2015년 6월 1일 월요일

Storia degli Esseni 2

Storia degli Esseni 2


LEZIONE PRIMA.
 
 
Io debbo, diletti giovani, nell’esordire, revocare alla vostra mente
quei giorni al mio cuore carissimi, in cui per la prima volta erami
conceduto, la parola mia indirizzarvi. Voi il rammentate. Non appena
i primi passi muovevamo pel lungo e difficil sentiero, che il bisogno
faceasi sentire imperiosissimo, di una logica e razionale divisione del
nostro assunto. Simile alle colonne miliarie, che all’animoso viandante
additano il cammino percorso, e nuova lena gl’infondono e nuova speme;
noi pure, o signori, il cammino nostro in tre grandi stadj, in tre
grandi epoche, in tre grandi divisioni partimmo.
 
Nulla per ora delle ultime due calendoci, diremo solo della prima
epoca, del suo principio, del suo termine.
 
Quale era, o signori, la prima epoca della storia della ebraica
teologia?Era quella che dalla Mosaica rivelazione partendo, si stende
per tutto quello immenso intervallo, che da quel fatto memorando
trascorre, sino alla cessazione della nostra vita politica, sino, che
dico, o signori? sino al suggello dei Profeti e delle tradizioni, sino
alla compilazione del Talmud. In questa epoca, o signori, noi risalimmo
sin dove alcuna traccia per noi si scorgesse di movimento religioso,
di dogmatica vicissitudine; sin dove un sistema ci apparisse che un
compiuto avesse e particolare sembiante, di Dottrina e di pratica.
In quei remotissimi tempi, una setta ci fermava, ed era quella dei
Samaritani.
 
Noi togliemmo ad esame tutto ciò che ad essa appartiene, e comecchè
parecchie cose fossero da noi e per brevità, e per incompleta notizia
pretermesse, non è sì, o signori, che una cognizione voi non ne abbiate
acquisita generale e sommaria. Mestieri è ora muovere il piede in cerca
di nuovi liti e nuove genti, mestieri è, discendendo per la serie
dei secoli, quella setta, quella scuola tôrre a subbietto di studio
che prima si presenti, dopo i discorsi Samaritani. Voi ricordate, o
signori, di questa setta il nascimento. Ella sortì i natali in quella
epoca al popol nostro esiziale, quando la sua nazionalità venne per
la prima volta vulnerata, quando la via si apriva dell’esilio, quando
le dieci tribù schiudevano quel cammino di dolori e di spine, che le
rimanenti due tribù non avriano tardato a calcare.
 
Le ricerche nostre, o signori, debbono dunque oggimai da quell’epoca in
poi esercitarsi. Dobbiamo i tempi a quelli posteriori interrogare, e le
voci studiosamente raccogliere che ci porge la istoria. Quali furono
le vicende della ebraica religione nei secoli a quello successivi? La
risposta, o signori, troppo più tarderà ad udirsi, che alla vostra
impazienza non si convenga. Invano il chiederete all’esistenza incerta
e languente del primo tempio; invano alla cattività babilonese, invano
ai primi periodi del tempio secondo. Egli è, o signori, nei tempi di
mezzo della nuova Restaurazione, egli è durante le lotte fraterne degli
Asmonei, che la nuova scuola, la nuova setta apparisce con Giuseppe,
sul teatro della istoria. Egli è allora soltanto che la presenza ci è
dato costatare d’una forma nuova in seno alla ebraica religione.
 
