2014년 9월 3일 수요일

Giovanni Boccaccio, a Biographical Study 18

Giovanni Boccaccio, a Biographical Study 18


Item postea anno, die, et indictione predictis die vigesima prima
mensis Maii actum Florentie in domo in qua Consules Artis Medicorum
Spetiariorum et Merciariorum Civitatis Florentie morantur ad iura
reddenda sita in populo Sancte Cecilie presentibus tunc S. Spigliato
Dini Notario populi Sancte Margherite et Sandro Fioris Spine populi
Sancte Marie in Campo de Florentia ad hec vocatis precibus et
mandatis dicti Bocchaccini et pro eodem Bocchaccino Biagius olim
Pizzini populi Sancte Felicitatis et Vanni olim Chelini de Certaldo
dicti popuii et quilibet eorum in solidum et in totum predictis
venditioni, traditioni, concessioni, promissioni, pretii solutioni,
et confessioni, donationi, contractui et instrumento, et omnibus et
singulis supradictis actis, factis, gestis, et promissis per dictum
Bocchaccinum fideiusserunt et se et eorum quemlibet in solidum
ipsarum rerum venditarum et cuiuslibet earum principales auctores
et defensores constituerunt principaliter ei quilibet eorum in
solidum et in totum promiserunt et convenerunt mihi Salvi notario
infrascripto tamquam persone pubblice stipulanti et recipienti vice
et nomine dictorum Nicchole Vegne et Niccholaj Pauli et cuiuslibet
eorum pro partibus supradictis eorumque et cuiuscumque eorum
heredibus habentibusque caussam ab eisdem se facturum et curaturum
ita et taliter omni exceptione remota quod dictus Bocchaccinus
pacifice et quiete permictet et permicti faciet dictos emptores et
eorum quemlibet pro partibus supradictis eorum et cuiuslibet eorum
heredibus habentibusque caussam ab eisdem ipsas res venditas et
earum quamlibet habere et lites et questiones in se suscipere et
ipsas res venditas et earum quamlibet earumque et cuiuslibet earum
obventionum defendet auctorizabit et disbrigabit, et predictam
venditionem traditionem, concessionem, promissionem, et omnia et
singula supradicta et eorum quodlibet firma habebit et tenebit et in
omnibus et per omnia faciet, attendet et observabit ut promisit et
superius continetur. Alioquin ipsi fideiussores et quilibet eorum in
solidum et in totum promiserunt et convenerunt mihi Salvi Notario
infrascripto tamquam persone pubblice stipulanti et recipienti ut
supra pacifice et quiete permicti facere dictos emptores et eorum
quemlibet pro partibus supradictis earumque et cuiuslibet eorum
heredibus habentibusque caussam ab eisdem ipsas res venditas et earum
quamlibet earumque et cuiuslibet earum obventionum habere et lites et
questiones motas vel movendas in se suscipere, et ipsas res venditas
et earum quamlibet earumque et cuiuslibet earum obventionum defendere
auctorizzare et disbrigare et in omnibus et per omnia et quilibet
eorum in solidum promiserunt et convenerunt et remiserunt et fecerunt
mihi Notario stipulanti et recipienti ut supra ut ipse Bocchaccinus
promisit convenit remisit et fecit ut supra continetur. Que si non
fecerint et fieri curaverint promiserunt et convenerunt predicti
fideiussores et quilibet eorum in solidum et in totum mihi iamdicto
notario stipulanti et recipienti ut supra dare et solvere nomine
pene et pro pena duplum pretii supradicti et insuper Florenos aurei
quadringentos bonos et puros solepmni stipulatone promiserunt cum
refectione dapmnorum etc. Que quidem pena totiens committatur et peti
et exigi possit cum effectu quotquot contra predicta vel predictorum
aliquid datum aut factum fuerit seu ventum vel predictorum aliquid
non servatum, et pena soluta vel non, exacta vel non, una vice vel
pluribus predicta omnia et singula firma perdurent sub ypoteca et
obligatione etc. precario etc. eisdem etc. Insuper dicti Biagius
et Vanni Fideiussores et quilibet eorum iuraverunt ad Sancta dei
Evangelia corporaliter tactis scripturis se vel eorum aliquem non
venturos contra predicta vel predictorum aliquid seu contra ea, vel
eorum aliquid restitutionem aliquam in integrum impetrare seu petere
occasione minoris pretii vel alia occasione quacumque, set predicta
omnia et singula totaliter et effectualiter observare et firma
habere et tenere perpetuo quibus domino et fideiussoribus precepi per
guarentigiam etc.

_Estratto dalle imbreviature di ser Salvi Dini a 164 esistenti nel
Pubblico Archivio dei Contratti._




APPENDIX III

FROM "LA VILLEGGIATURA DI MAIANO," A MS. BY RUBERTO GHERARDI; A COPY
OF WHICH IS IN POSSESSION OF MRS. ROSS, OF POGGIO GHERARDO, NEAR
SETTIGNANO, FLORENCE.

CAP IV OF MS.


_Messer Gio. di Boccaccio gode in proprieta la Villa che fu del Sig^r
Berti a Corbignano ove pare che egli nascesse e cresciuto restasse
invaghito della Vallata posta sotto il Convento de P. P^i MM.
Osservanti della Doccia e poi si trasportasse ad abitare in Firenze e
vi comprasse varie Case suo Padre. Si fa l' illustrazione del poema
di M^o Gio. nel quale narrati gli amori e gli accidenti seguiti fra
il fiume d' Affrico e Mensola e le fortune di Pruneo diloro figlio
si trova la moderna e antica topografia de detti luoghi e dell'
origine dello Spedale di Bonifazio e del fine del Convento di S. M^a
a Querceto e del giogo delle collinette luogo detto Monte._

