Annali d'Italia 163
innanzi il mestier della guerra, in cui divenne eccellente.
NOTE:
[2362] Diario Ferrarese, tom. 24 Rer. Ital.
[2363] Id., ibid. Corio, Istoria di Milano.
[2364] Antonii Petri Diar., tom. 24 Rer. Ital.
[2365] Bonincontrus, Annal., tom. 21 Rer. Ital.
[2366] Theodericus de Niem, in Johanne XXIII.
[2367] Raynaldus, Annal. Eccles.
[2368] Giornal. Napolet., tom. 21 Rer. Ital.
[2369] Billius, Hist., lib. 2, tom. 19 Rer. Ital.
[2370] Corio, Istor. di Milano.
[2371] Johan. Stella, tom. 17 Rer. Ital.
[2372] Redus., Chron., tom. 19 Rer. Ital.
[2373] Matth. de Griffon., Chron., tom. 18 Rer. Ital. Cronica di
Bologna, tom. eod.
[2374] Joahnnes Stella, Annal. Genuens., tom. 17 Rer. Ital.
[2375] Sanuto, Istoria di Venezia., tom. eod.
Anno di CRISTO MCCCCXIII. Indizione VI.
GIOVANNI XXIII papa 4.
SIGISMONDO re de' Romani 4.
Di che tenore fossero la fede e i giuramenti di _Ladislao re di
Napoli_, era assai noto; eppure _papa Giovanni_ si lasciò attrappolare
da un principe così infedele col credere sincera la concordia
dell'anno precedente. Dove andasse questa a terminare, se n'avvide
egli nell'anno presente. Dimorava esso papa in Roma alla spedizione
de' sacri e de' temporali affari; ma non gli mancavano affanni e liti
per l'inquietudine de' Romani, e per l'infedeltà di non pochi d'essi.
Quando ecco nel mese di maggio s'ode[2378] che il re Ladislao ha
spedito l'esercito suo nella marca d'Ancona, e comincia ad impadronirsi
di quelle terre. Speditogli contro _Paolo Orsino_, lungi dal reprimere
le forze nemiche, restò assediato da _Sforza_ suo nemico in Rocca
Contrada. Da questo tradimento conobbe il papa che il malvagio re,
voglioso del dominio di Roma, verso quella volta avrebbe indirizzate
in breve l'armi sue. Così fu. Allorchè s'ebbe nuova ch'egli s'andava
avvicinando, e fu nel dì 4 di giugno, papa Giovanni, dopo avere
sgravato il popolo romano dalla terza parte della gabella del vino,
chiamati i conservatori e principali romani a palazzo, dopo avergli
esortati ad essere fedeli, e a non temere del re Ladislao, lasciò in
mano loro il governo. Di magnifiche promesse fecero allora i Romani.
Ritirossi nel dì 7 di esso mese il papa con tutta la corte in casa del
conte di Monopello, e nella stessa notte, rotta una parte del muro di
Roma, entrò _Tartaglia_ condottier d'armi pel re Ladislao nella città,
e nel dì seguente si mise senza contraddizione in possesso di Roma,
giacchè niuno s'oppose, e non mancava chi tenea buona intelligenza col
re. Allora papa Giovanni coi cardinali e con tutta la famiglia fu lesto
a fuggire, inviandosi a Viterbo[2379]. Per istrada dai corridori nemici
rimasero uccisi o svaligiati non pochi della corte sua. Il cardinale
di Bari fu preso ed imprigionato; e in Roma la parte degli Orsini
favorevole a papa Giovanni patì non poco danno in tal congiuntura.
L'autore della Cronica di Forlì scrive[2380] che questo pontefice dai
suoi avversarii era soprannominato per ischerno Buldrino, e ch'egli
si ridusse a Radicofani: nel qual tempo corse voce che non si sapeva
dove egli fosse. Ma nel dì 17 di giugno egli comparve a Siena, e dopo
aver trattato della comune difesa con que' maestrati[2381], nel dì 21
s'inviò alla volta di Firenze. I Fiorentini, che non voleano tirarsi
addosso l'indignazione di Ladislao[2382], non vollero per allora
lasciar entrare nella città, contentandosi solamente di lasciargli
prendere stanza in Santo Antonio del Vescovo fuori di essa città.
