Annali d'Italia 145
Trovavasi mal preparato per questa visita il signor di Mantova. Implorò
tosto aiuto dai collegati, e gliene inviarono i Fiorentini e Bolognesi,
siccome ancora il signore di Padova, quei di Ravenna, di Rimini e di
Faenza. _Niccolò marchese_ di Ferrara, che era allora giunto all'età
di anni tredici e di tre mesi, ed avea presa per moglie _Gigliola_,
figliuola del signor di Padova, vi spedì per Po una flotta di galeoni
armati. Fu dichiarato capitan generale dell'esercito della lega _Carlo
Malatesti_, uomo prode e cognato dello stesso signore di Mantova. La
mira particolare di Jacopo del Verme era di espugnare e rompere il
ponte posto da' Mantovani sul Po a Borgoforte; ma così virilmente fu
esso difeso dai collegati, benchè inferiori di gente, che per gran
tempo rimasero inutili tutti i suoi sforzi; anzi un ponte da esso Verme
fabbricato in Po venne fracassato dal valore degli avversarii. Fu anche
impedito il passaggio del Mincio ad _Ugolotto Biancardo_, il quale
poscia s'impadronì di Mellara, terra del Ferrarese, negli anni addietro
impegnata per bisogno di danari dai tutori del marchese al signore
di Mantova. Durò il fiero contrasto di queste armate sino al dì 14 di
luglio col continuo esercizio delle bombarde e dei verrettoni, e colla
strage di molti da ambedue le parti; ma in quel dì una scossa terribile
riportarono i collegati. Aveva il duca di Milano anch'egli una poderosa
flotta di galeoni armati in Po; ora Jacopo del Verme, spirando in
quei dì un vento gagliardo a lui favorevole, spinse contro il ponte di
Borgoforte alcune zatte piene di canne, oglio, pece ed altre materie
combustibili, e, per quanta resistenza facessero i difensori, non
poterono trattenerle dall'unirsi al ponte e di bruciarlo, colla morte
di circa mille uomini d'arme che vi erano sopra. Nè qui terminò la
rovina. Calata furiosamente l'armata navale milanese pel Po addosso
alla ferrarese, prese molti di que' legni, mise il resto in fuga,
lasciandovi la vita assai gente o annegata o uccisa. Ciò fatto,
entrarono nel dì 25 di luglio vittoriosi nel serraglio di Mantova, dopo
aver fatto un ponte sul fiume, e ripulsato il _Gonzaga_, che era ivi
alla difesa con _Malatesta de' Malatesti_ ed altri valorosi uffiziali.
Stesero i Milanesi il saccheggio sino alla porta Cerese di Mantova, con
fare immenso bottino di bestiame e di robe, perchè quegli abitanti si
credeano ivi sicuri.
Per questo terribil colpo ebbe a disperarsi _Francesco Gonzaga_[2133];
e tanto più perchè non tardò _Jacopo del Verme_ a mettere un forte
assedio alla terra di Governolo, per serrare affatto il passo ai
soccorsi stranieri. Concorse parimente a quell'assedio dalla parte di
Verona coll'altro suo esercito _Ugolotto Biancardo_, e v'intervenne per
Po anche la flotta navale del duca. Ma il generoso _Carlo Malatesta_,
dopo aver incoraggito, colla speranza di gagliardi soccorsi, il
Gonzaga, in persona passò a Venezia, Ferrara e Bologna, sollecitando
ognuno a non lasciar perire il signore di Mantova, la cui perdita
si sarebbe tirata addosso quella de' vicini. Per tanto si armarono
in Venezia sette galee e molte barche; in Ferrara si fece gran
preparamento di galeoni; i Bolognesi v'inviarono il _conte Giovanni da
Barbiano_ con cinquecento lancie, ed altre genti furono prese al soldo
dal signore di Mantova. Già Governolo era quasi ridotto all'agonia,
quando Carlo Malatesta, passato il Po verso il Bondeno coll'esercito
suo nel dì 24 d'agosto festa di san Bartolomeo[2134], assalì l'armata
d'_Ugolotto Biancardo_, e riuscì a lui di entrare in Governolo, e
di vettovagliarlo, siccome ancora venne fatto alla flotta ferrarese,
dopo un atroce combattimento, di obbligare alla ritirata la milanese
al ponte fabbricato dal Verme. Arrivò dipoi a Governolo il signor di
Mantova con quante soldatesche egli potè seco condurre, e calarono
pel Mincio anche tutte le sue barche armate. Ora, senza perdere
tempo, nel dì 28 d'agosto l'armata terrestre de' collegati diede una
furiosa battaglia a quella del Biancardo, con metterla in rotta; e
nel medesimo tempo la flotta navale dei Ferraresi e Mantovani colle
galee suddette assalì la milanese con tal empito, che la sbaragliò e
sconfisse. Queste due vittorie produssero con poca fatica la terza;
perchè l'esercito grande di _Jacopo del Verme_, accampato nel serraglio
contro a Governolo, al vedere la rovina dell'altro campo e delle lor
navi, senza poter soccorrere nè agli unì nè agli altri, preso da panico
spavento, ad altro non pensò che a salvarsi colla fuga, lasciando
indietro buona parte delle tende e del bagaglio. Circa due mila cavalli
vennero in potere de' vincitori, gran copia di vettovaglia e merci, e
cinquanta navi armate, oltre ad altre settanta di negozianti venuti per
provvedere l'armata milanese. Un giorno solo guastò tutta la tela sì
felicemente condotta fin qui dal duca di Milano. È da vedere la Storia
Padovana di Andrea Gataro, dove diffusamente si veggono descritti
così stravaganti avvenimenti. Abbiamo dagli Annali Milanesi[2135]
che il duca di Milano fece morir d'orrida morte Pasquino Capello suo
segretario, imputato di avere scritta una lettera, senza contezza del
padrone, che chiamava Jacopo del Verme a Pavia; il che fu cagione della
rotta suddetta. Si venne poi in chiaro, che la lettera era stata finta
da _Francesco Gonzaga_: del che molto s'afflisse il duca di Milano.
