2016년 6월 30일 목요일

Annali d'Italia 164

Annali d'Italia 164


Anno di CRISTO MCCCCXIV. Indiz. VII.
 
GIOVANNI XXIII papa 5.
SIGISMONDO re de' Romani 5.
 
 
Dopo avere stabilito quanto occorreva pel concilio generale da tenersi
in questo anno in Costanza[2392], si separarono _papa Giovanni_ e il
_re Sigismondo_. Da Cremona venne il pontefice a Mantova, e di là a
Ferrara, dove fece la sua solenne entrata nel dì 18 di febbraio[2393].
In tale occasione tirò al suo partito, oppure maggiormente confermò
in esso, _Niccolò Estense marchese_ di Ferrara, il quale nell'anno
precedente, per le persuasioni di _Sforza Attendolo_, s'era lasciato
indurre a far lega col re _Ladislao_, e già ne avea ricevuto trenta
mila fiorini d'oro, col bastone del generalato. Rinunziò poscia e
restituì il danaro. E qui non vo' lasciar di dire che questo principe
nell'anno presente, essendosi messo in viaggio per andar alla divozion
di San Jacopo di Galizia (era egli stato anche nell'antecedente anno
al santo Sepolcro), nel passare, verso i confini del Genovesato,
un castello appellato Monte San Michele di uno de' marchesi del
Carretto[2394], fu messo prigione da quel castellano per l'unico fine
di ricavar danari dal suo riscatto: iniquità praticata non poco dai
tirannetti di questi tempi contro il diritto delle genti. Per liberarsi
fu il marchese obbligato a promettere gran somma di danaro, la quale
non so se fosse poi pagata, e se ne tornò a Ferrara con incredibil
consolazione di quel popolo, che quanto l'amava altrettanto aveva
deplorata la disgrazia avvenutagli. Giunto a Bologna, nel dì 26 di
febbraio, papa Giovanni[2395], quivi attese a rimettere in piedi il
castello già smantellato da quel popolo, credendosi di quivi far
le radici; ma altrimenti avea disposto la divina Provvidenza. Non
mancavano intanto affanni ad esso pontefice, e timori a tutti i suoi
cortigiani[2396], perchè Ladislao re di Napoli, e padrone di Roma e
d'altre città pontifizie, informato dei negoziati fatti dal papa col re
Sigismondo contra di lui, fremendo minacciava di venir fino a Bologna
per iscacciarlo di là. A questo fine si portò egli da Napoli a Roma
nel dì 14 di marzo[2397], per prepararsi alla spedizione suddetta. A'
Fiorentini non piaceano questi andamenti del re per gelosia del loro
Stato; e perciò tanto si adoperarono che strinsero pace e lega con
lui nel dì 22 di giugno; e Ladislao promise di non molestar Bologna,
nè il suo contado. Sul principio di luglio, trovandosi Ladislao in
Perugia con _Paolo Orsino_, che sotto la buona fede era a lui venuto,
e con _Orso da Monte Rotondo_ ed altri baroni romani, non so per quali
sospetti, li fece prender tutti e due, e condurli a Roma incatenati.
In Paolo si univa la riputazion d'essere un prode condottier d'armi
ed insieme il discredito d'uomo disleale; però la sua prigionia a
molti dispiacque, e ad altri più fu gratissima. Ma peggio intervenne
al medesimo _re Ladislao_. Mentre era a campo a Narni, s'infermò per
male attaccatogli, per quanto corse la fama, da una bagascia perugina
nelle parti oscene. Non era allora conosciuto il morbo gallico; ma,
per attestato degli antichi medici, si provarono talvolta i medesimi
mali influssi dell'incontinenza, ai quali si dava il nome di veleno.
Tormentato Ladislao da atroci dolori, fu portato sopra una barella
a San Paolo fuori di Roma; e venute due galee di Gaeta, s'imbarcò
in una di esse, menando seco incatenato il suddetto Paolo Orsino, e
s'inviò per andare a Napoli. Ma cresciuto il suo malore, e fattosi
portare al lido, oppure in Castello Nuovo, come si ha dai Giornali
Napoletani[2398], quivi, nel dì 6 d'agosto (altri dicono prima, altri
dopo), diede fine alla vita, non meno che ai suoi grandiosi disegni
di conquistar l'Italia. Di mondana politica era egli senza dubbio
ben provveduto, ma più di desiderio di gloria e d'ingrandimento.
Nel mestier della guerra pochi gli andavano innanzi: al che non gli
mancava coraggio, pazienza e vigilanza. Parve in lui piuttosto ombra
che sostanza di religione; minore tuttavia venne provata in lui
l'osservanza delle promesse; e sfrenata poi la libidine, per cui,
massimamente in Roma, commise molti eccessi, e da cui in fine fu
condotto a morte nella metà della ordinaria vita degli uomini.
 
