2015년 6월 1일 월요일

Storia degli Esseni 15

Storia degli Esseni 15



Fecondate colla mente ingegnosa i dati che vi vado porgendo, indovinate quello che
per brevità io taccio, andate più lungi colla mente di quel che a me
sia conceduto lo andare colle parole; e sopratutto stringete tutte in
un fascio le cose che sono per dirvi: sia la vostra mente un filo,
anzi sia poderosissima catena che tutte unifichi le cose che sono per
dire; alla seconda vi ricordate la prima, alla terza prima e seconda;
nè giunga del mio dire la conclusione, senza che le precedenti cose vi
stiano tutte dinanzi all’occhio della mente schierate, così io sarò
breve senza pericolo, e voi istruiti sarete senza disagio.
 
Voi lo ricordate. Abbiamo trovato nelle passate conferenze gli elementi
dell’Essenato, adesso ci è d’uopo trovare l’Essenato medesimo.
Abbiamo veduto i suoi principii, adesso ci è mestieri vedere i suoi
antenati; veduto abbiamo la storia delle sue idee, ci conviene adesso
la storia studiare dei suoi precursori. Dove cercarla? Non vi dirò le
laboriose investigazioni che emmi costata la costatazione di questa
origine, la sua ordinazione, la sua confermazione. Voi stasera, o
miei giovani, coglietene il frutto, ed il saperlo sarà il mio premio.
Dove cercarla? Cercarla io dico colà ove l’origine si cerca di quanto
vi ha di più nobile e venerando in Israele, dove si cerca l’origine
della Reale Dinastia Davidica cioè nell’innesto di un ramo pagano sul
ceppo ebraico,[37] nella Moabita Rut che fu madre del Regno siccome
leggiadramente chiamaronla i Dottori; dove si cerca l’origine di alcuno
tra i Profeti stessi, siccome Obadia che di pagano che era si fece
ebreo secondo i Dottori, dove si cerca l’origine dei più illustri tra i
Dottori i quali pressochè tutti sortirono a confessione di loro stessi
i natali da progenitori pagani: tra i quali si potrebbe citare per
tutti il gran Proselita Onchelos, il più popolare tra tutti i Dottori.
Cercarla infine tra i Pagani al Giudaismo conversi, cercarla nella
nobil famiglia dei Proseliti. Perchè così abbia disposto il Signore,
perchè non sia gentil pianta nell’ebraico giardino che un ramo non
rechi innestato dell’agreste e selvatico Gentilesimo; troppo vorrebbesi
lunga e protratta disamina perché ci sia qui lecito il tentarla. Io
domando solamente se l’Essenato deve al Proselitismo la sua origine,
se in questo solo senso avvera l’opinione di coloro che gli Esseni
dichiararon _Pagani_. Quale è tra i Proseliti che ricorda la Storia,
il santo seme, onde poi allignò il rigogliosissimo albero? Io non so
se ben m’apponga, ma io credo che il nome non vi riesca ignoto. Avete
mai, o miei giovani, udito parlare di Jetro, di _Jetrò_ il sacerdote
di Madiani, il suocero di Mosè, il suo consigliere, lo approvato dal
Signore, il primogenito tra i conversi, e secondo un antico Rabbino
spagnuolo _David di Leon_, l’iniziatore di Mosè alla vita religiosa,
alla propedeutica religiosa; tanto che se Mosè dir si può il padre di
nostra fede, Jetrò se ne può dire l’avo? Io dissi primogenito tra i
conversi e n’ho ben d’onde. Ho per me la tradizione che lo attesta,
ho per me la formula quasi della sua abjura laddove all’udire il
portentoso egresso di Egitto esclama ammirato: _Ora sì riconosco che
grande è l’Eterno al di sopra degli altri Dei._ Ho per me l’atto
istesso con cui al culto s’inizia nuovamente abbracciato, quando a
Dio appropinqua olocausti ed ostie pacifiche, quando alla sacra mensa
banchettan festanti assieme al Neofita, Mosè, Aronne e gli anziani
tutti d’Israele; ho per me l’onore unico da nessun altro partecipato,
tranne Jetro, di essere istitutore della Ebraica Magistratura, Dio
consenziente non solo, ma encomiante; ho per me le parole mirabilissime
di Mosè ove si confessa, quasi non dissi al grande suocero inferiore,
quando cioè istantemente lo supplica di procedere seco lui per lo
deserto, quando Jetro rifiuta dicendo: _No, che solo al paese mio
tornerommi e alla mia patria_; quando senza lasciarsi ributtare
al primo rifiuto torna Mosè e prega e scongiura, quando il titolo
onorandissimo prodigagli il gran Profeta di suo duce, di suo conduttore
e, secondo la forza dell’ebraico vocabolo, di _occhio suo_. Ho per me
i dottori quando dicono che ridottosi al suo paese non quietò il gran
Proselita sino a tanto che non ebbe il culto degli idoli estirpato
dalla sua famiglia; e questo è Jetro, e questa è la sua conversione.
