2015년 6월 3일 수요일

Storia degli Esseni 37

Storia degli Esseni 37



Che se questo è il modo dagli Esseni seguito, vediamo l’oggetto, e a
così dire la materia dei loro studj. Bisogna pur confessarlo. Vi è una
disciplina, per cui gli Esseni non professavano nè stima nè amore, e
questa è la _logica_. Ecco come ne parla Giuseppe: _Quanto allo studio
della filosofa_, dice lo storico illustre, _lascian la logica a quelli
che si dilettano di quistioni di parole, e la tengono per inutile
affatto all’acquisto della virtù_.La logica, pria si può dire dei
nostri tempi, non fu che un’arte, e bella pagine di storica filosofia;
sarebbe quella che notasse le vicende, per cui l’arte logica ascese per
gradi a quel posto eminentissimo che occupa oggi nei sistemi eziandio
più trascendentali formandone poco meno che la volta suprema, e il
sostegno massimo dello edifizio. Lungo il discorrere le ragioni del
mutamento e come la logica dallo essere un semplice interno regolamento
del pensiero, sia divenuta la legislatrice suprema dello scibile e
tutte da essa s’informino le parti della universal metafisica. Ma se
in antico era un’arte, non sempre era arte ragionevole ed onesta.
Testimone Socrate che coll’arguto suo conversare confuse, vinse la
logica dei sofisti, e per parlare di cose meno dall’Essenato remote,
anzi a dirittura contemporanee, testimone la logica delle scuole
accademiche ed in _ispecie dei Pirronisti_ che se ne valsero a
detrimento di ogni sapere e di ogni virtù, togliendo, col dimostrare
il pro e il contro, valore alla umana ragione, ed ogni autorità ed
ogni sanzione alla morale.[84] E questo è già prezioso rilievo per
ciò che riguarda gli Esseni, mostrandoci a dito l’origine di quel
dispetto, in cui ebbero gli Esseni la logica così abusata. Ma egli è
nulla, di fronte alla mirabile conformità che in questo come in altre
infinite occasioni veggiamo sorgere tra gli Esseni e i Farisei. I quali
ultimi non meno che i primi, severamente imprecarono contro la logica
depravatrice del secolo, esortando a tenere discoste dall’attossicata
bevanda le labbra dei giovanetti. _Minhù benehem min Aeghion_.
Singolare a dirsi! questa voce _Eghion_ che unica suona, se non
erro, in tutto il Talmud, fu torta dal suo verace senso a significare
ora lo _studio della Bibbia_ ed ora altra cosa. E pure il suo senso
di logica è innegabile, e se non sempre fu dai posteriori dottori
confessato n’avevan ben d’onde. Erano eglino filosofi di professione
e la logica studiavano ed amavano qual nobilissima scienza. Ma devoti
eran pure al Talmud ed osservatori sopratutto delle sue prescrizioni.
Il Talmud, aveva detto _Eghion_ e se per _Iggajon_ inteso si fosse qual
veramente dovuto avrebbero la logica colle sue pretensioni, coi suoi
abusi, che sarìa stato dei nostri platonici, dei nostri peripatetici,
dei nostri insomma filosofi di ogni ordine, d’ogni colore? Certo che
sarebbero stati in odore tenuti di Eterodossi. Ma se Iggajon volesse
dire altra cosa, se dire volesse lo studio biblico, la grammatica, come
oggi si dice l’Esegesi biblica, allora la Logica sarebbe salva, e i
suoi scrittori potuto avrebbero svolgere in pace i suoi volumi. Ecco
l’origine della fraintesa interdizione, l’origine istessa che fece
intendere nell’istesso Talmud per _hohmà ievanit_ tutt’altro di ciò che
significa veramente, vale a dire, la scienza, la cultura, la civiltà
tutta del popolo greco.
 