La mancanza di questo re senza figliuoli aprì la strada a _Giovanna_
di lui sorella per succedergli nel regno di Napoli. _Giovanna Seconda_
si truova essa chiamata nelle storie. Era vedova di _Guglielmo_
figliuolo di _Leopoldo III duca_ d'Austria, dopo la cui morte senza
figliuoli se n'era tornata alla casa paterna. Non tardò essa ad
essere riconosciuta da tutti per regina. Alzavano quasi tutti le mani
al cielo per la gioia in Roma, Firenze ed altri luoghi, al vedersi
liberati da questo re sì manesco e perfido; ma più d'ogni altro ne
fece festa _papa Giovanni XXIII_, il quale sempre era in pena per così
potente avversario[2399]. _Jacopo degl'Isolani_, creato cardinale per
guiderdone d'avergli fatto ricuperar Bologna, fu poscia spedito da
lui alla volta di Roma a fine di ricuperar quegli Stati. Ed appunto
nell'ottobre se gli diedero Monte Fiascone e Viterbo. Per conto poi di
Roma, quella nobiltà e popolo nel sopraddetto mese d'agosto, dato le
armi, si levarono dall'ubbidienza della regina Giovanna; e quantunque
_Sforza_ con altri capitani di essa regina entrassero in quella città,
non vi si poterono sostenere contra le forze de' Romani. Non di meno
castello Sant'Angelo si conservò fedele ad essa regina. Entrò poscia
in Roma il cardinale di Sant'Eustachio, cioè l'Isolano, legato di papa
Giovanni, nel dì 19 d'ottobre, e prese il governo di quella città. Nel
cuore intanto di esso pontefice stava fitto il desiderio di portarsi a
Roma, e non già all'incominciato concilio di Costanza. L'abborriva egli
per timor di cadere, nè s'ingannò nel presagio. Tanto dissero, tanto
fecero i cardinali, che lo smossero; laonde nel dì primo d'ottobre,
come biscia all'incanto, da Bologna s'inviò a quella volta. Credesi
ch'egli si fosse prima assicurato della protezion di _Federigo duca_
d'Austria. Giunto a Costanza, fece l'apertura del concilio generale,
rappresentante la Chiesa universale, nel dì 5 di novembre. Da tutte le
parti della Chiesa latina concorsero colà vescovi, abbati, teologi e
gli ambasciatori dei principi cristiani, e innumerabile nobiltà, che
andò poscia di mano in mano crescendo[2400].
 
Non si potea vedere senza meraviglia la sterminata unione di tanti
riguardevoli ecclesiastici e secolari. E tutti ardevano di desiderio
di vedere oramai tolto via lo scisma, e pacificata la Chiesa. Invitati
ancora colà gli altri due papi, cioè _Gregorio XII_ e _Benedetto
XIII_, il primo si scusò con apparenti ragioni, e solamente inviò
uno de' suoi cardinali, cioè quel di Ragusi, e _Giovanni Contareno_
patriarca di Costantinopoli, che assistessero per lui. L'altro poi
spedì alcuni prelati, che da lì a qualche tempo se ne andarono con Dio,
vedendo mal incamminati gli affari pel loro principale[2401]. Comparve
ancora nella vigilia del Natale al sacro concilio il _re Sigismondo_
colla _regina Barbara_ sua consorte ad accrescere la magnificenza
della funzione, e ad accalorare l'importantissimo negozio della pace
della Chiesa. Si era egli fatto coronare re di Germania nel dì 8
dell'antecedente novembre in Aquisgrana. Nulla poi di riguardevole
succedette nell'anno presente in Lombardia[2402], se non che il re
Sigismondo, tornando in queste parti, e facendo il nemico di _Filippo
Maria duca_ di Milano, mosse contra di lui _Gabrino Fondolo_ tiranno di
Cremona, _Giovanni da Vignate_ tiranno di Lodi, e _Teodoro marchese_
di Monferrato. Ma in nulla si ridussero i loro tentativi, perchè le
forze del duca si andavano ogni giorno più aumentando. Fermossi per
due mesi in Piacenza Sigismondo, divisando le maniere di nuocergli.
Passò ad Asti, dove contra di lui insorse una sedizione, ed in fine,
senza aver altro operato, se ne tornò in Germania. Fiera commozione
fu nel dicembre di quest'anno in Genova[2403], essendosi sollevati
contra di _Giorgio_ Adorno novello doge i popolari ghibellini, con
avere per capo Batista da Montaldo. Durò per tutto quel mese il tumulto
con varie civili battaglie, nelle quali nondimeno non si osservò la
crudeltà praticata da altre città in simili funeste congiunture. Se non
falla il Sanuto[2404], dacchè il suddetto re Sigismondo fu slontanato
da Piacenza, Filippo Maria duca spedì colà le sue genti d'armi, e
ricuperò quella città nel dì 20 di marzo, e poscia il castello nel
dì 6 di giugno. Nel novembre di quest'anno[2405] _Malatesta_ signore
di Pesaro mosse guerra agli Anconitani, e diede varie battaglie alla
stessa città, credendosi di averla per intelligenza con alcuni di
quei cittadini; ma non gli venne fatto. Molti dei suoi restarono in
quell'occasione estinti o presi. Pure circa ventinove castella di essi
Anconitani vennero in potere di lui. Fu poi rimessa la lor lite nel
senato veneto.
 
