Item postea anno, die, et indictione predictis die vigesima
prima mensis Maii actum Florentie in domo in qua Consules Artis
Medicorum Spetiariorum et Merciariorum Civitatis Florentie morantur ad
iura reddenda sita in populo Sancte Cecilie presentibus tunc S.
Spigliato Dini Notario populi Sancte Margherite et Sandro Fioris Spine
populi Sancte Marie in Campo de Florentia ad hec vocatis precibus
et mandatis dicti Bocchaccini et pro eodem Bocchaccino Biagius
olim Pizzini populi Sancte Felicitatis et Vanni olim Chelini de
Certaldo dicti popuii et quilibet eorum in solidum et in totum
predictis venditioni, traditioni, concessioni, promissioni, pretii
solutioni, et confessioni, donationi, contractui et instrumento, et omnibus
et singulis supradictis actis, factis, gestis, et promissis per
dictum Bocchaccinum fideiusserunt et se et eorum quemlibet in
solidum ipsarum rerum venditarum et cuiuslibet earum principales
auctores et defensores constituerunt principaliter ei quilibet eorum
in solidum et in totum promiserunt et convenerunt mihi Salvi
notario infrascripto tamquam persone pubblice stipulanti et recipienti
vice et nomine dictorum Nicchole Vegne et Niccholaj Pauli et
cuiuslibet eorum pro partibus supradictis eorumque et cuiuscumque
eorum heredibus habentibusque caussam ab eisdem se facturum et
curaturum ita et taliter omni exceptione remota quod dictus
Bocchaccinus pacifice et quiete permictet et permicti faciet dictos emptores
et eorum quemlibet pro partibus supradictis eorum et cuiuslibet
eorum heredibus habentibusque caussam ab eisdem ipsas res venditas
et earum quamlibet habere et lites et questiones in se suscipere et ipsas
res venditas et earum quamlibet earumque et cuiuslibet earum obventionum
defendet auctorizabit et disbrigabit, et predictam venditionem traditionem,
concessionem, promissionem, et omnia et singula supradicta et eorum quodlibet
firma habebit et tenebit et in omnibus et per omnia faciet, attendet et
observabit ut promisit et superius continetur. Alioquin ipsi fideiussores et
quilibet eorum in solidum et in totum promiserunt et convenerunt mihi Salvi
Notario infrascripto tamquam persone pubblice stipulanti et recipienti
ut supra pacifice et quiete permicti facere dictos emptores et
eorum quemlibet pro partibus supradictis earumque et cuiuslibet
eorum heredibus habentibusque caussam ab eisdem ipsas res venditas et
earum quamlibet earumque et cuiuslibet earum obventionum habere et lites
et questiones motas vel movendas in se suscipere, et ipsas res venditas et
earum quamlibet earumque et cuiuslibet earum obventionum
defendere auctorizzare et disbrigare et in omnibus et per omnia et
quilibet eorum in solidum promiserunt et convenerunt et remiserunt et
fecerunt mihi Notario stipulanti et recipienti ut supra ut ipse
Bocchaccinus promisit convenit remisit et fecit ut supra continetur. Que si
non fecerint et fieri curaverint promiserunt et convenerunt
predicti fideiussores et quilibet eorum in solidum et in totum mihi
iamdicto notario stipulanti et recipienti ut supra dare et solvere
nomine pene et pro pena duplum pretii supradicti et insuper Florenos
aurei quadringentos bonos et puros solepmni stipulatone promiserunt
cum refectione dapmnorum etc. Que quidem pena totiens committatur et
peti et exigi possit cum effectu quotquot contra predicta vel
predictorum aliquid datum aut factum fuerit seu ventum vel predictorum
aliquid non servatum, et pena soluta vel non, exacta vel non, una vice
vel pluribus predicta omnia et singula firma perdurent sub ypoteca
et obligatione etc. precario etc. eisdem etc. Insuper dicti Biagius et
Vanni Fideiussores et quilibet eorum iuraverunt ad Sancta dei Evangelia
corporaliter tactis scripturis se vel eorum aliquem non venturos contra
predicta vel predictorum aliquid seu contra ea, vel eorum aliquid
restitutionem aliquam in integrum impetrare seu petere occasione minoris
pretii vel alia occasione quacumque, set predicta omnia et singula totaliter
et effectualiter observare et firma habere et tenere perpetuo quibus domino
et fideiussoribus precepi per guarentigiam etc.
_Estratto dalle
imbreviature di ser Salvi Dini a 164 esistenti nel Pubblico Archivio dei
Contratti._
APPENDIX III
FROM "LA VILLEGGIATURA DI
MAIANO," A MS. BY RUBERTO GHERARDI; A COPY OF WHICH IS IN POSSESSION OF MRS.
ROSS, OF POGGIO GHERARDO, NEAR SETTIGNANO, FLORENCE.
CAP IV OF
MS.
_Messer Gio. di Boccaccio gode in proprieta la Villa che fu del
Sig^r Berti a Corbignano ove pare che egli nascesse e cresciuto
restasse invaghito della Vallata posta sotto il Convento de P. P^i
MM. Osservanti della Doccia e poi si trasportasse ad abitare in Firenze
e vi comprasse varie Case suo Padre. Si fa l' illustrazione del poema di
M^o Gio. nel quale narrati gli amori e gli accidenti seguiti fra il fiume d'
Affrico e Mensola e le fortune di Pruneo diloro figlio si trova la moderna e
antica topografia de detti luoghi e dell' origine dello Spedale di Bonifazio
e del fine del Convento di S. M^a a Querceto e del giogo delle collinette
luogo detto Monte._
Fra gli ammiratori del nostro Villaggio di Maiano e
delle sue adiacenze fu il nostro celebre maestro della Toscana eloquenza
Messer Giovanni di Boccaccio di Chellino da Certaldo, il quale fino
dalla prima eta e dipoi nel fiore della gioventu si trattenne molto
tempo nella piccola villetta unita al podere, che possedeva suo
padre pochi passi sotto il Sobborgo di Corbignano, che per la misura
del suo lo goduto con essa, per il fossato che sbocca in Mensola, che lo
divide, per i confini che lo specificano, e per le due Cure, una di S.
