2016년 6월 30일 목요일

Annali d'Italia 150

Annali d'Italia 150


di Dozza. Nanne e Bonifazio de' Gozzadini, per sospetto della lor
vita, si ritirarono a Ferrara, e furono banditi. In Pistoia nell'anno
presente[2195] Ricciardo de' Cancellieri, ribellatosi alla patria,
prese il castello della Sambuca; ed assistito dal duca di Milano,
a cui facea sperare il dominio di quella città, diede il guasto a
tutta quella contrada. Ma i Fiorentini colle lor forze sturbarono i
progressi del medesimo Ricciardo. Abbiamo dagli Annali di Milano[2196]
che in questi tempi Gian-Galeazzo duca, per sostener la guerra poco fa
descritta, caricò sì spietatamente i suoi sudditi di taglie e prestiti,
che molti, non potendo sostener tanti pesi, andarono raminghi pel
mondo, oppure venivano imprigionati, e dai soldati erano occupati i lor
beni. Perciò gemiti ed urli s'udivano fra tutti quei popoli. E tali per
lo più son le glorie dei principi conquistatori.
 
NOTE:
 
[2183] Corio, Istoria di Milano.
 
[2184] Bonincontrus, Annal., tom. 21 Rer. Ital.
 
[2185] Bonoli, Istoria di Lugo.
 
[2186] Raynaldus, Annal. Eccles.
 
[2187] Giornal. Napolet., tom. 21 Rer. Ital.
 
[2188] Bonincontrus, Annal., tom. 21 Rer. Ital.
 
[2189] Annal. Foroliviens., tom. 22 Rer. Ital.
 
[2190] Gatari, Istor. Padov., tom. 17 Rer. Ital. Delayto, Chron., tom.
18 Rer. Ital. Amm., Ist. Fior., lib. 16.
 
[2191] Sozomenus, Annal., tom. 16 Rer. Ital. Bonincontrus, Annal., tom.
21 Rer. Ital.
 
[2192] Mutius, Histor. Germ., lib. 26.
 
[2193] Georgius Stella, Annal. Genuens., tom. 17 Rer. Ital.
 
[2194] Matth. de Griffon., Chron. Bonon., tom. 18 Rer. Ital. Cronica di
Bologna, tom. eod. Delayto, Annal., tom. eod.
 
 
 
 
Anno di CRISTO MCCCCII. Indizione X.
 
BONIFAZIO IX papa 14.
ROBERTO re de' Romani 3.
 
