2016년 6월 30일 목요일

Annali d'Italia 146

Annali d'Italia 146


penetrato da _Francesco da Carrara_ signore di Padova, senza che egli
potesse far tornare indietro il Gonzaga, diede impulso a tutti di
venire all'accordo suddetto. Ma _Gian-Galeazzo_, che avea il cuore
troppo volto alle conquiste, soleva ben far paci e tregue, ma con animo
di romperle al primo buon vento. Finse egli, giacchè facea l'amore
a Pisa, di licenziare dal suo servigio _Paolo Savello_, ed altri
condottieri d'armi, mandandoli in Toscana ad unirsi colle altre milizie
quivi lasciate dal _conte Alberico_ da Barbiano. Entrarono questi in
Pisa[2142], e in tempo di notte furono a parlare con _Jacopo d'Appiano_
signore di quella città, richiedendogli a nome del duca di Milano
la guardia della cittadella di Pisa, Cascina, Livorno e Piombino.
Restò attonito alla dimanda l'Appiano; e siccome scaltro vecchio, con
rispettosa risposta prese tempo a risolvere. La risoluzione fu, che
ordinò a _Gherardo_ suo figliuolo (giacchè Vanni, altro suo maggior
figliuolo, e giovine di grandi speranze, era mancato di vita nell'anno
precedente) che unisse tutti i suoi soldati e parziali, e che gli
avesse pronti in armi per la mattina seguente[2143]. Fatto giorno,
assalì Gherardo le lancie di Paolo Savello, ne uccise buona parte,
fece prigione il resto col medesimo Savello ferito di tre ferite. Per
questo accidente cominciò a trattarsi di pace e lega fra i Pisani e
Fiorentini; al che gli ultimi accudivano ben volentieri.
 
Ma l'accorto duca di Milano col fingere di non curare quanto era
succeduto, e con avere spedito a Pisa _Antonio Porro_ a disapprovare
il fatto de' suoi, e a confermar l'Appiano nella sua amicizia[2144],
tanto fece, che mostrando l'Appiano anch'esso di non credere venuto
dal duca quell'ordine, ruppe ogni trattato co' Fiorentini, i quali si
trovarono ben delusi. Rimise ancora in libertà il Savello e gli altri
prigionieri. Ma che? infermatosi il medesimo _Jacopo d'Appiano_, nel
dì 3 di settembre passò all'altra vita. _Gherardo_ suo figliuolo, già
sustituito in suo luogo nel dominio qualche tempo prima, corse tosto
la città, nè ebbe opposizione alcuna. Tardò poco a correre voce che
Gherardo volea vendere Pisa al duca di Milano: il che allarmò non poco
i Fiorentini. Perciò s'affrettarono essi a spedir colà ambasciatori
con facoltà di prometter molto per distornare quel mercato, e per
indurre alla pace il giovane Appiano. Mostrossi egli molto alieno dal
dimettere il dominio della città, e si esibì mediatore della pace fra
loro e il duca di Milano. Fu nel dì 6 di maggio di quest'anno mutazione
nella città di Bologna[2145]. Fin qui la fazione degli _Scacchesi_
ossia de' _Pepoli_ avea signoreggiato. _Carlo de' Zambeccari_ dottore
coll'altra de' _Maltraversi_ fece una sollevazione, e, deposti gli
anziani, ne elesse de' nuovi, e cominciò a reggere la città a suo
talento. Non seguì uccisione nè altro male per questo, solamente ciò fu
principio d'altre maggiori rivoluzioni. Prese licenza da' Fiorentini
il lor generale _Bernardone_[2146], essendo terminata la sua ferma,
e fatta la tregua suddetta. Passato in regno di Napoli ai servigi di
_Lodovico d'Angiò_, a nome di lui s'impadronì della città dell'Aquila e
di molte castella. Anche _Broglio_ Trentino condottier d'armi, partito
dal duca di Milano, fu assoldato da _papa Bonifazio_ per un mese
affine di far guerra ai Perugini. Finito il mese, il popolo d'Assisi,
scacciato _Ceccolino de' Michelotti_ loro signore, elessero il medesimo
_Broglio_ in luogo di lui. Nel dì 23 di luglio[2147] all'improvviso
giunse a Ferrara _Francesco II da Carrara_ signore di Padova con
quattrocento uomini d'armi, ed altra gente; e, prevalendosi dell'età
giovanile dell'inesperto suo genero _Niccolò marchese_, quivi e negli
altri Stati della casa d'Este fece da padrone, mutando uffiziali e
governatori, e mettendovi chi più era a lui in grado: il che diede non
poca gelosia e molto da mormorare al popolo di Ferrara. In quest'anno
a tradimento fu ucciso _Biordo_ Perugino, che era come signore di
Perugia, dall'abbate di San Pietro; e fu creduto per ordine del papa.
Ma non per questo il papa ricuperò Perugia. Anzi quel popolo, alzatosi
a rumore, prese le armi, sconfisse i di lui uccisori. In Genova non
poteva aver luogo la quiete[2148]. Nel mese di luglio i Ghibellini del
contado si sollevarono, e, crescendo la lor forza, nel dì 17 entrarono
nella città, e quivi tutto fu in arme e furore fra essi e i Guelfi, di
maniera che, atterrito il _vescovo di Meaux_ governatore regio, se ne
fuggì a Savona. Seguitarono in Genova le battaglie e i saccheggi sino
al dì 29 del suddetto mese, in cui si fece pace; pace nondimeno che
durò solamente sino al dì 11 d'agosto, con rinnovarsi i combattimenti
e gl'incendii, che durarono molti giorni ancora. Poca gente perì
in così fieri contrasti; ma si fe' conto che tra le case bruciate
e i tanti saccheggi patisse allora Genova il danno di un milione di
fiorini d'oro: frutto amaro della pazza discordia di que' cittadini.
Essendo poi giunto colà nel dì 21 di settembre _Colardo di Callevilla_
consiglier regio, mandato per governatore dal re di Francia, fu accolto
con molto ossequio, e ritornò la quiete in essa città.
 
