2016년 6월 28일 화요일

Annali d'Italia 113

Annali d'Italia 113


Anno di CRISTO MCCCLXII. Indizione XV.
 
URBANO V papa 1.
CARLO IV imperadore 8.
 
 
Fu chiamato in quest'anno da Dio a miglior vita _Innocenzo VI_ sommo
pontefice in Avignone[1638], essendo succeduta la di lui morte nella
notte del dì 12 venendo il 13 del mese di settembre, dopo il contento
d'aver inteso che i Romani, prima ribelli, gli aveano data la libera
signoria della città, con patto che il _cardinale Albornoz_ non vi
avesse uffizio o giurisdizione alcuna. Se men amore avesse egli avuto
per li suoi parenti, ossia men cura d'ingrassarli, così lodevoli
furono le altre sue operazioni, che fra gli ottimi pontefici avrebbe
potuto prendere qualche sito. Poichè, quanto al dirsi da Pietro
Azario[1639] che devastò la Chiesa romana, nè fece grazia ad alcuno;
e che chiunque volle benefizii, bisognò che li comperasse da lui e
da' suoi cortigiani, con pagare poscia le rendite del primo anno al
tesoriere del signor di Milano: si può dubitare se tal racconto in
tutto sia assistito dalla verità. Certo è nondimeno che i Visconti
allora aggravavano forte i beni delle chiese, senza alcun timor di
Dio. Non accordandosi i cardinali in eleggere papa alcuno dell'ordine
loro[1640], finalmente diedero i lor voti a _Guglielmo di Grimoaldo_,
abbate di San Vittore di Marsilia, dell'ordine di San Benedetto, uomo
di sessanta anni, scienziato, di vita sommamente onesta e religiosa,
che odiava la pompa della corte d'allora. Non era egli in Avignone,
perchè dianzi inviato con titolo di nunzio alla _regina Giovanna_, e
trovandosi in Firenze, gli fu segretamente portata la nuova, giacchè si
tenne occulta l'elezione, finchè egli arrivasse ad Avignone. Racconta
Giorgio Stella[1641], tanta essere stata la di lui umiltà, che, in
passando per Genova, avvegnachè sapesse d'essere papa, pure andò a
visitare il _doge Boccanegra_, accompagnato da un solo notaio. Nella
notte nel dì 30 d'ottobre giunse egli ad Avignone, e nel dì seguente,
pubblicato papa, prese il nome di _Urbano V_, con essere poi seguita
nel dì 6 di novembre la sua coronazione. Cessato lo spavento della
peste, saltò fuori de' nascondigli _Bernabò Visconte_, e venne a
Parma, dove cominciò un trattato per avere a tradimento la città di
Reggio. Matteo Villani scrive[1642] che cinque mila de' suoi masnadieri
(numero, a mio credere, eccessivo) entrarono in quella città; ed avere
_Feltrino da Gonzaga_ signor della terra con gran valore, benchè con
poca gente, assaliti e messi in fuga gli entrati, e fattine molti
prigioni. Parevano in poco buono stato gli affari del _cardinal
Egidio Albornoz_, legato per la potenza di Bernabò, il quale pien di
superbia moveva esorbitanti pretensioni alla corte pontificia in un
trattato incominciato di pace. Ma in breve cangiò aspetto la forma,
perchè l'industrioso porporato cotanto s'affaticò che strinse seco
in lega[1643] verso il fine di aprile _Niccolò marchese_ di Ferrara,
_Francesco da Carrara_ signor di Padova, e _Feltrino da Gonzaga_
signore di Reggio, tutti interessati nell'impedire l'accrescimento di
potenza di Bernabò, che di niun facea conto e tutti conculcava. Per
questa lega ricuperò il marchese Niccolò dal cardinale le due terre di
Nonantola e Bazzano, già tolte al distretto di Modena dai Bolognesi:
il che loro molto dispiacque. Nel dì 19 di maggio strinse il marchese
Niccolò maggiormente l'alleanza sua col signor di Verona[1644],
avendo presa per moglie _Verde dalla Scala_, sorella d'esso _Can
Signore_. Fu notificata per mezzo degli ambasciatori loro da questi
principi a Bernabò la lega contratta, con pregarlo di dar orecchio
ad una buona pace. Furono essi dileggiati da quel bestione, e la
Cronica Padovana[1645] ha che egli mandò tre abiti bianchi a quei del
Carrarese, e li forzò a prendere l'udienza pubblica in quella forma.
Donò loro de' vasi d'argento, ma con figure derisorie di tutti, e si
vantava che tratterebbe da putti ognun di questi suoi nemici.
 
