2016년 6월 30일 목요일

Annali d'Italia 169

Annali d'Italia 169



che per le raccomandazioni di papa Martino, e col danaro d'alcuni
mercatanti fiorentini, egli fu liberato. Ora il Cossa, o per consiglio
di saggia politica, o per ispirazione di Dio, oppure per concerto già
fatto, prese la risoluzione di umiliarsi al legittimo pontefice, e di
metter fine per conto suo ai guai della Chiesa. Ottenne per mezzo de'
Fiorentini, amici suoi, salvocondotto, e nel dì 13 di maggio venuto a
Firenze, si gittò a' piedi di Martino, riconoscendolo per vero ed unico
papa, e rinunziando liberamente ad ogni sua pretensione sul papato.
Questo atto, di cui mirabilmente si rallegrò il pontefice, servì a lui
di motivo per crear di nuovo cardinale, e primo tra' cardinali, esso
Cossa. Ma non terminò l'anno che anche venne meno la vita di questo
personaggio, famoso per la varietà della sua industria e fortuna,
essendo egli morto nel dì 22 di dicembre. Nè sussiste, per attestato
dell'Ammirati[2467], che _Giovanni de' Medici_, padre di _Cosimo il
Magnifico_, si arricchisse coi di lui tesori, perchè il suo testamento
chiaramente pruova esser egli morto piuttosto povero che ricco. Ebbe in
quest'anno[2468] esecuzione l'accordo e la lega, già conchiusa fra esso
papa Martino e _Giovanna Seconda_ regina di Napoli. Promise la regina
ai ministri pontificii di consegnare al papa castello Sant'Angelo,
Ostia e le altre fortezze di Roma, città in cui regnavano tuttavia
molte discordie fra i Savelli e gli Orsini. E nell'accordo suddetto non
dimenticò già il papa l'esaltazione della propria casa, secondo l'uso
de' suoi tempi. Avendo egli spedito a Napoli _Giordano Colonna_ suo
fratello, ed _Antonio_ suo nipote, si vide la regina profondere le sue
grazie sopra d'esso Antonio, con crearlo duca d'Amalfi e di Castello
a mare, e con donargli poscia il principato di Salerno: di modo che
pubblica credenza fu che vi fosse stato maneggio di far succedere
questo nipote del papa nel regno di Napoli, allorchè mancasse di vita
la regina.
 
