2016년 6월 29일 수요일

Annali d'Italia 144

Annali d'Italia 144


Anno di CRISTO MCCCXCVI. Indiz. IV.
 
BONIFAZIO IX papa 8.
VENCESLAO re de' Romani 19.
 
 
In quest'anno ancora molti passi furono fatti per tentare la riunion
della Chiesa dai re di Francia, Inghilterra, Aragona e Castiglia. Il
mezzo più proprio sembrava quello della cessione, cioè che amendue
i pretendenti rinunziassero la dignità, per divenire all'elezione
d'un solo. Ma abborrendo troppo l'oramai scoperto ambizioso _antipapa
Benedetto_ questo ripiego, l'università di Parigi appellò da lui
al papa futuro legittimamente eletto[2118]. Furono anche spediti
ambasciatori a _papa Bonifazio_ per esortarlo alla cessione; trovarono
anche lui più alieno dell'altro da questa risoluzione. Tornarono in
quest'anno i Perugini all'ubbidienza d'esso pontefice, e in grazia
di lui fu rimesso _Biordo de' Michelotti_, che avea occupata quella
città, Orvieto ed altri luoghi. Vien ciò riferito da Sozomeno[2119],
con aggiungere che Biordo ritenne Todi, Orvieto ed altre terre, con
pagare l'annuo censo alla Chiesa romana. Seguitò nel regno di Napoli
la guerra, ma senza impresa degna di menzione. In Sicilia il _re don
Martino_ giovane continuò ad abbassar la fazione contraria, che aderiva
al partito di papa _Bonifazio IX_, giacchè quel re favoriva l'antipapa;
ed essendo mancato di vita _Giovanni re d'Aragona_, Martino, padre
d'esso Martino giovane, fu chiamato alla successione di quel regno; il
che fu cagione che (non so se in questo o nel seguente anno) con quella
corona di nuovo si riunisse la Sicilia. _Giovanni dall'Aceto_[2120]
impadronitosi della città di Fermo, talmente colle sue crudeltà fece
perdere la pazienza al popolo, che sul principio di giugno si mosse a
rumore contra di lui. Rifugiatosi egli nel castello, chiamò aiuto dal
_conte di Carrara_. Entrato questi nella fortezza, piombò poi addosso
ai cittadini colle sue genti, e li mise in rotta, molti uccidendone.
Il resto si sottrasse colla fuga al furore del tiranno: laonde quella
città rimase desolata. Fu in quest'anno, nel dì 16 ovvero 17 di maggio,
stabilita pace e lega in Firenze fra il _duca di Milano, Fiorentini,
Pisani, Sanesi, Perugini, Bolognesi, Lucchesi_, il _marchese di
Ferrara_, i signori di _Padova_, di _Mantova_, di _Faenza_ e d'_Imola_,
i _Malatesti_ ed altri. Con questi artifizii _Gian-Galeazzo_ cercava
di tener a bada e addormentare chi poteva opporsi ai suoi segreti
disegni; ma non gli venne fatto, come s'era figurato[2121]. Conchiusero
i sempre vigilanti Fiorentini nel dì 24 ossia 29 di settembre una lega
con _Carlo VI re_ di Francia, in cui furono compresi gli altri lor
collegati, cioè i _Bolognesi_, il _marchese di Ferrara_, e i signori di
_Mantova_ e di _Padova_. Pensarono con ciò di metter freno alle voglie
di Gian-Galeazzo duca di Milano; e il re vi consentì volentieri, pel
motivo che fra poco accennerò.
 
