Annali d'Italia 158
Dalla parte dell'antipapa Benedetto il re di Francia co' più
assennati suoi consiglieri trovarono la via di scoprire il di lui
finto cuore[2307]. Nel gennaio di quest'anno pubblicarono un editto,
in cui era ordinato di negar l'ubbidienza all'uno e all'altro de'
papi, se prima dell'Ascension del Signore, cioè del dì 24 di maggio,
non era seguita l'unione. Di ciò informato Benedetto, fece nel dì
14 d'esso maggio presentare al re un breve, in cui scomunicava chi
avesse rigettata la conferenza, ed approvata quella della cessione,
e sottratta a lui l'ubbidienza. Di più non vi volle perchè il re col
parlamento e colla Sorbona dichiarasse l'antipapa come scismatico
ostinato, eretico, perturbator della pace della Chiesa, e perciò nol
riconoscessero da lì innanzi per papa. Dall'altro canto avvenne che
esso Benedetto, assistito da Bucicaldo governatore di Genova, spedì
undici galee alla volta di Roma con disegno di sorprendere quella
città, e di torla all'avversario. Il colpo andò fallito, perchè poco
prima altri l'aveva occupata. E questi fu _Ladislao re_ di Napoli,
il quale, dopo aver presa per forza Ostia nel dì 16 di aprile, con
possente armata di cavalleria e fanteria, e alquante galee pel Tevere,
andò a mettere il campo sotto Roma[2308]. Era la città difesa da _Paolo
Orsino_: ma, lasciatosi egli guadagnar dal danaro e dalle offerte di
Ladislao, ne spalancò le porte nel dì 21 d'esso mese alle milizie
di lui. V'entrò poscia lo stesso re solennemente nel dì 25 sotto
il baldacchino portato da' nobili romani, e gran festa ne fece il
popolo. Era dianzi fuggito di Roma il cardinale di Sant'Angelo vicario
del papa; ma in mano de' suoi uffiziali restò castello Sant'Angelo.
Fermossi il re in Roma sino al dì 23 di giugno, nel qual tempo creò
nuovi conservatori della città, e, disposto a sua voglia quel governo,
se ne tornò a Napoli. Un gran dire per tal novità fu dappertutto. Papa
Gregorio, per la spedizion fatta dall'avversario Benedetto delle galee
a Roma, pubblicamente gliene fece un reato[2309], con licenziare per
questo i di lui ambasciatori, e senza voler più udire parola d'unione.
All'incontro Benedetto rispondeva d'avere in ciò aderito alle istanze
di Paolo Orsino, ossia de' Romani, che aveano implorato il suo aiuto,
vedendo venire armato Ladislao contro della città. Il bello fu che
corse sospetto[2310] avere il re Ladislao, di concerto col pontefice
Gregorio, occupata Roma a fin di disturbare il congresso fra i due
papi. Almen sembra certo, per testimonianza di Teodorico da Niem[2311],
che i parenti di Gregorio, i quali raggiravano il povero vecchio papa,
e frastornavano ogni buona di lui intenzione, mostrarono non poco
giubilo dell'occupazion di Roma fatta da Ladislao; e questi ancora si
mostrò per qualche tempo protettore di Gregorio. Nè qui si fermarono i
passi del medesimo re. Le città di Perugia, Orta, Amelia, Terni, Todi
e Rieti se gli diedero senza sfoderare la spada.
Per le cose suddette già s'era spenta ogni speranza dell'union della
Chiesa. Un altro avvenimento si aggiunse che maggiormente sconcertò
gli affari. Verso la metà di quaresima papa Gregorio si lasciò
intendere di voler creare de' nuovi cardinali. Perchè ciò dava assai a
conoscere quanto egli fosse alieno dalla cession del papato, e molto
più perchè ciò era contrario alle promesse e al giuramento da lui
fatto di non crearne, i vecchi cardinali se ne sdegnarono forte, e
ricusarono d'intervenire al concistoro. Differì il papa l'esecuzion del
disegno fin dopo l'ottava di Pasqua; ed allora, intimato sotto altro
pretesto il concistoro, cominciò a nominar quattro nuovi cardinali.
