2016년 6월 30일 목요일

Annali d'Italia 159

Annali d'Italia 159



nel novembre Sforza Attendolo generale del marchese, avendo fatta
una scorreria sul Parmigiano, cadde in un agguato di Ottobuono, e ne
seguì un duro combattimento colla peggio d'esso Sforza. In quest'anno
_Martino re d'Aragona_ diede una terribile sconfitta ai popoli della
Sardegna[2323]; ma nel dicembre morì in Cagliari _Martino_ il giovane
suo figliuolo re di Sicilia.
 
NOTE:
 
[2303] Cronica di Bologna, tom. 18 Rer. Ital.
 
[2304] Ser Cambi, Cronica di Lucca, tom. 18 Rer. Italic.
 
[2305] Annali di Siena, tom. 19 Rer. Ital.
 
[2306] Vita Gregorii Papae XII, P. II, tom. 3 Rer. Ital.
 
[2307] Antonii Petri Diar., tom. 24 Rer. Ital. Delayto, Annal., tom. 18
Rer. Ital.
 
[2308] Theod. de Niem, Hist. Georgius Stella, Annal. Genuens., tom. 17
Rer. Ital.
 
[2309] Vita Gregorii XII, P. II, tom. 3 Rer. Ital.
 
[2310] Sozomenus, Hist., tom. 16 Rer. Ital.
 
[2311] Theodor. de Niem, lib. 3. Delayto, Annal., tom. 18 Rer. Ital.
 
[2312] Vita Gregorii XII, P. II, tom. 3 Rer. Ital.
 
[2313] Raynaldus, Annal. Eccles.
 
[2314] Ser Cambi, Istor., tom. 18 Rer. Ital.
 
[2315] Georgius Stella, Annal. Genuens., tom. 17 Rer. Ital.
 
[2316] Raynald., Annal. Eccles.
 
[2317] Delayto, Annal., tom. 18 Rer. Ital.
 
[2318] Georgius Stella, Annal. Genuens., tom. 17 Rer. Ital.
 
[2319] Ser Cambi, Istor., tom. 18 Rer. Ital.
 
[2320] Delayto, Annal., tom. 18 Rer. Ital.
 
[2321] Corio, Istor. di Milano.
 
[2322] Delayto, Annal.
 
 
 
 
Anno di CRISTO MCCCCIX. Indizione II.
 
ALESSANDRO V papa 1.
ROBERTO RE de' Romani 10.
 
 
La principal novità di quest'anno fu il concilio tenuto in Pisa dai
cardinali dell'una e l'altra ubbidienza, quivi raunati contra dei due
contendenti del papato, cioè di _Gregorio e Benedetto_[2324]. Giacchè
si vide disperato il caso dell'unione di questi due personaggi, più
innamorati dello splendore della lor dignità che della Chiesa di
Dio, fu creduto spediente di abbatterli tutti e due, e di creare
un pontefice che fosse accettato da tutte le corone e potentati
cristiani. A quel concilio intervennero, oltre ai cardinali suddetti,
quattro patriarchi, dodici arcivescovi, ottanta vescovi, ottantasette
abbati, i procuratori di molte università, e gli ambasciatori di
Francia, Inghilterra, Polonia, Cipri, e di moltissimi duchi e principi
cristiani. Quei di _Roberto re de' Romani_ vi concorsero, ma per
sostenere i diritti di papa Gregorio, e quei d'Aragona per difendere
l'antipapa Benedetto. Furono tenute molte sessioni ne' mesi d'aprile,
maggio e giugno, citati i due pretendenti; e infine, dopo avere
esposto varii capi d'accusa contra di amendue per la loro pertinacia
in lasciar divisa la Chiesa con sì lungo e deplorabile scisma, e dopo
avere formato decreto che quello era concilio generale: nel dì 5 di
giugno furono dichiarati eretici, scomunicati e deposti da ogni dignità
ecclesiastica tanto Gregorio che Benedetto[2325]. Finalmente nel dì 15
d'esso mese, giacchè _Baldassare Cossa_ cardinale, principal motore di
quella macchina, perchè nemico di papa Gregorio, ricusò (non si sa il
perchè) d'essere eletto, e propose piuttosto il cardinal Pietro Filargo
da Candia, concorse appunto il concilio ad eleggere questo personaggio
papa. Era egli di nazione Greco, nativo dell'isola di Candia, e non
già di una terra del Novarese, come taluno ha preteso. Per molti
anni militò egli nell'ordine de' frati minori; dopo i vescovati di
Vicenza e Novara, fu creato arcivescovo di Milano, e poi cardinale,
finalmente papa; uomo di gran dottrina, di molta dolcezza e di non
minore liberalità, che prese il nome di _Alessandro V_, e fu coronato
nel dì 17 di giugno. Si credettero i padri del concilio pisano di
aver somministrato un efficace rimedio alle piaghe della Chiesa di Dio
con tale elezione, ed in fatti molto si tagliò della cancrena; ma non
perciò la cancrena si sradicò, anzi per altro verso essa crebbe. Prima
si miravano nella Chiesa due papi, da lì innanzi tre se ne videro nel
medesimo tempo. Si sa che Alessandro ebbe ubbidienza da buona parte
dell'Italia, dalla Francia, Inghilterra, Polonia e da altri paesi
del cristianesimo. Tuttavia seguitò papa Gregorio ad avere i suoi
fautori negli Stati de' Malatesti, nel regno di Napoli, nel Friuli,
in Baviera ed in altre contrade. E l'antipapa Benedetto continuò ad
essere riconosciuto papa nella Aragona e in altri luoghi della Spagna.
Inoltre papa Gregorio si trasferì nel maggio dell'anno presente nel
Friuli, e tenne in Cividale un concilio, ma di pochi prelati, perchè i
Veneziani da lui, benchè Veneto, si dipartirono, e diedero ubbidienza
ad Alessandro V. In esso concilio furono da lui riprovati tutti gli
atti di Pietro di Luna, ossia di Benedetto, e quei d'Alessandro,
condannate le loro persone, e intimato a tutti i fedeli di non ubbidire
se non allo stesso Gregorio. Altrettanto fece in Perpignano l'antipapa.
Ed ecco di nuovo flagellata da continuate gravi calamità la vigna del
Signore. Papa Gregorio fuggì dalle mani de' Veneziani con gran fatica,
e colle galee del re Ladislao si ritirò nel regno di Napoli. Scrive
Sozomeno ch'egli concedette a Ladislao Roma, la Marca, Bologna, Faenza,
Forlì ed altre terre della Chiesa, e ne ricavò venticinque mila fiorini
d'oro. Se ciò è vero, gran tradimento fece costui alla Chiesa.
 