Neppure in quest'anno si provò quiete negli Stati del _marchese
di Ferrara_[2122]. _Francesco signor di Sassuolo_, nemico di esso
marchese, dopo essersi compromesso in _Astorre de' Manfredi_, e
aver depositata in mano di lui quella nobil terra, per tradimento
se la ripigliò. E _Giovanni conte di Barbiano_ con un grosso corpo
di cavalleria e fanteria, assistito dai nobili Grassoni, venne fino
a Vignola ed, essendosi impadronito di quella terra nel dì primo
d'ottobre, coll'assedio forzò anche la rocca a rendersi a patti, senza
però mantener egli la parola data a quella guarnigione. Maggiori furono
le inquietudini in Toscana[2123], perchè fra i _Lucchesi_ e _Pisani_
seguirono varie ostilità. Erano i Lucchesi protetti ed aiutati dai
Fiorentini, e stavano uniti con loro i _Gambacorti_ banditi di Pisa.
Laonde _Jacopo d'Appiano_ signore ossia tiranno di Pisa, che stava
attaccato forse al duca di Milano, gli dimandò soccorso. Fece vista
il duca, colle sue solite arti, di licenziar il conte _Alberico da
Barbiano_, e questi nel novembre con alcune migliaia di cavalli si
portò nel territorio di Pisa[2124]. Colà ancora passò pel Sanese
il _conte Giovanni di Barbiano_ con altre genti, di maniera che,
comprendendo vicina la guerra, i Fiorentini assoldarono nuovi armati,
ne ottennero dai lor collegati, e crearono general dell'armata loro
_Bernardone_ Spagnuolo, oppur di Guascogna, che menò seco seicento
cavalli e ducento fanti. I fatti di Genova diedero in quest'anno
molto da parlare all'Italia[2125]. _Antoniotto Adorno_ doge di quella
repubblica, trovandosi in mezzo a varie fazioni e a molti avversarii,
troppo ben vedea che traballava il suo trono. Teneva ben egli a' suoi
servigi quattro mila fanti e mille cavalli, ma poco era questo al
bisogno, stante il trovarsi egli mal sicuro in casa, ed essendo fuor
di Genova continuamente in armi _Antonio da Montaldo_ ed _Antonio di
Guarco_, dogi deposti, e suoi fieri nemici. Il peggio fu che questi
due ricorsero per avere aiuto a _Gian-Galeazzo_ duca di Milano,
principe che in ogni imbroglio d'Italia sapeva aver mano; e tanto più
s'interessò in questo, perchè, sperando di arrivare all'acquisto di
quella potente città, contribuì loro un grosso corpo di combattenti.
Conobbe allora l'Adorno che a guarire i mali della patria sua occorreva
un più potente rimedio; e questo altro non poteva essere che quel
di sottomettere Genova a qualche gran principe, la cui possanza ed
autorità, volere o non volere, riunisse i discordi animi de' cittadini.
Co' suoi consiglieri dunque ed aderenti mise in consulta l'affare.
Furono proposti _Lodovico duca d'Orleans_, padrone d'Asti, e il _duca
di Milano_; anzi lo stesso duca, penetrato questo disegno, spedì colà
i suoi ambasciatori per accudire al mercato. Ma le inclinazioni di
Antoniotto Adorno erano verso il _re di Francia Carlo VI_, e la vinse
in fine la di lui volontà.
 
Mandò egli a Parigi un suo deputato a farne l'offerta. Era Carlo VI
principe dotato di bellissimi talenti, ma suggetto ad un deplorabil
incomodo di sanità, perchè di tanto in tanto cadeva in alienazione
di mente, anzi in frenesia, per cui, se non si fosse provveduto,
avrebbe ucciso i suoi più cari. Godeva nondimeno degl'intervalli
quieti, ne' quali si dava a conoscere savio ed amabilissimo principe.
Fu accettata l'esibizione con patto segreto di pagare all'Adorno
quaranta mila fiorini d'oro, e di dargli due castella in Francia, e con
altri pubblici patti in favore della città, espressi nello strumento
stipulato in Genova stessa nel dì 25 d'ottobre, che si leggono negli
Annali Genovesi. Ora nel dì 27 di novembre _Antoniotto Adorno_, col
rinunziare la sua dignità, lasciò entrare in possesso di quel dominio
gli uffiziali del re di Francia, ritenendo nondimeno per qualche
tempo ancora quel governo col titolo di governatore regio. Sommamente
dispiacque a _papa Bonifazio_, e non meno increbbe al _duca di Milano_
la risoluzion di quel popolo, al veder deluse le sue speranze, e di più
a' suoi confini un sì potente monarca; ma gli convenne dissimular la
rabbia con applicarsi a sfogarla altrove. Guerra fu in quest'anno[2126]
fra _Teodoro marchese_ di Monferrato ed _Amedeo principe_ della
Morea, assistito da _Lodovico conte_ di Savoia. Durò essa un anno. Per
tradimento fu occupata al Monferrato dal principe suddetto la bella
terra di Montevico, oggidì appellata Monreale, città non più da lì
innanzi restituita. All'incontro, _Facino Cane_ Casalasco, che già avea
cominciato ad acquistar grido nelle armi, tolse ai principi savoiardi
due castella, ed inferì non pochi danni al Piemonte. Fecero poi questi
principi nell'anno seguente un compromesso delle lor differenze nel
_duca di Milano_, il quale differì molto, anzi non mai pronunziò alcun
laudo, così esigendo la sua fina politica.
 
NOTE:
 
[2118] Raynaldus, Annal. Eccles.
 
[2119] Sozomenus, Hist., tom. 16 Rer. Ital. Theodoricus de Niem, Hist.
Aretin. Hist. Florentin.
 
[2120] Sozomenus, Hist., tom. 16 Rer. Ital.
 
[2121] Delayto, Annal., tom. 18 Rer. Ital. Ammirat., Istor. Fiorentina,
lib. 16.
 
[2122] Delayto, ut supra.
 
[2123] Bonincontrus, Annales, tom. 21 Rer. Ital.
 
[2124] Sozomenus, Hist., tom. 16 Rer. Ital.
 
[2125] Georgius Stella, Annal. Genuens., tom. 17 Rer. Ital.
 
 
 
 
Anno di CRISTO MCCCXCVII. Indizione V.
 
BONIFAZIO IX papa 9.
VENCESLAO re de' Romani 20.
 