Entrò il re Ladislao in Roma nel suddetto dì 8 di giugno, e da lì a
due giorni si portò ad abitare nel palazzo vaticano, con ordinar poi
l'assedio di castello Sant'Angelo, che tuttavia si tenea forte per
papa Giovanni. Si sostenne quel castellano sino al dì 23 di ottobre,
in cui finalmente rendè alle genti del re quella fortezza con gran
festa e galloria de' Romani. Guadagnò egli dodici mila fiorini, co'
quali si ritirò nel regno di Napoli. Intanto, inoltratesi le milizie
del re Ladislao, ridussero, nel dì 24 del mese di giugno, alla di
lui ubbidienza Ostia, e da lì a due giorni Viterbo, e successivamente
tutte le altre terre sino ai confini del Sanese. Nel dì primo di luglio
imbarcatosi il re in una galea, prese il viaggio alla volta di Napoli.
Dopo tre mesi fu ammesso in Firenze _papa Giovanni_, e quivi dispose
con que' maestrati la maniera di far fronte agli ambiziosi pensieri del
_re Ladislao_, principe che mostrava di voler la pace, ma guastandone
nello stesso tempo ogni trattato colle esorbitanti sue pretensioni.
Credette papa Giovanni, fin quando egli si tratteneva in Roma, che,
ad assodare il suo stato e a frenare i passi dell'ingordo Ladislao,
l'unico mezzo fosse l'intendersi con _Sigismondo re_ de' Romani,
d'Ungheria e Boemia, le cui armi in Italia erano vittoriose contro la
signoria di Venezia. Per far conoscere a questo principe il suo buon
animo verso la pace della Chiesa, divisa allora da tre papi, determinò
di proporgli la convocazion d'un concilio generale, e destinò a lui
due cardinali legati. Narra Leonardo Aretino[2383], che era allora suo
segretario di lettere, essere stata la sua idea che questo concilio si
tenesse in luogo dove esso papa fosse il più forte. Ma allorchè fu per
ispedire i legali con plenipotenza, lasciò questo punto raccomandato
solamente alla loro prudenza. Andarono i legali a trovar Sigismondo;
e Dio, che voleva confondere l'umana prudenza, e la fina politica
di cui si pregiava papa Giovanni, permise che i medesimi legati
convenissero con Sigismondo di raunar questo concilio nella città di
Costanza, ubbidiente allora ad esso re, come sito il più comodo per
l'intervento delle varie nazioni. Il che saputo da papa Giovanni,
n'ebbe incredibil dispiacere, e fin d'allora cominciò a temere l'ultimo
suo tracollo. Venne egli da Firenze a Bologna, dove entrò nel dì 12 di
novembre[2384]; e, fermatosi quivi sino al dì 23 d'esso mese, s'inviò
in quel giorno verso Lombardia, per abboccarsi col suddetto Sigismondo.
Era calato questo principe in Italia, e concertato l'abboccamento col
papa nella città di Lodi, si portò colà. Vi comparve anche lo stesso
pontefice, e da quella città spedì le circolari[2385] per invitar
tutti a concorrere ad esso concilio nell'anno seguente. _Giovanni da
Vignate_, che era signore ossia tiranno di Lodi, grande onor fece a
papa Giovanni e a Sigismondo; e perchè egli colla sua destrezza era
divenuto padrone anche di Piacenza, in tal congiuntura, se crediamo al
Corio[2386], fece di quella città un dono al re Sigismondo. Voce comune
era che esso re de' Romani fosse venuto per prendere la corona ferrea
d'Italia; ma odiando egli _Filippo Maria Visconte_ duca di Milano, niun
accordo potè seguir fra loro. E tanto meno dipoi, perchè il duca fece
la lega contra di lui coi _Genovesi_, col _marchese di Monferrato_ e
con _Pandolfo Malatesta_. Da Lodi, ove celebrarono la festa del santo
Natale, passarono dipoi Giovanni e Sigismondo a Cremona, quivi ben
ricevuti da _Gabrino Fondolo_ tiranno d'essa città. Si racconta di
costui un fatto, di cui non oserei d'essere mallevadore, cioè aver
egli detto, prima di morire, d'essere d'una sola cosa pentito. Ed
era, che avendo egli condotto papa Giovanni e il re Sigismondo fin
sulla cima dell'alta e nobil terra di Cremona[2387], non gli avesse
precipitati amendue al basso, perchè la morte dei due principali capi
della cristianità avrebbe portata dappertutto la fama del suo nome.
