2016년 6월 30일 목요일

Annali d'Italia 178

Annali d'Italia 178


Erano alte le pretensioni del senato veneto, siccome quello che avea
favorevole il vento; e mostrandosi inesorabile, esigeva che il duca
cedesse, oltre alla già perduta città di Brescia, ancor quelle di
Bergamo e Cremona. Sì caldamente e fortunatamente il cardinale e il
marchese maneggiarono l'affare, che finalmente nel dì 18 d'aprile
(l'Ammirati[2589] dice nel dì 16) si conchiuse la pace. Il principale
articolo d'essa fu la cessione della città di Bergamo col suo
distretto, e di alcune terre e castella del Cremonese alla repubblica
veneta. I Fiorentini, che tanto aveano speso in questa guerra, non
guadagnarono un palmo di terra. Fu anche accordata la restituzione di
tutti i beni tolti dal duca al Carmagnola, con altri articoli e patti,
distesamente riferiti da Marino Sanuto nella sua Storia[2590]. E tale
fu il guadagno che ricavò in questa seconda guerra lo sconsigliato duca
di Milano. Egli ratificò ed eseguì puntualmente così fatto accordo, e
ritornò per un poco la quiete in Lombardia.
 
Ebbe in quest'anno _papa Martino V_ delle inquietudini[2591]. Nella
notte precedente al dì 2 di agosto gl'instabili Bolognesi, che s'erano
ingrossati forte in occasion della vicina guerra, sotto pretesto
d'essere mal governati e molto aggravati dai ministri pontificii, si
levarono a rumore, cioè la fazion di _Batista da Canedolo_, unita cogli
Zambeccari, Pepoli, Griffoni, Guidotti ed altri. Prese l'armi anche
la fazione di _Antonio Bentivoglio_, che allora dimorava in Roma, per
opporsi all'altra in favore della Chiesa; ma rinculata lasciò il campo
agli avversarii. Fu messo a sacco il palazzo del cardinale legato, il
quale se ne andò poi con Dio; e la città tornò ad essere governata
dagli anziani e confalonieri del popolo. Salvo castello San Pietro,
castello Bolognese, Cento e la Pieve, tutte le altre terre e castella
seguitarono o per amore o per forza l'esempio della città; e _Luigi da
San Severino_ venne per capitano de' Bolognesi. A questo avviso _Carlo
Malatesta_ signor di Rimini corse a sostenere castello San Pietro e
castello Bolognese. _Niccolò da Tolentino_ capitano di genti d'armi,
che in questi tempi, passando pel Bolognese, volle lasciar la briglia
ai suoi per saccheggiare il paese, restò sconfitto a Medicina dai
Bolognesi, con perdita di quattrocento cavalli e di molti carriaggi,
facendosi ascendere il danno suo a sessanta mila fiorini d'oro. Per
cagione di tal novità papa Martino condusse al suo soldo _Ladislao_
figliuolo di _Paolo Guinigi_ signore di Lucca con settecento cavalli,
i quali, giunti nel dì 15 di settembre sul Bolognese, si diedero
immantinente al saccheggio del territorio. Ma, perchè era troppo
poco al bisogno, il papa, con permissione della _regina Giovanna_,
ottenne che _Jacopo Caldora_, uno dei più sperti capitani del regno
di Napoli, venisse a quella danza con un grosso corpo di soldatesche.
Però nel dicembre arrivò l'esercito pontificio ad accamparsi in
vicinanza di Bologna, e, rotto il muro dalla parte del barbacane di
San Giacomo, tentò anche l'entrata nella città; ma ne fu respinto.
In questi tempi[2592] venuta a Napoli la regina Giovanna, conducendo
seco l'adottato suo figliuolo, cioè il _re Lodovico_ d'Angiò, perchè
_Ser-Gianni_ gran senescalco nol vedea volentieri in Napoli, tanto fece
che il mandò in Calabria, dove ridusse quasi tutte quelle contrade
all'ubbidienza della regina Giovanna. Oltre a ciò, esso senescalco,
perchè temeva della potenza di Jacopo Caldora, cercò la maniera di
obbligarselo, con dare per moglie ad _Antonio_ figliuolo di lui una
sua figliuola, siccome ancora nell'anno seguente una altra ne diede
a _Gabriello Orsino_ fratello di _Gian-Antonio Orsino_ principe di
Taranto, cioè dell'altro signore più potente nel regno di Napoli:
coi quali parentadi egli seguitò a sostenersi nella sua autorità,
benchè odiato quasi da tutti. Fecero nel dì 9 di maggio dell'anno
presente[2593] i Genovesi pace col re d'Aragona e Sicilia, per cura del
duca di Milano loro signore, il quale mandò al governo di quella città
_Bartolomeo Capra_ arcivescovo di Milano. Ma poco stette ad entrar colà
ancora la peste, che infierì non poco nel basso popolo. Fu essa anche
in Venezia. Nell'ottobre il duca di Milano celebrò le sue nozze con
_Maria di Savoia_, ma nozze che nol doveano arricchire di prole alcuna.
 
