2015년 6월 3일 수요일

Storia degli Esseni 40

Storia degli Esseni 40



La quale associazione del culto di Dio a quello
di Maria diede origine alla setta dei Marianiti, e che sotto questo
nome figura nel concilio di Nicea, e più o meno prospera protrasse
la sua esistenza fino al 6º secolo dell’èra volgare, in cui eranvi
tuttavia cristiani che facevano della Vergine una Dea, chiamandola
membro e compimento della Trinità. Il quale errore, come quello di
Simone il Mago, come quello attribuito agli Esseni, fu una deviazione
e una corruzione dei principj Cabbalistici; come deviazione congenere,
benchè serotina, fu quella che eresse in oggetto di culto divino il
Pseudomessia Sciabetai Zebi, e ciò ch’è di gran lunga più degno di
nota, la sua donna istessa, quale incarnazione femminile di una delle
divine emanazioni, come probabilmente frutto dello stess’albero fu il
culto della Dea ragione, o sapienza, o Hohmà, personificata in una
prostituta per quella corrente segreta che univa le Francomassonerie
allora erompenti alla luce cogli antichi istituti Pitagorici e
Cabbalisti. E come finalmente un esempio preclaro ci s’offre ai tempi
profetici dell’adorazione di una Dea, della Regina dei cieli, Regina
coelorum, come oggi è chiamata la Dea Maria, e contro di cui tuona
Geremia dicendo: I figli raccolgono legna, i padri accendono il fuoco,
e le donne con grano e farina compongono focaccie e fanno libazioni
alla Regina dei cieli. Posto ciò che hanno di comune tutti questi culti
diversi, dobbiamo domandare a noi stessi: caddero eglino gli Esseni in
questo culto idolatrico che gli s’attribuisce; adorarono essi in due
fratelli in due donne carnali, in una creatura mortale la incarnazione
di un principio divino? precipitarono essi nell’errore di Simon Mago,
dei Marianiti, di Sciabetai Zebi, e di tutti i fautori in generale
delle avatara o incarnazioni indiane, orientali, greche, cristiane;
o non piuttosto mantennero il dogma cabbalistico nella sua purità,
serbando inviolati i confini tra l’ideale e il reale, tra la mente e il
corpo, tra il divino e l’umano; e se accusa vi fu, solo a malinteso,
solo ad equivoco si dovrà imputare? Io credo che nulla ci autorizzi a
menare l’imputazione per buona. Se gli Esseni parlarono di fratelli e
di sorelle, se ne dierono i nomi, se ossequiaronli quai numi, nulla ha
tutto questo di sorprendente per chi per poco abbia svolto le pagine
dei Cabbalisti, presso i quali, come Oromaze e Arimane tra i Persiani,
come Osiri e Tifone tra gli Egizj, come Giove e Plutone tra i Greci,
tutti fratelli ma nemici ed antagonisti tra loro, così tra essi Jacob
e Esau, personaggi storici quanto altri fur mai, prendono nonostante
veste simbolica e stanno a significare due idee, due principj tra essi
contraddittorj, e che non è qui luogo di costatare, di definire. Non
sono persino i due nomi che la tradizione ci trasmise dei due fratelli
dagli Esseni adorati, che non stiano in qualche modo a provare la
bontà del supposto. Elhai è nome mirabilmente conservato, ed oltre
il suo senso biblico usitatissimo di Dio vivente, appartiene alla
nomenclatura cabbalistica delle Sefirot, e sta a significare quella
in ispecie che il nome reca di Jesod, il qual nome a parer mio fu
riprodotto nel nome essenico di Jesseus, se pure lo stesso essenico
Jesseus, come par più probabile, non sia il José Rabbinico identico
al biblico Josef, che è lo schema storico rappresentante appunto la
Sefirà di Jesod. Che se questi sono i fratelli Essenici e il loro nome,
che diremo delle loro sorelle adorate, Marta e Martana? Non solo qui
ritornano non meno espressive in campo le analogie pagane, Isi e Nefti
in Egitto, Giunone ed Ecate in Grecia, e via discorrendo, ma tornano
non meno e forse anche più parlanti le analogie cabbalistiche. Marta
e Martana sono nomi quasi integralmente conservati, e ci offrono le
fattezze quasi inalterate dei nomi cabbalistici Martà e il Meerat del
Zoar, come Mariana è corruzione della Matranita Cabbalistica, la prima
accennata, secondo il Zoar, nel Jei Meerat, l’altra sinonimo di donna
e signora; come, mirabile a dirsi, il nome greco di Giunone, _Hera_,
fu sinonimo di donna e signora, ed ambo sorelle; l’una buona e l’altra
rea; l’una autrice di bene, l’altra di male; l’una identica a Lilit
regina delle tenebre, l’altra identica alla talmudica Scehinà; l’una
nel suo nome istesso recante il segno della esecrazione Meerat da
Meerá, anatema maledizione, l’altra Matranita, da _Matar_, guardiana e
custode. Però, affrettiamoci a dirlo, gli Esseri or ora ricordati non
furono solo enti metafisici e mere astrazioni; per quella concordanza
che è propria dei Cabbalisti trovare tra l’ideale e il reale, essi, gli