Fra gli ammiratori del nostro Villaggio di Maiano e delle sue
adiacenze fu il nostro celebre maestro della Toscana eloquenza Messer
Giovanni di Boccaccio di Chellino da Certaldo, il quale fino dalla
prima eta e dipoi nel fiore della gioventu si trattenne molto tempo
nella piccola villetta unita al podere, che possedeva suo padre
pochi passi sotto il Sobborgo di Corbignano, che per la misura del
suo lo goduto con essa, per il fossato che sbocca in Mensola, che
lo divide, per i confini che lo specificano, e per le due Cure, una
di S. Martino a Mensola, e l' altra di S. Maria a Settignano che
vi esercitano la giurisdizione e vengono a individuarla altra non
puo essere che quella di Corbignano de Signori Berti posseduta di
presente con titolo Livellare dal Signor Ottavio Ruggeri, come il
tutto si puo riscontrare dal Contratto di vendite della medesima,
fatta per rogito di Ser Salvi Dini esistente all' Archivio Fiorentino
del di 18 Maggio 1336, allorche il nostro Boccaccio si ritovava in
eta d' anni 23. Questa fiorita eta del medesimo e le dolci compagnie
di quella villeggiatura, chi sa che non gli infiammassero il cuore e
nella sua commedia delle Ninfe Fiorentine, lo portassero ad encomiare
e comparire nel Prologo sotto nome d' Ameto e principalmente a
fissare lo sguardo a quella parte "dilettevole di graziose Ville e
di campi fruttiferi copiosa, ove sorge un infruttuoso monte Corito
nominato, prima che Atlante vi salisse; nelle piaggie del quale fra
gli strabocchevoli balzi surgea d' alberi, di querce, di cerri, e
di abeti, un folto bosco e disteso fino alla sommita del monte.
Dalla sua destra un chiaro fiumicello, mosso dalla uberta dei monti
vicini, fra le pietrose valli, discendeva gridando vesso il piano:
dove giunte le sue acque con l' Arno mescolando il poco avuto nome
perdea." Per il monte di Corito non vi ha dubbio che egli intenda il
monte di Fiesole, poiche nel fine dell' istessa commedia trattando
delle guerre tra i Fiesolani e i Fiorentini successe nell' anno 1125
allorche furono distrutti i Fiesolani colla loro rocca e accomunate
le famiglie e l' insegne di questi due popoli. Egli dice che la
fortuna "dante ne principj i beni con mano troppo larga a quelli di
Corito, gli rende invidiosi e tra loro determini della Jurisdizione
della loro Citta, nata mortale questione, nuove battaglie cominciaron
tra popoli," e poco dopo parlando di Firenze, e de' suoi abitatori
dice "che levatosi l' aspro giogo de Coritani gia sovrastanti per le
indebolite virtudi si rintuzzarono le loro forze, che appena il monte
erano usati di scendere." Per il fiumicello, il quale a chi riguarda
il monte di Fiesole comparisce alla destra si conosce che egli intese
il fiume d' Affrico, che ha l' origine e discende per le balze
descritte; et Ameto chiamo Sarno il fiume d' Arno, in cui Affrico
si sperde poiche rappresentava tempi cosi remoti, giusta il parere
dello Storico Malaspina, allorche il detto fiume non aveva ancora
mutato il suo nome Sarno con quello d' Arno. "Era di piacevoli seni
ed ombra graziosa la selva ripiena d' animali veloci, fierissimi, e
paurosi, e in piu parti di se abbondanti fontane rigavano le fresche
erbette. In questa selva sovente Ameto vagabondo giovane i Fauni,
le Driadi abitatrici del luogo solea visitare. Et ella forse dalli
vicini monti avuta antica origine quasi da carnalita costretto,
di cio avendo memoria con pietosi affetti gli onorava talvolta."
Dice, che Ameto vagabondo giovane perche forse dalli vicini monti
avuta antica origine, quasi da umana simpatia costretto, e de cio
ricordandosi solea visitare ed onorare talvolta i Fauni e le Driadi
abitatrici del luogo pieno di Ville, di fonti, di seni, e boschetti.
E chi ne assicura, che il Boccaccio non fosse nato nella sua villa
di Corbignano quivi poco distante? Infatti per quanto sia cognita l'
eta e in conseguenza la nascita del nostro M^o Giovanni di Boccaccio,
nulladimeno pero fino ad ora ne il Sig^r Manni, ne altro Scrittore
della sua vita hanno potuto indagare dove ei nascesse, non essendo
stato procreato qual frutto di legittimo matrimonio, ma bensi quale
aborto di malnata passione, come si puo riscontrare dalla dispensa
addomandata per farsi cherico, riferita nella storia d' Avignone e
dalla dilui legittimazione narrata dal Sig^r Della Rena. Io credo,
che raccontandoci in figura d' Ameto il Boccaccio avere avuta forse
l' origine nei colli vicini a Maiano, e che percio spinto da natural
simpatia andava spesso a visitare le Ninfe e le Driadi di quelle
magioni, abbia voluto farci comprendere essere egli venuto alia
luce nella sua piccola villetta unita al Podere posto parte nel
popolo di S. Martino a Mensola, e parte di S. Maria a Settignano, e
tramezzato dal fosso che forma con altri due fossi dipoi il fiume
di Mensola presso il Borgo di Corbignano, distante circa a mezzo
miglio dalle Ville di Maiano. Tuttocio si rende vie piu credibile,
quanto e naturale il persuadersi che il dilui genitore abbandonata
la sua patria di Certaldo comprasse tosto quella villetta e podere
di Corbignano, e che poi essendogli nato il nostro Messer Giovanni
facesse acquisto circa al 1314 d' una Casa nella Citta di Firenze
presso quella porta, che conduceva alla sua Villetta, come si usava
in quei tempi, e questa casa la scegliesse posta nel popolo di S.
Pier Maggiore in via S. Maria e nel Gonfalone delle Chiavi come si
scuopre dal libro delle Riformagioni segnato R. che tira dal 1313 al
1318 sotto di 10 Ottobre 1318 ove si ordina che detto Boccaccio sia
levato dalla Libra delle gravezze di Certaldo, e resti aggravato in
quella di Firenze, per essere egli tornato ad abitarvi nel Gonfalone
delle Chiavi dai quattro anni gia scorsi. Questa casa del Boccaccio
non puo essere altro, che quella posta nel detto popolo di S. Pier
Maggiore nella detta Via S. Maria presso la cantonata che fa la detta
strada con la via del Giardino di proprieta in oggi dei P. P^i Minori
Conventuali, scoperta da me per mezzo dei confini d' altra casa che
le sta al fianco venduta ne tre Luglio 1333 per rogito di Ser Salvi
Dini e descritta come App^o "Una Casa posta nel popolo di S. Pier
Maggiore, ed in Via S. Maria cui a primo detta Via, a secondo, la
Chiesa di S. Reparata, a terzo di Ruggero di Scotto o degli Albizi,
a quarto, a tempo d' altra vendita delle medesima, seguita nel 25.
Aprile 1326 per rogito de Sig^r Bonacosa di Compagno etc. confinava
Boccaccio da Certaldo e in oggi gli Eredi di Cino Bicchierai."

