2016년 6월 30일 목요일

Annali d'Italia 194

Annali d'Italia 194



seguì nel dì 10 d'ottobre, con avere il papa lasciate al medesimo
conte in feudo con titolo di marchese tutte le terre da lui possedute
e ricuperate prima del dì 15 oppure 18 del mese suddetto. A riserva
d'Osimo, Recanati, Fabriano ed Ancona, il resto della Marca ubbidiva ai
suoi cenni.
 
Era venuto a Milano _Niccolò Piccinino_, chiamatovi, come dissi
(non si sa bene il motivo) dal duca. Non gli si partiva dal cuore
l'affanno per la perdita di Bologna[2842], e per la sconfitta a lui
data dal conte Francesco Sforza. A questi pensieri, che il laceravano
di dentro, si aggiunse l'altra dolorosa nuova non solo della rotta di
Francesco suo figliuolo, ma d'esser egli anche caduto prigione nelle
mani dell'emulo ossia nemico Sforza. Soccombè in fine alla malinconia,
ed, infermatosi, terminò il corso del suo vivere nel dì 15 oppure 16
d'ottobre[2843]: con che mancò uno de' più insigni generali d'armata
che s'avesse l'Italia, a cui niun altro si potea anteporre, se non
Francesco Sforza. Nelle spedizioni la sua attività e prestezza non
ebbe pari; ma egli si prometteva molto della fortuna, e però azzardava
bene spesso nelle sue imprese: laddove lo Sforza sempre operava con
saviezza, e sapea cedere e temporeggiare, quando lo richiedeva il
bisogno, nè temerariamente mai procedeva in ciò che imprendeva. Per la
morte del Piccinino sommamente si afflisse il duca _Filippo Maria_,
rimasto privo di sì valente, onorato e fedele capitano; nè potendo
far altro, si rivolse a beneficare i di lui figliuoli _Francesco_ e
_Jacopo_, con aver ottenuta la libertà del primo dal conte Francesco, e
con chiamarli amendue a Milano. Accadde ancora nell'anno presente[2844]
la morte di _Oddo-Antonio_ conte di Montefeltro e d'Urbino, personaggio
di costumi sfrenati e d'insoffribil lussuria. Per cagione di questi
suoi vizii fu egli nella notte del dì 22 di luglio da molti congiurati
ucciso, e in luogo suo proclamato signore _Federigo_ suo fratello, e
figliuolo bastardo di _Guidantonio_ già conte, ancorchè comunemente
creduto fosse figliuolo di _Bernardino dalla Carda_ degli Ubaldini.
Questi, essendo ito a Fermo per visitare il conte Francesco, stabilì
tosto con esso lui lega difensiva ed offensiva. Venne a morte anche in
quest'anno[2845], nel dì 8 o pure 24 di settembre, _Gian-Francesco da
Gonzaga_ marchese di Mantova, assai invecchiato, ed ebbe per successore
_Lodovico_ suo figliuolo. Fu parimente chiamato da Dio a miglior vita
nella città dell'Aquila a dì 20 di maggio[2846] frate _Bernardino da
Siena_ dell'ordine de' Minori, celebre missionario di questi tempi,
che per le sue luminose virtù venne poi aggregato al ruolo de' santi.
Similmente finì di vivere[2847] _Leonardo Aretino_, segretario della
repubblica fiorentina, uomo celebre allora per la sua letteratura e
perizia della lingua greca. Si ammalò nel dì 5 d'aprile[2848] di sì
pericolosa malattia _Alfonso re_ di Aragona e delle Due Sicilie, che
corse in fin voce che era morto. Gran bisbiglio e movimento fu nei
baroni del regno, di modo tale che guarito il re, ben s'avvide del poco
capitale che potea farsi della fede de' regnicoli. Diede egli in questo
anno[2849] per moglie a _don Ferdinando_ duca di Calabria suo figliuolo
_Isabella di Chiaramonte_, nipote di _Gian Antonio Orsino_ principe
di Taranto. Maritò eziandio Maria sua figliuola col marchese _Lionello
d'Este_ signor di Ferrara, Modena e Reggio. Fu pertanto spedito _Borso
d'Este_ fratello d'esso marchese con due galee veneziane a levar questa
principessa che, accompagnata dal principe di Salerno, arrivò a Ferrara
nel dì 24 d'aprile[2850]. Memorabil fu la magnificenza di queste nozze
per la quantità delle feste e dei varii solazzi, che durarono quindici
giorni coll'intervento degli ambasciatori di tutti i principi d'Italia.
Fece guerra in quest'anno il re Alfonso ad _Antonio Santiglia_ signore
di Cotrone, Catanzaro ed altri luoghi in Calabria, e gli tolse tutti
quegli Stati. Condiscese anche a far pace coi Genovesi[2851], co'
quali era in guerra da gran tempo, e gli obbligò a pagargli ogni
anno a titolo di censo un bacile d'argento, con accordar loro varii
privilegii.
 