Esseni, tolsero dalla storia i personaggi rammentati, e ne fecero copie
e rappresentanze dei loro esemplari e prototipi celestiali. E comecchè
non sia officio di queste lezioni discorrere della storia degli Esseni,
ma solo della loro teologia, pure per quella connessione che vedemmo or
ora tra la storia e il dogma, ed anche pel valore secondo me insigne
di questo tratto della loro istoria, non sarà male che per noi se ne
faccia qui stesso breve menzione. Egli è a S. Epifanio che noi dobbiamo
le presenti indicazioni. Nel suo libro delle Eresie egli rammenta come,
imperante Trajano, l’istituto degli Esseni subì una modificazione,
o come oggi direbbesi, una riforma. E chi ne fu, al dir d’Epifanio,
l’autore? Ei fu un Essena per nome Elxai, del quale ci referisce il
Padre istesso in tre sommi capi le riforme introdotte. Egli è gran
ventura per la storia degli Esseni, che un momento così interessante
della loro esistenza ci sia stato conservato colle sue più minute
circostanze, e fra poco vedremo di quante conseguenze sia fecondo per
il sistema nostro d’identità cabbalistica. Ci narra Epifanio le riforme
introdotte, e queste sono in numero di tre. Consiste la prima nello
insegnare ch’ei fece ai seguaci a giurare per le cose create, pel sale,
per l’acqua, per la terra, come se fossero, dice Epifanio, altrettante
divinità. Consiste la seconda nella condanna ed abolizione del celibato
e quindi nella riabilitazione del matrimonio. La terza poi suona
alquanto più dura ad intendersi, ma spero riceverà non scarso lume dal
nostro sistema. Secondo S. Epifanio, _Elhai_, il riformatore della
scuola, avrebbe insegnato ai seguaci la dissimulazione idolatrica,
che è quanto dire, a simulare culto, ossequi, adorazione ai numi del
Paganesimo quando altrimenti non potesse farsi senza presentissimo
pericolo della vita. Noi abbiamo qui nelle parole di Epifanio un
documento importantissimo, i cui rilevantissimi insegnamenti mestieri
è analizzare a parte a parte. Abbiamo in primo luogo cenno, memoria di
un’epoca di crisi religiosa per lo Essenato, in cui gli ordini antichi
subirono una qualunque siasi metamorfosi per opera d’un capo-scuola,
d’un riformatore per nome _Elhai_; e questo fatto non potrebbe non
consuonare mirabilmente col maestrato cabbalistico che si assegna nel
_Zoar_ a R. Simone Ben Johai, e coll’immenso impulso che si dice da
esso alla teologia comunicato, onde il suo secolo qual secolo ci si
offre impareggiabile negli Annali dello istituto. Ed abbiamo la data.
La quale, fissata da Epifanio sotto l’impero di Trajano, consuona con
quella che segna il fiore, l’apogeo della scuola cabbalistica, e colla
predicazione e riforma di _R. S. B. J._; fatto altresì di massimo
rilievo in quanto stabilisce eziandio una concordanza cronologica, fra
la riforma di una parte dell’Essenato e quella narrata dal _Zoar_ della
scuola cabbalistica per opera di _R. S. B. J._ Ma qual’è della Essenica
riforma l’autore, e qual nome ei reca in bocca ad Epifanio? Egli è
_Elhai_, che oltre l’offrirci non ispregevole concordanza di suono con
_Ben Johai_, col qual nome semplicissimo è designato non rade volte nel
Talmud e nel Zoar, è nome pregno altresì di altre preziose indicazioni,
che tutte alla persona collimano e ne riconducono di _R. S. B. J._
Poiché, s’egli è vero che voi udiste, or non è molto, essere questo
nome divino, e speciale appellazione della ottava _Sefirá o Eone_, non
è men vero che anche nel suo senso più ovvio di _Dio vivente_ si addica
in sommo grado al principe dei Cabbalisti, a _R. S. B. J._ Non voglio
qui confortare l’asserto con lontane ma pur vere analogie bibliche
e talmudiche, comechè grandemente ne rimarrebbe giovato l’assunto;
ma mirando senza più al cuor del subbietto, io recherò in mezzo tali
prove ed esempj tolti a dirittura al _Zoar_ istesso, dei nomi cioè
di Dio applicati per magnificenza di traslato al divinissimo uomo,
che ognuno, spero, dovrà dirsi dell’argomentare contento. Or eccone
uno. Se la mente non erra, è il caso in cui il Zoar chiama con nomi
divini il gran maestro della scienza divina, ed è là ove chiedendo _Man
aadon adonai_? risponde a dirittura, _Da ù R. Simone ben Johai_, testo
empio, scandaloso, e degno subbietto alle recriminazioni infinite che
levarongli contro, ove colla grossolana s’interpreti e inescusabile
ignoranza dei tempi, degli uomini, del linguaggio, delle dottrine,
ma innocentissima e naturalissima espressione, se di tanto vorremo
consultare la Bibbia, che appunto per avere prodigato gli epiteti
celestiali agli uomini, alle cose terrene, fu causa benchè innocente
che altri fraintendendone il significato ne torcessero il senso fino a
trovarci le traccie di dottrine dall’Ebraismo le più aliene.
 