Non vorrei però, o signori, che le parole mie fossero da taluno
fraintese. Quando io parlo di questo protratto silenzio, quando noto
una sì grande lacuna nella storia religiosa del popol nostro, quando
dico che solo collo storico Giuseppe la esistenza ci si appalesa di
nuova scuola; dire non intendo, o signori, che per tutto questo lungo
intervallo, le sètte da Giuseppe rammentate esistito non abbiano; che
quella specialmente che offrirà tra non molto al mio dire subbietto,
non spinga alte e profonde le sue radici in una ben altrimenti remota
antichità; che più vetusta esistenza non conti di quella che la
istorica menzione parrebbe assegnarle. No, o signori, questo nè dico
io nè penso. Che anzi le successive nostre conferenze vi chiariranno
abbastanza, come, a senso mio, certe scuole, certi istituti a cui i
documenti non porgono che una età posteriore, spingano oltre le loro
barbe negli strati, per così dire, più profondi del suolo ebraico; che
altro la cronologia dei documenti, altro quella sia veramente della
storica esistenza; che, benchè per nomi, per forme, per sembianze
diversi, i moderni agli antichi istituti si riappicchino mercè l’unico
genio, l’unica mente e, come oggi si dice, l’unico spirito. Ma questo,
o signori, sarà piuttosto corollario ultimo e postulato supremo dei
nostri studj, anzichè premessa da noi gratuitamente anteposta al
nostro discorso; sarà frutto anzichè radice; sarà comignolo anzichè
base e fondamento al nostro edifizio. Per ora, o signori, l’ordine
delle nostre trattazioni sarà quello ch’emerge dall’esame eziandio
più superficiale dei monumenti esistenti, sarà quello che scaturisce
dall’ordine, dalla successiva menzione delle sètte. Per ora, o signori,
quella stimeremo più antica che anzi le altre figura nelle istorie dei
tempi. Per ora quel nascimento soltanto le supporremo che la età ci
concede, della istorica menzione. Criterio falso, arbitrario, siccome
vedete, e che tanto vale a parer mio quanto il fissare che uom volesse
d’un’individuo i natali in quell’ora, in quella epoca, che le forze
sue attuava sul teatro del mondo.Ma noi, o signori, mentre ogni altro
sussidio ci vien meno, di questa data ci staremo contenti. Quale è la
setta che, nell’ordine di storica menzione, dopo quella immediatamente
figura che non ha guari insieme studiammo? Per ritrovarla, mestieri
è non solo valicare, siccome dissi, molti secoli e regni, ed imperi
diversi vederci prima scomparire dinanzi; ma penetrare eziandio è
mestieri nella santa città di Solima, e penetrarvi come vi dissi
mentre la guerra è bandita tra i due contendenti e rivali Asmonei. Che
spettacolo, o signori, non ci offre allora la santa città! Direste una
grande, una immensa officina in cui le arti tutte si adopran solerti
di guerra e di pace. Vedreste le divisioni politiche armare l’animo,
il braccio dei cittadini. Vedreste il fratello contro il fratello, e
talvolta, oh sciagura! il fratello ligio a strana signoria, contro il
fratello della patria libertà difensore. Vedreste alle politiche, le
religiose dissenzioni innestarsi, e quelle a dismisura esacerbare; per
quella legge che fa più vive ed accanite le lotte di religione, quanto
più il subbietto intimamente ci appartiene, e nulla più intimo di ciò
che ha seggio nel più segreto dell’animo; d’onde, o signori, la ferocia
unica anzichè rara delle guerre di religione. Vedreste tutte le forze
morali, religiose, intellettive, nazionali, civili, del popol nostro
in uno stato di aperta tenzone, di febbrile e prodigiosa esaltazione.
Vedreste un disordine, un antagonismo, un’anarchia; vedreste un caos
da cui il _Fiat_ divino dovrà forse a suo tempo suscitare un nuovo
mondo, e tutti gli elementi più generosi fervere in uno stato di
soluzione, nell’aspettativa di quel disegno, di quella forma, che
tutte dovrà forse comporle e armonizzare in bell’ordine.In mezzo, o
signori, a Gerusalemme in travaglio, in mezzo al romore delle armi, al
disputar dei Dottori, al piatire dei rivali, al ruggito delle fazioni,
inoltratevi, se vi dà l’animo, per le vie mal sicure di Gerusalemme,
impegnatevi per le sue vie, e se il pugnale non paventate dei
sicarj,[1] i più cospicui luoghi visitate della città e dei suburbj.
Qui è la setta dei Sadducei, e queste le sue aule. Nuovi giardini
d’Epicuro, primi furono tra noi a preludere a coloro che _l’anima col
corpo morta fanno_.Non son questi che noi cerchiamo. Ecco, o signori,
i centri, le accademie ove _rivive la sementa santa_, del Farisato,
eccone le porte, ecco a traverso le grate le immagini austere, le
fronti sublimi dei Dottori e dei Scribi.Inchiniamo e passiamo.
 
