2016년 6월 30일 목요일

Annali d'Italia 168

Annali d'Italia 168



[2432] Labbe, Concil., tom. 12.
 
[2433] Chron. Foroliviens., tom. 19 Rer. Ital.
 
[2434] Campanus, Vit. Brachii, lib. 9, tom. 19 Rer. Ital.
 
[2435] Cribell., Vit. Sfortiae, tom. 19 Rer. Ital.
 
[2436] Antonii Petri Diar., tom. 24 Rer. Ital.
 
[2437] Campanus, Vita Brachii, lib. 4, tom. 19 Rer. Ital.
 
[2438] Bonincontrus, Annal., tom. 21 Rer. Ital.
 
[2439] Corio, Istoria di Milano.
 
[2440] Sanuto, Istor. Ven., tom 22 Rer. Ital.
 
[2441] Ripalta, Chron. Placent., tom. 20 Rer. Ital.
 
[2442] Johannes Stella, Annal. Genuens., tom. 17 Rer. Ital.
 
[2443] Campi, Istor. di Piacenza, tom. 3.
 
[2444] Sanuto, Istor. Ven., tom. 22 Rer. Ital.
 
[2445] Billius, Hist., tom. 19 Rer. Ital.
 
[2446] Benvenuto da S. Giorgio, Istoria del Monferrato, tom. 23 Rer.
Ital.
 
[2447] Johann. Stella, Annal. Genuens., tom. 17 Rer. Ital.
 
 
 
 
Anno di CRISTO MCCCCXVIII. Indiz. XI.
 
MARTINO V papa 2.
SIGISMONDO re de' Romani 9.
 
 
Dopo avere _papa Martino V_ imposto fine al concilio di Costanza[2451],
nel dì 16 di maggio si mise in cammino alla volta di Sciafusa per
calare in Italia, accompagnato dal _re Sigismondo_, da varii principi
e da gran folla di gente per un tratto di strada. Arrivò nel dì 11
di luglio a Ginevra, dove gli ambasciatori d'Avignone gli prestarono
ubbidienza. Partitosi di là solamente nel dì 3 di settembre per Susa,
Torino e Pavia, passò a Milano nel dì 12 d'ottobre, dove il _duca
Filippo Maria_ l'avea invitato con gran premura. La magnifica sua
entrata in quella città vien descritta dal Corio[2452]. Messosi poi
nel dì 17 d'esso mese in viaggio, si trasferì a Brescia, ricevuto con
sommo onore da _Pandolfo Malatesta_, e di là marciò a Mantova. Quivi
si riposò il resto dell'anno, con attendere in lontananza a rimediare
ai disordini dello Stato ecclesiastico, nel quale trovò vacillante la
sua autorità. Bologna s'era già rimessa in libertà; Perugia con altre
città ubbidiva a _Braccio da Montone_; in Roma tuttavia regnava la
discordia, e vi teneva il piede la guarnigione della _regina Giovanna_;
in mano finalmente di varii signori era la Romagna e parte della Marca.
Per cagione di questo sì sconcertato sistema i vigilanti Fiorentini
gli esibirono per istanza di sua sicurezza la stessa città di Firenze
o Pisa; ed egli si mostrò disposto ad accettare l'offerta. Inviò
ambasciatori a Bologna, richiedendo il dominio temporale di quella
città[2453]. Altri ne inviarono a lui i Bolognesi, pregandolo di non
s'impicciare nel civile loro governo, e tanto seppero fare, che egli
si contentò di lasciarli come erano, con obbligo di pagare annualmente
alla camera apostolica il censo di otto mila fiorini d'oro. Non volle
per allora sentirsi parlare di Braccio, che pregava di ottenere in
vicariato le città da lui possedute. Fu questo l'anno ultimo della vita
di _Teodoro II marchese_ di Monferrato, principe rinomato. È riferita
dal Corio la sua morte all'anno precedente; ma Benvenuto da San
Giorgio[2454] la rapporta al presente; e, siccome più informato degli
avvenimenti della sua patria, merita qui maggior fede. Restò signore
di quegli Stati _Gian-Jacopo_ suo figliuolo. Diede molto da dire in
quest'anno agl'Italiani la morte violenta[2455] che _Filippo Maria
duca_ di Milano nel mese d'agosto inferì a _Beatrice Tenda_, già moglie
di Facino Cane, e poscia sua. Fu essa imputata di amicizia disonesta
con un certo suo familiare, epperò processata e tormentata. Ancorchè
ne' tormenti confessasse il fallo, lo negava dipoi al confessore. Ciò
non ostante, tagliata le fu la testa. Non si potè cavar di capo alla
gente ch'ella altro reato non avesse, se non quello d'aver preso per
marito il duca giovinetto, quando essa era d'età troppo disuguale, ed
incapace di dar figliuoli. Però universalmente venne detestata, oltre
alla crudeltà, l'ingratitudine del duca[2456], a cui questo matrimonio
avea portato immensi tesori ed era stato il principio d'ogni sua
fortuna. Fece in quest'anno gran guerra esso duca di Milano alla città
di Genova[2457], con avere inviato un potente soccorso di gente d'armi
agli Adorni, Montaldi, Guarchi ed altri fuorusciti di quella città,
tutti rivolti a detronizzare il doge _Tommaso da Campofregoso_. Passò
l'esercito loro fin sotto Genova; succederono moltissime zuffe coi
cittadini; e furono presi e ripresi varii luoghi forti e castella, ma
senza punto prevalere contro la possanza de' Campofregosi. Fu in questa
occasione che le armi del duca di Milano s'impadronirono di Gavi, e di
quasi tutte le terre e castella de' Genovesi situate di qua dal Giogo.
Durò in tutto quest'anno sì fatta guerra sul Genovesato. Se l'intendeva
coi Genovesi _Pandolfo Malatesta_ signore di Brescia, e per fare una
diversione, uscì in campagna colle sue genti; ma essendosi arrischiato
a voler passare l'Adda, quivi restò spelazzato dalle squadre del
duca di Milano. In questi tempi _Giovanna regina_ di Napoli procurò
di guadagnarsi la grazia del _pontefice Martino_, e strinse lega con
lui per mantenerlo nel dominio di Roma, e delle altre terre della
Chiesa[2458]. In ricompensa il papa promise di darle la corona del
regno.
 