Martino a Mensola, e l' altra di S. Maria a Settignano che vi esercitano la
giurisdizione e vengono a individuarla altra non puo essere che quella di
Corbignano de Signori Berti posseduta di presente con titolo Livellare dal
Signor Ottavio Ruggeri, come il tutto si puo riscontrare dal Contratto di
vendite della medesima, fatta per rogito di Ser Salvi Dini esistente all'
Archivio Fiorentino del di 18 Maggio 1336, allorche il nostro Boccaccio si
ritovava in eta d' anni 23. Questa fiorita eta del medesimo e le dolci
compagnie di quella villeggiatura, chi sa che non gli infiammassero il cuore
e nella sua commedia delle Ninfe Fiorentine, lo portassero ad encomiare e
comparire nel Prologo sotto nome d' Ameto e principalmente a fissare lo
sguardo a quella parte "dilettevole di graziose Ville e di campi fruttiferi
copiosa, ove sorge un infruttuoso monte Corito nominato, prima che Atlante vi
salisse; nelle piaggie del quale fra gli strabocchevoli balzi surgea d'
alberi, di querce, di cerri, e di abeti, un folto bosco e disteso fino alla
sommita del monte. Dalla sua destra un chiaro fiumicello, mosso dalla uberta
dei monti vicini, fra le pietrose valli, discendeva gridando vesso il
piano: dove giunte le sue acque con l' Arno mescolando il poco avuto
nome perdea." Per il monte di Corito non vi ha dubbio che egli intenda
il monte di Fiesole, poiche nel fine dell' istessa commedia
trattando delle guerre tra i Fiesolani e i Fiorentini successe nell' anno
1125 allorche furono distrutti i Fiesolani colla loro rocca e
accomunate le famiglie e l' insegne di questi due popoli. Egli dice che
la fortuna "dante ne principj i beni con mano troppo larga a quelli
di Corito, gli rende invidiosi e tra loro determini della
Jurisdizione della loro Citta, nata mortale questione, nuove battaglie
cominciaron tra popoli," e poco dopo parlando di Firenze, e de' suoi
abitatori dice "che levatosi l' aspro giogo de Coritani gia sovrastanti per
le indebolite virtudi si rintuzzarono le loro forze, che appena il
monte erano usati di scendere." Per il fiumicello, il quale a chi
riguarda il monte di Fiesole comparisce alla destra si conosce che egli
intese il fiume d' Affrico, che ha l' origine e discende per le
balze descritte; et Ameto chiamo Sarno il fiume d' Arno, in cui Affrico si
sperde poiche rappresentava tempi cosi remoti, giusta il parere dello Storico
Malaspina, allorche il detto fiume non aveva ancora mutato il suo nome Sarno
con quello d' Arno. "Era di piacevoli seni ed ombra graziosa la selva ripiena
d' animali veloci, fierissimi, e paurosi, e in piu parti di se abbondanti
fontane rigavano le fresche erbette. In questa selva sovente Ameto vagabondo
giovane i Fauni, le Driadi abitatrici del luogo solea visitare. Et ella forse
dalli vicini monti avuta antica origine quasi da carnalita costretto, di
cio avendo memoria con pietosi affetti gli onorava talvolta." Dice, che Ameto
vagabondo giovane perche forse dalli vicini monti avuta antica origine, quasi
da umana simpatia costretto, e de cio ricordandosi solea visitare ed onorare
talvolta i Fauni e le Driadi abitatrici del luogo pieno di Ville, di fonti,
di seni, e boschetti. E chi ne assicura, che il Boccaccio non fosse nato
nella sua villa di Corbignano quivi poco distante? Infatti per quanto sia
cognita l' eta e in conseguenza la nascita del nostro M^o Giovanni di
Boccaccio, nulladimeno pero fino ad ora ne il Sig^r Manni, ne altro
Scrittore della sua vita hanno potuto indagare dove ei nascesse, non
essendo stato procreato qual frutto di legittimo matrimonio, ma bensi
quale aborto di malnata passione, come si puo riscontrare dalla
dispensa addomandata per farsi cherico, riferita nella storia d' Avignone
e dalla dilui legittimazione narrata dal Sig^r Della Rena. Io credo, che
raccontandoci in figura d' Ameto il Boccaccio avere avuta forse l' origine
nei colli vicini a Maiano, e che percio spinto da natural simpatia andava
spesso a visitare le Ninfe e le Driadi di quelle magioni, abbia voluto farci
comprendere essere egli venuto alia luce nella sua piccola villetta unita al
Podere posto parte nel popolo di S. Martino a Mensola, e parte di S. Maria a
Settignano, e tramezzato dal fosso che forma con altri due fossi dipoi il
fiume di Mensola presso il Borgo di Corbignano, distante circa a
mezzo miglio dalle Ville di Maiano. Tuttocio si rende vie piu
credibile, quanto e naturale il persuadersi che il dilui genitore
abbandonata la sua patria di Certaldo comprasse tosto quella villetta e
podere di Corbignano, e che poi essendogli nato il nostro Messer
Giovanni facesse acquisto circa al 1314 d' una Casa nella Citta di
Firenze presso quella porta, che conduceva alla sua Villetta, come si
usava in quei tempi, e questa casa la scegliesse posta nel popolo di
S. Pier Maggiore in via S. Maria e nel Gonfalone delle Chiavi come
si scuopre dal libro delle Riformagioni segnato R. che tira dal 1313
al 1318 sotto di 10 Ottobre 1318 ove si ordina che detto Boccaccio
sia levato dalla Libra delle gravezze di Certaldo, e resti aggravato
in quella di Firenze, per essere egli tornato ad abitarvi nel
Gonfalone delle Chiavi dai quattro anni gia scorsi. Questa casa del
Boccaccio non puo essere altro, che quella posta nel detto popolo di S.