Ma ecco, o signori, nella parte più queta, nella regione più silente
della città rumorosa, pacifico presentarsi e maestoso abituro. Qui un
alternarsi di silenzio e di canto. Qui l’ordine, qui la regola, qui
la misura presiedere ad ogni atto, e tutta la interna e la esterior
vita informare. Qui le tempeste muggono alle porte incatenate; qui
si frangono impossenti i marosi delle civili discordie; qui l’animo
si leva a quelle alture in cui le nubi, come accade sulla cima dei
monti, ti si addensano ai piedi anzichè sulla testa, e quasi partecipe
della gloria di Dio, l’uomo assunto a tanta altitudine cavalca le
nubi e calpesta le folgori. Qui si maturano i grandi pensieri, qui
si elaborano le grandi dottrine, che esciranno salve ed illese dal
gran naufragio.Che casa è questa, o signori, che gente è cotesta che
l’abita? È cielo questo, è questa anticipazione di Paradiso? Sono
angioli cotesti, sono mortali?.... Sono gli _Esseni_.Esseni! nome
nuovo, inaudito forse per alcuni di voi.Nome che l’Ebreo non dovrebbe
mai obbliare, come a delitto imputeriasi al Greco Platone disconoscere
e l’Accademia; come all’Italo, Pitagora e gli Stoici; come ad ogni
popolo la più grande gloria, e il prisco vanto intellettuale de’ suoi
proavi.
 
Gli Esseni!Venerando nome per tutti quelli appo i quali sono in onore
Sapere e Virtù. Nome carissimo per noi figli, per noi eredi di loro
fama. Nome, lasciatemi aggiungere, nome santo per chi in essi vede,
come io già veggo, come voi spero tra non poco vedrete, negli antichi,
nei venerandi Esseni il fiore, il Patriziato, il Grado supremo nella
Gerarchia Farisaica;Il Farisato rivolto alla speculazione del sommo
vero e alla pratica del sommo bene; la falange, come la Macedone,
degli Immortali[2] che tra le fila si reclutava della comune farisaica
milizia.Io so, o miei giovani, che sì dicendo, io proclamo cosa che
il mondo non era usato sin qui ad udire; so che, come ogni idea nuova,
avrà pregiudizj, errori e rispettabili convinzioni da combattere. Io
so, o signori, che grave debito io mi assumo di somministrare a questa
mia teoria, carte e diplomi in regola per viaggiare pacificamente
per il mondo. Per ora mi contento di un _salvo condotto_. La
identità dell’Essenato col Farisato negli ultimi e supremi suoi
stadj, sarà, spero, frutto di una continua dimostrazione nel corso
di questa istoria; anzi, la storia stessa ne sarà la più concludente
dimostrazione. Epperò, appunto, egli è questo tema siffatto, a cui
troppo disconviene tempo e spazio ristretto. Il suo tempo, è tutto
quello che noi spenderemo intorno gli Esseni. Il suo spazio, tanto
si allargherà, quanto lungi andranno di questa storia i confini.Per
ora, il nostro passo dee procedere regolato e metodico. Noi abbiamo
pronunziato un nome bello, un nome onorando, e, se mel permettete,
dirò ancora onorante. Ma che vuol dire questo bel nome? Che significa
la gran parola di Esseni?Il suo significato logico, dottrinale,
storico, provvidenziale, non ha che una sola possibile definizione.La
storia stessa della _bella scuola_, così da or innanzi la chiameremo.
Il significato però che adesso cerchiamo è quello più ristretto del
vocabolo stesso; il significato gramaticale, filologico della parola,
il valore suo puramente etimologico. Questa è la definizione che noi
andiamo cercando. Ma questa, qualunque essa sia, non è tale che non
debba necessariamente colla prima connettersi; che anzi, l’armonia tra
le due definizioni, è tale criterio, che la verità dee porre in sodo
dei nostri resultamenti. Noi cerchiamo la definizione del vocabolo, ma
questa, per essere vera, dee armonizzare colla definizione della setta,
che è l’istoria. Una definizione gramaticale che non fosse la natia
espressione, e quasi lo invoglio naturale della definizione logica, un
nome che non esprimesse lo Essere, sarebbe improprio, sarebbe supposto,
sarebbe falso.Il nome è il Corpo, l’esteriorità dell’Idea, come il
Corpo è l’esteriorità dello Spirito.Ecco il criterio che noi dobbiamo
a guida proporci nelle ricerche che saremo per fare sul nome di Esseni,
nella cerna che fare dovremo degli infiniti supposti, delle origini multiformi a quel nome assegnate.

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