2016년 6월 30일 목요일

Annali d'Italia 177

Annali d'Italia 177


[2562] Chron. Foroliv., tom. 19 Rer. Ital.
 
[2563] Sanuto, Istor. Ven., tom. 22 Rer. Ital.
 
[2564] Corio, Istor. di Milano.
 
[2565] Chron. Foroliviens., tom. 19 Rer. Ital.
 
[2566] Ammirati, Istoria Fiorentina, lib. 19. Billius, Hist., lib. 5,
tom. 19 Rer. Ital.
 
[2567] Guichenon, Histoire de la Maison de Savoye, tom. 1.
 
[2568] Sanuto, Istor. Ven., tom. 22 Rer. Ital.
 
[2569] Redus., Chron., tom. 19 Rer. Ital.
 
[2570] Poggius, Hist., tom. 20 Rer. Ital.
 
[2571] Cronica di Bologna, tom. 18 Rer. Ital.
 
[2572] Billius, Histor., lib. 5, tom. 19 Rer. Ital.
 
[2573] Johann. Stella, Annal. Genuens., tom. 17 Rer. Ital.
 
[2574] Giornal. Napolet., tom. 21 Rer. Ital. Bonincontrus, Annal., tom.
eod.
 
[2575] Raynaldus, Annal. Eccles.
 
 
 
 
Anno di CRISTO MCCCCXXVII. Indiz. V.
 
MARTINO V papa 11.
SIGISMONDO re de' Romani 18.
 
 
Nudriva ben _Filippo Maria Visconte_ duca di Milano le stesse idee
d'ingrandimento che ebbe _Gian-Galeazzo_ suo padre; ma non accoppiava
egli co' desiderii quella prudenza ed accortezza che in suo padre
si osservò. Tenea appresso di sè cattivi ministri,[2576] che non
gli permetteano di dar udienze, e gli faceano sapere solamente quel
tanto che lor piacea. Il peggio era, che, senza sapersi accomodare
ai rovesci della fortuna, andava continuamente macinando pensieri di
vendetta, cioè cercando le vie di rovinarsi sempre. Ancorchè egli sul
principio di quest'anno avesse confermati gli articoli della pace,
pure pien di sdegno ad altro non pensava che alla guerra. Ad assodarlo
in questo proponimento servì non poco la nobiltà di Milano, la quale,
mal sofferendo una pace sì svantaggiosa, fece delle esibizioni per
continuar la pugna, purchè il duca desse lor la balia di operare.
Accettò egli l'offerta, e volle che questa gli fosse mantenuta; ma non
mantenne già egli la condizione proposta: del che mormorò e si lagnò
forte quel popolo aggravato oltre misura dal duca, e disgustato dal
mal governo. Pertanto allorchè le potenze, collegate contra di lui, in
vigor della pace stabilita furono per ricevere la tenuta delle terre
ch'egli dovea dimettere nel Bresciano e nel Piemonte, si scoprì che
l'incostante duca avea mutato pensiero, nè volea mantenere i patti. Per
questa mancanza di fede i Veneziani e Fiorentini, tuttavia ben armati,
determinarono di ricominciar la guerra, nè il _cardinale Albergati_
legato della santa Sede, mediator d'essa pace, e personaggio di molta
santità, potè impedirlo; anzi, stomacato della leggerezza del duca,
si congedò da Venezia, e tornossene al suo vescovato di Bologna.
Ricominciossi dunque la guerra per Po, dove il senato veneto inviò
un'armata di ventisette galeoni e molti rediguardi[2577], incontro
alla quale anche il duca ne spedì un'altra di venti galeoni, tre
ganzare grandi incastellate e dodici rediguardi. Avendo questa flotta
duchesca ripigliate le Torricelle, s'accostò a Casal Maggiore, che
allora era in mano dei Veneziani; e venuto colà per terra _Angelo
dalla Pergola _insieme con _Niccolò Piccinino_ conducendo seco sette
mila cavalli ed otto mila fanti, nel dì 28 di marzo assediò la stessa
terra di Casal Maggiore. Se grandi furono le offese, non minor fu
la difesa. Tuttavia fu costretta la terra a rendersi. Passarono i
ducheschi sotto Brescello, occupato già dai Veneziani. Ma eccoti,
nel dì 21 di maggio, la flotta veneta comparire, ed attaccare colla
nemica una battaglia che fu ben aspra. Andò in fine rotta la flotta
e gente del duca[2578]. Dopo questa vittoria trovandosi le armate di
terra sul Bresciano[2579], nel dì dell'Ascensione succedette un altro
fiero fatto d'armi presso Gottolengo con isvantaggio dei Veneziani,
perchè vi restarono prigionieri circa mille e cinquecento persone. Nel
mese poi di luglio marciò il _Carmagnola_ sul Cremonese, minacciando
d'assedio quella città, di modo che lo stesso duca di Milano si portò
colà per animare i suoi ad ogni maggior resistenza. Secondo i conti
d'Andrea Biglia[2580] storico milanese di questi tempi, circa settanta
mila combattenti fra l'una parte e l'altra si videro allora sul
Cremonese, fra i quali più di venti mila cavalli: il che fa conoscere
come gagliarde fossero allora le forze dell'Italia, benchè a queste
armate non concorressero tanti altri principi italiani. Ora nel dì 12
di luglio, benchè l'esercito duchesco fosse sempre inferiore all'altro,
pur venne di nuovo alle mani, ma non generalmente coi nemici. Incerto
ne fu l'esito, essendovi restati tanto dall'una che dall'altra parte
assaissimi prigionieri, e scavalcato nella zuffa lo stesso Carmagnola,
il quale dopo il fatto si spinse addosso a Casal Maggiore, e fece
così ben giocare le artiglierie, che lo ricuperò con far prigione il
presidio.
 
