Annali d'Italia 184
fu ucciso _Giovanni Varano_ da due suoi fratelli, e a _Pietro Gentile_
altro lor fratello dallo stesso Vitellesco tolta fu la vita. Non passò
molto che i due fratelli uccisori, cioè _Gentile Pandolfo e Berardo_,
furono trucidati dal popolo di Camerino: con che i Varani perderono
quella signoria, e i Camerinesi si fecero tributarii del conte
_Francesco Sforza_ con permissione di governarsi colle loro leggi.
V'ha chi mette questo fatto sotto il precedente anno. Per alcun tempo
avea _Amedeo VIII_ duca primo di Savoia e principe di Piemonte[2702]
gloriosamente e saviamente governati i suoi Stati, quand'ecco che nel
novembre dell'anno presente, dato un calcio alle grandezze terrene,
e rinunziato il governo ai due suoi figliuoli _Luigi_ e _Filippo_, si
ritirò in un romitaggio a Ripaglia presso il lago di Ginevra, ed ivi
istituì l'ordine di San Maurizio. Fra poco vedremo questo principe in
una positura ben diversa. Guerra intanto era nel regno di Napoli[2703].
Sovvertita la _regina Giovanna_ da' suoi consiglieri, cioè da gente
invidiosa del potere e delle ricchezze di _Gian Antonio Orsino_
principe di Taranto, ch'era allora il primo barone del regno, gli mosse
guerra. Il _re Lodovico d'Angiò_, dimorante allora in Calabria, per
ordine della regina menò contra di lui mille e cinquecento cavalli ed
altrettanti pedoni. Tre altri mila cavalli condusse a questa impresa
_Jacopo Caldora_, allora duca di Bari e signor dell'Abbruzzo; e la
regina vi mandò cinque altri mila cavalli. Contra di questo torrente
fece quanta difesa potè il principe di Taranto, aiutato da Gabriello
Orsino duca di Venosa suo fratello; pure passavano male i suoi affari,
ed era, dopo aver perduto alcune città, in pericolo di rimanere
spogliato di tutto, essendo anche stato assediato in Taranto. Ma
venuto il novembre, fu sorpreso da gagliarde febbri il re _Lodovico_,
ed, essendo passato al castello di Cosenza in Calabria, verso la metà
di quel mese passò a miglior vita: principe per le sue rare qualità
compianto da tutti, e spezialmente dalla regina, ben pentita d'averlo
trattato sì male per tanto tempo, con tenerlo lungi da sè. Aveva
egli sposata in questo o nel precedente anno _Margherita_ figliuola
del suddetto _Amedeo duca_ di Savoia, e sorella di _Maria duchessa_
di Milano, ed avea anche impiegata o gittata buona parte della dote
nella spedizione suddetta[2704]. Divenne poi questa principessa in
seconde nozze moglie di _Lodovico duca_ di Baviera, conte palatino
del Reno. Per la morte di questo principe, e perchè _Jacopo Caldora_,
sazio sino alla gola di prede, s'era ritirato a Bari, respirò alquanto
il principe di Taranto; e con quelle poche genti che avea, uscito in
campagna nel verno, in meno d'un mese ricuperò tutte le terre perdute:
frutto massimamente delle sue amabili maniere, e della sua onoratezza
e giustizia.
NOTE:
[2683] Raynaldus, Annal. Eccl.
[2684] Simonetta, Vit. Francisci Sfortiae, lib. 3, tom. 21 Rer. Ital.
[2685] Blondus, Dec. II, lib. 5.
[2686] Ammirat., Istor. di Firenze, lib. 20.
[2687] Raynaldus, Annal. Eccl. Blondus, et alii.
[2688] Johann. Stella, Annal. Genuens., tom. 17 Rer. Ital.
[2689] Anonimo, Ist. di Firenze, tom. 19 Rer. Ital.
[2690] Stephan. Infessuta Diar.
[2691] Petroni, Istor., tom. 24 Rer. Ital.
[2692] Simonetta, Vit. Francisci Sfortiae, lib. 3, tom. 21 Rer. Ital.
[2693] Cronica di Bologna, tom. 18 Rer. Ital.
[2694] Poggius, Histor., lib. 7, tom. 20 Rer. Ital. Bonincontrus,
Annal., tom. 21 Rer. Ital.