Osservandosi il contorno dei confini di questa Casa venduta si
scuopre esser quella istessa che in' oggi e divenuta dell' Opera
del Duomo che sta in mezzo all' altra, che ora, e fin di quel tempo
e stata posseduta dall' Opera medesima che fa cantonata in via del
Giardino, e dall' altra parte, vale a dire vesso mezzogiorno resta
accanto alia Casa dei P. P^i di S. Croce di Firenze presentemente, e
che in antico fu di proprieta del Boccaccio il quale bisogna che la
vendesse poco dopo al 1326 poiche avendo egli emancipato Francesco,
altro suo figlio, che si trovava vicino alia puberta gli fece
comprare nel 31. Agosto 1333 un altra casa in Firenze nel popolo di
S. Felicita per rogito di Ser Salvi Dini, ove esso con i suoi figli
abito, e di cui parla il Signor Manni nella sua illustrazione, che
confina a primo e secondo Via a terzo Domenico Barducci, a quarto
Vanni di Cera e degli Eredi di Ghino Canigiani. Lo stesso Boccaccio
fece poscia acquisto d' altra mezza Casa il di 13. Dicembre 1342 pei
rogiti di Sig^{ri} Francesco di Ser Matteo, come si riscontra da un
Libro di Gabella di detto tempo esistente nell' Archivio del Monte
Comune di Firenze, la quale penso che sia quella posta nel popolo di
S. Ambrogio donata dipoi alla Compagnia d' Orsanmichele, come dal
registro della medesima principiato nel 1340 a N 133 si vede.

Dopo questa breve digressione torniamo a Fiesole coll' istesso
Giovanni di Boccaccio, il quale non solo nella sua Genealogia degli
Dei, ma ancora nel Ninfale riconosce Atlante per fondatore della
medesima, ed insieme nel suo poema Toscano, primo, che si trovi alla
luce in ottava rima, rappresenta gli amori di Affrico e Mensola
piccoli fiumicelle che irrigano la nostra celebre Campagna e mette in
vista i casi veri, o finti che siano, seguiti nel contorno di Maiano
situato in mezzo a questi due fiumi. Racconta egli adunque che

    Pria che Fiesole fosse edificata
    Di mura o di steccato o di fortezza

venne Diana Dea Cacciatrice in quelle vicinanze ed armata d' arco e
di strali con gran corteggio di Driadi, e che era nel Mese di Maggio.

    Quando la Dea Diana a Fiesol venne,
    E con le Ninfe sue consiglio tenne
    Intorno ad una bella e chiara fonte
    Di fresca erbetta e di fiori intorniata.
    La quale ancor dimora a pie del monte
    Ceceri, che in quella parte che il Sol guata
    Quand' e nel mezzogiorno a fronte a fronte,
    E fonte e oggi quella nominata
    Intorno a quella Diana ancor si volse
    Essere, e molte Ninfe vi raccolse....

Incomincio la Dea la sua concione alle Ninfe compagne, esortandole
al disprezzo e alla fuga degli uomini ed alla vita celibe, solitaria
ed occupata nella caccia di Belve. Africo, che languiva d' amore per
Mensola una delle Ninfe fra quelle piu vistosa dell' altre, udendo
nascoso tali consigli l' andava ricercando col cupido sguardo, e non
avendola potuta scoprire ne ivi ne altrove gia lasso e sbigottito:

    E verso Fiesol volto piaggia a piaggia
    Giudato dall' amor ne gia pensoso,
    Cercando la sua amante aspra e selvaggia,
    Che faceva lui star maninconioso;
    Ma pria che mezzo miglio passat' haggia
    Ad un luogo perviene assai nascoso,
    Dove una valle due monti divide
    Quivi udi cantar Ninfe, e poi le vide.
    Perche senza iscoprisse s' appressava
    Tanto che vidde donde uscia quel canto
    Vidde tre Ninfe, che ognuna cantava
    L' una era ritta e l' altre due in un canto
    A un acquitrin, che il fiossato menava
    Sedieno elle e lor gambe vidde al quanto,
    Chi si lavavano i pie bianchi e belli
    Con lor cantavan li dimolti uccelli.

Incontratosi Africo presso l' acquitrino, che per la valle scorrea
interrogo le Ninfe per sapere qualche nuova di Mensola diloro
compagna, ma veggendosi elleno scoperte dal pastorello piene di
vergogna fuggirono senza darli risposta, esso le segue, ne le puote
raggiungere e finalmente disperato.

    Verso la casa sua prese la via.

