio, ma i _Contemplativi_ vengono ad un
tempo designati, e in bella e parlante antitesi presentatici quasi due
ordini diversissimi. E dove? Tempo è che il veggiamo, che il veggiamo
in Abot, ove il Bur è detto non potere essere Jèré het (che teme il
peccato), nè l’ignorante poter farsi (Hasid). Ma che cosa è Bur?
Chiedetelo a tutti gli interpreti, e tutti vi risponderanno concordi,
vi diranno che Bur è colui non solo che di ogni scienza procede
destituito, ma le attitudini e qualità eziandio non ha dell’uomo
civile.E che cosa si dice del Bur?Che non sarà Ièré het, che è quanto
dire che non sarà non solo negli studi felice, ma nemmeno uomo civile,
uomo pratico, uomo socievole. Che cos’è il _Am Aarez_? Voi l’udiste,
egli è l’idiota, egli è l’ignorante. E che cosa non sarà il _Am Aarez_?
Non sarà, dice il Misnico testo, _hasid_, ch’è quanto dire non sarà
uomo studioso, dotto, contemplativo, e ciò che più fa bella l’evidenza
di questa chiosa, si è il nome _hasid_, nome che voi da lungo tempo
udiste qual sinonimo di Essena, nome che quello precesse eziandio di
Esseni, siccome gravi autori, e tra altri Scaligero, ce lo attestano,
e nome infine che quale specialissima designazione di una setta viene
ricordato nei Maccabei.[65] Vi par egli che io proceda nel ragionare
stringato? Vi par piuttosto che troppo generosa conceda significazione
all’appellativo di Ièré het. Vi par egli che non sia ancora troppo la
sinonimia dimostrata, colla parte _pratica_ del nostro Istituto? Or
bene udite ancora, e continuate poi se vi dà l’animo, a dubitare. Udite
pria in _Sotà_ dove tra i mali che la Era, che la venuta precederanno
del re Messia, due ceti, due ceti religiosi si ricordano che dal loro
antico lustro miseramente decaderanno. E come si chiamano i due ceti?
Si chiamano i primi _Soferim_, e ad essi si attribuisce la scienza che
allora sarà invilita _vehohmat soferim tisrah_. Si chiamano i secondi
Ièré het e si dice che _allora saranno in obbrobrio_. Non vi dice
nulla questo nome di Soferim? Eppure i Soferim di _Jah bez_, i Nazirei
chiamati dal Targum Soferim, il vederli procedere qui di conserva coi
Ièré het, dovrebbero a creder mio farvi pensare. Ma voi chiedete più,
e la verità non dice mai, _basta_. Havvi nella Misnà (per altri è
Barraità) un frammento antico, preziosissimo che sotto il nome corre di
R. Pinehas Ben Iair e che si chiama _Barraita di R. Pinehas Ben Iair_.
Si può chiamare in verità la _Scala dei santi_. È una descrizione dei
gradi per cui dalle più infime virtù si può raggiungere le più eccelse,
le più trascendenti senza interruzione, senza salto, ma per una
transizione naturale, facile, necessaria. Di tutti i gradi di santità
ivi notati, che sono assai, due osserviamone tra i più cospicui, i
quali sono il Hasidut e l’Irat het, _la pietà eroica_ e il _timore del
peccato_. Qual posto occupano nella scala dei santi, e quale l’una
rispetto all’altra? Il loro posto è il massimo, e dopo il culmine
della scala che è lo Spirito Santo, io trovo come gradi sottostanti,
più alto il _Hasidut, la pietà eroica_, quindi più basso lo Irat
het, _il timor del peccato_. Ma non solo massimi ambedue, ma ciò che
troppo più monta pel caso nostro, sono contigui, l’Irat het _timor del
peccato_ precede, il _Hasidut_ vi conduce, vi predispone. _Hasidut_ n’è
lo stadio successivo, la fase ultima, conducente, educante al _Ruah
acodesc_, spirito santo. Che cosa si volle dunque per Irat het? Non
certo quel _timor del peccato_, come ognuno intende, ch’è virtù di nome
e di fatto puramente negativa, che consiste meglio nello scansare il
male, che nello esercitare il bene. E perché dico questo nostro _Irat
het_ virtù non volgare? Per molte ragioni che me lo persuadono. Me lo
persuade in primo la sua contiguità al _Hasidut_, grado se altro fu
mai eccellentissimo e che, come udiste, mena direttamente allo spirito
santo, _Ruah Acodesc_. Me lo persuade poi eziandio non solo le virtù
che conseguitano, ma le virtù ancora che lo precedono, ma i gradi
eziandio inferiori, i quali tutti, troppo, come vedrete, sovrastano
al volgare timore, perchè possano di quello meritamente considerarsi
preparazione. Precede non solo il _Farisato_, lo stato dei Farisei, le
virtù farisaiche, lo che già accenna, come intendete, a una parentela
strettissima tra ambidue; ma il precede anche la _anava_, come udiste,
l’_umiltà_, sublime se altra fu mai nella gerarchia teologica delle
virtù e appo a cui il timor di Dio è chiamato altrove dai Dottori suo vile calzare, _achob lesandelà_;

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