Bestialità sì enorme difficilmente potè cadere in mente, se non per
burla, ad un uomo si accorto, come egli fu. Tuttavia racconta il
Redusio[2388] che tanto il papa che Sigismondo, entrati in sospetto
della fede di costui, _insalutato hospite_, si partirono di Cremona.
Continuò ancora per li primi mesi di questo anno la guerra fra il
suddetto re Sigismondo e i Veneziani[2389]. Si sparsero le genti
di lui pel Veronese e Vicentino; succederono ancora molti incontri
di guerra colla peggio ora dell'uno ora degli altri; ma in fine,
conoscendo Sigismondo che v'era poco da sperare contro la potenza e
vigilanza della signoria di Venezia, diede ascolto a proposizioni
di tregua. Nel dì 18 d'aprile giunse a Venezia la nuova che s'era
conchiusa essa tregua per cinque anni avvenire. _Pandolfo Malatesta_,
che con singolar valore e fedeltà aveva servito alla repubblica in
questa guerra, dopo aver ricevuto considerabili premii e finezze dai
signori veneti, se ne ritornò a Brescia, e cominciò guerra contra del
suddetto Gabrino Fondolo tiranno di Cremona, a cui tolse circa diciotto
castella, con giugnere fino alle mura di quella città; ma non potè fare
di più. Terminò i suoi giorni in quest'anno, nel dì 26 di dicembre,
_Michele Steno_ doge di Venezia[2390], e gli succedette poi in quella
illustre carica _Tommaso Mocenigo_, nel dì 7 del prossimo gennaio.
Questi si trovava allora ambasciatore in Cremona, ed avvisato sen
venne segretamente a Venezia. Nel dì 2 di agosto di quest'anno[2391]
_Giorgio degli Ordelaffi_ signor di Forlì, per ispontanea dedizion de'
cittadini di Forlimpopoli, divenne padrone di quella terra. Troppo fin
qui erano stati su un piede i Genovesi, gente allora inclinata troppo
alle mutazioni. Loro signore ossia capitano, come vedemmo, era divenuto
_Teodoro marchese_ di Monferrato, in ricompensa di averli liberati dal
giogo dei Franzesi. Mentre egli si trovava a Savona, per dar sesto ad
una sollevazione di quella città, levossi a rumore il popolo di Genova,
gridando _libertà_, nel dì 20 di marzo. Fuggirono gli uffiziali del
marchese, e venuto a Genova _Giorgio Adorno_, personaggio ben voluto da
tutti, fu eletto doge di quella repubblica. Seguì poscia, nel dì 9 di
aprile, un accordo col marchese di Monferrato, il quale, contentandosi
di ventiquattro mila e cinquecento fiorini d'oro, fece lor fine delle
sue pretensioni.
NOTE:
[2376] Redus., Chron., tom. 19 Rer. Ital.
[2377] Johann. Baudin., Istor. Senens., tom. 20 Rer. Ital.
[2378] Antonii Petri Diar., tom. 24 Rer. Ital.
[2379] Bonincont., Annal., tom. 21 Rer. Ital. Theodoricus de Niem,
Hist. S. Antonin., et alii.
[2380] Chron. Foroliv., tom. 19 Rer. Ital.
[2381] Cronica di Siena, tom. eod.
[2382] Leonardus Aretin., Hist., tom. 19 Rer. Ital. Ammirato, Istor. di
Firenze, lib. 18.
[2383] Leonardus Aretin., ubi supra.
[2384] Matth. de Griffon., Chron., tom. 18 Rer. Italic.
[2385] Raynaldus, Annal. Eccles.
[2386] Corio, Istoria di Milano.
[2387] Campi, Istor. di Cremona.
[2388] Redus., Chron., tom. 19 Rer. Ital., pag. 827.
[2389] Sanuto, Istor. Ven., tom. 22 Rer. Ital.
[2390] Idem, ibidem.
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