NOTE:
 
[2391] Annales Foroliviens., tom. 22 Rer. Ital.
 
[2392] Raynaldus, Annal. Eccles.
 
[2393] Diario Ferrarese, tom. 24 Rer. Ital.
 
[2394] Sanuto, Istor. Ven., tom. 22 Rer. Italic.
 
[2395] Matthaeus de Griffon., Chron., tom. 18 Rer. Italic.
 
[2396] Theodoric. de Niem, in Johanne XXIII.
 
[2397] Antonii Petri Diar., tom. 24 Rer. Ital.
 
[2398] Giornal. Napolet., tom. 21 Rer. Ital.
 
[2399] Cronica di Bologna, tom. 18 Rer. Ital.
 
[2400] S. Antonin., Par. III, tit. 22.
 
[2401] Vita Johannis XXIII, P. II, tom. 3 Rer. Italic.
 
[2402] Corio, Istor. di Milano.
 
[2403] Johannes Stella, Annal. Genuens., tom. 17 Rer. Ital.
 
 
 
 
Anno di CRISTO MCCCCXV. Indiz. VIII.
 
Sede di San Pietro vacante 1.
SIGISMONDO re de' Romani 6.
 
 
Chiunque mirava _Giovanni XXIII_ papa nel maestosissimo concilio
di Costanza, come romano pontefice, riverito da _Sigismondo re_,
ossequiato da tanti cardinali, vescovi, prelati e nobili, e assiso sul
trono alla testa di quella grande assemblea[2406], l'avrebbe chiamato
il più felice e glorioso uomo del mondo. Ma non credea già così sè
stesso papa Giovanni, perchè tormentato da un continuo batticuore di
dover scendere da quella beata cattedra, in cui era seduto finora. In
effetto da che si videro ostinati gli altri due papi in anteporre la
loro ambizione al desiderato ben della Chiesa, quei padri cominciarono
in disparte a scappar fuori con proposizioni di astrignerli colla forza
alla cessione. Non vi mancarono Italiani che diedero ad essi padri
in segreto nota di tutte le crudeltà, simonie ed altre iniquità dello
stesso Giovanni. Ma non mancavano a lui spioni, perchè in abbondanza
ne avea condotto seco; e questi gli andavano rivelando tutti i segreti
de' cardinali e de' vescovi. Lasciossi egli indurre a promettere la
cessione del pontificato, purchè anche Angelo Corrario e Pietro di
Luna, cioè gli altri due pretendenti al papato, facessero la stessa
rinunzia. Ne fu fatta gran festa nel concilio. Ma perchè una tal
condizionata promessa sarebbe rimasta senza effetto, stante la già
conosciuta durezza degli altri due; cotante istanze furono fatte a papa
Giovanni, che giunse insino ad obbligarsi alla cessione, quando altra
maniera non vi fosse di unire la Chiesa. Oh, allora sì, che ottenuto
questo importante punto, s'empierono di giubilo i padri del concilio.
Ma, fatto ciò, se ne pentì ben presto Giovanni; ed avendo segretamente
trattato con _Federigo duca_ di Austria, nella notte del dì 29 di marzo
prese così ben le sue misure, che se ne fuggì vestito da villano, e
si ridusse a Sciafusa negli Svizzeri, dove ritrattò le promesse fatte.
Gran rumore fu per questo nel concilio. Tralascio io i lor decreti, le
loro istanze per farlo tornare, e le cabale di Giovanni per sottrarsi
al fulmine che gli soprastava, bastandomi di dire, avere il re
Sigismondo, unito con altri principi, usate le preghiere, le minaccie,
e in fin le armi, per indurre il suddetto duca Federigo a prendere e
consegnare il suddetto papa Giovanni, che si era ritirato a Brisacco.
Tanto egli fece[2407], che il duca, da rigorosi editti costretto, e già
spogliato di moltissime sue terre e città, si ridusse a consegnarlo
nel mese di maggio, e il fece condurre nelle vicinanze di Costanza,
dove fu ritenuto sotto buona guardia[2408]. Gli furono intimati i capi
delle accuse, e nel dì 29 di maggio si procedette contra di lui alla
sentenza della deposizion dal papato, e alla prigionia, per far ivi
penitenza. Portato a lui questo decreto, vi si acquetò, e promise di
non appellarsene mai. Nella stessa maniera fu pubblicata la sentenza
di deposizione contra di _Gregorio XII_ e _Benedetto XIII_, siccome
papi anch'essi dubbiosi e perturbatori della Chiesa. A questo avviso
esso _papa Gregorio_, che avea buon fondo di virtù, nè finora si era
mai indotto a rimediare al bene della Chiesa, perchè troppo assediato

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