Ma perciocchè gran discordia insorse fra i ministri d'essa
regina[2459], aspirando ciascuno al primato, di grandi turbolenze
patì in quest'anno la città di Napoli. Il gran siniscalco _Ser-Gianni
Caracciolo_, che era allora il primo nobile di quella corte e
regno[2460], quantunque Chiara, sorella di Foschino e di Marco
Attendoli parenti di _Sforza_, fosse promessa in moglie a _Marino
conte_ di Santo Angelo suo fratello, pure cominciò a mirar di mal
occhio l'esaltazione di Sforza gran contestabile, massimamente dopo
avergli la regina dato in feudo Benevento, non posseduto allora
dalla Chiesa romana, e la terza parte delle rendite di Manfredonia.
Maritò inoltre esso Sforza il figliuolo _Francesco_ con _Polissena_
della Ruffa, che gli portò in dote la città di Montalto, Cariate e
molte altre belle terre in Calabria. Di altri nobili parentadi fecero
parimente in quel regno gli altri Cotignolesi parenti di Sforza, che
in copia erano già iti a militare sotto sì gran capitano, e tutti
godevano distinti gradi nella milizia. Ora crescendo la nemicizia di
Ser-Gianni verso del medesimo Sforza, e non potendo questi ottener
giustizia di molti torti a lui fatti, anzi udendo che la regina l'avea
dichiarato nemico, perduta la pazienza, mise in armi tutti i suoi;
ed alzate le insegne, marciò a dirittura alla volta di Napoli, con
accamparsi nel borgo delle Corregge, credendosi di riportar colla
forza ciò ch'era negato alle giuste istanze sue. Si lasciò egli
addormentare dalle lusinghe di Francesco Orsino, a lui spedito dal
Caracciolo, perchè promise a bocca larga un amichevol accordo; ma
mentre, su queste speranze, se ne sta Sforza poco in guardia, il popolo
di Napoli, incitato dal Caracciolo alle armi, furiosamente nel dì 28
di settembre uscì di una porta, e diede addosso alle di lui genti, che
disordinate non si aspettavano un tale incontro. Fecero, come poterono,
testa, e il combattimento fu aspro, ed in fine fu obbligato Sforza
a ritirarsi colla peggio e in rotta a Chiaia, perduto l'equipaggio
e gran quantità di cavalli. Servì questa superchieria degli emuli, e
il suo sfregio e la perdita patita, a maggiormente attizzarlo contra
di che aggirava a suo modo la regina e la città; e però unito coi
conti di Caiazzo e della Cerra, si diede a far correre le sue genti
sino a Napoli con gravissimo danno e grida dei cittadini. Il perchè
tanto i nobili che il popolo, preso il governo della città, nel dì
9 d'ottobre trattarono di pace col nemico Sforza. Egli ottenne la
restituzion della roba a lui tolta, la liberazion dei prigioni, e che
il gran siniscalco Caracciolo si partisse da Napoli. Il che eseguito,
pace vi fu, e Sforza tornò a servir la regina. _Braccio da Montone_
signor di Perugia, che, non diverso da quei capitani de' masnadieri
da noi veduti nel precedente secolo, sapea mantener alle spese altrui
l'esercito suo[2461], arrivò all'improvviso in quest'anno sul Sanese,
e tale paura fece alle castella de' Salimbeni, che ne smunse quattro
mila fiorini. Non avrebbono mai sognato i Lucchesi di vedere sul loro
territorio Braccio, con cui niuna nemicizia aveano[2462]; ma nel dì 10
di maggio, eccolo comparire colà, mettere a sacco tutta la campagna,
con prendere un'infinità di bestiame. Era fuori di quella città _Paolo
Guinigi_ signore o tiranno di essa. Giunse a tempo per prepararsi a
qualche difesa; nulladimeno, giudicando meglio di chiedere accordo,
spedì ambasciatori a Braccio, e fu convenuto di pagargli cinquanta
mila fiorini d'oro, parte in contanti, e parte in lettere di cambio ai
banchieri fiorentini. Se queste sieno gloriose prodezze di Braccio, lo
diranno i lettori. Portatosi anche a Norcia, e minacciata quella città
d'assedio, fu d'uopo che quel popolo si riscattasse con quattordici
mila fiorini d'oro. Finalmente, dopo avere presa la terra della
Pergola, condusse la sua armata ai quartieri d'inverno.
 