Nè tardò il Visconte a dar principio alla guerra, facendo scorrere sul
Modenese le genti sue ch'erano a Castelfranco sul Bolognese. _Anichino
di Mongardo_, dopo essere stato in Puglia colla sua compagnia, ed
essersene partito con poco onore, era venuto a' servigi di Bernabò.
Costui circa il dì 20 di maggio con tre mila cavalli ed altrettanti
fanti venne sul Modenese a Massa e Solara, distruggendo il paese,
e piantò una bastia a Solara sul canale, ossia sul Panaro; e, ciò
fatto, se ne tornò in Lombardia. Sul fine dello stesso mese il vecchio
_Malatesta_ signor di Rimini capitano della lega[1646] raunò la sua
armata in Modena, e venuto sul basso Modenese a Massa, quivi piantò
anche egli una bastia. Poscia marciò sul Parmigiano a' danni di
Bernabò, alle cui genti verso Peschiera fu data una rotta sul principio
di giugno. Teneva esso Bernabò l'importante fortezza di Rubiera,
posta sulla Via Claudia al fiume Secchia, che gli serviva d'asilo
per far passare le sue armi alla volta del Bolognese. Salvatico de'
Boiardi, che gliela avea data con ritenersi il Cassero, la ribellò, e
consegnò quella terra al marchese di Ferrara[1647]. Per tale acquisto
in Modena e Bologna gran festa si fece, e si accesero molti falò.
Ribellaronsi in questi tempi molte nobili casate guelfe di Brescia a
Bernabò[1648], e dopo aver prese alcune castella di quel territorio,
si collegarono con _Cane Signore_ dalla Scala. Fu in pericolo la
stessa città di Brescia[1649], e l'esercito della lega essendovi
accorso, vi mise l'assedio, e ne fece scappare Bernabò che dentro
v'era. Ma, sopraggiunta la peste, sconcertò tutta l'impresa, con
essere forzata quell'armata a ritirarsi[1650]. Modena in quest'anno e
Bologna[1651] furono sommamente afflitte da essa pestilenza, siccome
ancora varie parti della Toscana e del regno di Napoli provarono
il medesimo flagello. Scritto è che in Modena e ne' suoi borghi
perirono trentasei mila persone. Fra le varie vicende della guerra
sul Bresciano riuscì a Bernabò di ritorre ai collegati Ponte Vico
sull'Oglio, con far prigione quel presidio, consistente in dieciotto
bandiere tra cavalieri e fanti. Anche nel novembre riportò la sua
gente sul Reggiano alquanto di vittoria sopra i collegati. Contuttociò
poco ben passava ad esso _Bernabò_ la guerra in queste parti, e più
favorevole non era la fortuna a _Galeazzo_ suo fratello nella guerra
con _Giovanni marchese_ di Monferrato. Trovandosi questo principe assai
forte per la gran compagnia d'Inglesi, Franzesi e Normandi ch'egli
avea tratta di Provenza, s'impadronì di Voghera, Sala, Garlasco,
Romagnana, Castelnuovo di Tortona, e di altre terre su quel di Novara,
di Tortona e di Pavia. Avea _Galeazzo_ al suo soldo il _conte Lando_
colla sua compagnia di Tedeschi; ma costui poco si curava di spargere
il sangue per altrui[1652]. L'unico suo intento e dei suoi era di
spremere il sangue dalle borse altrui, e di vendersi, a chi più dava.
Con più fedeltà servirono gl'Inglesi al marchese di Monferrato, sotto
il comando di Albaret Sterz capitano di quella gente, e di nazione
Tedesco. La lor bravura, i lor costumi, le loro scelleraggini si
veggono descritte da Pietro Azario, siccome ancora da lui abbiamo il
filo della guerra fatta in quelle parti colla distruzione di tutti que'
paesi. Col marchese teneva _Simonino Boccanegra_ doge di Genova, ed in
rinforzo suo inviò colà molta gente insieme con _Luchinetto_, figliuolo
del fu _Luchino Visconte_ signor di Milano, a cui avea data in moglie
una sua figliuola. Tentò questa gente la città di Tortona, ma invano.
Furono devastate o spogliate assaissime terre dagli armati, e nello
stesso tempo la pestilenza facea del resto.
 