Non era ignoto a _Lodovico II duca_ di Angiò, portante allora il
titolo di re di Sicilia, che il novello papa e tutto il sacro collegio
detestavano l'insolenza del re Ladislao, dappoichè avea usurpato il
dominio di Roma e d'altre terre della Chiesa romana[2326]. Per ciò
spontaneamente, o piuttosto chiamato, sen venne a Pisa, sperando
col braccio del papa nuovo di rientrare nel regno di Napoli, e di
abbattere la potenza di Ladislao. E veramente non mancò papa Alessandro
di processare esso Ladislao, e di pubblicar monitorii contra di lui;
anzi, dato di piglio alle armi temporali, le spedì alla ricuperazion
delle terre della Chiesa. Ora per conto d'esso Ladislao è da sapere
ch'egli ne' mesi innanzi, cioè nel giorno 12 di marzo era arrivato a
Roma con poderoso esercito di fanti e cavalli; poscia nel mese d'aprile
con _Paolo Orsino_ e col gran _contestabile Alberico_ da Barbiano
s'inviò alla volta della Toscana. Ma il gran contestabile nel dì
26 aprile finì i suoi giorni nel territorio di Perugia; e da ciò il
cardinal Cossa prese occasione d'impadronirsi di Barbiano e d'altre
terre, siccome abbiam detto. Per trattato de' cittadini anche il re
Ladislao s'insignorì di Cortona, il cui signore _Luigi dei Casali_
fu mandato prigione a Napoli. Inoltrossi poi sul Sanese, commettendo
ogni maggiore ostilità, e portò il terrore sino alle porte di quella
città e di Arezzo. Usava egli per sua divisa il molo: AVT CAESAR,
AVT NIHIL. Eransi ben preparati i Sanesi e Fiorentini per la difesa.
_Malatesta de' Malatesti_ signor di Pesaro fu il generale eletto
da essi Fiorentini. Ma in quelle parti niun fatto d'armi rilevante
accadde che sia degno di memoria, perchè Ladislao, sentendo che
Baldassar Cossa legato di Bologna, e braccio diritto del nuovamente
eletto pontefice, avea spedito genti di armi per la Marca alla volta
di Abruzzo, con parte de' suoi tornò ad accudire a' proprii affari nel
regno di Napoli, ne' quali tempi per far danari vendè la città di Zara
a' Veneziani per cento mila fiorini. Ora nel settembre il _re Luigi_,
cioè il duca d'Angiò, con cinquecento lancie condotte dalla Provenza,
e con quanta gente potè unir seco il cardinal Cossa e la repubblica
fiorentina[2327], si incamminò con esso cardinale verso lo Stato
pontificio. Si trovò ad Orvieto Paolo Orsino disposto ad impedire il
passo; ma siccome questi era uno di que' condottieri d'armi che usavano
di cangiar mantello, secondochè esigeva il tempo e il guadagno, essendo
a lui esibito dai Fiorentini molto danaro e più vantaggiosa condotta,
lasciò il servigio del re Ladislao, e si acconciò col re Luigi.
_Braccio da Montone_ Perugino, che riuscì poi sì gran capitano, militò
anche egli nell'armata d'essi collegati. Si arrenderono al cardinale
legato Orvieto, Montefiascone, Corneto, Sutri, Viterbo ed altri luoghi.
Con questo prospero vento l'esercito vittorioso senz'altra opposizione
arrivò fin sotto Roma[2328]; e nel dì primo d'ottobre il re Luigi e il
cardinal suddetto con Malatesta, con Paolo, Jacopo, Francesco ed altri
di casa Orsina, s'impadronirono di San Pietro e del palazzo papale;
ed appresso castello Santo Angelo, custodito finora a nome del sacro
collegio, prestò ubbidienza a papa Alessandro V. Era alla guardia di
Roma pel re Ladislao il conte di Troia coi Colonnesi. Varii tentativi
furono fatti, varii assalti dati a quella gran città dall'armi de'
collegati, ch'erano passate di là dal Tevere, ma senza trovare maniera
di entrarvi; e in questi badalucchi si consumarono i mesi di ottobre,
novembre e quasi tutto dicembre; di modo che come disperati il re Luigi
e il cardinal Cossa se ne tornarono a Pisa, lasciando il Malatesta con
un corpo di gente intorno a Roma, assistito da Paolo e dagli altri
baroni di casa Orsina. Ciò che non poterono far le armi, creduto fu
che lo facesse l'oro. Nella notte precedente al dì ultimo di dicembre,
festa di San Silvestro, si levò a rumore il popolo romano, fu aperta
una porta a Paolo Orsino, e le genti pontificie entrate, andarono a
poco a poco espugnando il Campidoglio e le altre fortezze tenute da
quei del re Ladislao, a riserva di porta Maggiore e di quella di San
Lorenzo.
 
