2016년 6월 30일 목요일

Annali d'Italia 191

Annali d'Italia 191



Francesco; e però prima di pubblicar la pace andò egli nel dì 25
d'ottobre[2797] (il Simonetta[2798] dice il dì 24) con due mila cavalli
presso a Cremona; e giunta colà anche Bianca con gran compagnia, la
sposò in San Sigismondo, e prese il possesso di Cremona; per le quali
nozze si fece mirabil festa in quella città con bagordi, giostre ed
altre allegrie[2799]. Fu poi nel dì 20 di novembre pubblicata la pace,
in cui _Gian-Francesco marchese_ di Mantova, secondo la disgrazia
de' più debili nelle leghe, lasciò il pelo, avendo dovuto restituire
a' Veneziani Porto, Legnago, Nogarola, ed altri luoghi da lui presi,
e rimettervi del proprio Valeggio, Asola, Lunato e Peschiera, a lui
tolti da' Veneziani. Grande allegrezza fu quella di tutta Lombardia per
questa pace.
 
Mutazione accadde nell'anno presente in Ravenna[2800]. Vi era signore
_Ostasio da Polenta_, che col suo governo parea andare a caccia delle
maniere di farsi odiare da' sudditi suoi. Se l'intesero questi col
senato veneto, il quale chiamò a Venezia esso Ostasio colla moglie e
col figliuolo, mostrando di voler far loro grande onore. Venne egli
a Ferrara, e quantunque il marchese Niccolò il consigliasse di non
andare, volle proseguire il suo viaggio. Giunto ch'egli fu colà, il
popolo di Ravenna, dato di piglio all'armi nel dì 24 di febbraio, si
suggettò a' Veneziani, che presero il dominio e possesso di quella
città. Ostasio fu inviato in Candia, dove trovò non men egli che il
figliuolo la morte col tempo: con che in esso mancò la nobil famiglia,
o almen la signoria de' Polentani, che da lungo tempo dominarono
in Ravenna. A _papa Eugenio_ dispiacque non poco di veder passare
quella sua città in mani sì potenti. Talmente s'era in questi tempi
affezionato il duca di Milano a _Niccolò Estense_ marchese di Ferrara,
principe di sommo credito, che, chiamatolo a Milano, non solo si
cominciò a reggere col suo consiglio, ma in certa guisa depositò in lui
il governo de' suoi Stati. Corse anche voce che meditasse di farlo suo
successore dopo la sua morte. Tanta parzialità del duca gli tirò tosto
addosso l'invidia di chi era solito a comandare in quella corte, e di
chi già pensava a veder succedere in quel ducato il conte _Francesco
Sforza_. Cadde egli infermo nel dì 26 di dicembre, e in poche ore, con
fama di veleno a lui dato, si sbrigò da questo mondo, con essere poi
portato a Ferrara il cadavere suo, e datagli sepoltura nel dì primo
dei seguente gennaio. _Lionello_ suo figliuolo bastardo, ancorchè vi
fossero _Ercole_ e _Sigismondo_ suoi figliuoli legittimi, a lui nati
da _Ricciarda_ figlia del marchese di Saluzzo, ma allora piccioli di
età, per disposizione del padre e del papa, succedette nei dominio
di Ferrara, Modena, Reggio, Rovigo e Comacchio. Fu anche guerra in
quest'anno[2801] fra _Sigismondo Pandolfo de' Malatesti_ signore di
Rimini e il _conte d'Urbino_; ma per opera di _Alessandro Sforza_,
fratello del conte Francesco, seguì pace fra loro. E nel mese di agosto
i Sanesi[2802] ebbero gravi molestie da _Simonetta_ capitano di papa
Eugenio; ma in fine lo sconfissero, e il fecero fuggire ferito alla
di lui patria. I Veneziani dopo la pace cassarono gran copia delle
lor soldatesche; e il bello fu, che quante ne potè tirar dalla sua
il Piccinino, tutte le prese al suo soldo, ossia a quello del duca di
Milano.
 
NOTE:
 
[2785] Cronica di Ferrara, tom. 24 Rer. Ital.
 
[2786] Cronica di Rimini, tom. 15 Rer. Ital.
 
