Annali d'Italia 157
Non piacque ad esso re Ladislao la convenzion fatta da Gregorio XII
di passare a Savona per trattare coll'antipapa, perchè temeva che
i Franzesi carpissero in quel congresso, qualche capitolo in favore
della casa d'Angiò, pregiudiziale a' suoi diritti. Ora, per fargli
paura ed imbrogliar le carte, fece che nel dì 17 di giugno[2290] i
Colonnesi ed altri nobili romani entrassero per un pezzo di muro rotto
nella città di Roma. Diedero alle armi i Romani; il papa si ritirò in
castello Sant'Angelo. Nel dì seguente _Paolo Orsino_, ch'era al soldo
del medesimo papa, andò ad attaccar battaglia co' nemici, li mise
in rotta e fece prigioni _Giovanni, Niccolò_ e _Corradino Colonnesi,
Antonio Savello, Jacopo Orsino_ ed altri baroni romani, ad alcuni de'
quali fu tagliata la testa, ad altri restituita per danari la libertà.
Credettero alcuni che questo badalucco fosse seguito di concerto fra
il papa e Ladislao; ma Leonardo Aretino[2291], che si trovava in Roma,
attribuisce la trama ai soli parenti del papa, senza che egli ne avesse
contezza. Vennero poi gli ambasciatori del re di Francia nel mese di
luglio a sollecitar Gregorio pel divisato congresso, giacchè Antonio
Corrario suo nipote avea largamente spacciata a Parigi la prontezza
di suo zio alla cessione; ma Gregorio cominciò a mettere in campo
delle difficoltà, e a produr diffidenze di Savona, proponendo altri
luoghi. E perciocchè Paolo Orsino l'inquietava non poco pel soldo
non pagato della sua condotta, ascendente a sessanta mila fiorini
d'oro, nel dì 9 di agosto co' suoi cardinali se n'andò a Viterbo, e
di là nel settembre passò a Siena, ove fermò la sua residenza. Colà
furono a trovarlo di nuovo gli ambasciatori dell'antipapa e del re
di Francia, a' quali rispose ad aperta ciera di non voler Savona.
Fu proposto d'andare a Lucca, o a Pietra Santa, e si convenne che
papa Gregorio si trasferirebbe all'ultimo d'essi luoghi, e Benedetto
antipapa a Porto Venere; ma si consumarono più mesi in pretensioni,
perchè Gregorio voleva prima in sua mano tutte le fortezze di Lucca: al
che _Paolo Guinigi_ signore di quella città non si sapeva accomodare.
Nè bastarono i suddetti ambasciatori, co' quali s'unirono anche
quelli di Venezia, per muovere Gregorio a partirsi di Siena. Intanto
passarono i termini già accordati pel congresso di Savona[2292],
dove s'era portato l'astuto antipapa circa il principio d'ottobre,
sparlando forte dell'avversario, quantunque neppur egli si sentisse
voglia alcuna di rinunziare il papato, menando a mano chi forse gli
credea. Certo nel cuore di tutti e due più poteva l'ambizione che la
religione. Lasciossi ben intendere papa Gregorio, stando in Siena, che
avrebbe rinunziato[2293], purchè fossero a lui riservati i vescovati
di Modone e Corone, e l'arcivescovato di Jorch in Inghilterra creduto
allora vacante, benchè tal non fosse, con altre rendite; o purchè a'
suoi nipoti fossero concedute in vicariato le città di Faenza, Forti,
Orvieto, Corneto ed altri luoghi. Ma i saggi cardinali non crederono di
aver tanta autorità da poter promettere ed eseguir le promesse. L'amor
de' parenti, siccome vediamo, facea perdere a questo pontefice di mira
il buon cammino; e si sa che eglino tutto dì gli mettevano davanti agli
occhi pericoli e rovine, s'egli dimetteva la sacra tiara[2294]. Ora
l'antipapa per far bene credere quanto contrario l'animo di Gregorio,
altrettanto disposto il suo alla riunione, giacchè l'altro non si volea
ridurre in Savona, venne maggiormente ad avvicinarsi a lui[2295]; cioè
servito da sei galee passò a Genova, e nel dì 20 di dicembre vi fece la
sua solenne entrata.
_Paolo Orsino_ in quest'anno con due mila lancie andò a Toscanella,
dove fu ben ricevuto da quel popolo[2296]. Ma da lì a qualche tempo,
col pretesto che quei cittadini avessero tramata contra di lui una
congiura, mise a sacco tutta quella nobil terra, e se ne fece padrone.
_Luigi de' Casali_ nel mese d'ottobre[2297] uccise _Francesco_ suo
zio, oppur cugino, signore di Cortona, e ne usurpò egli il dominio.