Più che mai si trovò confuso in questo anno il governo di Milano[2329].
Lega fu fatta da quel duca col re di Francia per mezzo di _Bucicaldo_,
coi principi di Savoia, col conte di Pavia, e con _Bernardone_
governator d'Asti pel duca d'Orleans. Già si vedea che Bucicaldo e i
Franzesi aveano delle mire sullo Stato di Milano. Per cagion di questa
lega adirato _Facino Cane_ si diede a bloccar Milano. _Pandolfo_ e
_Carlo de' Malatesti_, che regolavano dianzi quegli affari, prevalendo
presso il viziosissimo duca gli adulatori e il partito de' Guelfi,
l'un dietro l'altro disgustati si ritirarono anch'essi da Milano. E
però Pandolfo in Brescia sua città, fatta una gran massa di gente, per
vendicarsi di chi l'avea forzato ad abbandonar Milano, e passato il
fiume Adda, s'inoltrò ne' monti di Brianza e nella Martesana. Ma ecco
venir contra di lui Facino Cane, già dichiarato conte di Biandrate,
_Teodoro marchese_ di Monferrato ed _Astorre Visconte_ con esercito
poderoso. Fecesi un caldo fatto d'armi fra loro nel dì 7 d'aprile,
giorno di Pasqua, nella valle di Ravagnate, senza che la vittoria
si dichiarasse per alcun d'essi[2330]. Trattatosi poi di concordia,
fu conchiuso che unitamente attendessero a scacciare i consiglieri
del duca, e a mettere due governatori in Milano, l'uno per Facino
e l'altro per Pandolfo. Fu dunque assediato da amendue Milano, e
si venne dipoi ad una capitolazione, per cui Facino e Pandolfo si
accordarono col duca, e i consiglieri fuggirono. Ma poco durò questo
accordo, perchè Facino pretendea dal duca cinquanta mila fiorini d'oro
con altre sconcie dimande, e si partì sdegnato da lui. Allora fu che
_Bucicaldo_ governatore di Genova, mirando sì sconvolto lo Stato di
Milano, sì giovani e deboli i due fratelli Visconti, e figurandosi,
siccome uom pieno di ambizione e di grandi idee, non difficile
lo insignorirsi di Milano, procurò d'essere ammesso al governo di
quella città dal duca, con impiegar sotto mano gran somma di danaro,
presa ad usura dai Genovesi[2331]. Partitosi da Genova nell'ultimo
dì di luglio, andò a prendere il possesso dell'ottenuta carica in
Milano[2332]. Seco menò circa cinque mila cavalli, oltre a molti
balestrieri e fanti, e, secondo il suo costume, cominciò a fare delle
novità. Nulla diffidava egli de' Genovesi, ridotti, a suo credere,
colla forza ed altura sua come tanti conigli; ma il popolo di Genova,
benchè mostrasse una piena suggezione, manteneva nondimeno vivi gli
antichi suoi spiriti, ed odiava a morte il di lui borioso governo. Ora,

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