NOTE:
 
[2834] Sanuto, Istor. Venet., tom. 22 Rer. Ital.
 
[2835] Annal. Foroliviens., tom. eod.
 
[2836] Giustiniani, Istor. di Genova, lib. 5.
 
[2837] Simonetta, Vit. Francisci Sfortiae, lib. 6, tom. 21 Rer. Italic.
 
[2838] Annal. Foroliviens., tom. 22 Rer. Ital.
 
[2839] Cronica di Rimini, tom. 15 Rer. Ital.
 
[2840] Sanuto, Istor. Ven., tom. 22 Rer. Ital.
 
[2841] Cronica di Bologna, tom. 18 Rer. Ital.
 
[2842] Corio, Istor. di Milano.
 
[2843] Cristoforo da Soldo, Istor. Bresc., tom. 21 Rer. Ital.
 
[2844] Annal. Foroliviens., tom. 22 Rer. Ital. Cronica di Rimini, tom.
15 Rer. Ital.
 
[2845] Cronica di Ferrara, tom. 24 Rer. Ital.
 
[2846] Raynaldus, Annal. Eccles.
 
[2847] Bonincontrus, Annal., tom. 21 Rer. Ital.
 
[2848] Giornal. Napolet., tom. 21 Rer. Ital.
 
[2849] Istoria Napol., tom. 23 Rer. Ital.
 
 
 
 
Anno di CRISTO MCCCCXLV. Indiz. VIII.
 
EUGENIO IV papa 15.
FEDERIGO III re de' Romani 6.
 