Abbiamo veduto la data, il personaggio, il nome del riformator degli
Esseni, e tutti coincidono col riformatore dei Cabbalisti. Troveremo
egual concordanza nella materia stessa della riforma?Veggiamo i
particolari conservatici da Epifanio. Insegnò, ei dice, ai seguaci a
giurare per le creature, pel sale, per l’acqua, per la terra, quasi
fossero Enti divini, parole che suonano strana, mostruosissima accusa,
ove alla lettera si capiscano per un dottissimo e nobilissimo istituto
del quale ci trasmisero gli antichi i sensi più elevati monoteistici,
in fatto di religione. Ma il sistema nostro, oso dirlo apertamente,
è il solo che lasci un senso possibile alle parole di Epifanio, che
purghi gli Esseni dalla taccia d’idolatria senza distruggere d’altra
parte, anzi confermando e spiegando un attestato così esplicito, così
grave qual è quello di Epifanio. La simbologia, le figure, i tipi
cabbalistici saranno per noi il filo conduttore, il filo d’Arianna.
Nella cui varia e ricchissima nomenclatura i nomi di _sale_, di
_acqua_, di _terra_, figurano tra i primi quai terreni rappresentanti
e tipi e figure delle virtù, degli attributi, delle emanazioni divine,
e di cui facile sarebbe qui riprodurre le rispondenze cabbalistiche, se
opera vana non mi paresse avvolgermi in ricerche puramente nominali,
il cui senso non è qui certo il luogo di sindacare, di stabilire. Per
lo scopo nostro, per la interpretazione del documento di Epifanio,
bastano le cose discorse riguardo al primo soggetto delle rammentate
riforme. E basterà non meno ricordare la seconda innovazione
rammentata da Epifanio. La quale consiste nella condanna e abolizione
del Celibato. Io vi prego ridurvelo alla memoria. Quando passavamo
in rassegna le istituzioni degli Esseni, quando in queste volevamo
trovare quell’identità da’ nostri perpetuamente propugnata tra _Esseni_
e _Cabbalisti_, quando ci imbattemmo nel Celibato, un ostacolo ci
parve sorgere a proseguire nella favorita nostra dimostrazione, e a
rimuoverlo adoperammo fatti, argomenti che non sono, se io non erro, da
prendersi a vile: ma quanto meglio non riesce allo scopo, quanto più
naturale e piena eliminazione della difficoltà in discorso non è egli
il fatto presente, la condanna, l’abolizione del Celibato? La quale
non solo meglio identifica l’Essenato coi Farisei, ma più specialmente
lo immedesima coi Farisei Cabbalisti, i quali a segno tale rincararono
nel Zoar sulle prescrizioni del matrimonio e della propagazione della
specie, che certe frasi così severe vi corrono, che ebbero bisogno
di miti ed attenuanti interpretazioni? Ed ecco il secondo capo della
riforma di _Elhai_ coincidere appuntino colle idee e col sistema dei
Cabbalisti. Che sarà poi del terzo punto della Essenica riforma,
della dissimulazione idolatrica che si dice ammessa, sancita dal
riformatore _Elhai_? E in qual guisa potrà una sì strana concessione
consentire colle idee e coi principj di Ben Johai, di quegli che
crediamo identico all’Essenico _Elhai_ e che è uno dei più grandi e
famosi dottori tra i Farisei? E pure io non credeva a me stesso quando
l’opinione testè udita io lessi nelle _Agaot Maimoniot_, attribuita a
_R. S. B. J._ E perchè meglio comprendiate di chi si tratta, mestieri
è sapere come, secondo le opinioni più comuni, più accettate, tutti
i precetti di Dio, vuoi positivi vuoi negativi, possono impunemente
prevaricarsi quando vero e presentissimo si corra pericolo della vita,
tranne tre soli, la cui osservanza deve anteporsi alla vita istessa
e sono: _Idolatria_, _Incesto_ ed _Omicidio_. Ora aprite Maimonide
nel trattato d’Idolatria, e mentre nel testo Maimonideo troverete la
decisione formulata nel senso appunto or or ricordato, volgendo per
poco gli occhi alle note che vanno attorno al testo, e che si dicono
_Agaot_ o _Scoree_ Maimonidee, leggete a proposito delle tre eccezioni rammentate: 

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