 
Nulla di particolare abbiamo in questo anno delle azioni di _papa
Bonifazio IX_, sennonchè egli fece lega coi Fiorentini contra
dello Stato di Milano[2197], e Giannello suo fratello con mille e
cinquecento lancie andò all'assedio di Perugia; ma Ottobuon Terzo
colle soldatesche del duca di Milano il fece tornar indietro con poco
suo gusto. Nè altro sappiamo del _re Ladislao_[2198], fuorchè l'aver
egli contratto matrimonio con una sorella del re di Cipri appellata
_Maria_, gentile e savia signora, che giunse a Napoli nel dì 12 di
febbraio con accompagnamento nobile di Cipriotti. Furono perciò fatte
solenni giostre ed altre magnificenze in quella regal città. Dimorò
per qualche tempo il re de' Romani _Roberto_ in Venezia, disputando co'
Fiorentini del danaro ch'egli si doleva di non avere ricevuto secondo
i patti, ed esigendone dell'altro, se dovea continuare a tener le sue
armi in Italia[2199]. Perchè non andavano a suo verso gli affari, e
gli ambasciatori fiorentini s'erano ritirati, anch'egli, imbarcatosi
sopra una galea sottile, se n'andò colla sua famiglia a Tisana. Assai
nondimeno premeva alla signoria di Venezia di tener in Italia questo
principe per contrapporlo alla smoderata potenza del duca di Milano.
Fattolo perciò ritornare a Venezia nel dì 9 di gennaio, ottennero che
i Fiorentini pagassero nuovi danari; laonde, parendo già fissata la
sua permanenza in Italia, nel dì 29 del suddetto mese venne a Padova,
e volle, per maggior sua sicurezza, prendere alloggio nel castello. Ma
perciocchè i Fiorentini per loro imbrogli in Toscana, e per li bisogni
del signor di Bologna, che era più che mai infestato da _Alberico
conte_ di Barbiano, non poteano unir con lui le proprie forze, nè
si sentivano di voler sostenere colla sola lor borsa il peso di un
sì dispendioso aiuto, e perchè neppure in Germania erano quiete le
cose: il re Roberto in fine a dì 13 d'aprile congedatosi in Padova,
e ritornato a Venezia, dopo qualche giorno s'imbarcò, e tornossene
al suo paese, lasciando in Italia un misero concetto del suo nome e
valore. Allora si slargò forte il cuore a _Gian-Galeazzo Visconte_,
vedendosi tolto d'attorno un tal contradittore, e tosto s'applicò
ad eseguire i disegni già conceputi contra di _Giovanni Bentivoglio_
signor di Bologna, a cui dava il nome d'ingrato. Fin sul bel principio
di quest'anno aveano cominciato gli affari d'esso Bentivoglio a
prendere cattiva piega[2200]. Era entrato nel dì 29 di gennaio in quel
territorio il conte Alberico con cinquecento lancie; altre schiere
condotte da Marcoardo dalla Rocca si aggiunsero alle sue, e con loro
parimente si unirono Bonifazio e Nanne de' Gozzadini. S'impadronirono
essi per trattato nel dì 31 della Pieve di Cento, e poscia della rocca.
Fu seguitato l'esempio di questa terra da Massumatico, San Prospero,
Galiera, Vergà ed altre terre. Anche San Giovanni in Persiceto nel dì
3 di febbraio si ribellò gridando: _Viva la libertà_. Questo popolo
dipoi nel dì 8 di marzo chiamò il Bentivoglio a parlamento, mostrando
disposizione di far patti con lui. V'andò egli con due suoi capitani.
I patti furono, che contra di lui spararono due bombarde, l'una delle
quali uccise il cavallo a lui, e l'altra Scorpione suo capitano.
Acclamò poscia esso popolo per loro signori _Pandolfo_ e _Malatesta_
de' Malatesti. Fortuna ebbe bene esso Bentivoglio nel dì 15 di febbraio
di rompere il corpo di gente comandato da Marcoardo dalla Rocca e da
Alberto Pio, e di far prigioni que' due capitani; ma un nulla fu questo
al suo bisogno.
 