Pier Maggiore nella detta Via S. Maria presso la cantonata che fa la
detta strada con la via del Giardino di proprieta in oggi dei P. P^i
Minori Conventuali, scoperta da me per mezzo dei confini d' altra casa
che le sta al fianco venduta ne tre Luglio 1333 per rogito di Ser
Salvi Dini e descritta come App^o "Una Casa posta nel popolo di S.
Pier Maggiore, ed in Via S. Maria cui a primo detta Via, a secondo,
la Chiesa di S. Reparata, a terzo di Ruggero di Scotto o degli Albizi, a
quarto, a tempo d' altra vendita delle medesima, seguita nel 25. Aprile 1326
per rogito de Sig^r Bonacosa di Compagno etc. confinava Boccaccio da Certaldo
e in oggi gli Eredi di Cino Bicchierai."
Osservandosi il contorno dei
confini di questa Casa venduta si scuopre esser quella istessa che in' oggi e
divenuta dell' Opera del Duomo che sta in mezzo all' altra, che ora, e fin di
quel tempo e stata posseduta dall' Opera medesima che fa cantonata in via
del Giardino, e dall' altra parte, vale a dire vesso mezzogiorno
resta accanto alia Casa dei P. P^i di S. Croce di Firenze presentemente,
e che in antico fu di proprieta del Boccaccio il quale bisogna che
la vendesse poco dopo al 1326 poiche avendo egli emancipato
Francesco, altro suo figlio, che si trovava vicino alia puberta gli
fece comprare nel 31. Agosto 1333 un altra casa in Firenze nel popolo
di S. Felicita per rogito di Ser Salvi Dini, ove esso con i suoi
figli abito, e di cui parla il Signor Manni nella sua illustrazione,
che confina a primo e secondo Via a terzo Domenico Barducci, a
quarto Vanni di Cera e degli Eredi di Ghino Canigiani. Lo stesso
Boccaccio fece poscia acquisto d' altra mezza Casa il di 13. Dicembre 1342
pei rogiti di Sig^{ri} Francesco di Ser Matteo, come si riscontra da
un Libro di Gabella di detto tempo esistente nell' Archivio del
Monte Comune di Firenze, la quale penso che sia quella posta nel popolo
di S. Ambrogio donata dipoi alla Compagnia d' Orsanmichele, come
dal registro della medesima principiato nel 1340 a N 133 si vede.
Dopo
questa breve digressione torniamo a Fiesole coll' istesso Giovanni di
Boccaccio, il quale non solo nella sua Genealogia degli Dei, ma ancora nel
Ninfale riconosce Atlante per fondatore della medesima, ed insieme nel suo
poema Toscano, primo, che si trovi alla luce in ottava rima, rappresenta gli
amori di Affrico e Mensola piccoli fiumicelle che irrigano la nostra celebre
Campagna e mette in vista i casi veri, o finti che siano, seguiti nel
contorno di Maiano situato in mezzo a questi due fiumi. Racconta egli adunque
che
Pria che Fiesole fosse edificata Di mura o di steccato o
di fortezza
venne Diana Dea Cacciatrice in quelle vicinanze ed armata d'
arco e di strali con gran corteggio di Driadi, e che era nel Mese di
Maggio.
Quando la Dea Diana a Fiesol venne, E con le Ninfe sue
consiglio tenne Intorno ad una bella e chiara fonte Di fresca
erbetta e di fiori intorniata. La quale ancor dimora a pie del
monte Ceceri, che in quella parte che il Sol guata Quand' e nel
mezzogiorno a fronte a fronte, E fonte e oggi quella
nominata Intorno a quella Diana ancor si volse Essere, e molte
Ninfe vi raccolse....
Incomincio la Dea la sua concione alle Ninfe
compagne, esortandole al disprezzo e alla fuga degli uomini ed alla vita
celibe, solitaria ed occupata nella caccia di Belve. Africo, che languiva d'
amore per Mensola una delle Ninfe fra quelle piu vistosa dell' altre,
udendo nascoso tali consigli l' andava ricercando col cupido sguardo, e
non avendola potuta scoprire ne ivi ne altrove gia lasso e
sbigottito:
E verso Fiesol volto piaggia a piaggia Giudato
dall' amor ne gia pensoso, Cercando la sua amante aspra e
selvaggia, Che faceva lui star maninconioso; Ma pria che mezzo
miglio passat' haggia Ad un luogo perviene assai nascoso, Dove una
valle due monti divide Quivi udi cantar Ninfe, e poi le
vide. Perche senza iscoprisse s' appressava Tanto che vidde donde
uscia quel canto Vidde tre Ninfe, che ognuna cantava L' una era
ritta e l' altre due in un canto A un acquitrin, che il fiossato
menava Sedieno elle e lor gambe vidde al quanto, Chi si lavavano i
pie bianchi e belli Con lor cantavan li dimolti
uccelli.
Incontratosi Africo presso l' acquitrino, che per la valle
scorrea interrogo le Ninfe per sapere qualche nuova di Mensola
diloro compagna, ma veggendosi elleno scoperte dal pastorello piene
di vergogna fuggirono senza darli risposta, esso le segue, ne le
puote raggiungere e finalmente disperato.
Verso la casa sua prese
la via.