_Lodovico de' Migliorati_, siccome già accennai, divenuto signore
d'Ascoli, in premio d'aver ceduta quella città al re Ladislao, fu
creato conte di Monopello; ma poco ne godè, perchè Ladislao, a cui il
mancar fede poco costava, gli ritolse quello Stato. Altre terre della
marca d'Ancona furono prese da esso re; e _Berardo Varano_, signore
di Camerino, collegatosi con lui, e ribellatosi al papa, s'impossessò
anch'egli di varii luoghi. Dopo la perdita di Pisa era venuto a Milano
_Gabriello Maria Visconte_, e, raccomandatosi al duca _Giovanni-Maria_
suo fratello, fu creato suo consigliere, e crebbe molto in autorità.
Si prevalsero della di lui lontananza i Genovesi[2298], e _Bucicaldo_
lor governatore, per impadronirsi di Sarzana, città rimasta in
potere d'esso Gabriello. Il danaro fece tutto; e i governatori di
quelle fortezze l'un dietro all'altro nel mese d'agosto, ricevuto
il contante, le consegnarono ai Genovesi, i quali ne presero il
possesso a nome proprio e del re di Francia. Durava la confusione,
anzi più che mai cresceva in Milano per le opposte fazioni de' Guelfi
e Ghibellini[2299], mancando maniere al giovinetto duca di calmare
i loro tumulti. Lo stesso castello fortissimo di porta Zobia a lui
non ubbidiva. Mostravano tutti in apparenza qualche rispetto a lui,
e che i loro fossero movimenti privati per atterrar cadauno la parte
contraria. Intanto _Facino Cane_ gran guerriero di questi tempi, che,
per attestato di Andrea Redusio[2300], si potea appellare un altro
Alessandro, venne a Milano in soccorso de' Ghibellini con ischiere
numerose di armati. Allora fu[2301] che, veggendosi a mal partito,
i Guelfi, ricorsero per aiuto a _Jacopo del Verme_, e questi con
ingorde promesse trasse colà _Ottobuono de' Terzi_ con altre brigate
di combattenti. Trovandosi Ottobuono in vicinanza di Binasco, terra
occupata da Facino e da Gabriello Maria Visconte[2302], nel dì 21 di
febbraio si mosse in ordinanza di battaglia per assalire il nemico
Facino; e per accidente anche Facino era in armi co' suoi per fare lo
stesso. Incontratisi dunque gli eserciti, ne seguì un crudel fatto di
armi con istrage e prigionia di moltissimi. La notte sola cessar fece
il combattimento. Era toccata la peggio ad Ottobuono, ed, irritato
per questo, dopo aver ricevuto un rinforzo da Jacopo del Verme, andò
con gran furore, non so se in quella oppure in altra notte, ad assalir
di nuovo il campo di Facino sul primo sonno. Non si aspettava Facino
questa scortese visita; e però furono ben tosto messe in rotta le sue
genti. Vi restarono prigionieri circa mille uomini d'armi; Facino si
ricoverò in Binasco; _Marquardo dalla Rocca_, valoroso condottiere
d'armi, fatto prigione, ed interrogato da Ottobuono, ove fosse Facino,
rispose di non saperlo, e quand'anche lo sapesse, che non l'avrebbe
rivelato. L'infuriato Ottobuono allora gli passò colla spada la gola,
e il lasciò morto. Ritirossi Facino ad Alessandria; Ottobuono per opera
del Verme fu introdotto in Milano. Di che peso fosse costui, non tardò
quel popolo a sentirlo. Si studiarono i cittadini di farlo partire,
ma non partì senza aver prima cavato dalle borse più di cento mila
fiorini d'oro; e poi si unì a Monza con _Astorre Visconte_ bastardo di
Bernabò, per far guerra a Milano. Racconto io in poche parole tutti
questi fatti, perchè l'assunto mio non mi permette di più. Nè si dee
tacere che Jacopo del Verme, già passato al soldo de' Veneziani, e
spedito in Levante contro de' Turchi, quivi lasciò poi gloriosamente la
vita. In questo anno a dì 17 di marzo _Francesco da Gonzaga_ signore
di Mantova, principe assai rinomato pel suo valore, terminò la sua
vita, con succedere a lui _Gian-Francesco_ suo figliuolo in età di
circa quindici anni[2303]. Corse subito a Mantova _Carlo Malatesta_,
siccome zio materno d'esso novello principe, per dare buon sesto a quel
governo. Erasi intanto ritirato a Parma Ottobuono, e perchè il costume
suo era di vivere di rapine, passò con più di due mila cavalli, benchè
nemicizia dichiarata non vi fosse, sul territorio della Mirandola e di
San Felice, fermandosi quivi più d'un mese. Immenso fu il saccheggio
ch'egli diede non solamente a quella contrada, ma anche a tutto il
basso Modenese. Nè bastò questo alla crudel prepotenza. Sette navi
grosse di mercatanti milanesi e veneziani, cariche di mercatanzie per
valore di più di cento cinquanta mila fiorini d'oro, andavano giù per
Po alla volta di Venezia. Aveano passaporto dello stesso Ottobuono, e
a nulla servì; tutto fu preso dall'insaziabile ed infedel tiranno.
