2015년 6월 3일 수요일

Storia degli Esseni 39

Storia degli Esseni 39


Che se provato non ostante il fatto, pur si volesse di questo fatto
medesimo, di questa strana eccezione indagare le cagioni, facile
sarebbe le cause additarne più verosimili. Se diceste in qual guisa
quel mistero, serbato per la tradizione comune, non lo fu per le più
gelose e per le più rispettate, ecco che cosa risponderei. Vi mostrerei
la forma nella quale queste ultime tradizioni furono dettate, la
forma che assunsero in tutte le opere scritte, forma se altra fu mai
metaforica per eccellenza, in cui l’allegoria procede così uniforme,
così complicata, e in cui sì denso velo ricuopre il pensiero recondito,
che tutta la penetrazione sfida dei più oculati ove alla parola scritta
non soccorra l’insegnamento orale del maestro, a tal chè si può dire
che niuna maggiore divulgazione procurare poteva la scrittura a cotal
tradizione, che già non avesse pria di essere per iscritto deposta.E
non è questo il luogo di maggiormente diffondersi intorno questo
argomento; ma se lo fosse, facil sarebbe mostrarvi di questo procedere
dei dottori parlantissima analogia nei primi tentativi di redazione
tradizionale, nei primi saggi Misnici talmudici ove questa stessa forma
parabolica vediamo prevalere, ed ove le più antiche formule suonano
brevi, oscure, talvolta metaforiche siccome i famosi _Simanim_ di cui
va copiosa la Biblioteca Rabbinica dei primi secoli.
 
Ma di questo si taccia per lo migliore, ed il corso riprendiamo della
nostra storia. Noi sappiamo le fonti d’onde i dogmi loro attinsero gli
Esseni: giusto è che alla cognizione dei dogmi stessi trapassando,
quel cenno ne facciamo che le scarse memorie e il mistero appunto
ond’erano circondati, ce lo consenton maggiore. E quando si parla di
credenze, mestieri è pure di quelle eziandio favellare che falsamente
agli Esseni si attribuirono, sì perchè mondati procedano d’ingiuste
imputazioni, e sì perchè non è raro il vedere che sotto una calunniosa
imputazione alcun che si asconda di vero e di fondato, d’onde a guisa
di malinteso abbia rampollato l’errore, il dogma supposto, e quindi la
fama che accusava, in documento si converte in qualche guisa di storica
verità.Gli Esseni, come gli Ebrei in generale, furono appuntati di
supposte adorazioni. Lo furono di adorare il Sole, e sopra un passo
di Giuseppe Flavio fu fondata l’accusa. Io non istarò a decifrare il
vero senso delle parole flaviane. Grecisti insigni vi si provarono, e
quanto vi siano riusciti lo dicano i dubbj tuttavia perseveranti. Io
farò meglio. Io supporrò chiara e limpida l’espressione di Flavio; io
dirò che a dirittura egli attribuisca agli Esseni, siccome veramente
io credo che gliele attribuisca, l’adorazione del Sole. Saranno per
questo gli Esseni idolatri? dovremo intendere Flavio come lo intese
il Prideaux, a rigor della lettera? Io credo che sia avvenuto al
Prideaux ed a chi lo segue, ciò che avvenne agli antichi Missionarj
Gesuiti nell’Impero cinese. Dove avendo udito i più famigerati filosofi
insegnare la fede nel nulla, tornarono pieni di sorpresa e di ira
raccontando dovunque in Europa che i filosofi Cinesi facevano pubblica
professione di ateismo e nullismo. E quanto i buoni Padri andassero
errati, quanto goffamente frantendessero la fraseologia dei Cinesi,
facile sarebbe qui dimostrare se l’ora e l’argomento lo permettessero.
Io credo che un qualcosa di simile sia pegli Esseni avvenuto. E a così
credere già sarebbermi argomento sufficiente le tante prove e gli
esempj cospicui che il Sole ci mostrano sotto un senso allegorico,
lo mostrerebbe il Pastoret quando, a proposito degli Esseni, il
Sole dice non essere stato per molti popoli che il Rappresentante
dell’Ente Supremo; lo proverebbe l’uso, onde parla il De Jurieu nei
termini seguenti: «De là est venue la coutume de se tourner toujours
du côté de l’orient dans tous les sacrifices qui se faisaient aux
dieux célestes,» e di cui è discorso nel XII dell’_Eneide_, v. 172;
lo proverebbe il costume prevalso nei prischi tempi nella Chiesa
cristiana, di volgere verso l’oriente, e che solo Leone I condannò
come intollerabile superstizione; lo proverebbe Fausto Manicheo quando
compara Cristo a Mitra, il Sole Persiano, e dice, i doni recati dai
Magi all’infante Gesù quelli essere appunto che gli orientali al Sole
offerivano come oro, mirra ed incenso; lo proverebbe Ermogene che alla
fine del II secolo referiva il culto di Cristo a quello del Sole, e
il corpo di Gesù credeva assunto nell’astro del giorno; lo proverebbe
Dante quando al Iº del Paradiso chiamava poetando Dio Sole degli
Angioli:
 