Giunge tardi alla magione e inganna Calimena e Girafone suoi
genitori sopra il motivo del suo ritardo; il tenero padre finse non
avvedersi della passione del figlio ed esortollo a fuggire l' amore delle
Ninfe come pericoloso, adducendoli in esemplo la vendetta presa da
Diana con Mugnone suo genitore trasmutato in fiume per un tale
delitto. Non curo il giovane gli avvertimenti del vecchio, ne l' esempio
del nonno, e non avendo non che sfogata neppure sopita la sua fiamma per
mezzo dei disprezzi istessi e delle repulse di Mensola che lo fuggiva, ma
prendendo augurio di poter sodisfare le pazze brame dal sacrifizio fatto a
Venere, che gli comparve scoprendoli la maniera d' ingannare la sua Ninfa
ritrosa risolve di tutto azzardare per sodisfazione di sua follia. Prende
ancor esso le spoglie e le divise di Ninfa, e trovata Mensola con la comitiva
delle altre ingannandole tutte et infingendosi verginella si mette con esse a
tirar dardi e a saettar per giuoco. Delusa Mensola scorre i boschi ed i monti
di Fiesole con chi le tende le piu terribili insidie.
Elle eran
gia tanto giu per lo colle Gite, che eran vicine a quella
valle Che due monti divide---- Non furon guari le Ninfe oltre
andate Che trovaron due Ninfe tutte ignude Che in un pelago d'
acque erano entrate Dove l' un monte con l' altro si chiude E
giunte li s' ebber le gonne alzate E tutte quante entrar nell acque
crude.
Ove ora risiedeva il pelagaccio sotto il Convento dei P.
P^i della Doccia in questo bagno il giovanetto Africo in abito di Ninfa
immersosi in compagnia di Mensola tradi la semplicita della verginella e la
lascio di se incinta. Fugge ella per la vergogna di tanto oltraggio e per l'
inganno del garzoncello; smania e paventa per lo timore di Diana, talche
avria detto di lei l' Ariosto:
Di selva in selva timida s' en
vola E di paura freme e di sospetto, E ad ogui sterpo, che
passando tocca Esser le pare alla gran Diva in
bocca. Erivoltandosi contro l' insidiatore affermato che Tra l'
invita e natural furore A spiegar l' unghie a insanguinar le
labbia Amor la intenerisce e la ritira Affrico a rimirare in mezzo
all' ira.
Prevasse all' odio al furore e alla paura l' amore talmente
che promesse Mensola al pastorello di ritornare in quel
luogo
Affrico se ne va inverso del piano Mensola al Monte su
pel colle tira, Molto pensosa col suo dardo in mano E del mal
fatto forte ne sospira ... Cosi passo del gran mente la
cima[716] E poi scendendo giu per quella costa Laddove il sol
perquote quando prima Si leva e che a Oriente e contrapposta E
secondo che il mio avviso stima Era la sua caverna in quella
posta, Forse a un trar d' arco sopra il fiumicello Che a pie vi
corre un grosso ruscello.
A qual precipizio non conduce un forsennato
amore! Torno piu volte Africo all ingannevole luogo insidioso; ma si trovo
piu volte deluso ancor esso dalla sua Ninfa, che non vi comparve; sicche
vinto infine dalla disperazione di rivederla,
E pervenuto a piede
del vallone E sopra all acque del fossato gito.
Disperato e pien
di furore si trafisse col proprio dardo: dicendo
Io me ne vo all
inferno angoscioso E tu, fiume, terrai il nome mio E manifesterai
lo doloroso Caso, ch' e occorso si crudele e rio A chiunque ti
vedra si sanguinoso Correre, o lasso, del mio sangue
tinto Paleserai dove amor m' ha sospinto. L' infelice garzone
cadde morto nell' acqua, e quella Dal sangue tinta si divenne
rossa, Facea quel fiume siccome fa ancora Di se due parti alquanto
giu piu basso.
Presso alla maggior riviera, de cui era situata la casa di
Girafone, sicche l' onda che scorrea sanguinosa scuopri all' infelice padre
la disgrazia del figlio; Mensola poi per lo peccato, e lo timor di Diana e
delle Ninfe sue compagne nascosa e palpitante aspettava l' ora del parto;
partori finalmente; ma in quel tempo appunto, che la Dea Cacciatrice essendo
tornata a Fiesole e ne suoi contorni a rivedere le sue seguaci fra le quali
non avendo ritrovata Mensola piena d' ira e sospetto la ricercava. Mensola
occulto il piccolo figlio in una macchia fra i pruni (onde Pruneo fu
chiamato) e si dette alia fuga; ma per il vagito del bambinello avendo
scoperto Diana il di lei delitto; grido
Tu non potrai fuggir le
mie saette Se l' arco tiro o sciocca peccatrice Mensola gia per
questo non ristette Ma fugge quanto puote alia pendice, E giunta
al fiume dentro vi si mette Per valicarlo, na Diana dice Certe
parole e al fiume le manda E che ritenga Mensola comanda. La
sventurata era gia in mezzo all' acque Quand ella i pie venir meno
sentia E quivi siccome a Diana piacque Mensola in acqua allor si
convertia E poi sempre in quel fiume si giacque Il nome suo, che
ancora tuttavia Per lei quel fiume Mensola e chiamato Or v' ho del
suo principio raccontato.
Dopo seguito l' atroce caso e l' orribile
metamorfosi prese Diana quel piccolo pargoletto, che per essere stato trovato
tra i pruni, Pruneo fu chiamato, e lo consegno a Sinidechia scaltra vecchia
ed informata del tutto abitante in quei contorni, che dopo lo condusse a
Girafone e Calimena suoi avi, ai quale l' affido con gran premura, essi l'
educarono con sommo amore e attenzione.