S'alzarono tosto i vecchi porporati per uscirne, e trovarono serrate
le porte. Finalmente dopo gran rumore uscirono, e il papa da lì a
pochi giorni preconizzò i suddetti nuovi cardinali senza l'assistenza
ed approvazione dei vecchi. Da ciò prese motivo il cardinal di Liegi
di ritirarsi da Lucca a Librafatta sul Pisano[2312], dove corsero le
genti del nipote del papa per fermarlo, e spogliarono parte della sua
famiglia, e poi la sua casa in Lucca. Paolo Guinigi, che non voleva
liti co' Fiorentini per la turbata giurisdizione, fece carcerare
i famigliari del nipote pontificio, e permise che sei altri de'
vecchi cardinali uscissero di Lucca. Si ricoverarono tutti a Pisa,
spalleggiati da' Fiorentini, e pubblicamente fecero un'appellazione
al concilio e papa futuro. Contra di questo appello e delle ragioni
addotte da quei porporati uscirono scritture, rapportate dal
Rinaldi[2313], per giustificar papa Gregorio, ed anch'egli dal suo
canto pubblicò varii monitorii contra de' fuggiti cardinali. Al vedersi
in tale stato esso papa, giudicò che non gli convenisse l'ulterior
soggiorno in Lucca, e scrisse al re Ladislao[2314] che gli mandasse
una convenevole scorta d'armati per guardia nel suo cammino. Si
opposero i Fiorentini, e spedirono essi un corpo di gente con ostaggi
per iscortarlo. Intanto si seppe che il suo avversario Benedetto,
dappoichè intese come i Franzesi gli aveano sottratta l'ubbidienza, non
fidandosi più di tornare ad Avignone, s'era imbarcato, ed avea[2315]
nel dì 17 di giugno fatto vela, senza toccar Genova, alla volta di
Perpignano. Da lui parimente, d'ordine del re di Francia, si ritirarono
tutti i cardinali franzesi del suo seguito, e, passati a Pisa, si
unirono qui coi cardinali ribellati a papa Gregorio. Finalmente si
mosse da Lucca anche esso papa nel dì 14 di luglio, e senza inviarsi
per la Romagna verso la Marca, come pareva sua intenzione, perchè
da Carlo Malatesta gli venne avviso che _Baldassare Cossa_ legato di
Bologna gli tendeva insidie, andò a dirittura a Siena, dove entrato
nel dì 19 d'esso mese, ricevette molti onori e finezze da quel popolo.
Quivi nel settembre pubblicò una bolla contra dell'ambizioso cardinal
Cossa[2316], raccontando le varie di lui iniquità, con privarlo della
legazione di Bologna, e dichiararlo ribello e nemico suo. Se ne rise
il Cossa, fece levar da Bologna le armi del papa, strinse in questi
medesimi tempi lega co' Fiorentini per opporsi ad ogni tentativo del re
Ladislao, e per sostener sè stesso nel dominio, ossia nella tirannia di
Bologna, Faenza e Forlì. Dopo aver dipoi ricusato papa Gregorio[2317]
di voler assistere al concilio intimato in Pisa dai cardinali dell'una
e dell'altra ubbidienza, ne pubblicò egli uno da tenersi o in Aquileia
o in Romagna; fulminò ancora la scomunica e la privazion del cappello
contra de' suoi nel dì 11 d'ottobre. A questi aveva egli sostituiti
altri nove cardinali. Invitato poscia Gregorio a Rimini da Carlo
Malatesta, colà si portò nel dì 3 di novembre, perchè non si credeva
abbastanza sicuro in Siena.
Portossi in quest'anno a Genova _Gabriello Maria Visconte_ cacciato da
Milano, per fare istanza a quel governatore di ottanta mila fiorini
d'oro a lui dovuti da' Fiorentini per la cession di Pisa, dei quali
era mallevadore lo stesso _Bucicaldo_, e per dimandarne rappresaglia.