Giunge tardi alla magione e inganna Calimena e Girafone suoi genitori
sopra il motivo del suo ritardo; il tenero padre finse non avvedersi
della passione del figlio ed esortollo a fuggire l' amore delle Ninfe
come pericoloso, adducendoli in esemplo la vendetta presa da Diana
con Mugnone suo genitore trasmutato in fiume per un tale delitto.
Non curo il giovane gli avvertimenti del vecchio, ne l' esempio del
nonno, e non avendo non che sfogata neppure sopita la sua fiamma
per mezzo dei disprezzi istessi e delle repulse di Mensola che lo
fuggiva, ma prendendo augurio di poter sodisfare le pazze brame dal
sacrifizio fatto a Venere, che gli comparve scoprendoli la maniera
d' ingannare la sua Ninfa ritrosa risolve di tutto azzardare per
sodisfazione di sua follia. Prende ancor esso le spoglie e le divise
di Ninfa, e trovata Mensola con la comitiva delle altre ingannandole
tutte et infingendosi verginella si mette con esse a tirar dardi e
a saettar per giuoco. Delusa Mensola scorre i boschi ed i monti di
Fiesole con chi le tende le piu terribili insidie.

    Elle eran gia tanto giu per lo colle
    Gite, che eran vicine a quella valle
    Che due monti divide----
    Non furon guari le Ninfe oltre andate
    Che trovaron due Ninfe tutte ignude
    Che in un pelago d' acque erano entrate
    Dove l' un monte con l' altro si chiude
    E giunte li s' ebber le gonne alzate
    E tutte quante entrar nell acque crude.

Ove ora risiedeva il pelagaccio sotto il Convento dei P. P^i
della Doccia in questo bagno il giovanetto Africo in abito di
Ninfa immersosi in compagnia di Mensola tradi la semplicita della
verginella e la lascio di se incinta. Fugge ella per la vergogna di
tanto oltraggio e per l' inganno del garzoncello; smania e paventa
per lo timore di Diana, talche avria detto di lei l' Ariosto:

    Di selva in selva timida s' en vola
    E di paura freme e di sospetto,
    E ad ogui sterpo, che passando tocca
    Esser le pare alla gran Diva in bocca.
    Erivoltandosi contro l' insidiatore affermato che
    Tra l' invita e natural furore
    A spiegar l' unghie a insanguinar le labbia
    Amor la intenerisce e la ritira
    Affrico a rimirare in mezzo all' ira.

Prevasse all' odio al furore e alla paura l' amore talmente che
promesse Mensola al pastorello di ritornare in quel luogo

    Affrico se ne va inverso del piano
    Mensola al Monte su pel colle tira,
    Molto pensosa col suo dardo in mano
    E del mal fatto forte ne sospira ...
    Cosi passo del gran mente la cima[716]
    E poi scendendo giu per quella costa
    Laddove il sol perquote quando prima
    Si leva e che a Oriente e contrapposta
    E secondo che il mio avviso stima
    Era la sua caverna in quella posta,
    Forse a un trar d' arco sopra il fiumicello
    Che a pie vi corre un grosso ruscello.

A qual precipizio non conduce un forsennato amore! Torno piu volte
Africo all ingannevole luogo insidioso; ma si trovo piu volte deluso
ancor esso dalla sua Ninfa, che non vi comparve; sicche vinto infine
dalla disperazione di rivederla,

    E pervenuto a piede del vallone
    E sopra all acque del fossato gito.

Disperato e pien di furore si trafisse col proprio dardo: dicendo

    Io me ne vo all inferno angoscioso
    E tu, fiume, terrai il nome mio
    E manifesterai lo doloroso
    Caso, ch' e occorso si crudele e rio
    A chiunque ti vedra si sanguinoso
    Correre, o lasso, del mio sangue tinto
    Paleserai dove amor m' ha sospinto.
    L' infelice garzone cadde morto nell' acqua, e quella
    Dal sangue tinta si divenne rossa,
    Facea quel fiume siccome fa ancora
    Di se due parti alquanto giu piu basso.

Presso alla maggior riviera, de cui era situata la casa di Girafone,
sicche l' onda che scorrea sanguinosa scuopri all' infelice padre la
disgrazia del figlio; Mensola poi per lo peccato, e lo timor di Diana
e delle Ninfe sue compagne nascosa e palpitante aspettava l' ora
del parto; partori finalmente; ma in quel tempo appunto, che la Dea
Cacciatrice essendo tornata a Fiesole e ne suoi contorni a rivedere
le sue seguaci fra le quali non avendo ritrovata Mensola piena d'
ira e sospetto la ricercava. Mensola occulto il piccolo figlio in
una macchia fra i pruni (onde Pruneo fu chiamato) e si dette alia
fuga; ma per il vagito del bambinello avendo scoperto Diana il di lei
delitto; grido

    Tu non potrai fuggir le mie saette
    Se l' arco tiro o sciocca peccatrice
    Mensola gia per questo non ristette
    Ma fugge quanto puote alia pendice,
    E giunta al fiume dentro vi si mette
    Per valicarlo, na Diana dice
    Certe parole e al fiume le manda
    E che ritenga Mensola comanda.
    La sventurata era gia in mezzo all' acque
    Quand ella i pie venir meno sentia
    E quivi siccome a Diana piacque
    Mensola in acqua allor si convertia
    E poi sempre in quel fiume si giacque
    Il nome suo, che ancora tuttavia
    Per lei quel fiume Mensola e chiamato
    Or v' ho del suo principio raccontato.

Dopo seguito l' atroce caso e l' orribile metamorfosi prese Diana
quel piccolo pargoletto, che per essere stato trovato tra i pruni,
Pruneo fu chiamato, e lo consegno a Sinidechia scaltra vecchia ed
informata del tutto abitante in quei contorni, che dopo lo condusse
a Girafone e Calimena suoi avi, ai quale l' affido con gran premura,
essi l' educarono con sommo amore e attenzione.