 
Nuovi tentativi in quest'anno ancora furono fatti dai re oltramontani
per indurre _papa Bonifazio_ alla cession del papato[2127]. Così
bene seppe parlare un certo Roberto romito franzese, che l'avea
tratto alla risoluzion di convocare un concilio, in cui si decidesse
quell'importante controversia, facendogli credere che l'antipapa
non s'attenterebbe ad intervenirvi. Ma da lì a due giorni la madre,
i fratelli ed altri parenti del papa con varii mondani motivi gli
fecero cambiar pensiero. Secondochè abbiamo dal Bonincontro[2128],
in quest'anno tentarono i Romani di ribellarsi ad esso pontefice.
Egli, che non era figliuolo della paura, fece prendere i delinquenti,
e coll'ultimo loro supplizio si liberò dal soprastante pericolo. I
Giornali Napoletani[2129], che raccontano questo ed altri fatti fuori
del loro sito, dicono che tredici furono i giustiziati, in casa de'
quali si trovarono le bandiere del _conte di Fondi_, autore di essa
congiura. Cominciarono in questo anno a declinar gl'interessi di
_Lodovico d'Angiò re_ dimorante in Napoli. Terra di Lavoro già ubbidiva
al _re Ladislao_, nè restavano in potere dell'Angioino se non le terre
del Ponte di Capoa. Trovandosi all'assedio di esse Luigi di Capoa, d'un
colpo di bombarda vi restò ucciso. Con tutto ciò furono quelle fortezze
dipoi obbligate alla resa. Il Bonincontro narra altri avvenimenti del
regno di Napoli, come spettanti all'anno presente. Perchè io dubito che
possano appartenere al seguente, chieggo licenza di parlarne allora.
Procurò _Gian-Galeazzo_ duca di Milano di tirare al suo servigio tutti
quanti potè gli uomini d'armi d'Italia, e raunato con ciò un poderoso
esercito di cavalieri e fanti[2130], all'improvviso, parte per terra
e parte colle navi per Po, lo spinse nel dì 5 d'aprile addosso a
_Francesco Gonzaga_ signore di Mantova, con far precedere le ragioni,
che i potenti hanno sempre in saccoccia, di rompere la tregua che
tuttavia durava. Consistevano queste specialmente nel rammemorare
l'aver il Gonzaga data la morte a _Caterina Visconte_ figliuola di
Bernabò, quando egli medesimo avea dianzi tolta la vita e gli Stati
allo stesso Bernabò, e a due suoi figliuoli, e tuttavia perseguitava
gli altri figliuoli del medesimo suo zio. Ed acciocchè non potesse
venir soccorso dalla Toscana al Gonzaga, ordinò al _conte Alberico da
Barbiano_ suo generale, la cui armata avea passato il verno sul Pisano,
con gravissimo peso di que' popoli, di assalire i Fiorentini, mostrando
d'essere capo di compagnia, e non già dipendente dagli ordini suoi.
 
Quanto a questa guerra della Toscana, aveano creduto i Fiorentini di
poterla risparmiare, con essersi tanto maneggiati, che aveano condotto
ad un'amichevol pace i Lucchesi e i Pisani, le gare de' quali aveano
tirate in Toscana le armi lombarde[2131]. Ma si trovarono ingannati. Il
duca volea la guerra anche in quelle parti; e _Jacopo d'Appiano_ signor
di Pisa, nemico fiero, benchè non aperto, de' Fiorentini, accendeva
forte il fuoco; e tentò ancora di togliere loro San Miniato con una
congiura che non fu ben condotta a fine. Entrò dunque il conte Alberico
ostilmente nel dì 5 d'aprile colle sue forze nel territorio di Firenze,
saccheggiando ora una ed ora un'altra parte, fin quasi alle porte di
Firenze. Erano forti di gente anche i Fiorentini; e _Bernardone_ lor
generale con _Paolo Orsino, Giovanni Colonna_ ed altri condottieri
d'armi, siccome uomo ben pratico del suo mestiere, accorrendo ovunque
richiedea il bisogno, tenne sempre i nemici in freno, nè loro permise
di riportar vantaggio alcuno di rilievo. Riuscì anche alla sottile
accortezza de' Fiorentini di staccare dal servigio del duca di Milano
_Biordo Perugino_ con cinquecento lancie del seguito suo. Comparì
ancor qui qual fosse la fede del _conte Giovanni da Barbiano_. Era egli
condotto dal duca, ma all'improvviso si partì da lui, e con cinquecento
barbute passò al servigio dei Bolognesi, nemici del duca. Diversamente
passava la guerra in Lombardia[2132]. Con potentissimo esercito di
cavalli e fanti, siccome dicemmo, circa il principio d'aprile _Jacopo
del Verme_ generale del Visconte occupò Marcheria ai Mantovani, e
quindi passò alla parte superiore di Borgoforte col disegno d'entrare
nel serraglio di Mantova. Dalla banda ancora del Veronese con altro
esercito si mosse a quella volta _Ugolotto Biancardo_, governator di Verona per esso duca.

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