Ma della sua famiglia altresì io parlai e della di lei conversione.
Dove ne sono le prove? Parlai dei dottori e delle lor tradizioni, ma io
doveva dire la scrittura, la Bibbia in quei fatti momentosissimi ove
si fa parola della discendenza del gran Proselita, ove ti apparisce la
sua figliolanza costituita veramente in società distinta, sì, ma pure
dimorante in seno agli Ebrei, ove per gran fortuna possiamo passo a
passo seguire le vicissitudini tutte dei Jetroiti, ove al tempo istesso
che vi leggiamo la loro storia, una esatta dipintura ci si porge
altresì della successiva, della lenta formazione di un dotto di un
Religioso Istituto in quella famiglia. Io oso dire che non è senza una
particolare provvidenza che la Bibbia ci ha serbato memoria di questo
fatto, che di tratto in tratto ha deviato dal suo prescritto cammino
per toccare delle fasi in vari tempi percorse dai discendenti di Jetro.
Quali sono questa fasi? In qual guisa vi si può come in ispecchio
mirare la secolare concezione dell’Essenico Istituto? Ecco il come ed
ecco i fatti.
 
Ecco il libro dei Giudici che non appena pochi passi ha mutati nella
sua narrazione, non appena alle conquiste ha esordito dopo Giosuè
operate, esce fuora con queste parole: _Ora i figli di Cheni suocero
di Mosè trassero dalla città dei Palmizi coi figli di Giuda al
deserto di Giuda che è posto a mezzodì di Arad, e andò e pose stanza
appresso al popolo._Che parole son queste e che significano? Se io
non erro, non troppo vi saranno riuscite per ora accessibili. Però
tranquillizzatevi; questa difficoltà non è in voi, è piuttosto nel
testo istesso, è la mancanza di antecedenti che spianino la via alla
sua intelligenza, è l’isolamento in cui il verso stesso si trova in
seno al contesto, è quel piombare che ti fa subitaneo in sulla testa
senza troppo sapere d’onde provenga, è quell’apparire istantaneo a
guisa di lampo che pare scaturir di seno alle tenebre, per ricadere
nelle tenebre, è quell’oscurità innanzi a cui resta perplesso,
esitabondo ognuno comecchè erudito proceda nel sacro Idioma; nè se
dovessi tutte le cause narrare di questa oscurità non saprei veramente
venirne a capo. Però l’oscurità sentiamo, e la sentiamo gravissima;
proviamo a diradarla. Si parla qui dei _Cheniti_, dei figli di _Cheni_.
Chi sono i Cheniti? Sono certo Cheniti quei popoli di cui Dio accenna
ad Abramo nella solenne promessa. Ma _Cheniti_ sono, si chiamano
pure i discendenti di Jetro, vuoi che Jetro appartenesse all’antico
popolo dei Cheniti, siccome vuole il Munck, vuoi come meglio a parer
mio opinarono il _Gesenius_, _il Bohlen_, _il Tahu_, come ad essi la
tradizione consente, che Cheniti si dicessero da Jetro, appellato esso
pure Cheni, vuoi finalmente che _Cheni_ si dicessero da _Chen_ nido,
pel nido che facevano per campi e per selve siccome comprese il Zoar.