NOTE:
 
[2138] Annal. Foroliviens., tom. 22 Rer. Ital.
 
[2139] Raynaldus, Annal. Eccles.
 
[2140] Delayto, Annal., tom. 18 Rer. Ital. Corio, Istor. di Milano.
 
[2141] Gatari, Istor. di Padov., tom. 17 Rer. Ital.
 
[2142] Ammirat., Istor. Fiorentina, lib. 16.
 
[2143] Sozomenus, Hist., tom. 16 Rer. Ital.
 
[2144] Tronci, Annal. Pisani.
 
[2145] Matth. de Griffon. Chron., tom. 18 Rer. Ital. Cronica di
Bologna, tom. eod. Delayto, Chron., tom. eod.
 
[2146] Sozomenus, Istor., tom. 16 Rer. Ital.
 
[2147] Delayto, Annal., tom. 18 Rer. Ital.
 
[2148] Georgius Stella, Annal. Genuens., tom. 17 Rer. Ital.
 
 
 
 
Anno di CRISTO MCCCXCIX. Indiz. VII.
 
BONIFAZIO IX papa 11.
VENCESLAO re de' Romani 22.
 
 
Sino al dì 14 d'aprile l'antipapa _Benedetto_, assediato dal
maresciallo _Bucicaldo_ nel castello d'Avignone, si sostenne[2149];
ma non venendo i soccorsi ch'egli aspettava dal re d'Aragona, e
cominciando a mancare il legno da bruciare con altre provvisioni,
finalmente capitolò coll'interposizione degli ambasciatori aragonesi,
promettendo di deporre la pontificia tiara, ogni qual volta _papa
Bonifazio_ anch'egli cedesse, oppure mancasse di vita, e di non
ritardare in conto alcuno l'union della Chiesa. Promise e giurò quanto
si volle, ma risoluto di nulla attendere dipoi. Gran partigiano degli
scismatici ai confini dello Stato ecclesiastico era _Onorato Gaetano_
conte di Fondi. Più mene avea tenuto con alcuni nobili romani per
abbassare il dominio di papa Bonifazio IX; fors'anche avea tramato
contro la di lui vita. Il pontefice in quest'anno a dì 2 di maggio
pubblicò contra di lui tutte le censure, ed altre barbariche pene
solite a fulminarsi in simili casi; e poscia addosso a lui spinse
l'armi temporali con tal successo, che, secondo Gobelino[2150], arrivò
a sterminarlo affatto col braccio del _re Ladislao_. Ma non avvenne
già tutto questo nell'anno presente, siccome vedremo. Per altro verso
ancora maggiormente andavano prosperando gli affari d'esso re Ladislao,
tanto per li suoi maneggi, che per quelli dell'amico pontefice. Fra i
più potenti baroni del regno di Napoli si contava _Raimondo del Balzo_
di casa Orsina, conte di Lecce e d'altre città. S'era egli tenuto in
addietro neutrale fra i due re contendenti, facendosi credere amico
non men dell'uno che dell'altro. Ma in fine, guadagnato dal papa,
prese le armi contro a _Lodovico d'Angiò_; e giacchè era mancato di
vita senza figliuoli _Ottone di Brunsvich_ principe di Taranto, egli
s'impadronì del meglio di quel principato. Accorse bensì colà il re
Lodovico, ma non solamente nulla vi guadagnò, vi fu anche assediato
da Raimondo per terra e per mare. Mossosi per questo anche il _re