Tenuto fu a mano alquanti dì, finchè Bucicaldo, che non era allora
in Genova, restò informato di tutto, e mandò al suo luogotenente le
risoluzioni sue[2318]. Fu dunque per ordine di lui preso Gabriello
nel dì 16 di novembre; ed essendogli apposto, che fosse ito a Genova
a petizion di _Facino Cane_ per togliere quella città ai Guelfi, e
darla ai Ghibellini, messo alla corda, con belle promesse fu indotto
a confessare il fatto, di cui era affatto innocente[2319]. Gli fu
poi tagliata la testa nel dì 25 di dicembre; tutto il suo avere fu
occupato, e Bucicaldo pretese poi dai Fiorentini la gran somma da
loro dovuta a quell'infelice giovane. Non più di ventidue anni avea
egli allora, e ben conobbe ognuno che non era cosa da lui il trattato
che gli fu apposto; laonde per tanta ingordigia ed iniquità crebbe il
discredito di Bucicaldo, il quale nell'anno presente, inerendo agli
ordini del re di Francia, levò l'ubbidienza all'antipapa Benedetto.
Giurò ben di farne vendetta Facino Cane, e mantenne poi la promessa. In
mezzo alle guerre civili si trovava intanto _Giovanni Maria Visconte
_duca di Milano, e specialmente odio grande nudriva contra di lui il
suddetto Facino, perchè, chiamato a Milano, corse pericolo d'essere
tradito e di lasciarvi la vita. La fuga il salvò, e da lì innanzi si
dichiarò nemico non solamente del duca, ma anche di _Filippo Maria_
conte di Pavia, suo fratello. Se l'intendeva egli con _Castellino
Beccaria_, prepotente cittadino di Pavia, ed amendue tramarono quanti
inganni poterono per mettere le mani addosso al prefato Filippo
Maria giovane inesperto. Ma il governator del castello, in cui
stava ristretto esso Visconte, nol volle mai lasciar uscire di là; e
perchè alla salvezza di questo principe contribuì non poco _Francesco
Carmagnuola_, allora soldato di lui, col tempo ascese poi a grandi
onori, siccome vedremo[2320]. Ora Facino Cane, unito con _Teodoro
marchese_ di Monferrato, con _Astorre Visconte_ occupator di Monza, con
_Francesco Visconte_ ed altri nobili milanesi Ghibellini fuorusciti,
gran guerra fece in quest'anno al duca Giovanni Maria e ai Guelfi
allora dominanti in Milano, de' quali era capo _Antonio Visconte_. In
tali angustie fu consigliato il duca di appoggiarsi alla potente casa
de' Malatesti, cioè a Carlo signor di Rimini, uno de' più saggi e prodi
signori che si avesse allora l'Italia, e a _Pandolfo Malatesta_ signore
di Brescia, il quale nell'anno presente entrò ancora in possesso della
città di Bergamo, a lui venduta da _Giovanni de' Soardi_[2321]. Per
istrignere poi maggiormente questa lega ed amicizia, il duca nel dì
8 di luglio prese per moglie _Antonia_, figliuola di _Malatesta de'
Malatesti_ signor di Cesena, la quale dimorava allora in Brescia presso
Pandolfo suo zio. Avendo egli in fatti eletto per suo governatore e
difensore Carlo Malatesta, questi senza perdere tempo pose l'assedio al
castello di Milano, detenuto allora da Gabriello Visconte menzionato
di sopra e da Antonio Visconte. Furono costoro obbligati alla resa.
Il Corio scrive nel mese di novembre, ma il Delaito, scrittore
contemporaneo, mette ciò nel mese di febbraio. Gabriello fu inviato
a' confini in Piemonte, e fece poi la morte che abbiam detto. Antonio
Visconte fu inviato a Ferrara, ma poi, richiamato a Milano, ivi perdè
la vita. Con tutta nondimeno l'assistenza dei Malatesti, il duca di
Milano si trovò per tutto quest'anno in gravissime angustie per la
smoderata carestia che affliggeva la città di Milano e il resto de'
suoi Stati, e per le forze de' nemici suoi, cioè di Facino Cane, che,
impadronitosi di Novara, da quella parte gli era addosso con potente
esercito, e di Astorre Visconte, che con altra armata scorreva di tanto
in tanto sino alle porte di Milano. Anche _Giovanni da Vignate_ tiranno
di Lodi gli mosse guerra. Monza indarno fu assediata, e finì l'anno
senza che alcun alleviamento si provasse a tante discordie e guai.