Passo allora Atlante in
questa parte D' Europa con infinita gente Atlante fece allora
fare Una Citta, che Fiesole chiamossi.... E tutti gli abitanti del
paese Atlante gli volle alla Cittade Girafon quando questo fatto
intese Tosto n' ando con bona volontade E meno seco il piacente,
il cortese Pruneo, etc. etc.
Piacque fuor di misura Girafone ad
Atlante perloche lo dichiaro suo consigliere ed al giovane Pruneo dilui
nipote:
Atlante gli pose tanto amore, Veggendo ch' era si
savio e valente, Che Siniscalco il fe con grande onore Sopra la
terra, e sopra la sua gente, E di tutto il paese guidatore, Ed ei
guidava si piacevolmente Che da tutti era amato e benveduto Tanto
dava ad ogn' uno il suo dovuto E gia piu di venticinqu' anni
avea Quando Atlante gli die per mogliera Una fanciulla, la qual
Tironea Era il suo nome e figliola si era D' un gran Baron, che
con seco tenea E dielli tutta ancor quella riviera Che e in mezzo
tra Mensola e Mugnone, E questa fu la dote del garzone. Pruneo fe
far dalla Chiesa a Maiano Un po di sopra un nobil casamento D'
onde ei vedeva tutto quanto il piano, Et afforzollo d' ogui
guernimento, E quel paese ch' era molto strano Tosto dimentico
siccome sento, etc. etc.
Morirono dopo gli avi suoi Girafone e Calimena e
Pruneo avendo avuti da sua moglie Tironea dieci figlinoli tutti gli accoppio
con vantaggioso Imeneo sicche:
In molte genti questa schiatta
crebbe E sempre furon a Fiesol cittadini Grandi e possenti sopra i
lor vicini. Morto Pruneo con grandissimo duolo Di tutta la Citta
fu seppellito, Cosi rimase a ciascun suo figliuolo Tutto il paese
libero e spedito, Che Atlante donato avea a lui solo, E bene l'
ebbon tra lor dipartito E sempre poi le schiatte di
costoro Signoreggiaron questo territoro.
Narrati gli amore, i
casi, e le seguite trasformazione di Africo e Mensola, rappresentate nel
Ninfale di Giovanni Boccaccio senza ricercare quello che abbia voluto
indicare nel favoloso racconto notero i luoghi descritti dal medesimo.
Osservo che Diana colle sue seguaci conduce a tenere
assemblea.
Intorno ad una bella e chiara fonte Di fresche
erbette e di fiori intorniata, La quale ancor dimora appie del
monte Ceceri in quella parte, che il sol guata Quand' e nel
mezzodi a fronte a fronte, E Fonte e oggi quella nominata, etc.
etc.
Questa fonte e l' istessa chiamata modernamente Fonte all' erta,
a pie e nel base di Monte Ceceri situata a Mezzogiorno e sotto la
Villa dei Signori Pitti Gaddi, della qual fontana ora non se ne
veggono che le scomposte mura, le rovine ed i vestigi nella pubblica
strada al principio della costa; ma vivono persone, che mi hanno
assicurato che circa all' anno 1710 ne fu deviata l' acqua procedente
dal vivaio un po superiore alla medesima e dall' unione di quelle, che vi
concorrevano d' altrove perche infrigidiva i terreni sottoposti e noceva alle
piante e alle raccolte dell istesso podere. Al tempo del nostro Boccaccio
(chiamero da qui avanti con tal nome benche di suo padre il nostro M^o
Giovanni) io trovo che questo podere con case, vivaio etc., esistente alla
fine del piano di S. Gervasio fu venduto nel 5 Giugno 1370 per rogito di
Sig^{re} Ristoro di Jacopo da Figline, da Giovanni di Agostino degli Asini a
Messer Bonifazio Lupo Marchese di Soragona e Cavaliere Parmigiano, che in
quel tempo fu ascritto alla fiorentina cittadinanza, il quale spinto da
lodevole pieta e grata riconoscenza alla repubblica fiorentina ottenne
dalla medesima fino sotto li 23 Dicembre 1377 come attesta l' Ammirato
nel Libro decimo terzo, di poter fondare lo Spedale in Via S. Gallo
di detta citta chiamato appunto di Bonifazio dal nome de si pio e
grato benefattore; fu posto questo Spedale nel luogo comprato sino ne
2 Febbraio 1309 da Messer Giovanni del gia Migliore de Chiaramontesi
di Firenze per edificare il Monastero e Convento di S. Maria a
Querceto per rogito di Ser Benedetto di Maestro Martino come si vede
dall' Archivio dell' Arcivescovado e dagli spogli del Migliore, le
quale Monache vi tornarono e vi si trovavano ancora nell' anno della
peste del 1348 come per i rogiti di Ser Lando di Ubaldino da Pesciola
del 4 Maggio 1336, e di Ser Benvenuto di Cerreto Maggio del di 24
Marzo 1346, e d' altri si riscontra, e dopo molto tempo Eugenio Quarto uni
ed assegno al predetto Spedale il detto monastero e Monache di Querceto quivi
contigue come dallo Zibaldone di No. 90 Del Migliore a 127 e 202 nella
Magliabechiana si puo vedere. Ecco scoperto il luogo ove declamava Diana (ma
senza frutto) se riguardo a Mensola che all' altre Ninfe di quei contorni,
poiche io osservo, che tutti quei villeggianti s' imparentavano e sposavano
le zittelle dei villeggianti vicini. Partito Africo dalla fonte predetta
salendo verso Fiesole, traversando la costa formata da piu effetti della
Casa Albizi, Covoni, Asini ed altre posti tanto nel popolo della
Canonica, che della Badia di Fiesole e di S. Gervasio dei quali per non
tediare non produrro i Contratti ritrovati, quali Poderi tutti si
denominano Monte negli antichi Istrumenti per essere situati sul poggio