E Beatrice cominciò: Ringrazia,
Ringrazia il Sol degli Angeli, che a questo
Sensibil t’ha levato per sua grazia;
 
lo proverebbe la Bibbia quando Dio chiama Sole il Talmud, quando narra
di chi ad un Cesare che richiese di vedere Iddio mostrò il Sole ultimo
dei suoi Ministri; e tutte queste prove già grandemente infermerebbero
l’accusa contro gli Esseni articolata di adorazione del Sole. E
poi quanti fatti nel culto ebraico potuto avrebbero dare origine a
quest’accusa! Basti dire dell’orazione al cui proposito appunto, e
tanto più è notabile, rammenta Giuseppe l’adorazione in discorso. Basti
dire dei _Vatichin_, forse altro nome degli Esseni, che studiavansi
principiare col sorger del Sole la prece di mattutino in adempimento
del verso; basti dire della perfetta orientazione del Tempio di
Gerosolima, intorno a cui, dice il Talmud, tanto affaticaronsi gli
antichi Profeti affinchè la porta di Oriente ricevesse i primi raggi
del sole; basti dire il nome stesso che quella porta recava di porta
del Sole; basti la lastra d’oro tersissimo che votò Elena regina e
Nazirea, affinchè in luogo si situasse che ai primi raggi del sole
infinite mandasse scintille nunziatrici ai sacerdoti del rito che
cominciava. E se questo fosse il luogo di tal raffronto, aggiungerei
della perfetta orientazione, oggi costatata, delle Piramidi, che oltre
il loro carattere funerario, fa grandemente dubitare non forse qualche
rapporto possano offrire col culto del Sole, con Osiri Dio infernale e
Giudice delle anime nello Amenti come Cristosole scende in Inferno e
ne trae le anime dei giusti, e giudice sederà de’ risorti nel giudizio
finale.
 
Ma mirate la forza del vero! Egli è soltanto, egli è principalmente
al confronto della simbologia cabbalistica che cessa ogni possibil
recriminazione, che tacciono, anzi, e ciò di gran lunga più monta,
che si spiegano, che s’intendono le accuse in discorso e che con
tutta verità, con tutta precisione, si può dire degli Esseni che
adoravano il Sole.E certo lo adoravano perchè furono dei Cabbalisti
progenitori, e certo ne fecero, come ne fanno i Cabbalisti, emblema,
simbolo, principalmente nella loro Teologia; e certo non solo il sole,
ma la luna, ma i pianeti tutti fecero parte della loro simbologia,
siccome S. Girolamo lo attesta, rincarando sopra Giuseppe e dicendo
gli astri tutti avere gli Esseni adorato.S. Girolamo pare che compia
l’accusa, ed invece non fa altro che finire il ritratto degli Esseni,
che identificarli assolutamente coi Cabbalisti, che porre, a dir breve,
l’ultima mano a quella identità da noi propugnata. Perciocchè mestieri
è che il sappiate, non solo il Sole, simbolo fra ogni altro cospicuo,
ma la Luna, ma Giove, ma Marte, ma Venere, ma Mercurio, e se ai tempi
loro conosciuto fosse stato Urano, anche Urano avrebbero tolto a far
parte della ricca e complicatissima loro Simbolica. Ecco i veri astri,
il vero sole, la vera luna che adorarono gli Esseni, il sole e la luna
e gli astri del cielo dei Cabbalisti, ecco l’accusa; che accusa si, ma
solo la identità dei due sistemi e delle due scuole, al difuori della
quale io oso dire che ogni sforzo spenderebbe invano la critica a
dare una spiegazione plausibile a questo culto strano idolatrico, che
austeri gravi autori non temono di attribuire alla più scrupolosa e
severa scuola che sorta sia nel seno dell’ebraico monoteismo. Ecco la
chiave per capire ciò che ha di vero il sistema del Dupuis che trova in
Cristo il sole, e negli apostoli i 12 segni dello Zodiaco; la chiave ne
è la parentela tra Cristiani ed Esseni, e tra questi ed i Cabbalisti.
 
 
 
 
LEZIONE VENTESIMAQUARTA.
 