Avendo egli intanto implorato l'aiuto de' Fiorentini, questi gli
mandarono _Bernardone_ lor capitano con alcune centinaia di fanti e
cavalli. _Francesco da Carrara_[2201] anch'egli inviò loro cinquecento
fanti, bella gente e ben armata, ed anche trecento cavalieri condotti
da _Francesco Terzo_ e _Jacopo_ suoi figliuoli. Andrea Gataro[2202]
scrive, avere il signore di Padova spedito colà mille e cinquecento
cavalli e trecento fanti; ma è ben più probabile il primo racconto.
Comunque sia, poco era questo in paragon delle forze del duca di
Milano, nel cui poderosissimo esercito, composto di otto mila cavalli
e cinque mila fanti, ed altri dicono molto più, comparvero _Francesco
Gonzaga_ signor di Mantova, _Carlo, Pandolfo_ e _Malatesta_ de'
Malatesti, _Antonio del Verme_, il _conte Alberico_ da Barbiano,
_Jacopo_ e _Taddeo del Verme, Ottobuon Terzo, Facino Cane_, ed altri
rinomati capitani, i quali tutti concorsero a dare il generalato al
vecchio conte Alberico, che potea essere maestro di ognuno nell'arte
della guerra. Nel dì 22 di maggio entrò sul Bolognese l'armata
duchesca, inferendo quei danni che suol fare la militar licenza anche
senza l'ordine de' comandanti, facendo vista il Gonzaga e i Malatesti
di far eglino quella guerra a nome proprio, e non già del duca di
Milano. Avea postato Giovanni Bentivoglio le sue genti a Casalecchio,
affinchè non fosse tolta l'acqua del canale di Reno alla città. Trasse
colà anche l'esercito nemico, e nel dì 26 di giugno seguì fra loro un
terribil fatto d'armi colla sconfitta de' Bolognesi, restando prigione
di Facino Cane _Bernardone_ generale de' Fiorentini e _Francesco Terzo_
da Carrara, e del signore di Mantova _Jacopo_ altro legittimo figliuolo
del signore di Padova, oltre a Sforza Attendolo, Tartaglia e moltissimi
altri. Per questa rotta il popolo di Bologna prese le armi contra del
Bentivoglio, ed, occupate le porte[2203], lasciò entrare non solamente
i fuorusciti nemici di lui, ma anche i capitani del Visconte con alcune
brigate d'armati. Essendo nascosto _Giovanni Bentivoglio_, fu nel dì
28 scoperto, e condotto alla piazza, restò vittima del furore di quel
popolo, il quale non tardò ad acclamare per suo signore il duca di
Milano, perchè non potea di meno; e fu poi questa elezione solennemente
confermata a dì 10 di luglio nel general consiglio di quella città.
Poco stette il duca ad ordinare che ivi si fabbricasse una cittadella.
Gran danno e scontento n'ebbero i Bolognesi. Se a questa nuova
restassero storditi i Fiorentini, facile è l'immaginarselo. Già si
vedeano quasi da ogni lato circondati dal Biscione, padrone della
Lunigiana, di Pisa, Siena, Perugia e Bologna. Scrive il Corio[2204]
che dopo la presa di questa città inviò il duca in Toscana il conte
Alberico con dodici mila cavalli e diciotto mila fanti, che strinsero
d'assedio la città di Firenze. Aggiugne l'autore della Cronica di
Bologna[2205] che nel dì 23 d'agosto fu sconfitta la gente d'esso
duca dai Fiorentini. Ma di ciò nulla parlando il Delaito, il Poggio,
l'Ammirato ed altri scrittori; anzi scrivendo essi che lo scaltro
duca, per mostrar la sua moderazione, tosto trattò di pace e lega con
Firenze, non è da prestar fede in ciò allo storico milanese. Nè si
vuol tacere, che, condotto prigione da Facino Cane _Francesco Terzo_
da Carrara[2206], allorchè fu in Parma, aiutato da un suo conoscente,
ebbe la fortuna di fuggire, calandosi giù per le mura. _Jacopo_ suo
fratello prigioniere di _Francesco Gonzaga_ fu menato a Mantova.
Quantunque suo padre offerisse di riscatto cinquanta mila fiorini
d'oro, il Gonzaga, dimentico dei servigi a lui prestati dalla casa di
Carrara nella precedente guerra, stava saldo in volerne cento mila.
Molto meno costò al Carrarese la liberazion del figliuolo; perciocchè
concertato tutto con genti fidate, allorchè Jacopo un dì giocava alla
palla in sito diviso dal lago da un muro, siccome era suo costume, uscì
per un portello a pigliarla. Quivi, entrato in una barca preparata, che
velocemente il condusse fuori del lago, trovò al lido dodici cavalle
corridore, tenute da dodici uomini a cavallo, che l'aspettavano. Con
queste arrivò egli sano e salvo nel dì 23 di novembre a Padova, e recò
un'incredibil allegrezza al padre.
 
In questo auge di gloria e potenza ora si trovava _Gian-Galeazzo_
Visconte duca di Milano; ma siccome nulla è di stabile nelle umane
cose, venuta la peste a Pavia, egli si ritirò a Marignano sul
Lambro. Quivi, preso da malattia, nel dì 3 di settembre in età
di cinquantacinque anni pagò il debito della natura; nè mancò chi
sospettasse i Fiorentini autori di sua morte col veleno. Fu questo
principe di gran mente ed astuzia, amatore della vita ritirata,
magnanimo, clemente e glorioso agli occhi del mondo per le sue
tante conquiste. Altre sue belle qualità sono riferite negli Annali
di Forlì[2207]. S'egli maggiormente fosse vivuto, le disposizioni
certamente erano ch'egli avrebbe steso molto più oltre i confini
del suo dominio, giacchè cotanto era cresciuta la di lui potenza; e
la febbre dei conquistatori, così pregiudiziale a' propri ed altrui
sudditi, gli stava troppo fitta nel cuore. Dal testamento e da'
codicilli suoi, il compendio de' quali vien riferito dal Corio[2208],
si raccoglie, aver egli lasciato col titolo di duca a _Gian-Maria_ suo
primogenito _Milano, Cremona, Como, Lodi, Piacenza, Parma, Reggio,
Bergamo, Brescia, Siena, Perugia e Bologna_. A _Filippo Maria_
secondogenito legittimo lasciò con titolo di conte _Pavia, Novara,
Vercelli, Tortona, Alessandria, Verona, Vicenza, Feltro, Belluno_ e

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