ove risiede in oggi il Convento di S. Domenico. E dopo tal viaggio giunse
il pastorello alla Valle formata da questo giogo de Colli di Fiesole; e da
quelle degli altri di Maiano sotto la Doccia, chiamata nel Decamerone la
Valle delle Donne di cui in seguito ragioneremo. Le acque delle superiori
piagge che scorrevano, formavano gli acquitrini, quali si univano e davano l'
origine al fiume d' Affrico ed in uno di questi acquitrini vidde il
pastorelle le Ninfe lavarsi le piante, e che s' involarono da lui tostoche lo
scopersero; onde afflitto e turbato scese verso la pianura di detta Valle e
torno alla sua magione. Venere lo speranza, egli si traveste da
Ninfa cerca di Mensola, la ritrova, gira con essa verso le cime del
Monte di Fiesole saettando per giuoco, ritorna al pelago sotto la
Doccia nella valle vede le Ninfe che si bagnavano s' immerge ancor esso
con la compagna nelle acque, e quivi principiano le comuni
sciagure. Questo luogo pare, che sia devenuto cosi famoso nell' antichita e
nei tempi del nostro Boccaccio da potere aver comunicata la
denominazione agli stessi fondi di terreni che lo compongono, o perche fosse
ivi seguito qualche accidente che avesse dato luogo al favoloso poema,
o perche la favola istessa sia stata forse adattata al luogo
medesimo. Infatti io ritrovo nei rogiti di Ser Roberto di Talento da
Fiesole del 27 Novembre 1347 e del 28 Maggio 1352 descritto un podere
di Tuccio del gia Diedi de Falconieri posto verso Ponente e percio
nel popolo della Canonica di Fiesole con Case etc. chiamato il Bagno
allo Scopetino, ed in quelli di Ser Giovanni Bencini da Montaione si
vede una reciproca donazione fra Andreola, figlia del gia Carlo dei
Pazzi, e Vedova di Piero di Cione Ridolfi e Carlo Pazzi suo fratello,
di piu luoghi, fra i quali si trova un podere nel popolo di S. Martino a
Maiano luogo detto la Valle al Bagno, fino sotto di II Luglio 1343. Di piu
nel libro F Primo a c 76 della Gabella dei Contratti si osserva ne di II
Dicembre 1349 per rogito di Ser Francesco di Bruno di Vico Dal Pozzo, che M^a
Dolce figlia di Mannino e Vedova di Bindo Buonaveri (famiglia molto illustre
di Firenze) vende a M^a Simona Pinzochera di S. Maria Novella, e Sorella di
Cenni di Giotto, ma non del pittore, per fiorini 500 d' oro un podere etc.,
posto nel popolo di S. Martino a Maiano luogo detto la Valle del Bagno
in Affrico. Nel Decamerone veggo descritta dal Boccaccio questa
medesima Valle, e che la medesima adunanza d' acque in essa valle, che due
"di quelle montagnette divideva, e cadeva giu per balzi di pietra viva, e
cadendo facea un rumore a udire assai dilettevole, e sprizzando parea da
lungi ariento vivo, che d' alcuna cosa premutta minutamente sprizzasse; e
come giu al piccol pian pervenire, cosi quivi in un bel canaletto raccolta
infino al mezzo del piano velocissima discorreva ed ivi faceva un piccol
laghetto quale talvolta per modo di vivaio fanno ne lor giardini i Cittadini
che di cio hanno destro." Il podere con casa etc., etc., posto nel popolo di
S. Martino a Maiano che gode di presente la Signora Berzichelli, Vedova del
gia Signor Barone Agostino Del Nero, nella Valle d' Ameto e delle Donne,
e presso addove s' unisce il poggio della Doccia con quel di Maiano,
si chiama il Vivaio, e piu Vivaietti e Acquitrini si trovano in
quella valle sovrabbondante di acque, le quali dettero varie
denominazioni ad esse allusive di luoghi circonvicini, e credo, che il detto
luogo sia il medesimo, che dono una volta M^a Andreola de' Pazzi al
suo fratello, e dipoi pervenuto in M^a Dolce, Vedova del Bonavieri,
lo vende alla figlia di Giotto suddetto, situato d' appresso all'
altro del Falconieri. Quest' effetto acquistarono i Signori Del Nero
del Sig^r Jacopo del Feo nel 1568 in cui era passato nel 1559 dal
Sig^r Niccolo di Filippo Valori, e questo lo avea descritto in suo
conto alla Decima del 1498 nel Gonfalone delle Chiavi a 176. Questo
Jacopo di Feo di Savona ebbe per moglie Caterina Sforza de' Duchi di
Milano naturale, Vedova Girolamo Riario Signore di Forli e poi rimaritata
a Gio. di Pier Francesco de' Medici e Nonna percio di Cosimo I Gran Duca
di Toscana. Mensola intimorita varca il poggio in cui risiede Maiano e si
nasconde nel suo refugio sotto le cave in faccia a Levante ed al piano di
Novoli presso del Fiume, Affrico all' incontro scende verso la pianura, e
dopo esser tornato e ritornato poi vesso del pelago disperato per non avere
rintracciata la Ninfa si trafigge col proprio dardo vicino alla magione di
Girafone suo padre posta sul ramo maggiore, uno chiamato Affrico e l' altro
Affricuzzo, che poi s' uniscono insieme formandone il suo fiume presso allo
sbocco della valle predetta. Altro per ora non resta da notarsi sopra
la Topografia del racconto, poiche nato il figlio Pruneo e trasmutata
da Diana in pena del delitto nel fiume che porta il suo nome, Mensola sua
Madre, e dalla disperazione il padre in quello d' Affrico, fu chiamato dipoi
questo pargoletto Pruneo dall' essere stato scoperto fra i pruni dalla Dea.