[2787] Raynaldus, Annal. Eccles. Spondanus, in Annal. Eccles. Æneas
Sylvius, in Epist.
 
[2788] Giornal. Napol., tom. 21 Rer. Ital.
 
[2789] Istoria di Napoli, tom. 23 Rer. Ital.
 
[2790] Simonetta, Vit. Francisci Sfortiae, lib. 6, tom. 21 Rer. Ital.
 
[2791] Bonincontrus, Annal., tom. 21 Rer. Ital.
 
[2792] Sanuto, Istor. Venet., tom. 22 Rer. Ital.
 
[2793] Cronica di Ferrara, tom. 24 Rer. Ital.
 
[2794] Cristoforo da Soldo, Ist. Bresciana, tom. 21 Rer. Ital.
 
[2795] Simonetta, Vit. Francis. Sfortiae, tom. eod.
 
[2796] Sanuto, Istor. di Venezia, tom. 22 Rer. Ital. Cristoforo da
Soldo, Istor. Bresc., tom. 21 Rer. Ital.
 
[2797] Chron. Placent., tom. 20 Rer. Ital. Cronica di Rimini, tom. 15
Rer. Ital.
 
[2798] Simonetta, Vit. Francisci Sfortiae, tom. 21 Rer. Ital.
 
[2799] Annales Forolivienses, tom. 22 Rer. Ital. Platina, Istor. di
Mantova, lib. 5.
 
[2800] Rubeus, Hist. Ravenn., lib. 7. Cronica di Ferrara, tom. 24 Rer.
Ital.
 
[2801] Cronica di Rimini, tom. 20 Rer. Ital.
 
[2802] Chronic. Senense, tom. eod.
 
 
 
 
Anno di CRISTO MCCCCXLII. Indizione V.
 
EUGENIO IV papa 12.
FEDERIGO III re de' Romani 3.
 
 
Già si godeva buona quiete in Lombardia, e la guerra tutta s'era
ridotta nel regno di Napoli, dove la capitale, stretta d'assedio da
_Alfonso re d'Aragona_, era valorosamente, ma con gran disagio, difesa
dal _re Renato d'Angiò_ e dai Napoletani, che molto lo amavano[2803].
Essendo nulladimeno in grave tracollo gli affari di esso Renato,
questi nel verno non lasciò addietro preghiere e promesse al conte
_Francesco Sforza_ per condurlo nel regno alla propria difesa. E non
trovò in questo molte difficoltà, perchè il conte era amareggiato forte
a cagion dell'occupazione delle sue città già fatta dal re Alfonso
nel regno. Misesi dunque in punto colle maggiori forze ch'egli potò
raunare ed assoldare nei mesi del freddo, ed ebbe fra gli altri unito
a' suoi disegni _Sigismondo Pandolfo Malatesta_ signor di Rimini, e
genero suo per cagione di _Polissena_ sua figliuola con lui maritala
in quest'anno. Mandato innanzi _Giovanni_ suo fratello con parte
dell'esercito, gli diede ordine d'unirsi nel regno di Napoli con
_Antonio Caldora_, il quale già s'era partito dalla divozione del
re Alfonso. Poscia il conte nel principio di maggio[2804] imprese
il viaggio anche egli a quella volta col rimanente dell'esercito.
Ma mentre egli rivolgea i suoi passi e disegni contra d'un lontano
nemico, con bene strana scena trovò di averne un altro assai vicino,
a cui non avrebbe mai pensato. Per quanto attesta il Simonetta, dacchè
il _re Alfonso_ conobbe i preparamenti dello Sforza contra di lui, si
diede a tempestar con calde lettere _Filippo Maria_ duca di Milano,
acciocchè ritenesse il conte da quella spedizione. Da questo ancora si
può scorgere che irregolar testa fosse quella del duca. Non erano, per
così dire, quattro giorni che egli nel valoroso conte si era fatto un
genero, e come un figliuolo; eppure non tardò ad operar contra di lui
alla peggio, sia perchè gli dispiacesse di vederlo tuttavia protetto
da' Veneziani e Fiorentini, ed unito con loro, ovvero che si fosse
pentito di un accasamento fatto quasi per forza e suo malgrado. Però
questo sì instabile principe suscitò contra del conte _papa Eugenio_,
con rappresentargli d'essere venuto il tempo di ricuperar la Marca, e
con offerirgli anche le sue forze sotto il comando del _Piccinino_.
Infatti, fingendo egli di aver licenziato dal suo servigio Niccolò
Piccinino, questi nel dì 3 di marzo arrivò con molta gente d'armi a
Bologna[2805], città a lui sottoposta, facendo vista d'andarsene a
Perugia patria sua. Fu egli poi dichiarato gonfaloniere della Chiesa
romana da papa Eugenio[2806]; e giunto a Todi, posseduta allora dal
conte Francesco, con un trattato se ne impadronì. Questa novità fece
fermare il conte nella Marca, per accudire ai proprii interessi, e
prese con _Bianca_ sua moglie per sua residenza Jesi.
 