Fatto è che i discendenti di Jetro si dicono _Cheniti_ e che sotto
il nome stesso ci si riveleranno in appresso i loro successori. Ma
che cosa è la _Città_ dei _Palmizi_? Città dei Palmizi è _Gerico_;
Gerico chiamata negli ultimi versi del Pentateuco col nome istesso
usato dai Giudici; _Gerico_ situata poco lungi dalle sponde del lago
Asfaltide. Ma in qual guisa li Jetroiti veggiamo stanziati in Gerico?
Come dalla città lontanissima di Madian loro patria nell’Arabia Petrea,
le orme seguirono di Israel sino nel cuore di Terra Santa? Nessuno lo
spiega, e nessuno il narra, tranne la _Tradizione_. Ma quanto bene
la Tradizione! Per la tradizione Jetro dopo i primi rifiuti, cesse
finalmente alle istanze del divino Mosè. Jetro, i suoi figli, la
sua famiglia ricovrarono all’ombra del popolo Ebreo, battagliarono
nelle sue battaglie, trionfarono nei suoi trionfi e le piagge dilette
vider pur essi della Cananea conquistata. Ma quale gli attendeva
laggiù guiderdone? In qual guisa si sdebitarono gl’Israeliti della
promessa Mosaica che Jetro voleva a compartecipe dei beni, delle terre
acquisite? Coi suburbi, colle campagne di Gerico, dice la Tradizione;
le quali terre dovuto avrebbero li Jetroiti serbare in custodia sino
a tanto che fosse il Tempio edificato, e la metropoli destinata, la
quale, proprietà nazionale dovendo essere meglio che tribunizia,
mestieri pure era porgere alla Tribù spodestata una adeguata indennità,
e questa doveva essere il territorio di Gerico, la stanza antica
dei Jetroiti. Ma questi, voi lo vedeste, partiti da Gerico traggono
altrove. Dove vanno? Vanno, dice il testo, nei deserti di Giuda che
sono a mezzodì di Arad, e in mezzo al popolo fermano stanza. Che luoghi
sono cotesti? Voi vedeste poc’anzi come Gerico fosse posta sulle rive
o a quel presso, del lago Asfaltide. Or bene; il deserto di Giuda,
Arad istesso, la nuova dimora dei Jetroiti, non piega sulla carta
dalla linea contrassegnata, e l’epoca stessa gloriosissima di Debora
troveralli abitare sui luoghi medesimi. Che monta ciò, potreste dire?
Nol direste però se tutto aveste già ascoltato; nol direste se io vi
mostrassi come gli Esseni di cui adesso cerchiamo l’origine, quegli
stessi luoghi abitassero in tempi tanto più posteriori, che gli antichi
Jetroiti occuparono in tempi così antichi; nol direste se vi ripetessi
le parole di Plinio nel Cap. 17 del libro 5, laddove degli Esseni
parlando, li qualifica _Gens socia Palmarum_, gente dei Dattolari
amica, nè più celebre di Gerico e della riva del Giordano s’ebbe
giammai in fatto a Palmizi; nol direste se vi mostrassi in Plinio
stesso al luogo istesso, come la città ove ai suoi tempi abitavano
gli Esseni fosse Engaddi, Engaddi posta essa pure sull’Asfaltide
sulla linea stessa di Gerico e Arad, come vi mostra la carta, Engaddi
famosa pur essa pei suoi Palmizj d’onde il nome derivolle più antico
di _Kazazon Tamar_; nol direste finalmente se udiste Plinio istesso
additarvi qual residenza altresì degli Esseni moderni _Masada_,
città anch’essa meridionale di Palestina, anch’essa posta in riva
all’Asfaltide, come di leggeri potete osservare nella Geografia del
_Dufour_. Attalchè Gerico, Masada, Engaddi, Arad formano sulla carta
una linea continuata che rasenta il Mar Morto, muove dall’ovest in