    Passo allora Atlante in questa parte
    D' Europa con infinita gente
    Atlante fece allora fare
    Una Citta, che Fiesole chiamossi....
    E tutti gli abitanti del paese
    Atlante gli volle alla Cittade
    Girafon quando questo fatto intese
    Tosto n' ando con bona volontade
    E meno seco il piacente, il cortese
    Pruneo, etc. etc.

Piacque fuor di misura Girafone ad Atlante perloche lo dichiaro suo
consigliere ed al giovane Pruneo dilui nipote:

    Atlante gli pose tanto amore,
    Veggendo ch' era si savio e valente,
    Che Siniscalco il fe con grande onore
    Sopra la terra, e sopra la sua gente,
    E di tutto il paese guidatore,
    Ed ei guidava si piacevolmente
    Che da tutti era amato e benveduto
    Tanto dava ad ogn' uno il suo dovuto
    E gia piu di venticinqu' anni avea
    Quando Atlante gli die per mogliera
    Una fanciulla, la qual Tironea
    Era il suo nome e figliola si era
    D' un gran Baron, che con seco tenea
    E dielli tutta ancor quella riviera
    Che e in mezzo tra Mensola e Mugnone,
    E questa fu la dote del garzone.
    Pruneo fe far dalla Chiesa a Maiano
    Un po di sopra un nobil casamento
    D' onde ei vedeva tutto quanto il piano,
    Et afforzollo d' ogui guernimento,
    E quel paese ch' era molto strano
    Tosto dimentico siccome sento, etc. etc.

Morirono dopo gli avi suoi Girafone e Calimena e Pruneo avendo
avuti da sua moglie Tironea dieci figlinoli tutti gli accoppio con
vantaggioso Imeneo sicche:

    In molte genti questa schiatta crebbe
    E sempre furon a Fiesol cittadini
    Grandi e possenti sopra i lor vicini.
    Morto Pruneo con grandissimo duolo
    Di tutta la Citta fu seppellito,
    Cosi rimase a ciascun suo figliuolo
    Tutto il paese libero e spedito,
    Che Atlante donato avea a lui solo,
    E bene l' ebbon tra lor dipartito
    E sempre poi le schiatte di costoro
    Signoreggiaron questo territoro.

Narrati gli amore, i casi, e le seguite trasformazione di Africo
e Mensola, rappresentate nel Ninfale di Giovanni Boccaccio senza
ricercare quello che abbia voluto indicare nel favoloso racconto
notero i luoghi descritti dal medesimo. Osservo che Diana colle sue
seguaci conduce a tenere assemblea.

    Intorno ad una bella e chiara fonte
    Di fresche erbette e di fiori intorniata,
    La quale ancor dimora appie del monte
    Ceceri in quella parte, che il sol guata
    Quand' e nel mezzodi a fronte a fronte,
    E Fonte e oggi quella nominata, etc. etc.

