Annali d'Italia 160
trovandosi alcuni Genovesi fuorusciti con Facino Cane e con Teodoro
marchese di Monferrato, persuasero loro di levare a Bucicaldo la; città
di Genova; e perciò sul fine d'agosto mossero le lor genti a quella
volta. L'avvicinamento di queste armi diede impulso ai cittadini di
Genova tanto guelfi che ghibellini nel dì 3 di settembre dì levarsi
a rumore contra del luogotenente di Bucicaldo, che restò ucciso nel
volersi ritirar nel castelletto. Molti parimente de' Franzesi rimasero
vittima del furor popolare. Levossi dunque Genova dalla signoria del re
di Francia, e Facino Cane, contento d'essersi vendicato di Bucicaldo
suo nemico, e di un regalo di trenta mila genovine, se ne tornò in
Lombardia per assistere a' proprii interessi, ed occupò nel ritorno
Novi, ch'era d'essi Genovesi. Ma per conto del marchese di Monferrato,
in ricompensa del servigio prestato, fu egli eletto capitano di Genova
cogli emolumenti soliti a darsi una volta ai dogi. Il castelletto
colle altre fortezze a forza d'armi venne poi tolto ai Franzesi; laonde
Genova restò in pace e in somma allegria. Questo fu il guadagno fatto
da Bucicaldo; egli non solamente perdè Genova, ma anche il governo di
Milano. Perciocchè, quantunque, all'avviso della sollevazion di Genova,
corresse con alcune migliaia di cavalli e fanti sino a Gavi, pure,
conoscendo l'impossibilità di ritornare nella perduta città, si ritirò
in Piemonte, giacchè temeva di sua vita, se compariva in Milano. Tentò
poscia di torre Novi a Facino; ma ne rimase sconfitto, di modo che
svergognato si ridusse in Francia a raccontar le sue tante prodezze.
Fece ancora grande strepito in questo anno il fine di _Ottobuono de'
Terzi_, tiranno di Parma e Reggio[2333]. Andava continuando contra
di lui la guerra _Niccolò Estense marchese_ di Ferrara, collegato
col _cardinal Cossa_ e coi Malatesti. Il suo infaticabile e valoroso
generale _Sforza da Cotignuola_ con una irruzione dietro all'altra
sul Reggiano e Parmigiano teneva il nemico assai ristretto. Il perchè
Ottobuono mosse parola di pace. Si convenne che presso a Rubiera
seguisse un abboccamento fra lui e il marchese d'Este. Infatti si
portò esso Ottobuono con cavalli novanta a quel congresso. Vi giunse
ancora il marchese Niccolò con cento cavalli, seco avendo il suddetto
Sforza ed Uguccion de' Contrarii suo favorito. Dopo i complimenti e
gli abbracciamenti, fattosi avanti Sforza, con uno stocco passò da
banda a banda Ottobuono. Altri scrivono[2334] che fu Michele Attendolo,
parente dello Sforza, che fece il colpo in vendetta de' crudeli
strazii da lui contra le leggi della guerra patiti nelle carceri di
esso Ottobuono. Il Delaito vuole che per essersi scoperto il disegno
di Ottobuono di levar di vita il marchese d'Este, Sforza prevenisse
l'iniqua di lui risoluzione. Comunque sia, quand'anche si creda (il
che pare più verisimile) che contro la pubblica fede seguisse la morte
di quel tiranno, certo è tanto essere stato l'odio universale contra
di lui per le sue crudeltà ed infami azioni, che ognun benedisse la
mano di chi avea liberato il mondo da quel mostro, senza far caso
della maniera con cui s'era ottenuto questo gran bene. Accadde il
fatto nel dì 27 di maggio. Condotto a Modena il cadavere dell'estinto
Ottobuono, dal popolo in furia fu messo in brani, e trovossi insino
chi mangiò delle carni di costui, come se si trattasse d'una fiera.