NOTE:
 
[2584] Annal. Foroliv., tom. 22 Rer. Ital.
 
[2585] Cronica di Rimini, tom. 15 Rer. Ital.
 
[2586] Johannes Stella, Annal. Genuens., tom. 17 Rer. Ital.
 
[2587] Simonetta, Vit. Francisci Sfort., lib. 2, tom. 21 Rer. Ital.
 
[2588] Corio, Istoria di Milano.
 
[2589] Ammirati, Istor. Fiorentina, lib. 18.
 
[2590] Sanuto, Istor. Ven., tom. 22 Rer. Ital.
 
[2591] Cronica di Bologna, tom. 18 Rer. Ital. Matthaeus de Griffonibus,
Chron., tom. eod.
 
[2592] Giornal. Napolet., tom. 21 Rer. Ital.
 
[2593] Johannes Stella, Annal. Genuens., tom. 17 Rer. Ital.
 
 
 
 
Anno di CRISTO MCCCCXXIX. Indiz. VII.
 
MARTINO V papa 13.
SIGISMONDO re de' Romani 20.
 
 
Felice riuscì quest'anno alla Chiesa di Dio, perchè in fine si
schiantarono affatto le radici del non mai ben estinto in addietro
scisma d'Occidente[2594]. Dopo tante difficoltà incontrate fin qui con
_Alfonso re d'Aragona_, il quale volea vendere con proprio vantaggio
l'antipapa _Egidio Mugnos_ ossia Mugnone, che tuttavia ostinato
risedeva nel castello di Paniscola, riuscì al buon _papa Martino_,
per mezzo del cardinale di Fox suo legato, di vincere l'animo del
re, e d'indurlo ad abbandonare quell'idolo. Perciò Egidio, deposte
le usurpate insegne del papato, venne, sul fine di luglio, ad una
solenne rinunzia, ed ebbe per grazia di essere creato vescovo di
Maiorica. Portatane la nuova a Roma, riempiè di giubilo quella sacra
corte, e tutti i buoni del cristianesimo. Durava intanto la ribellione
di Bologna[2595], e _Jacopo Caldora_ generale del papa, con cui era
unito _Antonio de' Bentivogli_, la teneva ristretta, badaluccando
e dando varii assalti, ma in vano tutti. Seco ancora fu _Niccolò da
Tolentino_, che cercava le maniere di rifarsi contra de' Bolognesi
dell'affronto e danno patito nell'anno antecedente, e prese loro
Castelfranco. Buona parte del presente anno seguitò questa guerra,
e varii tentativi furono fatti in Bologna dai parziali della Chiesa
e del Bentivoglio per darsi al papa, ma che costarono la vita a chi
gli ordì o ne fu complice. Finalmente, dopo essere stati a parlamento
più volte gli ambasciatori di Bologna coi ministri del pontefice, nel
dì 30 d'agosto si venne ad un accordo, per cui Bologna ritornò alla
ubbidienza del papa con alcuni capitoli vantaggiosi a quel popolo. A
tenore di questo aggiustamento, nel dì 25 di settembre entrò in quella
città il _cardinal Conti_ legato, che ne levò l'interdetto, e ristabilì
quivi il governo pontificio. Secondo gli Annali di Forlì[2596], nel dì
12 di dicembre anche la città di Fermo colla rocca tornò in potere di
papa Martino V per dedizione di que' cittadini. Altrettanto fece anche
Città di Castello in Toscana. Giunse al fine di sua vita in questo anno
a dì 14 di settembre[2597] _Carlo Malatesta_ signore di Rimini, mentre
si trovava in Longiano, lasciando dopo di sè il credito di essere
stato signor savio in pace, ma sventurato in guerra. Gli succederono
_Roberto_, _Sigismondo_ e _Malatesta Novello_, figliuoli tutti bastardi
di _Pandolfo Malatesta_ suo fratello, il primo in Rimini, un altro in
Fano ed un altro in Cesena. Passò anche all'altra vita nel dì 19 di
dicembre[2598] _Malatesta_ signore di Pesaro, altro suo fratello. Avea
questi dopo la morte di Carlo preteso, siccome legittimo, d'escludere i
nipoti bastardi dalla di lui eredità, con far anche ricorso per questo
a papa Martino. In sua parte nulla ottenne, e solamente servirono le
istanze sue a fare che il papa, inviate colà l'armi sue, s'impadronisse
d'alcune terre, siccome dirò all'anno seguente.
 