Ma non solo della Logica furono poco studiosi ed amanti gli Esseni,
ma se le mie congetture non son temerarie del tutto, un altro genere
pure di disciplina non raccolse per avventura la stima e l’attenzione
dell’Essenato. Se un passo del Talmud Babilonese non m’induce in
errore, tanto poco studiosi si mostravano gli Esseni della rituaria
quanto poco di attenzione concessero alla Logica istessa. Io vel
dissi, or non è molto, e spero ne avrete conservata memoria. Un
tratto vi è nel Talmud ove ci è sembrato vedere apertissima allusione
agli studj medici dell’Essenato. Egli è là ove a proposito di certi
misteri terapeutici svelati da un dottore, a pubblico benefizio, si
narra che la _scuola di Beniamino l’Asseo squarciossi per dolore le
vesti_: indicazione se altra fu mai parlantissima del genio _terapico
e riservato_ della Società degli Esseni. Or bene, un altro luogo si
ha nel Talmud ove la stessa scuola di Beniamino l’Asseo è ricordata.
Ed a che proposito, se il sapete? A proposito del poco conto che per
taluno si faceva della scienza dei riti e di chi la coltiva. E chi ci
è offerto di tal disistema ad esempio? Ci è offerta la scuola appunto
di _Beniamino l’Asseo la quale_, dice il Talmud, _quando voleva porre
la inferiorità in rilievo dello studio dei Riti: a che giovano,
esclamava, i suoi cultori? Forse hannoci mai permesso un corvo? Forse
ci hanno unqua interdetto una colomba?_ Non so se io erro, ma il passo
in discorso parmi a quel novero appartenere di prove, di memorie, di
documenti, i quali provano come antica perpetua sia stata tra noi
quella _gara legittima, nobile, religiosa tra i cultori del Rito, e
i cultori del Dogma, tra i Teologi e i Ritualisti_, gara di cui si
veggon le traccie nello stesso _Talmud_, ove il _Maasè mercabà_, ossia
la scienza del Dogma è talvolta chiamata _Dabar gadol_ di fronte a
quella dei Riti che il nome reca di _Dabar Caton_; gara che trasparisce
nel _Zoar_ ove i _Marè Misnà_ sono posti a riscontro, in grado però
inferiore ai _Marè Cabbalà_, questi chiamati _Efrohim_, i primi
chiamati _Bezim_ quasi a indicare uno stato spirituale _embrionico_;
ove la scienza dei riti è chiamata il _Corpo_ della legge mentre quella
del dogma si è appellata l’_Anima_, lo _Spirito_; ove la dialettica dei
talmudisti è presentata qual duro e scabro esercizio dell’intelletto
e personificata nei durissimi offici che sostennero gli Israeliti in
Egitto, la forma del _Calvahomer_ nel _homer_ e nei _lebenim_, il
_libbun alaha_ lo sceveramento e ultima formulazione della legge. E
gara per ultimo i cui effetti veggonsi tuttavia perdurare non solo
nei dissensi che sorgono talora tra i dogmatici e i ritualisti, ma
eziandio in quella non dirò antipatia ma certo non piena cordialità nè
stima soverchia che invano si desidera tra i cultori dei due studj, e
il cui difetto non è l’ultimo tra le cause che ostano alla perfetta
riabilitazione degli studj dogmatico-cabbalistici.
 
Ma queste sono le parti a cui meno gli Esseni sacravano il loro tempio
e il loro studio: egli è d’uopo vedere quali quelli si fossero, e
quale il metodo a cui a preferenza si applicavano. Possiamo dirlo
arditamente; le preferenze non meno che la educazione, gli studj
adottati non meno che i rejetti provano sempre più la identità tra
Farisei ed Esseni da noi propugnata.
 