Dacchè restò depresso _Jacopo di Borbone_ conte della Marca, marito
d'essa regina, se ne stette egli sempre malcontento. Ossia che fin
d'allora fosse custodito sempre dalle guardie, oppure che, volendo
fare delle novità, fosse messo in prigione: certo è che furono fatti
premurosi uffizii per la liberazione di lui da alcuni re e principi,
ma sempre indarno. All'autorità del pontefice riuscì di fargli
ricuperare la libertà, nel dì 15 di febbraio dell'anno presente, con
varii patti per la sicurezza e pel decoro suo. Parve rimessa la buona
armonia fra lui e la moglie regina; ma perchè ella non cacciava di
corte alcuni tristi, indispettito per vedersi poco prezzato, sul fine
di maggio[2469], imbarcatosi in una nave, all'improvviso se ne andò a
Taranto. Fu ivi assediato da _Maria regina_, già moglie di _Ladislao_,
che per _Gian-Antonio Orsino_ acquistò quel principato. Laonde Jacopo
per disperazione fuggì, e di là si ridusse a Trivigi, e poscia in
Francia, portando seco un immortale sdegno contro la regina e i
Napoletani. Fecesi poi frate francescano, e i Sammartani scrivono[2470]
ch'egli morì nel 1438. Spediti dal papa, nel mese di gennaio a Napoli
il _cardinal Morosino_ vescovo d'Arezzo ed _Angelo vescovo_ di Anagni,
questi solamente nel dì 28 di ottobre eseguirono la coronazion della
_regina Giovanna_; per la qual funzione due mesi continui il popolo
di Napoli fece feste e bagordi senza fine. Come possa stare che dopo
tali atti lo stesso papa sul fine di quest'anno[2471], per quanto
vogliono alcuni, con sua bolla riconoscesse i diritti di _Lodovico duca
d'Angiò_ sul regno di Napoli, non si sa bene intendere. Certo è che
_Ser-Gianni Caracciolo_, come esiliato, spedito dalla regina a Firenze,
maneggiò con vigore i di lei interessi, ed ottenne quanto dimandò. Ma
il Caracciolo era l'anima della regina Giovanna, di modo che i suoi
nemici sparlavano, attribuendo ad amendue un illecito commercio. Nè
potendo essa sofferire la di lui lontananza, voluta dallo _Sforza_,
tanto s'industriò, che, placato lo Sforza, fece ritornare il suo caro,
e riconciliollo con lui. Oltre al grado di gran contestabile del regno,
ebbe in quest'anno Sforza da _papa Martino_ quello di gonfaloniere
della Chiesa, giacchè di lui si volea il pontefice servire per far
guerra a _Braccio_, sommamente da lui odiato, perchè occupator di tante
terre dello Stato ecclesiastico. E volentieri la regina e i Caracciolo
diedero mano all'impresa, per allontanare Sforza da Napoli e dal
regno[2472]. Troppo mi dilungherei se volessi tener dietro ai passi di
questo valoroso capitano. Brevemente dirò ch'egli andò coll'esercito
suo ad accamparsi fra Viterbo e Montefiascone. Gli venne incontro il
non men prode Braccio, che poco prima s'era impadronito d'Assisi e
della città, ma non della rocca di Spoleti[2473]. Vennero alle mani
nel dì 20 di giugno, quando il _conte Niccolò Orsino_, il quale fu
poi imputato di segreta intelligenza con Braccio, essendo tenente
della cavalleria di Sforza, dato di sprone al cavallo, si ritirò in
Viterbo. L'esempio suo si trasse dietro il resto del campo sforzesco,
il quale, inseguito da Braccio sino alle porte della città, diede a
lui campo di far prigioni mille de' cavalli sforzeschi[2474]. Stando
in Viterbo Sforza, benchè mal ubbidito dai traditori, e colla peste
entrata fra i suoi, non lasciò per questo di far molte prodezze contro
al nemico Braccio, finchè giunse _Francesco_ suo figliuolo con un buon
rinforzo di gente. Allora, teso un aguato, fece assaltar dal figliuolo
i Bracceschi, e nel combattimento ebbe prigionieri più di cinquecento
cavalli. Per questo si ritirò Braccio indietro, e benchè seguissero
varii altri incontri, poco vantaggio ognuno d'essi ne riportò. Ma
singolar guadagno fece Sforza per altro verso, perchè riuscì alla
di lui industria, o piuttosto ai segreti maneggi e all'oro del
papa, di staccare _Tartaglia_ da Braccio; da Braccio, dissi, pel cui
ingrandimento tanto s'era fin qui affaticato esso Tartaglia. Mosse il
pontefice contra di lui anche _Guido Antonio da Montefeltro_, signore
d'Urbino e di Gubbio. Tolse questi bensì a Braccio la città d'Assisi,
ma non già il castello. Accorsevi Braccio, e colla morte e prigionia
di molti Urbinati la ricuperò. Non andò così pel castello di Spoleti
assediato da un corpo di gente di Braccio, già divenuto padrone della
città. Essendovi stato spedito da Sforza un rinforzo, che si unì colla
guarnigion del castello, restarono sconfitti i Bracciani, e quella
città tornò all'ubbidienza del papa. Intanto Braccio, per vendicarsi di
Tartaglia, fece che gli Orvietani trattassero con lui di dargli quella
città. Portossi colà Tartaglia con trecento cavalli ed altrettanti
fanti, credendosi di avere fra le unghie la preda; ma, assalito da
Braccio, vi lasciò quasi tutti i suoi prigioni, ed egli con pochi
appena si salvò mercè del buon cavallo e degli sproni.
 