Questa fonte e l' istessa chiamata modernamente Fonte all' erta, a
pie e nel base di Monte Ceceri situata a Mezzogiorno e sotto la Villa
dei Signori Pitti Gaddi, della qual fontana ora non se ne veggono
che le scomposte mura, le rovine ed i vestigi nella pubblica strada
al principio della costa; ma vivono persone, che mi hanno assicurato
che circa all' anno 1710 ne fu deviata l' acqua procedente dal
vivaio un po superiore alla medesima e dall' unione di quelle, che
vi concorrevano d' altrove perche infrigidiva i terreni sottoposti
e noceva alle piante e alle raccolte dell istesso podere. Al tempo
del nostro Boccaccio (chiamero da qui avanti con tal nome benche di
suo padre il nostro M^o Giovanni) io trovo che questo podere con
case, vivaio etc., esistente alla fine del piano di S. Gervasio fu
venduto nel 5 Giugno 1370 per rogito di Sig^{re} Ristoro di Jacopo da
Figline, da Giovanni di Agostino degli Asini a Messer Bonifazio Lupo
Marchese di Soragona e Cavaliere Parmigiano, che in quel tempo fu
ascritto alla fiorentina cittadinanza, il quale spinto da lodevole
pieta e grata riconoscenza alla repubblica fiorentina ottenne dalla
medesima fino sotto li 23 Dicembre 1377 come attesta l' Ammirato nel
Libro decimo terzo, di poter fondare lo Spedale in Via S. Gallo di
detta citta chiamato appunto di Bonifazio dal nome de si pio e grato
benefattore; fu posto questo Spedale nel luogo comprato sino ne 2
Febbraio 1309 da Messer Giovanni del gia Migliore de Chiaramontesi di
Firenze per edificare il Monastero e Convento di S. Maria a Querceto
per rogito di Ser Benedetto di Maestro Martino come si vede dall'
Archivio dell' Arcivescovado e dagli spogli del Migliore, le quale
Monache vi tornarono e vi si trovavano ancora nell' anno della peste
del 1348 come per i rogiti di Ser Lando di Ubaldino da Pesciola del
4 Maggio 1336, e di Ser Benvenuto di Cerreto Maggio del di 24 Marzo
1346, e d' altri si riscontra, e dopo molto tempo Eugenio Quarto
uni ed assegno al predetto Spedale il detto monastero e Monache di
Querceto quivi contigue come dallo Zibaldone di No. 90 Del Migliore
a 127 e 202 nella Magliabechiana si puo vedere. Ecco scoperto il
luogo ove declamava Diana (ma senza frutto) se riguardo a Mensola
che all' altre Ninfe di quei contorni, poiche io osservo, che tutti
quei villeggianti s' imparentavano e sposavano le zittelle dei
villeggianti vicini. Partito Africo dalla fonte predetta salendo
verso Fiesole, traversando la costa formata da piu effetti della Casa
Albizi, Covoni, Asini ed altre posti tanto nel popolo della Canonica,
che della Badia di Fiesole e di S. Gervasio dei quali per non tediare
non produrro i Contratti ritrovati, quali Poderi tutti si denominano
Monte negli antichi Istrumenti per essere situati sul poggio ove
risiede in oggi il Convento di S. Domenico. E dopo tal viaggio
giunse il pastorello alla Valle formata da questo giogo de Colli di
Fiesole; e da quelle degli altri di Maiano sotto la Doccia, chiamata
nel Decamerone la Valle delle Donne di cui in seguito ragioneremo.
Le acque delle superiori piagge che scorrevano, formavano gli
acquitrini, quali si univano e davano l' origine al fiume d' Affrico
ed in uno di questi acquitrini vidde il pastorelle le Ninfe lavarsi
le piante, e che s' involarono da lui tostoche lo scopersero; onde
afflitto e turbato scese verso la pianura di detta Valle e torno
alla sua magione. Venere lo speranza, egli si traveste da Ninfa
cerca di Mensola, la ritrova, gira con essa verso le cime del Monte
di Fiesole saettando per giuoco, ritorna al pelago sotto la Doccia
nella valle vede le Ninfe che si bagnavano s' immerge ancor esso con
la compagna nelle acque, e quivi principiano le comuni sciagure.
Questo luogo pare, che sia devenuto cosi famoso nell' antichita e nei
tempi del nostro Boccaccio da potere aver comunicata la denominazione
agli stessi fondi di terreni che lo compongono, o perche fosse ivi
seguito qualche accidente che avesse dato luogo al favoloso poema, o
perche la favola istessa sia stata forse adattata al luogo medesimo.
Infatti io ritrovo nei rogiti di Ser Roberto di Talento da Fiesole
del 27 Novembre 1347 e del 28 Maggio 1352 descritto un podere di
Tuccio del gia Diedi de Falconieri posto verso Ponente e percio nel
popolo della Canonica di Fiesole con Case etc. chiamato il Bagno allo
Scopetino, ed in quelli di Ser Giovanni Bencini da Montaione si vede
una reciproca donazione fra Andreola, figlia del gia Carlo dei Pazzi,
e Vedova di Piero di Cione Ridolfi e Carlo Pazzi suo fratello, di
piu luoghi, fra i quali si trova un podere nel popolo di S. Martino
a Maiano luogo detto la Valle al Bagno, fino sotto di II Luglio
1343. Di piu nel libro F Primo a c 76 della Gabella dei Contratti
si osserva ne di II Dicembre 1349 per rogito di Ser Francesco di
Bruno di Vico Dal Pozzo, che M^a Dolce figlia di Mannino e Vedova
di Bindo Buonaveri (famiglia molto illustre di Firenze) vende a M^a
Simona Pinzochera di S. Maria Novella, e Sorella di Cenni di Giotto,
ma non del pittore, per fiorini 500 d' oro un podere etc., posto
nel popolo di S. Martino a Maiano luogo detto la Valle del Bagno in
Affrico. Nel Decamerone veggo descritta dal Boccaccio questa medesima
Valle, e che la medesima adunanza d' acque in essa valle, che due "di
quelle montagnette divideva, e cadeva giu per balzi di pietra viva,
e cadendo facea un rumore a udire assai dilettevole, e sprizzando
parea da lungi ariento vivo, che d' alcuna cosa premutta minutamente
sprizzasse; e come giu al piccol pian pervenire, cosi quivi in un bel
canaletto raccolta infino al mezzo del piano velocissima discorreva
ed ivi faceva un piccol laghetto quale talvolta per modo di vivaio
fanno ne lor giardini i Cittadini che di cio hanno destro." Il
podere con casa etc., etc., posto nel popolo di S. Martino a Maiano
che gode di presente la Signora Berzichelli, Vedova del gia Signor
Barone Agostino Del Nero, nella Valle d' Ameto e delle Donne, e
presso addove s' unisce il poggio della Doccia con quel di Maiano, si
chiama il Vivaio, e piu Vivaietti e Acquitrini si trovano in quella
valle sovrabbondante di acque, le quali dettero varie denominazioni
ad esse allusive di luoghi circonvicini, e credo, che il detto luogo
sia il medesimo, che dono una volta M^a Andreola de' Pazzi al suo
fratello, e dipoi pervenuto in M^a Dolce, Vedova del Bonavieri, lo
vende alla figlia di Giotto suddetto, situato d' appresso all' altro
del Falconieri. Quest' effetto acquistarono i Signori Del Nero del
Sig^r Jacopo del Feo nel 1568 in cui era passato nel 1559 dal Sig^r
Niccolo di Filippo Valori, e questo lo avea descritto in suo conto
alla Decima del 1498 nel Gonfalone delle Chiavi a 176. Questo Jacopo
di Feo di Savona ebbe per moglie Caterina Sforza de' Duchi di Milano
naturale, Vedova Girolamo Riario Signore di Forli e poi rimaritata a
Gio. di Pier Francesco de' Medici e Nonna percio di Cosimo I Gran
Duca di Toscana. Mensola intimorita varca il poggio in cui risiede
Maiano e si nasconde nel suo refugio sotto le cave in faccia a
Levante ed al piano di Novoli presso del Fiume, Affrico all' incontro
scende verso la pianura, e dopo esser tornato e ritornato poi vesso
del pelago disperato per non avere rintracciata la Ninfa si trafigge
col proprio dardo vicino alla magione di Girafone suo padre posta
sul ramo maggiore, uno chiamato Affrico e l' altro Affricuzzo, che
poi s' uniscono insieme formandone il suo fiume presso allo sbocco
della valle predetta. Altro per ora non resta da notarsi sopra la
Topografia del racconto, poiche nato il figlio Pruneo e trasmutata da
Diana in pena del delitto nel fiume che porta il suo nome, Mensola
sua Madre, e dalla disperazione il padre in quello d' Affrico, fu
chiamato dipoi questo pargoletto Pruneo dall' essere stato scoperto
fra i pruni dalla Dea. Nel corso degli anni comparve a Fiesole
Atlante ed edifico quella Citta, ed a questo fanciullo, gia fatto
adulto, diede per moglie Tironea, e per dote tutto il paese collocato
fra il Fiume Mensola e quel di Mugnone.


