2016년 6월 28일 화요일

Annali d'Italia 111

Annali d'Italia 111


Can Grande_ signor di Verona, anche egli per la sua vita dissoluta
e crudele[1611] s'era guadagnato l'odio del popolo suo. Maltrattava
del pari i suoi due fratelli, cioè _Can Signore_ e _Paolo Alboino_,
e non men la moglie, benchè bella e savia donna, perchè perduto
dietro a due meretrici. E perciocchè Can Signore udì un giorno certe
minaccie che il fecero temere della vita, scelse il dì 14 di dicembre
per vendicarsene. Trovato dunque per istrada in Verona Can Grande,
che a cavallo se ne andava a diporto, avventandosi, con uno stocco il
passò da parte a parte, e morto il lasciò. Se ne fuggì egli a Padova,
benchè niuno in Verona si movesse contra di lui. Il perchè nel dì 17
d'esso mese tornato colà con gente datagli da _Francesco da Carrara_
signore di Padova, dappoichè _Paolo Alboino_ suo fratello era stato
eletto signore, non trovò difficoltà veruna a farsi proclamar suo
collega nella signoria. Degna di memoria è la forse non mai veduta
strabocchevol quantità ed altezza delle nevi cadute in quest'anno in
Lombardia. In Modena, Bologna ed altre città fu alta due ed anche tre
braccia, laonde rovinarono molte case; e scaricata dai tetti, arrivava
sino alle gronde delle case, nè per contrada alcuna si potea passare,
nè buoi o carra mettersi in viaggio.
 
NOTE:
 
[1602] Cronica Sanese, tom. 15 Rer. Ital.
 
[1603] Johann. de Bazano, Chron. Mutin., tom. 15 Rer. Ital. Matth. de
Griffonibus, Chron. Bonon., tom. 18 Rer. Italic.
 
[1604] Petrus Azarius, Chron. Regiens., tom. 16 Rer. Ital. Chron.
Placent., tom. eod.
 
[1605] Corio, Istor. di Milano.
 
[1606] Annales Mediolan., tom. 16 Rer. Ital.
 
[1607] Matteo Villani, lib. 9, cap. 35.
 
[1608] Chron. Placentin., tom. 16 Rer. Ital.
 
[1609] Matteo Villani, lib. 9, cap. 36.
 
[1610] Rubeus, Hist. Ravenn., lib 9. Matteo Villani, lib. 9, cap 13.
 
[1611] Chron. Veronens., tom. 8 Rer. Ital. Petrus Azarius, Chron., tom.
16 Rer. Ital., pag. 420.
 
 
 
 
Anno di CRISTO MCCCLX. Indizione XIII.
 
INNOCENZO VI papa 9.
CARLO IV re de' Romani 6.
 