Nel corso degli anni comparve a Fiesole Atlante ed edifico quella Citta, ed a
questo fanciullo, gia fatto adulto, diede per moglie Tironea, e per dote
tutto il paese collocato fra il Fiume Mensola e quel di
Mugnone.
FOOTNOTE:
[716] cioe di Monte
Ceceri....
APPENDIX IV
THE ACROSTIC OF THE _AMOROSA
VISIONE_ DEDICATING THE POEM TO FIAMMETTA
This acrostic consists of
three _ballate_ composed by reading the first letters of the first verses of
each _terzina_ throughout the poem.
I
Mirabil
cosa forse la presente Vision vi parra, donna gentile, A
riguardar, si per lo novo stile Si per la fantasia ch' e nella
mente. Rimirandovi un di subitamente Bella, leggiadra et in
abit' umile, In volonta mi venne con sottile Rima trattar
parlando brievamente. Adunque a voi, cui tengo Donna mia, Et
chiu sempre disio di servire, La raccomando, madama Maria: E
prieghovi, se fosse nel mio dire Difecto alcun, per vostra
cortesia Correggiate amendando il mio fallire. Cara Fiamma, per
cui 'l core o caldo, Que' che vi manda questa Visione Giovanni
e di Boccaccio da Certaldo.
II
Il dolce immaginar
che 'l mio chor face Della vostra bilta, donna pietosa, Recam'
una soavita si dilectosa, Che mette lui con mecho in dolce
pace. Poi quando altro pensiero questo disface Piangemi dentro
l' anim' angosciosa, Cercando come trovar possa posa, Et sola
voi disiar le piace. Et pero volend' i' perseverare Pur nello
'nmaginar vostra biltate, Cerco con rime nuove farvi
onore. Questo mi mosse, Donna, a compilare La Visione in parole
rimate, Che io vi mando qui per mio amore. Fatele onor secondo
il su' valore Avendo a tempo poi di me
pietate.
III
O chi che voi vi siate, o
gratiosi Animi virtuosi, In cui amor come 'n beato
loco Celato tene il suo giocondo focho; I' vi priego c' un
poco Prestiate lo 'ntelletto agli amorosi Versi, li quali
sospinto conposi, Forse da disiosi Voler troppo 'nfiammato: o se
'l mio fioco Cantar s' imvischa nel proferer broco, O troppo e
chiaro o roco, Amendatel' accio che ben riposi. Se in se fructo,
o forse alcun dilecto Porgesse a vo' lector,
ringratiate Colei, la cui biltate Questo mi mosse affar come
subgiecto. E perche voi costei me' conosciate, Ella somigli'
amor nel su' aspecto, Tanto c' alcun difecto Non v' a a chi
gia 'l vide altre fiate; E l' un dell' altro si gode di
loro Ond' io lieto dimoro. Rendete allei il meritato
alloro, E piu non dic' omai, Perche decto mi par aver
assai.
APPENDIX V
THE WILL OF GIOVANNI
BOCCACCIO
In Dei nomine amen. Anno Domini millesimo trecentesimo
septuagesimo quarto, indictione duodecima, secundum cursum et
consuetudinem Florentiæ. Tempore domini Gregorii, divina providentia Pape
XI, die vigesimo octavo mensis augusti. Actum Florentiæ in ecclesia
et populo Sanctæ Felicitatis, presentibus testibus Pazino Alessandri De
Bardis populi Sanctæ Mariæ supra Arnum de Florentia, Angelo Niccoli dicti
populi Sanctæ Felicitatis, Andrea Biancardi, Orlandino Jacobi, Burando
Ugolini, Francisco Tomasi, omnibus dicti populi Sanctæ Felicitatis, et
Brunellacio Bianchini de Certaldo, comitatus Florentiæ, ad infrascripta
vocatis et rogatis et ab infrascripto testatore suo proprio hore [_sic_]
habitis et rogatis et aliis suprascriptis.
Cum nil sit certius morte
et incertius ora mortis et actestante veritate, vigilare sit opus, cum diem
ignoremus et horam qua qua [_sic_] homo sit moriturus idcircho venerabilis et
egregius vir dominus Johannes olim Boccacii de Certaldo Vallis Elsæ,
comitatus Florentiæ, sanus mente, corpore et intellectu, suorum
bonorum dispositionis per presens nuncupativum testamentum sine scriptis
in hunc modum facere procuravit.
In primis quidem recomendavit animam
suam Deo omnipotenti et beatæ Mariæ semper Virgini gloriosæ et sepulturam sui
corporis si eum mori contigerit in civitate Florentiæ elegit in ecclesia
Fratrum Sancti Spiritus Ordinis heremitarum Sancti Augustini de Florentia, in
eo loco ubi videbitur magistro Martino in sacra theologia,
venerabili Magistro dicti Ordinis. Si autem mori contigerit in castro
Certaldi, judicavit corpus suum sepelliri in ecclesia Sancti Jacobi
de Certaldo, in ea parte ubi videbitur actinentibus et vicinis
suis.
Item reliquit ecclesiæ Sanctæ Reparate de Florentia soldos
decem florenorum parvorum.
Item reliquit constructioni murorum
civitatis Florentiæ soldos decem florenorum parvorum.
Item reliquit
societati Sanctæ Mariæ de Certaldo libras quinque florenorum
parvorum.
Item reliquit constructioni seu operi ecclesiæ Sancti Jacobi
de Certaldo pro remedio animæ suæ et suorum parentum libras
decem florenorum parvorum.
Item reliquit Brunæ filiæ Cianchi de
Montemagno, quæ antiquitus moram traxit cum eo, unum lectum in quo ipsa erat
consueta dormire in castro Certaldi, cum letteria, cultrice, pimacio [_sic_]
una coltre alba parva at usum dicti letti cum uno pario litiaminum, cum
pancha que consueta est stare iuxta lettum predictum.