FOOTNOTE:

[716] cioe di Monte Ceceri....




APPENDIX IV

THE ACROSTIC OF THE _AMOROSA VISIONE_ DEDICATING THE POEM TO FIAMMETTA


This acrostic consists of three _ballate_ composed by reading the
first letters of the first verses of each _terzina_ throughout the
poem.


        I

    Mirabil cosa forse la presente
      Vision vi parra, donna gentile,
      A riguardar, si per lo novo stile
      Si per la fantasia ch' e nella mente.
    Rimirandovi un di subitamente
      Bella, leggiadra et in abit' umile,
      In volonta mi venne con sottile
      Rima trattar parlando brievamente.
    Adunque a voi, cui tengo Donna mia,
      Et chiu sempre disio di servire,
      La raccomando, madama Maria:
    E prieghovi, se fosse nel mio dire
      Difecto alcun, per vostra cortesia
      Correggiate amendando il mio fallire.
    Cara Fiamma, per cui 'l core o caldo,
      Que' che vi manda questa Visione
      Giovanni e di Boccaccio da Certaldo.


        II

    Il dolce immaginar che 'l mio chor face
      Della vostra bilta, donna pietosa,
      Recam' una soavita si dilectosa,
      Che mette lui con mecho in dolce pace.
    Poi quando altro pensiero questo disface
      Piangemi dentro l' anim' angosciosa,
      Cercando come trovar possa posa,
      Et sola voi disiar le piace.
    Et pero volend' i' perseverare
      Pur nello 'nmaginar vostra biltate,
      Cerco con rime nuove farvi onore.
    Questo mi mosse, Donna, a compilare
      La Visione in parole rimate,
      Che io vi mando qui per mio amore.
    Fatele onor secondo il su' valore
      Avendo a tempo poi di me pietate.


        III

    O chi che voi vi siate, o gratiosi
      Animi virtuosi,
      In cui amor come 'n beato loco
      Celato tene il suo giocondo focho;
    I' vi priego c' un poco
      Prestiate lo 'ntelletto agli amorosi
      Versi, li quali sospinto conposi,
      Forse da disiosi
    Voler troppo 'nfiammato: o se 'l mio fioco
      Cantar s' imvischa nel proferer broco,
      O troppo e chiaro o roco,
      Amendatel' accio che ben riposi.
    Se in se fructo, o forse alcun dilecto
      Porgesse a vo' lector, ringratiate
      Colei, la cui biltate
      Questo mi mosse affar come subgiecto.
    E perche voi costei me' conosciate,
      Ella somigli' amor nel su' aspecto,
      Tanto c' alcun difecto
      Non v' a a chi gia 'l vide altre fiate;
    E l' un dell' altro si gode di loro
      Ond' io lieto dimoro.
      Rendete allei il meritato alloro,
      E piu non dic' omai,
    Perche decto mi par aver assai.




APPENDIX V

THE WILL OF GIOVANNI BOCCACCIO


In Dei nomine amen. Anno Domini millesimo trecentesimo septuagesimo
quarto, indictione duodecima, secundum cursum et consuetudinem
Florentiæ. Tempore domini Gregorii, divina providentia Pape XI,
die vigesimo octavo mensis augusti. Actum Florentiæ in ecclesia et
populo Sanctæ Felicitatis, presentibus testibus Pazino Alessandri
De Bardis populi Sanctæ Mariæ supra Arnum de Florentia, Angelo
Niccoli dicti populi Sanctæ Felicitatis, Andrea Biancardi, Orlandino
Jacobi, Burando Ugolini, Francisco Tomasi, omnibus dicti populi
Sanctæ Felicitatis, et Brunellacio Bianchini de Certaldo, comitatus
Florentiæ, ad infrascripta vocatis et rogatis et ab infrascripto
testatore suo proprio hore [_sic_] habitis et rogatis et aliis
suprascriptis.

Cum nil sit certius morte et incertius ora mortis et actestante
veritate, vigilare sit opus, cum diem ignoremus et horam qua qua
[_sic_] homo sit moriturus idcircho venerabilis et egregius vir
dominus Johannes olim Boccacii de Certaldo Vallis Elsæ, comitatus
Florentiæ, sanus mente, corpore et intellectu, suorum bonorum
dispositionis per presens nuncupativum testamentum sine scriptis in
hunc modum facere procuravit.

In primis quidem recomendavit animam suam Deo omnipotenti et beatæ
Mariæ semper Virgini gloriosæ et sepulturam sui corporis si eum mori
contigerit in civitate Florentiæ elegit in ecclesia Fratrum Sancti
Spiritus Ordinis heremitarum Sancti Augustini de Florentia, in eo
loco ubi videbitur magistro Martino in sacra theologia, venerabili
Magistro dicti Ordinis. Si autem mori contigerit in castro Certaldi,
judicavit corpus suum sepelliri in ecclesia Sancti Jacobi de
Certaldo, in ea parte ubi videbitur actinentibus et vicinis suis.

Item reliquit ecclesiæ Sanctæ Reparate de Florentia soldos decem
florenorum parvorum.

Item reliquit constructioni murorum civitatis Florentiæ soldos decem
florenorum parvorum.

Item reliquit societati Sanctæ Mariæ de Certaldo libras quinque
florenorum parvorum.

Item reliquit constructioni seu operi ecclesiæ Sancti Jacobi de
Certaldo pro remedio animæ suæ et suorum parentum libras decem
florenorum parvorum.

Item reliquit Brunæ filiæ Cianchi de Montemagno, quæ antiquitus moram
traxit cum eo, unum lectum in quo ipsa erat consueta dormire in
castro Certaldi, cum letteria, cultrice, pimacio [_sic_] una coltre
alba parva at usum dicti letti cum uno pario litiaminum, cum pancha
que consueta est stare iuxta lettum predictum.