Mentre queste cose succedeano, Alfonso re d'Aragona, principe
di gran mente e sagacità, e di non minore fortuna, continuava
l'assedio della città di Napoli, con averla ridotta a gran penuria
di vettovaglie[2807]. Da due mastri muratori napoletani, che furono
presi, gli fu insegnata la maniera d'entrare in Napoli, cioè per quello
stesso acquedotto per cui tanti secoli prima _Belisario_ s'era nella
città medesima introdotto. Era esso strettissimo; il _re Renato_ vi
avea fatto mettere dei cancelli di ferro ed altri ripari, e fattavi
fare la guardia; ma non fu continuata quest'ultima cautela. Perciò
nel venerdì notte, vegnendo il sabbato, dì 2 di giugno, per quel
condotto sotterraneo il re Alfonso spinse, chi dice quaranta, e chi
più verisimilmente trecento o quattrocento de' suoi soldati entro la
città; e questi fino all'apparir del giorno si tennero nascosi in una
casa. Fatto giorno, ordinò il re che si desse un fiero assalto alle
mura di Napoli alla parte opposta: nel qual tempo i soldati entrati,
impossessatisi d'una porta, v'inalberarono la bandiera aragonese.
Nello stesso tempo que' di fuori cominciarono colle scale a salir
su per le mura; e quantunque il re Renato come un lione accorresse
e facesse molte prodezze per trattenere questo torrente, pure fu
in fine forzato a ritirarsi, per timore d'essere preso, in Castello
Nuovo. Entrati dunque gli Aragonesi, per quattro ore diedero il sacco
alla città, finchè arrivato anche Alfonso, mandò bando, pena la vita,
che desistessero dalle offese. Grandi carezze fece ai Napoletani,
e la città s'empiè in breve di vettovaglia. Giunsero in quel tempo
due navi genovesi[2808], che misero provvisioni in Castello Nuovo; e
sopra d'esse imbarcatosi il re Renato, se n'andò a Firenze a raccontar
le sue disavventure al papa, e a lamentarsi di lui, perchè avesse
impedito al conte Francesco il recargli aiuto. Fu consolato con una
bella investitura del regno di Napoli, che veramente venne a tempo
al suo bisogno; e però se ne tornò da lì a qualche tempo in Provenza,
assai chiarito della volubilità delle cose umane. Seppe ben prevalersi
della sua fortuna il re Alfonso. Da lì a pochi giorni si rendè il
castello di Capuana, e il Nuovo fu assediato. Nel dì 21 di giugno
marciò coll'esercito suo contro ad _Antonio Caldora_, il quale nel
dì 28, unito con _Giovanni Sforza_ fratello del conte, animosamente
andò ad attaccar battaglia col re. Se non era esso Caldora tradito
da' suoi, forse gli dava una mala giornata; ma restò sbaragliato e
preso. Secondo il Simonetta[2809], grave sospetto di tradimento diede
il medesimo Antonio. Poscia perchè egli rivelò al re le intelligenze
di molti signori del regno col conte Francesco, ebbe salva la vita, e
con quattro bicocche a lui concedute in Abbruzzo fu rimesso in libertà,
essendo passate le sue genti al servigio di Alfonso. Giovanni Sforza,
venuto colà con due mila cavalli, se ne tornò con soli quindici a
trovare il conte suo fratello nella Marca. Non finì l'anno che, a

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