Ebbero in quest'anno non poche faccende i Fiorentini[2599], perchè
volendo imporre la gravezza del catasto a tutti i loro distrettuali,
che erano smunti di troppo per la passata guerra, e pretendendo il
popolo di Volterra di doverne essere esente, si sollevò e ribellossi.
Fecero i priori di Firenze marciare a quella volta _Niccolò
Fortebraccio_, nipote del famoso Braccio, che colle sue genti, dopo la
pace del duca di Milano, era tornato in Toscana, ed egli pose il campo
intorno alla rivoltata città. Poco tempo potè resistere quel popolo,
e, venuto a composizione colla corda al collo, perdè in tal congiuntura
molti suoi privilegii, con divenire più pesante di prima il loro giogo.
Erano da molto tempo sdegnati essi Fiorentini contra di _Paolo Guinigi_
signore ossia tiranno di Lucca, perchè, dopo aver preso impegno di dare
ai lor servigi nella guerra di Lombardia _Ladislao_ suo figliuolo con
settecento cavalli, l'avea poi trasmesso al soldo del duca di Milano
contra di loro. Venne l'occasione di vendicarsene. Dopo l'impresa
di Volterra, per loro segreta istigazione, come fu creduto, si portò
il suddetto Niccolò Fortebraccio coi suoi combattenti sul territorio
di Lucca, e cominciò a prendere alcune castella, e a mettere a sacco
quelle contrade. Spedì il Guinigi a Firenze per pregar quei signori di
comandare a Fortebraccio loro soldato che cessasse da tali ostilità;
e n'ebbe per risposta, che di loro volontà non s'era fatto quel
movimento, e che potevano ben pregare, ma non comandar che cessasse.
Intanto il Fortebraccio andava scrivendo a Firenze, dargli l'animo di
sottomettere Lucca, e che questo era il tempo di fare un acquisto per
tanto tempo desiderato, e non mai eseguito da essi Fiorentini. Proposto
nel gran consiglio questo affare, ancorchè non mancassero molti che
dissuadessero tale impresa, pure prevalse la gelosia dei più, perchè
già si tenevano in pugno Lucca, il cui possesso sarebbe riuscito di
mirabil vantaggio ed accrescimento alla loro potenza. Adunque nel dì 15
di dicembre fu determinata la guerra contra di Lucca, e si diedero gli
ordini al Fortebraccio d'imprenderla a nome della repubblica: al qual
fine il rinforzarono di gente da tutte le bande. Ma, venuto il verno,
convenne differir lo sforzo delle ostilità alla stagion migliore.
In Genova furono ancora in quest'anno dei disturbi per cagione di
_Barnaba Adorno_[2600], il quale tentò di occupare il castelletto
di quella città con un corpo di gente delle ville circonvicine. Andò
a voto il suo disegno; e per questa cagione il duca di Milano inviò
colà con una man d'armati _Niccolò Piccinino_ valente capitano, che
già a gran passi s'introduceva nella grazia e stima di quel principe.
Negli stessi tempi[2601] _Jacopo Caldora_, tornato dalla spedizion
di Bologna in regno di Napoli, fu creato dalla _regina Giovanna_ duca
di Bari, crescendo talmente la sua potenza, che già comandava a tutto
l'Abbruzzo.
 
NOTE:
 
[2594] Raynaldus, Annal. Eccles. Bzovius.
 
[2595] Cronica di Bologna, tom. 18 Rer. Ital.
 
[2596] Annal. Foroliviens., tom. 22 Rer. Ital.
 
[2597] Cronica di Rimini, tom. 15 Rer. Ital. Bonincontrus, Annal., tom.
21 Rer. Ital.
 
[2598] Billius, Hist., lib. 7, tom. 19 Rer. Ital.
 
[2599] Ammirat., Istoria di Firenze, lib. 19. Billius, Histor., lib. 7, tom. 19 Rer. Ital.

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