Gran diversità intanto passava fra i due contrarii eserciti. In quello
del duca tutto era discordia, non volendo i capitani cedere l'uno
all'altro; e questi erano _Angelo dalla Pergola_, _Guido Torello_,
il conte _Francesco Sforza_ e _Niccolò Piccinino_. All'incontro
nell'armata veneta il _Carmagnola_ comandava a tutti, e sapea farsi
ubbidire non meno dal _signor di Faenza_, da _Giovanni da Varano_
signor di Camerino, da _Micheletto_ e _Lorenzo da Cotignola_ parenti
di Francesco Sforza, e da altri capitani, annoverati da Andrea
Redusio[2581], che dallo stesso _Gian-Francesco marchese_ di Mantova:
cosa di grande importanza nel mestier della guerra. Il perchè venne
il duca in determinazion di creare un capitan generale persona di
credito, sotto cui non isdegnassero di stare gli altri suoi condottieri
d'armi. Fu scelto per questo grado _Carlo Malatesta_, esperto, ma poco
fortunato, maestro di guerra. Venuto questi al campo, nulla fece di
riguardevole per più settimane, finchè, aggirato dagli stratagemmi del
Carmagnola, a Macalò nel dì 11 dì ottobre inaspettatamente fu assalito,
e trovato coll'esercito mal ordinato, e in parte disarmato (se è vero
ciò che hanno il Simonetta e il Corio, ma diversamente è narrato dal
Biglia e dal Redusio), fu astretto ad una giornata campale. Interamente
disfatti in essa rimasero i ducheschi colla prigionia di cinque mila
cavalli e d'attrettanti fanti, e colla perdita di tutto il bagaglio.
Lo stesso Carlo Malalesta si contò fra i prigionieri, ma ben trattato
dai nemici, perchè cognato del marchese di Mantova; perlochè non
andò esente da sospetti di perfidia. Ora questa terribil disgrazia,
e l'avere il duca nei medesimi tempi addosso verso il Vercellese
_Amedeo duca di Savoia_, e verso Alessandria _Gian Giacomo marchese_
di Monferrato, e nel Genovesato i fuorusciti, e nel Parmigiano
_Orlando Pallavicino_, tutti confederati ai danni di lui co' Veneziani
e Fiorentini, gli mise il cervello a partito, in guisa che ricorse
supplichevolmente per aiuto a _Sigismondo_ re de' Romani, e al papa per
la pace. Trovavasi allora la potente città di Milano sì ben provveduta
d'armaruoli, che, per attestato del Biglia[2582], due soli d'essi
presero a fornire in pochi giorni d'usbergo, celata e del resto delle
armi quattro mila cavalieri e due mila pedoni. E perciocchè era allora
in uso che, a riserva degli uomini di taglia, si mettevano in libertà i
prigionieri, dappoichè loro s'erano tolte armi e cavalli (benchè l'aver
ciò fatto il Carmagnola, gli pregiudicò non poco dipoi nell'animo dei
Veneziani); perciò il duca raunò tosto quanto bastava per impedire
il precipizio dei proprii affari. Seppe ben profittare intanto il
Carmagnola del calore della vittoria con prendere Monte Chiaro, gli
Orci, Pontoglio ed altre terre sino al numero di ottanta nel Bresciano
e Bergamasco.
 