 
Per qualche tempo si andò sostenendo _Giovanni da Oleggio_ contro le
forze di _Bernabò Visconte_, perchè dal _cardinale Egidio_ legato
apostolico fu sovvenuto di qualche soldatesca, e l'accortezza sua
provvedeva a molti pericoli e bisogni. Ma vedendo troppo chiaro
l'impotenza sua di resistere a sì gagliardo nemico, il quale avea anche
avuto a tradimento Castelfranco e Serravalle, e non sapendo a qual
partito volgersi per tener salda la città di Bologna, così strettamente
bloccata ed angustiata da varie bastie[1612], cominciò a trattare col
cardinale di cedere a lui Bologna. Ne trattò ancora co' Fiorentini, e
lo stesso Bernabò, dopo aver penetrati i di lui maneggi, entrò anche
egli al mercato. Ma il pallio toccò all'avveduto _cardinale Egidio_,
il quale in contraccambio assegnò all'Oleggio il dominio della città
di Fermo sua vita naturale durante, e ne diede il possesso ai di lui
stipendiati[1613]. Uscì nascostamente fuor di Bologna nella notte
antecedente al primo giorno d'aprile Giovanni da Oleggio, senza che il
popolo potesse fargli oltraggio alcuno in vendetta delle tante tirannie
loro usate; e ne presero la tenuta _Blasco Gomez_ nipote del cardinale,
e _Pietro da Farnese_ capitano della gente di esso legato, con giubilo
immenso di que' cittadini. Poco nondimeno durò la loro allegrezza;
perchè inviato dal capitano suddetto ordine alle milizie di Bernabò
di levarsi dal contado di Bologna, siccome città della Chiesa, loro
venne un ordine in contrario da esso Bernabò di continuare il blocco,
e di far peggio di prima. Però seguitando per molti mesi ancora le
genti del Visconte a vivere in quelle contrade e a saccheggiar tutte
le ville, incredibil danno ne seguì a que' popoli, e Bologna più che
prima si trovò in gravissime angustie. Al cardinale Albornoz mancava la
possanza per fare sloggiar il nemico; pertanto ricorse al _re Lodovico_
di Ungheria, pregandolo d'un soccorso di sua gente al soldo della
Chiesa. Nè lo chiese invano[1614]. Mandò il re in Italia un corpo di
più di quattro, e v'ha chi dice più di sei mila arcieri a cavallo al
cardinale, crescendo con ciò i cani a divorar le viscere de' miseri
Italiani. La gente di Bernabò, senza voler aspettare l'arrivo di questi
barbari, nel dì primo di ottobre si ritirò pel Modenese alla volta di
Parma, con lasciar ben provvedute le bastie intorno a Bologna. Arrivati
gli Ungheri, non volle il cardinale lasciarli stare in ozio, ma li
spinse, insieme colle genti di _Malatesta_ signor di Rimini, a' danni
de' Parmigiani[1615]. Commisero costoro nel passaggio pel Modenese
crudeltà enormi contro uomini, donne e fanciulli, saccheggiando
dappertutto. Più nefanda ancora fu la loro barbarie nel distretto
di Parma, dove maggiormente attesero a saziar la loro ingordigia ed
avarizia, che a vincere l'assediata città e a debellare i nemici. Se ne
tornarono di dicembre, e fu creduto che Bernabò gli avesse addolciti
con qualche prezioso liquore. In questo mentre i Bolognesi con tutto
il loro sforzo espugnarono le bastie di Bernabò poste a Castenaso,
a Casalecchio e in altri siti, e se ne impadronirono: con che restò
quieta quella città.
 