Item unum
dischum parvum pro comedendo de nuce, duas tabolettas [_sic_] usitatis
longitudinis trium brachiorum pro qualibet.
Item duas
tovagliuolas.
Item unum botticellum capacitatis trium salmarum
vini.
Item unam robam Panni Monachini foderatam zendadi porperini,
unam gonellam, guarnachiam et caputeum et sibi Brunæ etiam de omni
eo, quod a dicto testatore restat habere occasione sui salarj.
Item
voluit, disposuit et mandavit et reliquit omnibus et singulis hominibus et
personis qui reperirentur descripti in quodam suo libro signato _A_
debentibus aliquid recipere vel habere a dicto testatore, et omnibus aliis,
qui legiptime ostenderent debere habere, non obstante quod non reperirentur
descripti in dicto libro, quod eis et cuilibet ipsorum satisfiat per
infrascripto eius executores de massaritiis, rebus et bonis dicti testatoris,
exceptis libris dicti testatoris, et maxime de una domo posita in Certaldo,
cui a primo via vocata Borgho, a secundo Fornaino Andree domini Benghi de
Rubeis, a tertio la _Via Nuova_, a quarto dicti testatoris vendenda
per infrascriptos ejus executores vel majorem partem ipsorum, et si
hoc non sufficeret, possint vendere de aliis suis bonis.
Item reliquit
venerabili fratri Martino de Signa, Magistro in sacra theologia, conventus
Sancti Spiritus Ordinis heremitarum Sancti Augustini omnes suos libros,
excepto Breviario dicti testatoris cum ista condictione, quod dictus Magister
Martinus possit uti dictis libris, et de eis exhibere copiam cui voluerit,
donec vixerit, ad hoc ut ipse teneatur rogare Deum pro anima dicti
testatoris, et tempore suæ mortis debeat consignare dictos libros conventui
fratrum Sancti Spiritus, sine aliqua diminutione, et debeant micti in quodam
armario dicti loci et ibidem debeant perpetuo remanere ad hoc ut
quilibet de dicto conventu possit legere et studere super dictis libris,
et ibi scribi facere modum et formam presentis testamenti et
facere inventarium de dicti libris.
Item reliquit et dari voluit et
assignari per infrascriptos ejus executores, et majorem partem ipsorum
superviventem ex eis, Monasterio fratrum Sanctæ Mariæ de Sancto Sepulcro dal
Pogetto sive dalle Campora extra muros civitatis Florentie omnes et
singulas reliquias sanctas, quæ dictus dominus Johannes, magno tempore, et
cum magno labore, procuravit habere de diversis mundi partibus.
Item
reliquit operariis ecclesiæ Sancti Jacobi de Certaldo pro dicta ecclesia
recipientibus unam tabulum alebastri Virginis Mariæ, unam pianetam cum istola
et manipolo zendadi vermigli, unum palium parvum pro altare drappe vermigli,
cum uno guancialetto pro altare cum tribus guainis corporalium.
Item
unum vasum stagni pro retinendo aquam benedictam.
Item unum paliettum
parvum drappi, foderatum cum fodera zendadi gialli.
Item reliquit
dominæ Sandræ, uxori Francisci Lapi Bonamichi unam tavolettam in qua est
pictum signum Virginis Mariæ cum suo filio in brachio et ab alio latere uno
teschio di morto.
In omnibus autem aliis suis bonis mobilibus et
immobilibus presentibus et futuris, Boccacium et Antonium ejus nepotes
et filios Jacobi Boccacii predicti de Certaldo equis portionibus,
sibi universales heredes instituit et omnes alios filios et filias,
tam natos quam nascituros de dicto Jacobo ex legiptima uxore dicti
Jacobi una cum dictis Boccacio et Antonio equis portionibus sibi
heredes instituit cum pacto quod omnes fructus et redditus bonorum
dicti testatoris debeant duci in domo dicti Jacobi, prout dictus
Jacobus voluerit, ad hoc ut possit alere se et ejus uxorem et filios,
quos tunc habebit, et hoc quoque pacto quod suprascripti ejus heredes non
possint, audeant, vel presumant directe, vel indirecte, tacite vel expresse
vendere vel alienare de bonis dicti testatoris, nisi excesserint ætatem
triginta annorum, et tunc cum consensu dicti Jacobi eorum patris, si tunc
viveret, salvo quod in casu in quo vellent nubere aliquam vel aliquas eorum
sorores, et tunc fiat cum consensu infrascriptorum tutorum.
Et simili
modo mandavit infrascriptis suis heredibus ne aliquo tempore donec, et
quousque invenirentur de discendentibus Bocchaccii Chellini patris dicti
testatoris, et dicti Jacobi per lineam masculinam, etiam posito quod non
essent legiptimi, possint audeant vel presumant vendere vel alienare domum
dicti testatori, positam in populo Sancti Jacobi de Certaldo, confinatam a
primo Via Publica, _Chiamato [sic] Borgho_ a secundo dicti testatoris, a
tertio la _Via Nuova_, a quarto Guidonis Johannis de
Machiavellis.
Item unum petium terræ laborativæ et partim vineatæ positum
in comuni Certaldi in dicto populo Sancti Jacobi loco dicto Valle Lizia cui
a primo Fossatus, a secundo dicti testatoris et Rustichelli Nicolai
a tertio dicti testatoris, a quarto Andrea vocato Milglotto.
Tutores
seu defensores dictorum heredum Bocchacii et Antoni licet de jure non expedit
reliquit, fecit et esse voluit Jacobum Lapi Gavaciani, Pierum Dati de
Canigianis, Barducium Cherichini, Franciscum Lapi Bonamichi, Leonardum Chiari
domini Bottis, Jacobum Boccacii et Angelum Turini Benciveni cives florentinos et
majorem partem ipsorum superviventem in
eis. |
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