 
Fra il _duca di Milano_ e _Francesco Sforza_ suo genero parve nel
precedente anno restituita buona armonia, per quanto abbiamo veduto.
Ma intervenne accidente che affatto la guastò. Dappoichè mancò,
colla morte di _Niccolò Piccinino_, ad esso duca un raro generale
delle sue armi, mise egli il guardo sopra _Ciarpellione_, cioè sopra
il più accreditato capitano che si avesse allora Francesco[2852], e
segretamente cominciò a trattare con lui, per torlo al conte e farlo
venire a Milano. Trapelò questo trattato, e se ne crucciò forte il
conte, il quale, fidandosi poco del suocero duca, perchè assai ne
conosceva l'umore, temeva anche dei malanni, se lasciava partire chi
era stato partecipe di tutti i suoi segreti. Fece pertanto mettere
prigione nella fortezza di Fermo Ciarpellione, e processarlo per varie
sue iniquità[2853]. Dopo di che nel dì 29 di novembre dell'antecedente
anno il fece impiccare, con ispargere voce d'aver egli macchinato
contro la vita del medesimo conte. Altamente si chiamò offeso per
questo fatto il duca, e protestò di volersene vendicare. Francesco di
tutto informò i Veneziani e Fiorentini, a' quali piacea più di vederlo
nemico che amico del suocero. Si partì ancora dall'amicizia di esso
conte _Sigismondo Malatesta_ signore di Rimini, tuttochè genero del
medesimo. Vagheggiava egli da gran tempo Pesaro e Fossombrone, goduti
da _Galeazzo Malatesta_, cioè da chi era privo di figliuoli; anzi s'era
già provato colla forza, ma indarno, d'impadronirsene[2854]. Avvenne
che, per interposizione di _Federigo conte d'Urbino_, vendè Galeazzo al
_conte Francesco_ essa città di Pesaro per venti mila fiorini d'oro,
con che _Alessandro Sforza_ fratello del conte sposasse _Costanza_
sua nipote, e divenisse padrone di quella città. Fossombrone eziandio
fu venduto al conte Federigo per tredici altri mila fiorini. Era già
per varii motivi mal soddisfatto lo Sforza di Sigismondo suo genero,
uomo anche per altro conto di coscienza guasta; e però senza alcun
riguardo verso di lui fece il suo negozio. Che disdegno e rabbia per
questo provasse Sigismondo, non si può assai dire. Mosse da lì innanzi
cielo e terra contra del conte Francesco, tanto presso il pontefice,
quanto presso il re Alfonso e il duca di Milano. Spezialmente questo
suo sdegno piacque al duca, per potere valersi di lui contra dello
Sforza. Ora _Filippo Maria_ co' suoi maneggi tanto fece, che _papa
Eugenio IV_ prese Sigismondo al suo soldo, e facendo sperare coll'aiuto
proprio e d'esso signore di Rimini assai facile al papa il riacquistare
Bologna, a poco a poco accese il fuoco d'una nuova guerra. Nè penò
molto a tirarvi anche il _re Alfonso_, perchè la città di Teramo s'era
data al conte Francesco; e _Giosia Acquaviva_ ed altri del suo regno,
ribellatisi a lui, si erano uniti col medesimo conte. Mentre questi
concerti di guerra si andavano facendo, uno strepitoso accidente
avvenne in Bologna[2855]. Era in quella città in alta stima _Annibale
de' Bentivogli_, perchè riguardato come glorioso liberatore della sua
patria. Ma la invidia, nata, per così dire, col mondo, il facea mirar
con occhio bieco da _Baldassare da Canedolo_, da' Ghiselieri e da
alcuni altri cittadini. Andò tanto innanzi questa cieca passione, che
costoro determinarono di levargli la vita. Fu invitato il Bentivoglio
nel dì 24 di giugno, festa di san Giovanni Batista, da _Francesco
Ghiselieri_, a tenergli un suo figliuolo al sacro fonte. Finita la
funzione, ed usciti che furono di chiesa, Baldassare e gli altri
congiurati, avventatisi addosso al Bentivoglio, con varie ferite lo
stesero morto a terra[2856]. Poscia andarono in traccia d'alcuni altri
amici di lui, e gli uccisero. Per questa enorme indegnità si levò a
rumore tutto il popolo contro i micidiarii; diede il sacco alle lor
case e le bruciò. _Batista da Canedolo_, benchè non intervenuto a
quell'orrido fatto, indarno fece resistenza all'infuriato popolo, che
trovatolo il tagliò a pezzi[2857]; e quanti amici de' Canedoli vennero
in mano d'esso popolo, rimasero vittima del loro furore. Che tal novità
fosse fatta con intelligenza del duca di Milano, si conobbe tosto,
perch'egli si dichiarò protettore de' Canedoli, e nel dì 26 di giugno
_Taliano Furlano_ capitano d'esso duca, che stanziava in Romagna con
mille e cinquecento cavalli e cinquecento fanti ducheschi, entrò tosto
nel Bolognese in aiuto de' Canedoli; ma ritrovatili o morti o sbandati,
da lì a poco cominciò la guerra al Bolognese, e prese varii luoghi.
Altrettanto ancora fecero _Luigi da San Severino_ e _Carlo da Gonzaga_,
altri capitani del medesimo duca. Ora i Fiorentini, siccome collegati
de' Bolognesi, nel dì 27 di luglio spedirono in loro aiuto _Simonetto_
con cinquecento cavalli e ducento fanti. Anche i Veneziani inviarono
colà _Taddeo marchese_ d'Este con altra gente. S'ingrossarono intanto
sempre più le milizie del duca di Milano sul Bolognese, e corsero
sino alle porte della città; ma null'altro di considerabile accadde in
quelle parti nell'anno presente, fuorchè la presa di alcuni castelli,
fra i quali il più importante fu San Giovanni in Persiceto, occupato
nel dì 9 di settembre da Luigi da San Severino.
 
Abbiam veduto poco fa rimesso in grazia di _papa Eugenio_ il conte
_Francesco Sforza_, e stabilito accordo fra loro. Pure questo
pontefice, quasi che i patti durar dovessero finchè gli tornava a
conto il non romperli, appena si vide animato ed assistito dal duca
di Milano, che ripigliò le armi contra di lui, e seco fu anche il _re
Alfonso_. Ora il conte[2858], giacchè Sigismondo signor di Rimini s'era
dichiarato nemico suo, dopo avere ricevuto da' Fiorentini soccorso di
danaro, andò a mettere l'assedio alla ricca terra di Meldola, che gli
costò molto tempo e fatica. L'ebbe a forza di armi nel dì 17 oppure 22
di luglio[2859], e col sacco, crudelmente ad essa dato, si arricchirono
tutti i suoi soldati. Ma nel dì 10 d'agosto[2860] la città d'Ascoli
nella Marca gli si ribellò, e tagliato a pezzi _Rinaldo Fogliano_,
fratello uterino del conte Francesco, si diede al pontefice. Così, per

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