Niuna memoria ci resta sotto questo anno degli affari di Genova negli
Annali di quella città. Ma si raccoglie abbastanza dal Sanuto[2475] e
dal Corio[2476] che _Tommaso da Campofregoso_ doge altra maniera non
seppe trovare per liberarsi dalla persecuzion del duca di Milano e
de' suoi emuli, che di comperare a caro prezzo la pace dal medesimo
duca nel mese di febbraio. Si convenne dunque di pagargli cinquanta
mila fiorini d'oro presentemente, e nel termine di anni quattro altri
cento cinquanta mila; siccome ancora di deporre il titolo di doge,
assumendo quello di governatore; e di lasciar entrare in città i
fuorusciti, eccettochè tre casate. Ciò fatto, _Filippo Maria_ ordinò al
_Carmagnola_ di rivolgere l'armi contra di _Gabrino Fondolo_ tiranno
di Cremona. V'andò, e prese la maggior parte delle castella di quel
territorio. Avea il _pontefice Martino_, fin quando era in Mantova,
conchiuso un accordo fra il duca di Milano e _Pandolfo Malatesta_,
signore di Brescia e di Bergamo, in vigore del quale doveano ricadere
al duca quelle due città dopo la morte d'esso Pandolfo, che non avea
figliuoli, con altri patti, e con lega offensiva e difensiva fra loro.
Ma Pandolfo, al vedere l'amico Gabrino in pericolo, e temendo dopo la
rovina di lui la propria, fingendo che Gabrino avesse a lui venduta
Cremona, prese le armi per aiutarlo; con che impedì la caduta di
Cremona. Allora il Carmagnola marciò coll'esercito suo a Martinengo
nel dì 20 di giugno, e collo sborso di dodici mila fiorini vi mise
dentro il piede, e poscia imprese l'assedio di Bergamo. Si sostenne
quella città sino alla notte precedente al dì 24 di luglio, festa di
san Jacopo apostolo. Quei che poterono, della guarnigion di Pandolfo,
si salvarono nella cittadella; ma con poco frutto, perchè nel dì 26
si renderono a discrezione. Cita il padre Celestino[2477] la conferma
fatta in quest'anno dal duca della capitolazione e de' privilegii
della città di Bergamo. Dopo tale acquisto l'infaticabil Carmagnola
continuò il corso della vittoria sul distretto di Brescia, portando
seco il terrore, ma più il credito d'essere uomo osservator della
parola, e di tenere in freno la licenza dei suoi soldati. Occupò gli
Orci nuovi e vecchi, Palazzuolo, Pontoglio, Rovatto e molte altre
castella: colle quali imprese gloriosamente terminò la campagna. Anche
i Veneziani continuarono in quest'anno[2478] la guerra nel Friuli
contra di _Lodovico_ patriarca d'Aquileia, senza lasciarsi muovere
dal loro proponimento per l'interposizione del papa che mandò apposta
a Venezia il cardinale di Spagna con titolo di legato per trattare
d'accordo. Aveano il vento in poppa. Filippo Arcelli, già signor
di Piacenza, creato lor generale, sapea eccellentemente il mestier
della guerra; ogni dì più facea progressi nel paese nemico. Tanto
egli operò che Cividal di Belluno si arrendè alla reppublica nel dì
7 d'aprile. Anche Sacile venne all'ubbidienza de' Veneziani verso la
metà di agosto. Così fecero anche Prata, Serravalle ed altri luoghi.
Nel medesimo tempo faceano i Veneziani guerra in Dalmazia alle città di
Traù e di Spalatro, che erano occupate da _Sigismondo re_ dei Romani
e d'Ungheria, il quale, per la morte di Venceslao suo fratello, già
re de' Romani, era divenuto padrone anche della Boemia, e per mezzo
di _Pippo_, ossia _Filippo degli Scolari_ Fiorentino, suo generale,
riportò in quest'anno una mirabil vittoria contra di trecento mila
Turchi.
 
NOTE:
 
[2463] Diario Ferrar., tom. 24 Rer. Ital.
 
[2464] Chron. Foroliviens., tom. 19 Rer. Ital.
 
[2465] Ammirat., Istoria Fiorentina, lib. 18.
 
[2466] Leonardus Aretin., Hist., tom. 19 Rer. Ital. Vita Martin. V, P.
III, tom. 3 Rer. Ital.
 
[2467] Ammirato, Istor. Fiorentina, lib. 18.
 
[2468] Bonincontrus, Annal., tom. 21 Rer. Ital. Giornal. Napolet., tom.
eod.
 
[2469] Cribell., Vit. Sfortiae, tom. 19 Rer. Ital.
 
[2470] Sammarthan., Généal. de France, tom. 2.
 
[2471] Raynaldus, Annal. Eccles. ad ann. 1420.
 
[2472] Cribell., Vit. Sfort., tom. 19 Rer. Ital. Corio, Istor. di
Milano.
 
[2473] Campanus, Vita Brachii, lib. 4. tom. 19 Rer. Ital.
 
[2474] Bonincontrus, Annal., tom. 21 Rer. Ital.
 
[2475] Sanuto, Istor. Ven., tom. 22 Rer. Ital.
 
[2476] Corio, Istor. di Milano.
 
[2477] Celestino, Istor. di Bergamo.

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