Successivamente poi il marchese Niccolò, ottenuto soccorso dal
cardinal Cossa, uscì in campagna sul principio di giugno, e dopo aver
preso le castella d'Arceto, Casalgrande, Dinazzano e Salvaterra, che
erano di Carlo Fogliano, ostilmente passò sul Parmigiano. Dopo varii
acquisti e piccioli fatti d'armi, nel dì 26 di giugno il popolo di
Parma, commosso dai nobili Sanvitali, si sollevò contra de' Terzi,
ed, acclamato per suo signore il marchese d'Este, uscì fuori con
gran festa a riceverlo. Fu egli introdotto fra gl'immensi viva della
città, e datogli il dominio d'essa, fuorchè della cittadella, che
assediata finalmente si rendè nel dì 27 di luglio. Parimente nel dì 28
di giugno si levò a rumore il popolo di Reggio, e fatto intender al
marchese che il sospiravano per loro signore, Uguccion de' Contrarli
volò a prenderne il possesso, e questi sforzò dipoi a rendersi quella
cittadella nel dì 22 di luglio. Per così prosperosi successi il
marchese, dopo aver donato al prode Sforza Attendolo la bella terra
di Montecchio, gli permise di passare al servigio de' Fiorentini con
secento lancie ed alcune schiere di fanteria; di modo che anch'egli
si trovò nell'esercito inviato da essi, siccome vedemmo, alla volta
di Roma. Restò poi quasi messa in camicia la famiglia de' Terzi, che
tuttavia occupava Borgo San Donnino, Castelnuovo, Fiorenzuola, la rocca
di Guardasone ed altri luoghi. Da Orlando Pallavicino fu loro tolto
Borgo, e da Alberto Scotti Fiorenzuola. Anche i Veneziani[2335], benchè
protettori de' Terzi, si impadronirono di Casal Maggiore, Brescello,
Guastalla e Colorno. Resta nondimeno anche oggidì essa famiglia in
Parma con isplendore e comodi di nobiltà.
NOTE:
[2323] Hist. Sicula, tom. 24 Rer. Ital.
[2324] Raynaldus, Annal. Eccles.
[2325] Theodoricus de Niem, Hist. Delayto, Annal., tom. 18 Rer. Ital.
[2326] Theodor. de Niem, Hist. S. Antonin., P. III, tit. 22.
[2327] Ammirato, Istor. Fiorentina, lib. 18.
[2328] Antonii Petri Diarii, tom. 24 Rer. Ital.
[2329] Delayto, Chron., tom. 18 Rer. Ital. Corio, Istoria di Milano.
[2330] Cronica di Bologna, tom. 18 Rer. Ital. Delayto, tom. eod.
[2331] Georgius Stella, Annal. Genuens., tom. 17 Rer. Ital.
[2332] Diario Ferrar., tom. 24 Rer. Ital.
[2333] Delayto, Annal., tom. 18 Rer. Italic.
[2334] Corio, Istoria di Milano. Bonincontrus, Annal. tom. 21 Rer. Ital.
Anno di CRISTO MCCCCX. Indizione III.
GIOVANNI XXIII papa 1.
SIGISMONDO re de' Romani 1.
Fu cagione la peste entrata in Pisa che _papa Alessandro V_ si
ritirasse a Prato verso il fine dell'anno precedente, e poscia a
Pistoia[2336]. Quivi ricevette la lieta nuova che Roma era liberata
dalle armi del _re Ladislao_. Fecero quanto poterono i Fiorentini per
indurlo a portarsi colà, rappresentando che sarebbe più vicino alla
guerra che si meditava di fare contra del re Ladislao nel regno di
Napoli; ma più forza ebbe l'eloquenza di _Baldassare Cossa_ cardinale
legato di Bologna, ai cui cenni ubbidiva il buon papa, quasi come
schiavo, perchè da lui principalmente riconosceva il pontificato.
Volle il Cossa che Alessandro seco venisse a Bologna, e gli convenne
nel furore del verno per montagne piene di ghiaccio e di neve passare
a quella città[2337], dove fece entrata nel giorno 12 di gennaio con
incredibil gioia del popolo bolognese, per vedere piantata nella
lor città la residenza d'un romano pontefice. Quivi nel giovedì
santo pubblicò un'ampia bolla contra ai due pretensori del papato
_Gregorio_ e _Benedetto_. Quivi ancora ricevette nel dì 12 di febbraio
una solenne ambasceria de' Romani; che gli portarono le chiavi della
città, e fecero grandi istanze, affinchè egli se ne andasse colà. Ma
al cardinal Cossa non parve bene ch'egli si partisse da Bologna. In
questo mentre, cioè nel giorno 18 di gennaio[2338], _Giorgio degli
Ordelaffi_, essendosi ribellato il popolo di Forlimpopoli al papa,
fu chiamato alla signoria di quella città, e nel dì 25 di esso mese
furtivamente ancora entrò in quella di Forlì; ma ne fu scacciato
da quel presidio. Andò poscia nel dì 8 d'aprile il cardinal Cossa a
mettere l'assedio a Forlimpopoli. Essendosi intanto infermato papa
Alessandro, ritornò esso cardinale a Bologna nel dì 28 di esso mese.
Sino al dì 3 di maggio durò la malattia del pontefice, e di essa morì
egli in quel giorno. Fu poi sparsa voce dai nemici del cardinal Cossa,
che per veleno fattogli dare da esso cardinale fosse abbreviata la vita
a quel degno pontefice; e tal voce maggiormente prese piede, allorchè,
siccome vedremo, questo cardinale divenuto papa restò abbattuto dal
concilio di Costanza. Dio solo può essere buon giudice di questi fatti.