NOTE:
[2285] Georgius Stella, Annal. Genuens., tom. 17 Rer. Ital.
[2286] Corio, Istoria di Milano.
[2287] Raynaldus, Annal. Eccles.
[2288] vita Gregorii XII, P. II, tom. 3 Rer. Ital.
[2289] Theodoricus de Niem, Hist.
[2290] Antonii Petri Diarii, tom. 24 Rer. Ital.
[2291] Leonardus Aretinus, tom. 19 Rer. Ital.
[2292] Bonincontrus, Annal., tom, 21 Rer. Ital.
[2293] Theodoric. de Niem, lib. 3, cap. 23.
[2294] Sozomenus, Hist., tom. 16 Rer. Ital.
[2295] Georgius Stella, Annal. Genuens., tom. 17 Rer. Ital.
[2296] Sozomenus, Hist., tom. 16 Rer. Ital.
[2297] Ammirato, Istor. Fiorentina, lib. 17.
[2298] Georgius Stella, Annal. Genuens., tom. 17 Rer. Ital.
[2299] Corio, Istor. di Milano.
[2300] Redus., Chron., tom. 19 Rer. Ital.
[2301] Billius, Hist., lib. 2, tom. 19 Rer. Ital.
[2302] Delayto, Annal., tom. 18 Rer. Ital.
Anno di CRISTO MCCCCVIII. Indizione I.
GREGORIO XII papa 3.
ROBERTO re de' Romani 9.
Tanto tempestarono i cardinali zelanti del ben della Chiesa, e gli
ambasciatori di varii principi, che _papa Gregorio_ contro suo genio
deliberò di muoversi da Siena per passare a Lucca[2304], affine di
maggiormente avvicinarsi all'avversario _antipapa Benedetto_, il quale
sul fine dell'anno precedente co' suoi cardinali era venuto a Porto
Venere. Fu quel verno dei più rigorosi che mai si fossero provati,
perchè tutta la riviera di Genova (cosa ben pellegrina) era coperta di
ghiaccio e neve; e nel territorio di Siena, affinchè potesse passare
il papa[2305], bisognò rompere coi picconi il ghiaccio. Giunse egli
a Lucca nel dì 26 di gennaio, e durante questa tal quale vicinanza
i due contendenti del papato giocavano a chi sapea più di scherma
per iscreditar l'avversario, e ributtar sopra di lui la non seguita
concordia. Gregorio si copriva col mantello della paura, allegando
che non v'era sicurezza per lui in luoghi marittimi, dove comandava
_Bucicaldo_; e l'antipapa teneva al suo servigio molte galee: e in
parte non aveva il torto[2306]. Vicendevolmente l'antipapa, che, più
astuto dell'altro, era venuto a Sarzana, ricusava ciò che Gregorio
voleva, accettava ciò che era ricusato dall'altro. E proposto per
luoghi di abboccamento Pietra Santa, Carrara, Lavenza, Motrone, Livorno
e Pisa, gran tempo s'andò disputando, senza che mai si potessero
accordar fra loro. Facevano essi un passo innanzi e due indietro,
perchè sempre veniva in campo qualche sutterfugio. Per non poter di
meglio, fu preso il ripiego di trattare anche in lontananza de' punti
principali dell'accordo; ma data oggi una parola, domani si mutava, di
modo che fu conchiuso di dar tutto in iscritto. Indarno ancor questo.
Erano amendue risoluti d'ingannare l'un l'altro, e in fine il pubblico,
perchè niun d'essi volea spogliarsi di quella splendida tiara, e
neppure un d'essi mai si ridusse a dir chiaramente che rinunzierebbe.
Durante questo conflitto, i buoni cardinali e gli ambasciatori non si
davano posa per muovere due colonne fitte sulla base dell'ambizione, e
si affliggevano al veder buttati al vento tanti lor passi, preghiere
ed insinuazioni. Giunse anche un predicator lucchese sul pulpito
alla presenza del papa fino a riprenderlo in maniera intelligibile di
spergiuro, di fede mentita e di voto trasgredito. Se l'ebbe tanto a
male Gregorio, che fece carcerar l'oratore ardito, e per più giorni
appena il tenne vivo con un tozzo di pane e di acqua; anzi, se non
era _Paolo Guinigi_ signor di Lucca, che s'interpose, fu creduto che
l'avrebbe fatto morire: cosa che alterò e stomacò forte tutta la corte
pontificia. Ciò che finalmente fece sciogliere in nulla tutto questo
grande apparato, l'intenderanno ora i lettori.
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