Solenni allegrezze per sì prosperosi successi furono fatte da tutte le
città dei collegati. Venne anche assediata da essi la terra di Mellara,
e nel dì 27 di settembre racquistata. Ma _Gian-Galeazzo Visconte_ era
un forte colosso, ad atterrar il quale altre scosse che le suddette,
si ricercavano. Oltre il far ritornare dalla Toscana in Lombardia il
_conte Alberico_ da Barbiano col più della sua armata[2136], prese al
suo soldo _Facino Cane_ da Casale con cinquecento lancie; rifatta,
anzi accresciuta di molto la sua flotta navale, ordinò nel dì 29
d'ottobre che essa tornasse sul territorio di Mantova. Trovò questa
a Borgoforte le navi armate del signore di Mantova e del marchese di
Ferrara; e messele in rotta, prese tre galee e venticinque galeoni
con tutto l'armamento e gli uomini. Oltre a ciò, arrivato il conte
Alberico colle sue genti, entrò di nuovo nel serraglio di Mantova,
spianò tutte le fosse e fortezze mantovane, e portò la desolazione sino
alle porte di Mantova. Ecco dunque di nuovo in peggiore stato di prima
Francesco da Gonzaga, il quale avea già perduto Marcheria, Luzzara,
Suzara, Solferino ed altri luoghi, e già temeva l'ultima rovina. Volle
Dio che, accostandosi il verno, si ritirarono dal Mantovano le milizie
del Visconte. Con tutto ciò il male stato, in cui egli si trovava,
diede impulso alla _repubblica di Venezia_ per entrar anch'essa nella
lega contra del duca di Milano. Inoltre s'ingegnarono i Veneziani e
Fiorentini di tirare al soldo loro il _duca di Austria_ con alcune
migliaia di soldati. Ma perchè il duca Gian-Galeazzo, avendo scoperto
questo negoziato, nè volendo avere i Veneziani e quel duca, sì
poderosi principi, addosso, propose partiti di tregua o pace; oppure
perchè Francesco Gonzaga, stanco di questo brutto giuoco, si scoprì
segretamente trattare col duca di Milano: lasciato andare l'Austriaco,
i collegati diedero orecchio alla tregua, o pace proposta. Tutto il
verno passò nel maneggio d'essa, siccome cosa desiderata da ognuno.
Contuttochè Genova si governasse a nome del _re di Francia_, e paresse
che il rispetto di quel monarca dovesse tenerla in quiete[2137], pur,
come prima, continuava ad essere in tempesta. _Antonio di Montaldo,
Antonio di Guarco_ non cessavano di farle guerra, nè mancavano altri
nemici entro e fuori di casa. Perciò, o sia che _Antoniotto Adorno_,
veggendosi poco sicuro, procurasse d'avere un successore nel governo,
o che tali fossero i patti: _Carlo re di Francia_ mandò colà a reggere
quella città _Valerando di Lucemburgo_, conte di Lignì e di San Paolo.
Arrivò questi a Genova nel dì 18 di marzo con ducento uomini d'armi e
molti nobili, ed altre genti venute al suo soldo; e prese le redini del
governo, con farsi ben rispettare e ubbidire, ed ebbe in suo potere
il castelletto e le altre fortezze. Ridusse non solamente Savona e
Porto Maurizio all'ubbidienza del re, ma anche il resto delle terre di
quella repubblica, di modo che per opera di lui in poco tempo si vide
rifiorir la pace: cosa da gran tempo insolita in quelle contrade. Ma
eccoti la peste entrare in Genova, e scorrere per tutte quelle riviere.