direzione del Sud, e dove negli antichi e moderni tempi ebbero stanza
gli Esseni ed i loro proavi _Jetroiti_. Ed a che fare traggono i
Cheniti ad Arad? _Ad abitare_, dice il Testo, _in mezzo agli Ebrei_,
a convertirsi, dice il Gersonide, definitivamente all’Ebraismo. E
presso chi particolarmente riparano gli emigrati? presso _Jahbez_,
dice la Tradizione, presso Jahbez, conferma la Bibbia nel 1º delle
Cronache, come fra poco vedrete. Chi era _Jahbez_? Era Dottore, era
Scriba, era Profeta, chè tutti e tre i caratteri solevano a quei tempi
andare congiunti,[38] ed alla Tribù dotta, massima, reina, apparteneva
di Giuda; in cui doveva secondo l’antica benedizione perpetuarsi lo
scettro, e l’oracolo promulgarsi della legge di Dio, a cui il titolo
di maestra leggidatrice si concedeva nel libro dei Salmi; _Jehuda
mehokeki_ in cui rifulse mai sempre il primato sulle sorelle Tribù.
Che se tale era pure l’origine, qual’è il Ritratto che di lui medesimo
ci fa la Scrittura? Io oso dire che il libro delle cronache tali usa
gravi, significantissime espressioni sul conto suo, che in tutto
il corso dell’opera stessa, non se ne veggono per alcuno altro le
simiglianti. E bene le avvertirono i nostri Dottori i quali osservarono
e giustamente; come da Adamo da cui esordiscono le cronache sino a
Jahbez, niuno si trovi che abbia fatto così nobilmente favellare di
sè. E come favellano intorno a _Jahbez_ i libri summentovati? Essi
dicono _E fu Jahbez sopra i suoi fratelli onorandissimo_. Non basta.
Il testo biblico reca manifeste le tracce di un gran VOTO da Jahbez
pronunziato, voto che rimane per sventura incompreso poichè la promessa
fatta al Signore restò implicita, restò sottintesa, ma che tutti i
caratteri porge, come diceva, visibilissimi di un gran voto. Jahbez,
dice il Testo, invocò il Dio d’Israel e così disse: Se tu mi benedirai,
o Signore, se amplierai i miei confini, se la mano tua sarà in mio
aiuto, se mi camperai dal male, onde non abbia a dolorare..... Ebbene
che cosa aggiunge, che cosa promette Jahbez ove Dio lo ascolti? Vano
il cercarlo! Il Testo lo tace, gli Interpreti non sanno dirci se non
che _voto_ vi fu, ma rimane ignorato; e lo stesso Rasci non seppe
dettare che le frasi seguenti _ed egli votò quel che votò_, ch’è quanto
dire come più non c’è dato sapere. Sebbene questo sappiamo; che Dio
ne adempì pienamente le voglie, e quindi se voto vi fu, siccome par
dimostrato, se la preghiera fu accetta, il voto fu anch’esso adempiuto.
Ma perchè traggono i Cheniti a fianco a Jahbez? I Giudici tacciono;
ma la tradizione e le cronache lo dicono esplicito. Che dice la
Tradizione? A imparare la legge, a fondare una scuola. Che aggiungono
le cronache? Parole aggiungono che tutto il valore hanno di una grande
conferma, di una grande rivelazione; un tratto di luce, vivo, acceso,
che balena e sparisce; una stella che brilla un istante e quindi la
ricuopre la nube, un suono che rompe per un istante la monotonia di un
canto uniforme, parole ed idee che non siamo usati incontrare in mezzo
le viete ed aride genealogie delle cronache e che rivelano la presenza
dell’elemento scientifico intellettuale teologico, nell’epoche più
remote della nostra esistenza. E quali parole poi perciò che riguarda i Cheneti e la origine degli Esseni

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