NOTE:
 
[2448] Chron. Foroliv., tom. 19 Rer. Ital.
 
[2449] Cronica di Bologna, tom. 18 Rer. Ital.
 
[2450] Sanuto, Istor. Ven., tom. 22 Rer. Italic.
 
[2451] Raynald., Annal. Eccles.
 
[2452] Corio, Istoria di Milano.
 
[2453] Cronica di Bologna, tom. 18 Rer. Ital.
 
[2454] Benvenuto da S. Giorgio, Istoria del Monferrato, tom. 23 Rer.
Ital.
 
[2455] Corio, Istor. di Milano.
 
[2456] Billius, in Hist., tom. 19 Rer. Ital.
 
[2457] Johann. Stella, Annal. Genuens., tom. 17 Rer. Ital.
 
[2458] Giornal. Napol., tom. 21 Rer. Ital.
 
[2459] Raynaldus, Annal. Eccles.
 
[2460] Cribell., Vit. Sfortiae, tom. 19 Rer. Ital.
 
[2461] Campanus, in Vita Brachii, lib. 4, tom. 19 Rer. Ital.
 
[2462] Annali Sanesi, tom. eod. Histor. Sanensis, tom. 20 Rer. Italic.
 
 
 
 
Anno di CRISTO MCCCCXIX. Indiz. XII.
 
MARTINO V papa 3.
SIGISMONDO re de' Romani 10.
 
 
Ottennero l'intento loro i saggi Fiorentini con indurre _papa Martino
V_ ad andarsene nell'anno presente alla lor città, e a fissar ivi la
sua residenza[2463]. Mossosi egli adunque da Mantova, arrivò a Ferrara
nel dì 8 di febbraio, e con sommo onore vi fu introdotto dal _marchese
Niccolò_ Estense. Quivi accordò la libertà e molti privilegii ai
Bolognesi; ma non si sa il perchè non volle poi passar per Bologna.
Probabilmente nudriva fin allora de' pensieri diversi contro quella
città; nè tarderemo a vederne gli effetti. Fece egli il viaggio per la
Romagna, e nel dì 18 del suddetto mese di febbraio entrò con gran pompa
in Forlì[2464], da dove poi si trasferì a Firenze. Nel dì 26 d'esso
mese fece egli la sua entrata in quella città. La magnificenza fu
grande, suntuosi i regali, tenendosi ben caro i Fiorentini, dopo tante
rotture colla santa Sede, d'avere in lor casa un papa, e papa che parea
risoluto di far quivi una lunga posata. E certamente non tardarono a
provare i buoni influssi di questo gran pianeta; perciocchè, nel dì 2
di maggio[2465], il papa onorò della dignità archiepiscopale la chiesa
di Firenze. Era fuggito dalle carceri di Germania Baldassare Cossa,
già _papa Giovanni XXIII_. Gli facea la caccia papa Martino, credendo
egli non mai sicuro il suo pontificato, finchè questo uomo si trovava
in libertà e in istato di far nuovi imbrogli[2466]. Scrivono altri

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