 
Sotto le forme di un’adorazione idolatrica, di un’apparente astrolatria
del culto del Sole, noi abbiamo trovato una nuova analogia coi
Cabbalisti, e al tempo stesso l’origine di quest’accusa, della supposta
adorazione del Sole. Possiam dire che non è persino l’errore che
non rechi in qualche modo il suo tributo al nostro sistema, e non
concorra esso pure al più grande e più luminoso trionfo del vero. Noi
abbiamo iniziato un sistema di critica storica intorno agli Esseni
che, spero, vedremo parecchie altre volte vittorioso alla prova,
dileguando quelle nubi che si frappongono alla contemplazione del
vero, additando la sorgente di altri malintesi, e sotto l’aspetto
paradossale di altri culti, di altre formule non meno strane nè
indecifrate, accennandoci la equivocata e malcompresa simbologia dei
Cabbalisti. Noi andiamo a vederne prova novella. Noi abbiamo un altro
culto, un’altra accusa, un’altra idolatria da spiegare, la quale non
reggerà, spero, al contatto del criterio da noi assunto alla storica
interpretazione dell’Essenato, più che non resse l’altra accusa
d’astrolatria, l’adorazione del Sole. Strano a dirsi! furono accusati
gli Esseni d’adorare creature mortali, individui umani quali siam noi;
di adorare due fratelli, il cui nome ci fu per ventura conservato,
Elxai e Jessaus, di adorare eziandio le due loro sorelle, Marta e
Martana. Queste cose udiva l’antichità e non ne stupiva. Erano ancora
poco distanti i tempi nei quali il cielo si popolava d’intere famiglie
di dèi e di dee, di padri e figliuoli, di fratelli e sorelle; nè
mancavano nella mitologia orientale e in quella di Grecia e di Roma
gli esempj di numi scesi incarnati, e cogli uomini stessi conversanti
in guerra, in amore, in politica, coi legislatori, coi guerrieri e
colle ninfe dei boschi. L’Oriente ce ne porge tuttavia distinte le
traccie. Il Lama, il gran Lama del Tibet, chi non lo sa? è creduto
incarnazione perpetua di Budda, e ciò che non è men vero per esser
men conosciuto, egli è che al fianco del Lama si adora dai Tibetani
la Lamessa, incarnazione, siccome egli di Budda, così essa della sua
virtù, del principio suo femminile, della sua energia, di quella che
i Cabbalisti dicono _Coah_. Nè i tempi dei nostri Esseni correvano
meno propizi a siffatte aberrazioni, e le incarnazioni erano, si può
dire, allora le credenze alla moda. Testimonio, per non dire di altri,
quel _Simon_ mago da Dante nostro apostrofato coi miseri seguaci, il
quale non solo adorato era qual uno degli Eoni o delle emanazioni di
Dio, ma la donna sua modello, siccome dicono, non troppo specchiato di
onestà, riscoteva eziandio al suo fianco pubblici divini omaggi qual
Dea; reputata essendo qual sua virtù e qual emanazione ella stessa
del femminile principio. Ho io mestieri parlare del cristianesimo?
Religione all’Essenato contemporanea, ella si fonda sul dogma capitale
della incarnazione dell’uomo-Dio, che contiene, come dice Gioberti,
in germe tutto il cristianesimo, e questo tutti sanno e perfettamente
concordano. Ma se il cristianesimo ebbe il suo Elxai, ebbe ancora il
suo principio femminile, la sua Martana, la sua incarnazione femminile.
Chi il crederebbe? Si accusano oggi i Gesuiti di aver effemminato il
cristianesimo introducendovi il culto di Maria, e troppo più alto
elevando, che non s’addica, il seggio di Colei che fu a Cristo e
figlia e sposa e madre, secondo la sentenza Manzoniana. Tuona contro
di essi Gioberti, e adulteratori li chiama insieme ad altri del dogma
e della fisonomia del cristianesimo. E pure, sel tolleri in pace la
sua grand’anima, i Gesuiti, se non hanno ragione, non hanno nemmeno
tutta la colpa che gli si vuol affibbiare. Il culto di Maria è antico
antichissimo più che non si crede. E non solo fu culto secondario e di
dulia, ma primario e di latria, se si risale a’ prischi secoli e presso
i cristiani d’Oriente, specialmente fra gli Arabi. Perciocchè non solo
ci parla S. Epifanio della setta dei Colliridi, che ponevano la Vergine
Madre al pari di Dio e culto rendeangli di vera divinità, offrendogli
una focaccia in forma di serpe, d’onde il nome loro di Colliridi: ma
sino nel famoso concilio Niceno furono padri che sostennero la divinità
della Vergine dicendo, due divinità doversi adorare, oltre il Padre, il Cristo e la Vergine.

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