In questi tempi _Ottobuono de' Terzi_ tiranno di Parma e di Reggio,
non volendo stare in ozio, fece nel mese d'aprile una irruzione
nuova nel territorio di Modena[2322] mettendo tutto a sacco, senza
riguardo alla pace che durava col _marchese Niccolò_ di Ferrara, e
senza disfida alcuna. S'interposero i Veneziani per acconciar questa
briga, ma Ottobuono, sentendosi forte di gente, e voglioso di vivere
alle spese altrui, rendè inutili i lor buoni uffizii, e continuò col
suo mal talento contra dell'Estense, a ciò attizzato ancora da Carlo
da Fogliano signore di molte terre del Reggiano. Tirò ancora nel suo
partito Francesco signore di Sassuolo. Il perchè, determinatosi il
marchese Niccolò di opporre forza a forza, cominciò ad armarsi, e fra
gli altri condusse al suo soldo dalla Toscana _Sforza da Cotignuola_
con ducento cinquanta uomini d'armi (il Corio dice con settecento
cavalli) e il dichiarò suo capitan generale. Fece Ottobuono quanto
potè per coglierlo nel venire ch'egli faceva da Bologna a Modena;
ma Sforza, uomo accorto, prevenuto lo aguato, arrivò felicemente in
Modena, e poscia uscito per la porta di Bazovara, attaccò una mischia
col tiranno, obbligandolo, dopo due ore di combattimento, a ritirarsi
come in isconfitta. Anche in Romagna furono de' movimenti di guerra.
_Baldassarre Cossa_ cardinale legato di Bologna, in tempo che il _conte
Alberico_ di Barbiano, gran contestabile, era in Roma a' servigi
del _re Ladislao_, mosse guerra alle di lui terre della Romagna;
gli tolse Tosignano, Orivolo e Castel Bolognese. Per istigazione sua
ancora e col braccio suo _Lodovico conte_ di Zagonara occupò al _conte
Manfredi_ di Barbiano, benchè suo parente, le terre di Lugo, Conselice
e Sant'Agata. Parimente _Guido-Antonio conte d'Urbino_ s'impossessò
nel mese di luglio della città d'Assisi per volontaria dedizione di
que' cittadini, che si trovavano infestati dalle armi del re Ladislao.
Nel maggio ancora di quest'anno, perchè non si potea più durare alle
insolenze di Ottobuon de' Terzi, fecero insieme lega in Mantova contra
di lui _Giovanni Maria duca_ di Milano, _Gian-Francesco Gonzaga_
signore di Mantova, _Niccolò d'Este marchese_ di Ferrara, _Pandolfo
Malatesta_ signor di Brescia e Bergamo, e _Gabrino Fondolo_ signor
di Cremona; le cui genti nel dì 19 di giugno presso il Castelletto
nel territorio di Cremona diedero la rotta ad un corpo di gente del
medesimo Ottobuono, con far prigioni trecento tra cavalli e fanti. Uscì
poscia in campagna nel mese di luglio Niccolò marchese coll'esercito
suo contra del tiranno, e alla sua comparsa Francesco da Sassuolo, Azzo
da Rodeglia e i Canossa di Reggio voltarono mantello, e si diedero ad
esso marchese. Dopo di che egli passò a Rubbiera posseduta dai Boiardi,
e cominciò le ostilità contra di Ottobuono, il quale, nel dì 8 di
agosto, fece tagliar la testa a settantacinque uomini di Parma e Borgo
San Donnino, imputati di sedizione contra di lui: il che maggiormente
fece riguardarlo come un mostro di crudeltà per tutta Italia. Ma
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