Intanto _Bernabò_, pertinace nel proposito suo, s'applicò a provvedersi
sempre più di gente e di danaro per continuar la guerra contro Bologna.
Senza curarsi delle censure ecclesiastiche, ed anche per far dispetto
al legato, smisuratamente aggravò di contribuzioni il clero secolare e
regolare delle sue città, con ricavarne più di trecento mila fiorini
d'oro. Prese al suo soldo il _conte Lando_, lo spedì in Germania
per trarre in Italia un nuovo rinforzo di ladri e ribaldi, ridendosi
intanto del legato, e minacciandolo più che mai pel primo tempo. In
questo mentre _Galeazzo_ suo fratello dopo l'acquisto di Pavia pensò
maggiormente a nobilitar la sua casa con un illustre parentado[1616].
Sapendo che _Giovanni re_ di Francia si trovava in necessità di danaro
per pagare il riscatto della sua persona promesso al re d'Inghilterra,
da cui aveva ottenuto di potere ritornare in Francia, con lasciare
in Londra buoni ostaggi per questo, trattò di ottenere _Isabella_
figliuola d'esso re in moglie per _Galeazzo_ suo figliuolo, assai
giovinetto, perchè nato nel 1354, che fu poi nominato _Gian-Galeazzo_.
Fu conchiuso il trattato[1617] per mezzo di _Amedeo VI conte_ di
Savoia, fratello di _Bianca_ moglie del suddetto _Galeazzo_. Cento
mila fiorini d'oro scrive il Corio[1618] pagati da Galeazzo al re
per impetrar sì nobil nuora; _nomine mutui, sive doni_, dice l'autore
della Vita d'Innocenzo VI[1619]. Soggiugne esso Corio, essere stata
pubblica voce che questa alleanza gliene costasse ben cinquecento
mila. Matteo Villani[1620] fa giugnere la spesa fino a secento mila;
e ciò con sommo aggravio de' suoi sudditi, forse per la giunta del
viaggio e delle suntuosissime nozze che si fecero in tal occasione.
Arrivò la real principessa a Milano nell'ottobre con accompagnamento
mirabile di Franzesi e Lombardi, e quivi le feste e i bagordi furono
senza fine. Pietro Azario rende testimonianza di quella straordinaria
magnificenza e delle smoderate spese che fecero piagnere i popoli
suoi. Date furono dal re in dote alla figliuola alcune terre nella
Sciampagna, che, erette in contea, portarono al genero _Gian-Galeazzo_
il titolo di _conte di Virtù_, sotto il qual nome per molti anni dipoi
fu egli conosciuto, siccome vedremo. Erano state donate da _Carlo IV
imperadore a Lodovico re_ d'Ungheria le città di Feltro e Cividal di
Belluno[1621]. Il re, che professava non poche obbligazioni e molto
amore a _Francesco da Carrara_ signore di Padova, a lui ne fece un
regalo nell'anno presente. Nel mese di novembre ne mandò il Carrarese
ben volentieri a prendere il possesso. Intanto la Sicilia si trovava
in grandi affanni, e lacerata per la guerra ch'era fra i Catalani,
difensori del giovinetto _re don Federigo_, e le genti di _Luigi re_ di
Napoli, con cui teneano i Chiaramontesi. Ma il re Luigi non vi potea
accudire, perchè, oltre al ritrovarsi smunto di gente e di pecunia,
e il duca di Durazzo ed alcuni baroni di dubbiosa fede, venne anche
ad infestare il suo regno _Anichino di Mongardo_ con una poderosa
compagnia di masnadieri tedeschi ed ungheri. Costui, dopo aver succiato
quanto danaro potè da _Giovanni marchese_ di Monferrato, secondo il
costume di que' malvagi, l'abbandonò, e sen venne in Romagna a cercar
migliore ventura. Quattordici mila fiorini d'oro cavò dalla borsa
del _cardinale legato Albornoz_, con patto di uscir degli Stati della
Chiesa romana. Se n'andò egli dunque verso il regno di Napoli con circa
due mila e cinquecento cavalieri tra tedeschi ed ungheri, e gran ciurma
di fanti; ed, entratovi, cominciò ad assassinar le ville di quelle
contrade, e a prendere alcune terre; e quivi passò il verno fra le
abbondanti maledizioni di que' popoli.
 
NOTE:
 
[1612] Matteo Villani, lib. 9, cap. 65.
 
[1613] Johann. de Bazano, Chron. Mutinens., tom. 15 Rer. Ital. Matth.
de Griffonibus, Chron. Bononiens., tom. 18 Rer. Ital.
 
[1614] Additam. ad Cortus. Histor., tom. 12 Rer. Ital.
 
[1615] Chron. Placent., tom. 16 Rer. Ital.
 
[1616] Chron. Placent., tom. 16 Rer. Ital.
 
[1617] Petrus Azarius, Chron., tom. 16 Rer. Ital.
 
[1618] Corio, Istor. di Milano.
 
[1619] Vita Innocentii VI, P. II, tom. 3 Rer. Ital.
 
[1620] Matteo Villani, lib. 9.
 
[1621] Additamenta ad Cortusior. Hist., tom. 12 Rer. Ital.
 
 
 
 
Anno di CRISTO MCCCLXI. Indizione XIV.
 
INNOCENZO VI papa 10.
CARLO IV imperatore 7.
 
 
Teneva tuttavia la gente di _Bernabò Visconte_ nel Bolognese
Castelfranco, ed alcune altre castella[1622], e a poco a poco
ingrossandosi, ricominciò per tempo la guerra in quelle parti.
Il _cardinal Egidio Albornoz_, veggendo mal parate le cose, e che
penerebbe a resistere a sì potente avversario, siccome personaggio di
gran cuore e senno, nel dì 15 di marzo si mise in viaggio, risoluto di
passare personalmente in Ungheria per mare ad implorar più gagliardi
soccorsi dal _re Lodovico_, giacchè gli Ungheri precedentemente inviati
in aiuto del legato, parte s'erano arrolati nell'armata di Bernabò
e parte nella compagnia di _Anichino di Mongardo_. Avea lo stesso re
fatto sperare al papa d'essere pronto a venire in persona in Italia
colle sue forze, per metter fine all'insaziabilità di Bernabò, uomo
nato solamente per rovinare i propri sudditi e gli altrui con tante

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