Item unum dischum parvum pro comedendo de nuce, duas tabolettas
[_sic_] usitatis longitudinis trium brachiorum pro qualibet.

Item duas tovagliuolas.

Item unum botticellum capacitatis trium salmarum vini.

Item unam robam Panni Monachini foderatam zendadi porperini, unam
gonellam, guarnachiam et caputeum et sibi Brunæ etiam de omni eo,
quod a dicto testatore restat habere occasione sui salarj.

Item voluit, disposuit et mandavit et reliquit omnibus et singulis
hominibus et personis qui reperirentur descripti in quodam suo libro
signato _A_ debentibus aliquid recipere vel habere a dicto testatore,
et omnibus aliis, qui legiptime ostenderent debere habere, non
obstante quod non reperirentur descripti in dicto libro, quod eis
et cuilibet ipsorum satisfiat per infrascripto eius executores de
massaritiis, rebus et bonis dicti testatoris, exceptis libris dicti
testatoris, et maxime de una domo posita in Certaldo, cui a primo via
vocata Borgho, a secundo Fornaino Andree domini Benghi de Rubeis,
a tertio la _Via Nuova_, a quarto dicti testatoris vendenda per
infrascriptos ejus executores vel majorem partem ipsorum, et si hoc
non sufficeret, possint vendere de aliis suis bonis.

Item reliquit venerabili fratri Martino de Signa, Magistro in sacra
theologia, conventus Sancti Spiritus Ordinis heremitarum Sancti
Augustini omnes suos libros, excepto Breviario dicti testatoris cum
ista condictione, quod dictus Magister Martinus possit uti dictis
libris, et de eis exhibere copiam cui voluerit, donec vixerit, ad hoc
ut ipse teneatur rogare Deum pro anima dicti testatoris, et tempore
suæ mortis debeat consignare dictos libros conventui fratrum Sancti
Spiritus, sine aliqua diminutione, et debeant micti in quodam armario
dicti loci et ibidem debeant perpetuo remanere ad hoc ut quilibet
de dicto conventu possit legere et studere super dictis libris, et
ibi scribi facere modum et formam presentis testamenti et facere
inventarium de dicti libris.

Item reliquit et dari voluit et assignari per infrascriptos ejus
executores, et majorem partem ipsorum superviventem ex eis,
Monasterio fratrum Sanctæ Mariæ de Sancto Sepulcro dal Pogetto sive
dalle Campora extra muros civitatis Florentie omnes et singulas
reliquias sanctas, quæ dictus dominus Johannes, magno tempore, et cum
magno labore, procuravit habere de diversis mundi partibus.

Item reliquit operariis ecclesiæ Sancti Jacobi de Certaldo pro dicta
ecclesia recipientibus unam tabulum alebastri Virginis Mariæ, unam
pianetam cum istola et manipolo zendadi vermigli, unum palium parvum
pro altare drappe vermigli, cum uno guancialetto pro altare cum
tribus guainis corporalium.

Item unum vasum stagni pro retinendo aquam benedictam.

Item unum paliettum parvum drappi, foderatum cum fodera zendadi
gialli.

Item reliquit dominæ Sandræ, uxori Francisci Lapi Bonamichi unam
tavolettam in qua est pictum signum Virginis Mariæ cum suo filio in
brachio et ab alio latere uno teschio di morto.

In omnibus autem aliis suis bonis mobilibus et immobilibus
presentibus et futuris, Boccacium et Antonium ejus nepotes et
filios Jacobi Boccacii predicti de Certaldo equis portionibus, sibi
universales heredes instituit et omnes alios filios et filias, tam
natos quam nascituros de dicto Jacobo ex legiptima uxore dicti Jacobi
una cum dictis Boccacio et Antonio equis portionibus sibi heredes
instituit cum pacto quod omnes fructus et redditus bonorum dicti
testatoris debeant duci in domo dicti Jacobi, prout dictus Jacobus
voluerit, ad hoc ut possit alere se et ejus uxorem et filios, quos
tunc habebit, et hoc quoque pacto quod suprascripti ejus heredes
non possint, audeant, vel presumant directe, vel indirecte, tacite
vel expresse vendere vel alienare de bonis dicti testatoris, nisi
excesserint ætatem triginta annorum, et tunc cum consensu dicti
Jacobi eorum patris, si tunc viveret, salvo quod in casu in quo
vellent nubere aliquam vel aliquas eorum sorores, et tunc fiat cum
consensu infrascriptorum tutorum.

Et simili modo mandavit infrascriptis suis heredibus ne aliquo
tempore donec, et quousque invenirentur de discendentibus Bocchaccii
Chellini patris dicti testatoris, et dicti Jacobi per lineam
masculinam, etiam posito quod non essent legiptimi, possint audeant
vel presumant vendere vel alienare domum dicti testatori, positam in
populo Sancti Jacobi de Certaldo, confinatam a primo Via Publica,
_Chiamato [sic] Borgho_ a secundo dicti testatoris, a tertio la
_Via Nuova_, a quarto Guidonis Johannis de Machiavellis.

Item unum petium terræ laborativæ et partim vineatæ positum in comuni
Certaldi in dicto populo Sancti Jacobi loco dicto Valle Lizia cui a
primo Fossatus, a secundo dicti testatoris et Rustichelli Nicolai a
tertio dicti testatoris, a quarto Andrea vocato Milglotto.

Tutores seu defensores dictorum heredum Bocchacii et Antoni
licet de jure non expedit reliquit, fecit et esse voluit Jacobum
Lapi Gavaciani, Pierum Dati de Canigianis, Barducium Cherichini,
Franciscum Lapi Bonamichi, Leonardum Chiari domini Bottis, Jacobum Boccacii et Angelum Turini Benciveni cives florentinos et majorem partem ipsorum superviventem in eis.

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