Per paura d'essa, ovvero per altri suoi affari, nel mese d'agosto esso
conte di Lignì se ne andò a Parigi, lasciando per suo vicario in quella
città _Pietro vescovo di Meaux_. Fu essa peste anche in altre città
d'Italia. Abbiamo dagli Annali di Forlì[2138] che, trovandosi al soldo
di _papa Bonifazio_ _Mostarda_ forlivese condottier d'armi, costui
furtivamente prese Ascoli, città della Marca, colla strage d'alcuni di
quei cittadini.
NOTE:
[2126] Benvenuto da S. Giorgio, Istoria del Monferrato, tom. 23 Rer.
Ital. Corio. Istor. di Milano.
[2127] Raynaldus, Annal. Eccles.
[2128] Bonincontrus, Annal. tom. 21 Rer. Ital.
[2129] Giornal. Napol., tom. 15 Rer. Ital.
[2130] Corio, Istor. di Milano.
[2131] Ammirat., Istor. Fiorentina, lib. 16.
[2132] Gatari, Istor. di Pad., tom. 17 Rer. Ital. Delayto, Annal., tom.
18 Rer. Ital.
[2133] Delayto, Annal., tom. 18 Rer. Ital. Corio, Istor. di Milano.
[2134] Gatari, Istoria di Padova, tom. 17 Rer. Ital.
[2135] Annales Mediolan., tom. 16 Rer. Ital.
[2136] Ammirati, Istoria Fiorentina, lib. 16. Corio, Istor. di Milano.
[2137] Georgius Stella, Annal. Genuens., tom. 18 Rer. Italic.
Anno di CRISTO MCCCXCVIII. Indiz. VI.
BONIFAZIO IX papa 10.
VENCESLAO re de' Romani 21.
Operarono quest'anno con forza _Venceslao re de' Romani_ e _Carlo
VI re_ di Francia, ed altri re e principi, per ridurre alla pace la
Chiesa troppo sconvolta a cagion dello scisma[2139]. Stavano essi
saldi in esigere che tanto papa _Bonifazio IX_, quanto il suo emulo
_Benedetto XIII_ antipapa rinunziassero; e a questo fine spedirono
ambasciatori sì all'uno che all'altro. Ma ad ambedue troppo piacea
questa sublime dignità, ed erano ben risoluti di non abbandonarla se
non colla morte. Diede papa Bonifazio almen buone parole, ma nulla di
preciso, tanto che si liberò da tali istanze. All'incontro l'antipapa,
dimentico de' giuramenti e delle promesse fatte nella sua creazione e
dipoi, apertamente protestò di non voler mai dimettere il suo papato.
Da ciò presero motivo il re di Francia coll'Università e coi prelati
franzesi di sottrarsi alla di lui ubbidienza, giacchè quel re non
gradiva questo preteso papa spagnuolo, nè di lui si fidava. E perchè
Benedetto ricalcitrava più che mai, il _maresciallo di Boucicaut_,
ossia _Bucicaldo_, che vedremo a suo tempo governatore di Genova,
d'ordine del re si portò all'assedio d'Avignone; nè volendo que'
cittadini maggiormente sofferire i danni della guerra, capitolarono
coll'uffiziale del re: laonde fuggì la maggior parte de' cardinali
antipapali; e l'ostinato _Benedetto_ rinserrato nel palazzo pontificio,
ch'era fortificato a guisa di fortezza, e ben provveduto, per tutto il
verno rimase assediato dalle milizie francesi. Non ometteva diligenza
alcuna in questi tempi il pontefice _Bonifazio_ per promuovere
gl'interessi del _re Ladislao_, ed atterrare il nemico _re Lodovico
d'Angiò_. Per mezzo di _Giovanni Tomacello_ suo fratello si adoperò non
poco per tirare nel partito di Ladislao _Jacopo Marzano_ ammiraglio
del regno, _Goffredo Marzano_, _Jacopo Orsino_ e _Jacopo Stantardo_,
baroni illustri. Leggesi negli Annali Ecclesiastici del Rinaldi la
concordia stabilita fra loro e il _re Ladislao_ nel dì 14 di maggio
dell'anno presente. Non poco abbassamento per questo venne al re
Lodovico. Andò in lungo il trattato della pace o tregua fra i collegati
e _Gian-Galeazzo_ duca di Milano[2140]; ma finalmente fu conchiusa
nel dì 11 di maggio una tregua di dieci anni con varii capitoli, e
pubblicata nel dì 26 d'esso mese, giorno di Pentecoste. Per quanto
scrive Andrea Gataro[2141], _Francesco Gonzaga_ signore di Mantova
quegli fu che forzò gli altri a farla; perciocchè, senza notizia dei
confederati, chiamato a Mantova, travestito da frate minore, _Jacopo
del Verme_, con esso lui trattò di riconciliarsi col duca: il che
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