Solea questo buon papa dire, che egli era stato ricco vescovo, povero
cardinale e mendico papa[2339]. Unironsi dunque in conclave sedici
cardinali, che si trovavano allora in Bologna, e per le raccomandazioni
fervorose fatte dagli ambasciatori del _re Lodovico_ duca d'Angiò, fu
nel dì 17 di maggio eletto papa lo stesso cardinale di Santo Eustachio
_Baldassare Cossa_, che prese il nome di _Giovanni XXIII_. Venne poscia
a Bologna a baciargli i piedi il suddetto re Lodovico nel dì 6 di
giugno, e seco concertò la guerra, giù destinata contra di Ladislao re
di Napoli. Dopo di che, nel dì 23 di esso mese s'inviò alla volta di
Firenze. Circa questi tempi _Paolo Orsino_ e _Malatesta_ capitano de'
Fiorentini ridussero all'ubbidienza del pontefice le città di Tivoli
e d'Ostia[2340]. Fece poi papa Giovanni XXIII nel dì 6 di giugno una
promozione di quattordici cardinali, tutti persone di merito o per la
loro nobiltà o per lo sapere. Fulminò le censure contro papa Gregorio
e contro l'antipapa Benedetto; e Gregorio, che s'era ridotto a Gaeta,
non mancò di fare altrettanto contra di lui. Ma si cominciarono ad
imbrogliar gli affari di papa Giovanni in Romagna; perciocchè _Giorgio
degli Ordelaffi_ nel dì 12 di giugno occupò il castello d'Oriolo, e
_Gian-Galeazzo de' Manfredi_, figliuolo del fu Astorre, nel dì 18 di
esso mese s'impadronì di Faenza[2341]. Varii altri tentativi fatti
dall'Ordelaffo per entrare in Forlì andarono tutti in fumo.
Grande sforzo di gente e di navi avea parimente in questi tempi
fatto in Provenza il suddetto re Lodovico duca d'Angiò per passare
ai danni del re Ladislao. Ma ancor questi pensò al riparo[2342].
Trovati i Genovesi, che per essersi sottratti al dominio franzese,
si erano inimicati con quella nazione, assai disposti ad assisterlo
contro del re Lodovico, fece armare in Genova cinque navi con suo
danaro, comandate da Ottobuon Giustiniani. Spedì ancora a quella volta
nove delle sue galee per vegliare agli andamenti de' Provenzali.
Comparvero infatti sette navi grosse con assai altre minori del re
Lodovico in quei mari nel dì 16 di maggio, conducendo circa otto
mila persone; e i Genovesi, senza aspettar le galee di Ladislao che
erano indietro, non tardò ad essere ricuperata; e i Genovesi appresso
s'impadronirono di cinque delle navi grosse nemiche. Delle restanti
due, l'una fuggì, l'altra andò a fondo con tutti gli uomini. Questo
colpo sconcertò di molto le misure del re Lodovico. Tuttavia tredici
sue galee si lasciarono vedere nel mese d'agosto sulla riviera di
Genova, e seguì anche battaglia fra esse e quelle di Genova e di
Napoli, ma con restare indecisa la vittoria. Secondati intanto i
Genovesi dalla flotta napoletana, fecero tornare alla loro ubbidienza
la città di Ventimiglia, che pagò col saccheggio la resistenza sua.
Presero anche il porto di Telamone ai Sanesi per tradimento del
castellano[2343], ma questo fu ricuperato nel dì 6 di ottobre. Si
trasferì a Roma il re Lodovico, e vi fu ricevuto con grande onore
nel dì 20 di settembre[2344]. Perchè era scarso di danari, non trovò
maniera di danneggiar le terre del re Ladislao; sicchè, dopo essersi
trattenuto sino all'ultimo giorno dell'anno, allora prese il cammino
alla volta di Bologna, acciocchè la sua presenza desse più calore alle
meditate imprese. Mancò di vita in quest'anno sul fine di maggio[2345]
_Roberto di Baviera_ re de' Romani, principe eminente nella pietà e
clemenza; ma non altrettanto nel valore. Era tuttavia vivente l'inetto
_Venceslao_; pure gli elettori, senza far conto di lui, si unirono in
Francoforte per dargli un successore. Entrata fra loro la discordia,
alcuni elessero nel mese di settembre _Sigismondo re_ d'Ungheria
fratello d'esso Venceslao, ed altri _Giodoco marchese_ di Moravia,
principe, che, per essere in età di novant'anni, poco godè di questo
onore, perchè da lì a tre mesi, senza essere stato coronato, terminò
la sua vita, ed aprì la strada a Sigismondo, per esser nel seguente
anno ricevuto e riconosciuto da tutti per re de' Romani e di Germania.
Era ben egli per le sue singolari virtù dignissimo di sì alto grado.
Questi, abbandonato il partito di _papa Gregorio XII_, dianzi avea
abbracciato quello di _papa Giovanni XXIII_, il quale volentieri
l'accolse, e il favorì per farlo promuovere dagli elettori suddetti.
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