In questi giorni il duca di Milano, per liberarsi dalle forze di
_Amedeo duca di Savoia_ collegato co' suoi nemici, comprò la pace da
lui con un trattato conchiuso in Torino nel dì 2 di dicembre dell'anno
corrente[2583], per cui il duca di Milano cedette all'altro la città di
Vercelli, e prese per moglie _Maria di Savoia_ figliuola del medesimo
duca. Non piaceva al _pontefice Martino_, molto meno a _Niccolò
marchese d'Este_ signor di Ferrara, che il duca di Milano precipitasse;
e però amendue si scaldarono per trattare di pace. Scelta fu per luogo
del congresso la città di Ferrara, dove, giunto il piissimo cardinale
di Santa Croce _Niccolò degli Albergati_, legato spedito dal papa, e
gli ambasciatori di tutte le potenze interessate in questa guerra, si
cominciò a trattare e si trattò per tutto il verno di pace. Nel mese
di settembre dell'anno presente, secondo gli Annali di Forlì[2584],
oppure nel dì 4 d'ottobre, secondo la Cronica di Rimini[2585],
giunse al fine di sua vita _Pandolfo Malatesta_ signore di Rimini,
personaggio rinomato per le sue imprese guerriere, e per essere stato
padrone di Brescia e Bergamo, per quanto abbiamo veduto di sopra. Non
lasciò figliuoli legittimi dopo di sè. Fecero guerra in questo anno i
Fiorentini al duca di Milano anche nel Genovesato per mezzo di _Tommaso
da Campofregoso_ signore di Sarzana, e dianzi doge di Genova[2586]. Nel
mese di agosto condusse questi la sua gente e i fuorusciti fin sotto
le mura di Genova; ma non andò molto che fu ributtato da' cittadini,
colla perdita delle scale e prigionia di molti. Nel dì 14 di dicembre
vi tornò egli con altro sforzo di gente; ma nel dì 28, uscito il popolo
di Genova, rimasero prigioniere quasi tutte le di lui schiere, ed egli
durò fatica a ritirarsi in salvo.
 
NOTE:
 
[2576] Billius, Hist., lib. 5, tom. 19 Rer. Ital.
 
[2577] Sanuto, Istor. Ven., tom. 23 Rer. Ital.
 
[2578] Redus., Chron., tom. 19 Rer. Ital.
 
[2579] Sanuto, Istor. Ven., tom. 22 Rer. Ital. Corio, Istoria di Milano.
 
[2580] Billius, Hist., lib. 6, tom. 19 Rer. Ital.
 
[2581] Simonetta, Vit. Francisci Sfortiae, lib. 2, tom. 21 Rer. Ital.
 
[2582] Billius, Histor., lib. 6, tom. 19 Rer. Ital.
 
[2583] Guichenon, Hist. de la Maison de Savoye.
 
 
 
 
Anno di CRISTO MCCCCXXVIII. Indiz. VI.
 
MARTINO V papa 12.
SIGISMONDO re de' Romani 19.
 
 
Non so se nel principio di questo anno, come pare che il Simonetta
abbia creduto[2587], oppure sul fine del precedente, fosse inviato il
conte _Francesco Sforza_ da _Filippo Maria duca_ di Milano alla volta
di Genova con alcune schiere d'uomini d'armi per li bisogni di quella
città, infestata da _Tommaso da Campofregoso_ e dagli altri fuorusciti.
Appena ebbe egli passato il giogo dell'Apennino, che si trovò in certi
siti stretti assalito dai contadini di quel paese; fors'anche vi era
con loro qualche gente d'essi fuorusciti. Fioccavano i verettoni in
maniera, che molti de' suoi vi furono morti o feriti, ed egli costretto
a retrocedere, finchè arrivato al castello di Ronco, ed, accolto da
Eliana Spinola, potè salvarsi. Si servirono di questa sua disgrazia
gli emuli alla corte del duca per iscreditarlo, e far nascere sospetti
nella sua fede; sicchè, secondo alcuni, fu messo in castello. Almeno
è certo[2588] che fu come relegato a Mortara, dove quasi per due anni
soggiornò con gravissimo patimento, perchè non correano le paghe, nè
gli mancavano altri aggravii, senza ch'egli potesse mai persuadere al
duca la sua innocenza. Dicono che se non era il _conte Guido Torello_,
da cui venne protetto sempre, due volte la vita corse pericolo. La
sua pazienza vinse poi tutto, perchè fece conoscere non aver egli mai
avuto animo di passare al servigio de' Veneziani o Fiorentini. Continuò
la guerra anche nei primi mesi di quest'anno, con avere il vittorioso
_conte Carmagnola_ prese non poche castella nel Bergamasco, e portato
il terrore sino a quella città. Intanto in Ferrara il _marchese
Niccolò_ unito col buon _cardinale Albergati_ vescovo di Bologna, si
studiava a tutto potere di condurre alla pace le potenze guerreggianti.

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