[2695] Ammirati, Istoria di Firenze, lib. 20.
[2696] Cronica di Bologna, tom. 18 Rer. Ital.
[2697] Cronica di Rimini, tom. 15 Rer. Ital.
[2698] Neri Capponi, Comment., tom. 18 Rer. Italic.
[2699] Ammirati, Istor. di Fir., lib. 20.
[2700] Sanuto, Istor. di Venez., tom. 22 Rer. Ital.
[2701] Simonetta, Vit. Francisci Sfortiae, lib. 3, tom. 21 Rer. Ital.
[2702] Guichenon, Hist. de la Maison de Savoye, tom. 1.
[2703] Giornal. Napol., tom. 21 Rer. Ital. Bonincont. Annal., tom. eod.
[2704] Guichenon, Hist. de la Maison de Savoje, tom. 1.
Anno di CRISTO MCCCCXXXV. Indiz. XIII.
EUGENIO IV papa 5.
SIGISMONDO imperadore 3.
Confermarono in quest'anno i Veneziani e Fiorentini la lega loro per
dieci anni avvenire, per opporsi allora e dipoi agl'inquieti pensieri
del duca di Milano[2705]. Ma il manieroso _Niccolò marchese_ d'Este
e signor di Ferrara, eletto dalla provvidenza per dare ne' tempi
addietro la pace all'Italia, questa volta ancora si sbracciò per
ismorzar la nuova insorta guerra. Il credito della sua onoratezza in
sì fatti maneggi animò il papa e tutte le altre potenze guerreggianti
a compromettere in lui le lor differenze[2706]: laonde nel dì 10
d'agosto furono segnati gli articoli della pace, vantaggiosi al papa,
come si può vedere nella Storia del Biondo[2707]; per li quali cessò la
guerra di Romagna, Imola fu restituita al papa, e Bologna anch'essa si
ridusse alla di lui ubbidienza. Tornò allora in essa città _Antonio de'
Bentivogli_ capo di sua fazione con altri fuorusciti, e quantunque non
ribello del papa, anzi in addietro sempre a lui aderente, pure nel dì
23 di dicembre, per ordine di Baldassare di Offida ministro pontificio
essendo stato preso, gli fu iniquamente e senza misericordia tagliata
la testa. Per questo fatto tirannico fu vicina a ribellarsi di nuovo
la città di Bologna. Gran festa nel gennaio del presente anno[2708] fu
fatta in Ferrara per le nozze di _Lionello_, figliuolo del _marchese
Niccolò_ d'Este, con _Margherita_ figliuola di _Gian-Francesco da
Gonzaga_ marchese di Mantova. _Marsilio da Carrara_, unico figliuolo
legittimo di _Francesco II_ già signore di Padova[2709], fin qui
avea menata vita privata e quieta, guardandosi dall'insidie di chi
potea desiderar la sua morte. L'andò a cercare egli stesso nel marzo
di quest'anno coll'avere ordito in Padova un trattato con alcuni di
que' cittadini, che gli doveano aprire una porta e far ribellare la
città. Nell'andare colà, ossia che fosse tradito da un suo compadre,
oppure che i villani del Vicentino il riconoscessero, fu preso, e
pagò colla testa l'infelice esito de' suoi disegni: alla qual pena
soggiacquero ancora non pochi de' congiurati padovani. Prima poi che
seguisse la sopra mentovata pace[2710], il conte _Francesco Sforza_
generale della lega era venuto in Romagna colle sue genti con disegno
di opporsi a _Niccolò Piccinino_ spedito colà dal duca di Milano.
Per la di lui lontananza incoraggito _Niccolò Fortebraccio_ nemico
del papa, con una marcia sforzata arrivò addosso a _Leone Sforza_,
lasciato dal conte Francesco suo fratello a Todi con mille cavalli e
cinquecento fanti per guardia de' suoi Stati, e il fece prigione coi
più del suo seguito. Dopo di che stese le conquiste e i saccheggi nel
territorio di Camerino, minacciando anche il resto della Marca. Fu da
ciò obbligato il conte Francesco a volare colà. Spedito _Alessandro
Sforza_ suo fratello con _Taliano Furlano_ contra d'esso Fortebraccio,
che assediava allora Capo del Monte, su quel di Camerino attaccò la
battaglia. Andò in rotta l'armata di Fortebraccio, ed egli stesso
mortalmente ferito finì da lì a poco di vivere. Rallegrate le milizie
vincitrici del conte col ricchissimo bottino, furono appresso condotte
ad Assisi, già occupato dal suddetto Fortebraccio. Si rendè al papa
quella città, e Leone fratello del conte fu rimesso in libertà.