Ladislao_ da Gaeta col suo esercito, passò a quella parte, e, venutogli
incontro l'Orsino con prestargli omaggio, l'investì immediatamente di
quel principato. Noi vedemmo di sopra riferito dal Rinaldi all'anno
1391 l'avere esso Raimondo Orsino abbracciato il partito di papa
Bonifazio. Potrebbe dubitarsi ch'egli aspettasse a farlo in questo
anno. Fin qui la possente casa de' Sanseverini avea sostenuta in capo
a Lodovico d'Angiò la corona di Napoli. Cominciò anch'essa a titubare e
a tener trattati col re Ladislao, e tanto fece che il rendè padrone di
Napoli. Sono discordi gli autori in dire di qual anno preciso Ladislao
tornasse in possesso di quella nobilissima città. Il Bonincontro[2151]
fa ciò succeduto nell'anno 1397. Ma, secondo gli Annali di Giovenale
Orsini citati dal Rinaldi, e secondo altri autori, appartien questo
avvenimento all'anno presente, e però più sotto ne parlerò. Leggesi ne'
Giornali Napoletani[2152] differito il ritorno di Ladislao in possesso
di Napoli sino all'anno seguente, e così ancora l'acquisto fatto del
principato di Taranto da Raimondo Orsino; come pure, che nel dì 12
d'aprile di quest'anno i Sanseverineschi colle forze loro andarono
all'assedio della città d'Aversa, e che nel dì 4 di maggio se ne
tornarono quali erano venuti. Ma ciò è piuttosto da riferire all'anno
precedente. Veggiamo parimente scritto che il re Ladislao spossessò del
dominio di Capoa il conte di Alife; ma sembra questo fatto lo stesso
che di sopra fu narrato all'anno 1397. La storia di Napoli si scorge
in questi tempi mancante di qualche autentico e contemporaneo scrittore
de' suoi avvenimenti, riuscendo perciò molto intralciata e confusa.
 
_Gherardo d'Appiano_, divenuto signore di Pisa, era uomo di mente
ristretta, di poco coraggio. Lasciossi egli tanto aggirare ora da
spaventi, ed ora da lusinghe di _Antonio Porro_ ministro del duca
di Milano, che persuadendosi di non poter durare in quel dominio,
e all'incontro di fare il bene della patria, s'indusse nel mese
di febbraio a vendere quella città colle sue dipendenze ad esso
_Gian-Galeazzo_ pel prezzo di ducento mila fiorini d'oro[2153], e con
riserbarsi la signoria di Piombino, dell'isola d'Elba, e di qualche
altro castello. Conchiuso il trattato, mandò il duca a Pisa circa
mille lancie, ed alcune compagnie di fanteria con pretesto di mutar le
altre ch'egli prima aveva in quella città[2154]. Con questi ed altri
armati Gherardo corse la città senza resistenza; laonde con facilità
diede il possesso di Pisa all'uffiziale del Visconte. Ne furono ben
malcontenti quei cittadini; più ne rimasero turbati i Fiorentini,
che s'erano lasciati avviluppar dalle belle parole, cioè dalle finte

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