Precipua e diletta occupazione era pegli Esseni la interpretazione
delle Sacre Scritture, la _Sacra Esegesi_, come oggi direbbesi. Ma
quale Esegesi? Egli è quì ove la parentela più chiaramente si mostra
tra Farisei ed Esseni. L’Esegesi, la interpretazione allegorica, ch’è
quanto dire quella istessa che formava e forma le delizie del più
puro Farisato e in ispecial modo di coloro tra essi che si dicono
_Cabbalisti_. E non solo gli Esseni nella pratica, ai dottori nostri si
conformavano, ma ciò che merita tutta l’attenzione dei dotti, quello
che suona veramente significante egli è il rapporto che gli Esseni,
al dire di Filone, stabilivano tra la lettera della legge ed il suo
spirito, o per dir meglio tra la chiosa letterale e la interpretazione
allegorica. Essi, dice Filone, comparano la legge ad un animale i cui
precetti sono il _corpo_, e l’allegoria lo _spirito_, in quella guisa
che lo stesso Filone, terapeuta esso pure, chiamava nella _Migrazione
d’Abramo_ l’allegoria _anima_, e la lettera _corpo_ della legge; e
in quella guisa pure che _Aristobulo_, ebreo filosofo contemporaneo,
seguiva il sistema delle allegorie scritturali, e _Aristea_, che
volendo dipingere il genio ebraico dei tempi suoi, ci offre nel Sommo
Pontefice Eleazaro un modello degli interpreti allegoristi della
Scrittura. Ora ch’il crederebbe? Gli Esseni, Filone, Aristobulo, sembra
quasi che abbiano veduto lo _Zoar_, e lo abbian copiato, tanto il loro
dire suona conforme alle parole dello _Zoar_, il quale non solo è
quasi una perpetua conferma del loro dettato, mettendolo continuamente
in pratica coll’allegorizzar la scrittura, ma questa pratica stessa
erige in _Teoria_: non basta, si vale della stessa imagine, della
stessa similitudine di cui si valse Filone, si valser gli Esseni, a
indicare la relazione tra i due sensi scritturali, il _litterale_
e lo _allegorico_. Pel Zoar sezione _Beaàlotèha_ come per Filone e
gli Esseni i precetti della legge ne sono il corpo, _gufà deoraità_,
l’allegoria ne forma lo spirito, _Nismeta de-oraita_. Anzi per far più
completa la similitudine imagina lo Zoar una veste che tutta ricuopre
il corpo della legge, santissima veste tessuta dei racconti, delle
istorie, degli episodj, onde tutto va cosparso il divino volume, e che
ne formano quasi il manto e l’involucro esteriore come i precetti ne
sono il corpo, e come le allegorie ne sono lo spirito.[85] Non è questo
il luogo di occuparci più specialmente di questo senso scritturale
che diciamo allegorico, della sua origine, della sua legittimità,
delle vicende che ha subìto. Se questo ne fosse il luogo, io dovrei
additarvi nella storia della esegesi scritturale due specie di
allegorismi, l’uno, il buono, il legittimo, l’ortodosso che anziché
colla lettera pugnare e tanto meno escluderla, con essa si concilia e
armonizza perfettamente, e questo è l’allegorismo del _Zoar_ e degli
Esseni, l’altro lo spurio, l’eterodosso che pugna anzi colla lettera
e col corpo della legge, e sulle rovine s’inalza del senso pratico,
letterale, storico della scrittura, ogni loro realtà dileguando nel
vaporoso orizzonte di un fantastico allegorizzare; e questo è il
simbolismo di Filone tra gli Ebrei; di Origene tra i Cristiani e più o
meno di tutti i Padri ed Esegeti della chiesa, i quali stretti, più che
loro non talentasse, dal senso preciso, pratico, esecutorio, positivo
delle leggi e dei Profeti dissero, figure parabole, similitudini ciò
che l’Ebraismo credette sempre e sempre seguitò a credere e praticare
quale propria e formale indicazione di fatti o di azioni materiali
e positive. Gioberti distinse il duplice allegorismo, ma non si
accòrse la sua gran mente, siccome quello che egli chiarisce ostile,
anticristiano, eterodosso, sia stato per primo introdotto, praticato,
e qual arma di guerra impugnato dal Cristianesimo contro l’antica
ortodossia, esautorando di ogni senso reale ed esecutorio tutti i
precetti di Dio, e reducendo a vani tipi, e figure e parabole, la
storia, i riti, i precetti; insomma tutta la parte reale e positiva
della antica alleanza.[86]
 
Ma ciò che abbiamo superstite della Esegesi degli Esseni, non si
stringe soltanto alle cose suesposte. Altri punti culminanti ci
rimangono avventurosamente da porre a confronto col sistema dei
dottori e nuove conferme dedurne della propugnata identità. Testimoni
le etimologie greche, il senso greco che gli Esseni al dire di Filone
solevano assegnare a certe frasi, a certe parole della Scrittura. Per
Filone, _Piscion_, _Havilà_, che quai nomi l’un di fiume e l’altro di
paese, si leggono nei primi del Genesi, sono grecamente foggiati e
quai vocaboli grecizzanti, intesi, interpretati dallo stesso Filone.
E non solo i due ricordati vocaboli, ma per dirla colle parole del
_Frank_, _c’est généralement sur les termes de la traduction des LXX et
des étymologies purement grecques que se fondent ses interpétrations
mystiques_. Ma ciò che non vide o non notò il professore di Parigi,
ella è la consonanza perfetta col sistema d’esegesi farisaica.
Curiosissimo a dirsi! Un fatto vi ha che non abbastanza riscosse
sin’ora l’attenzione dei dotti, ma che pure la merita in sommo grado.
I Farisei, i Dottori, i Rabbini di Palestina, non v’è cosa che più
prediligano nel deciframento delle espressioni scritturali, che il
ricorrere alla lingua greca, alle greche etimologie. Se la parola
_Nof_ non suona loro abbastanza intelligibile, il greco idioma gli
porgerà nel vocabolo _Ninfa_ il senso di _vergine_, di _fanciulla_, di
_amante_. Se il vocabolo _Meherote-em_, suona loro duro a intendersi,
la lingua greca glielo farà aperto col vocabolo _Mahaera_, _Spada_,
o arme qualunque da taglio. Che più? Una disposizione legale di
prim’ordine, una questione di vita e di morte, una dispensa dalla pena
capitale si deve nel Talmud, a una greca etimologia, e per non dire
ancora di altri moltissimi, se il cedro ebbe tra tutti gli altri frutti
benché formosi, la preferenza nella festa di _Sucot_, egli è perchè la
parola _Adar_ suona affine coll’_Idro_ greco, acqua, e quindi accenna
al cedro che al dire del Talmud cresce a preferenza in riva alle acque
sulle sponde dei fiumi. Ed ecco, se io non erro, abbastanza espressiva
analogia nel sistema interpretativo, considerato eziandio nei suoi più minuti dettagli

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