Ma quello che più strepitoso riuscì nell'anno presente ci vien
suggerito dalla Storia di Napoli[2711]. Poco stette la regina di
Napoli _Giovanna II_, inferma da qualche tempo, a tener dietro al
defunto suo figliuolo adottivo _Lodovico d'Angiò_. Mancò ella di
vita nel febbraio, con lasciar erede _Renato_ ossia _Rinieri d'Angiò
_fratello di Lodovico. Vi fu chi pretese ingiusto quel suo testamento.
Dimorando allora in Sicilia _Alfonso re d'Aragona_, teneva sempre
gli occhi aperti sopra i fatti del regno di Napoli, e già era nel suo
partito _Gian-Antonio degli Orsini_ principe di Taranto col duca di
Sessa e con altri baroni. Trovossi allora diviso il regno in varie
fazioni. _Papa Eugenio IV_, pretendendolo devoluto alla santa Sede,
non solamente spedì colà i monitorii, ma diede ordine a _Giovanni
Vitellesco_ di entrarvi coll'armi pontificie; nè gli mancava il suo
partito. La città di Napoli con assai altre città e baroni teneva
quello degli Angioini. E in terzo luogo, siccome ho detto, facendo il
re Alfonso valere l'adozione già di lui fatta, benchè ritrattata dalla
regina, ed assistito da molti di sua fazione, si mise in punto per
ottener colla forza ciò che gli era contrastato dalle altre contrarie
fazioni. Unita dunque una possente flotta, andò a sbarcare nel regno
di Napoli, e a congiugnersi col duca di Sessa: nel qual tempo _Jacopo
Caldora_ e _Michele Attendolo_ assediavano Capoa, occupata dalle
genti del principe di Taranto. Gran peso avrebbe dato alle armi del
re Alfonso l'acquisto di Gaeta città forte e mercantile: però la
strinse d'assedio per mare e per terra, e cominciò a bersagliarla
colle bombarde. Non sapendo i Gaetani, mal preparati alla difesa,
a chi ricorrere, spedirono per aiuto a Genova. Nemici capitali dei
Catalani erano da gran tempo i Genovesi; e questo motivo aggiunto
alle esortazioni del duca di Milano loro signore, che si dichiarava
malcontento del re Alfonso, bastò per muoverli[2712]. Dopo aver dunque
spedite due galee in soccorso di quella città, fecero un armamento
di tredici grosse navi sotto il comando di _Luca Asereto_, valente
maestro di guerra nelle armate di mare, e quello inviarono nel dì 22
di luglio alla volta di Gaeta. Appena ebbe l'animoso re Alfonso inteso
l'avvicinamento di questa flotta, che in persona salì sulla propria,
e si dispose per incontrare i nemici. Era essa composta di quattordici
grosse navi e di undici galee, sopra le quali lo stesso re con tutta la
nobiltà sua e dei baroni regnicoli, e con circa undici mila combattenti
andarono come ad un sicuro trionfo, stante la troppa loro superiorità
di forze. Le grida e le ingiurie, colle quali assalirono l'armata
genovese, diedero, nel dì cinque d'agosto verso l'Isola di Ponza il
principio alla terribil battaglia che quasi dal nascere del sole durò
sino al suo tramontare. In essa fecero di grandi prodezze le milizie
del re Alfonso; ma non si può abbastanza descrivere la bravura de'
Genovesi, a' quali venne fatto di pienamente sconfiggere la contraria
armata[2713], e di far prigione lo stesso re _Alfonso, Giovanni re
di Navarra_ ed _Arrigo gran mastro_ di San Jacopo suoi fratelli,
_Gian-Antonio Orsino_ principe di Taranto, _Jacopo Marzano duca_ di
Sessa, _Angelo Gambatesa conte_ di Campobasso, _Onorato Gaetano conte_
di Morcone, ed altri non pochi signori, de' quali tralascio il nome.
Delle quattordici navi del re una sola si salvò, in cui era l'infante_don Pietro_ suo fratello.
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