Per giunta a tanti scompigli della misera Italia insorse in quest'anno
guerra fra le repubbliche di Firenze e di Pisa[1653], città rivali
fin da' vecchi tempi. Gran preparamento d'armi e d'armati fece
l'uno e l'altro popolo. Nel dì 19 di luglio giunse l'armata de'
Fiorentini, passato il fosso Arnonico, ardendo e saccheggiando, sino
in vicinanza di Pisa, dove, a scorno dei Pisani, fece correre un
ricco palio di velluto. Presero i Fiorentini le terre di Pecciole,
Montecchio, Aiatico e Toano, e ne arsero molte altre. Anche per mare
fecero guerra a' Pisani, avendo preso al soldo loro quattro galee
genovesi, colle quali occuparono l'isola del Giglio e Porto Pisano.
Però l'anno presente riuscì molto funesto al popolo di Pisa. Nelle
nobilissime ed antichissime case di Savoia e d'Este non si leggono
tradimenti ed omicidii dimestici. Non così fu nelle meno antiche e
meno nobili dei Carraresi, degli Scaligeri ed altre d'Italia, siccome
abbiam veduto. Entrò nell'anno presente questo diabolico pensiero,
figliuolo della troppa voglia di dominare, in _Lodovico_ e Francesco
figliuoli di _Guido da Gonzaga_[1654]. Nel dì 13 di ottobre (il
Platina[1655] scrive nel dì 2 di esso mese) amendue congiurati contra
di _Ugolino_ signore di Mantova, lor fratello maggiore, ed uomo di
gran senno e valore, il privarono proditoriamente di vita, e presero
in sè la signoria della città con grande affanno di _Guido_ lor
padre tuttavia vivente, benchè altri scriva ch'egli stesso n'ebbe la
colpa. Un grosso anacronismo è quello del Corio[1656], che riferisce
questa detestabile uccisione all'anno 1376. Venne a morte in questo
anno a' dì 26 di maggio _Luigi re_ di Napoli, marito della _reina
Giovanna_, in età d'anni quarantadue. Il ritratto che di lui lasciò
Matteo Villani[1657], è assai svantaggioso, rappresentandolo uomo di
vita assai sconcia e dissoluta, poco amico del suo sangue, vile nelle
avversità, che appresso di sè mai non volle uomini virtuosi, che formò
il suo consiglio di sola gente malvagia, e maltrattò la reina sua
consorte, con giugnere alcune volte a batterla. Ora trovandosi la reina
Giovanna vedova, e conoscendo di non poter senza appoggio governar le
teste calde de' Napoletani, e tener in freno i principi reali, pensò
di accasarsi di nuovo. Fece premura _Giovanni re_ di Francia alla corte
di Avignone, per darle in marito _Filippo duca_ di Tours suo figliuolo
cadetto; ma Giovanna, volendo piuttosto chi le ubbidisse, che chi le
comandasse, antepose _Giacomo d'Aragona_, figliuolo del re di Maiorica,
giovane bello e valoroso, con patto che non assumesse il titolo di re,
e si contentasse di quello di duca di Calabria; e nascendo figliuoli,
giacchè Giovanna era anche in età capace di farne, ad essi, e non al
padre, si devolvesse il regno. Il contratto stabilito nel dì 14 di
dicembre dell'anno presente si legge intero presso il Rinaldi[1658].
 
NOTE:
 
[1636] Chron. Estense, tom. 15 Rer. Italic.
 
[1637] Matteo Villani, lib. 10, cap. 67.
 
[1638] Vita Innocentii VI, P. II, tom. 3 Rer. Ital. Matteo Villani,
lib. 11, cap. 26.
 
[1639] Petrus Azarius, Chron., tom, 16 Rer. Ital., pag. 370.
 
[1640] Vita Innocentii VI.
 
[1641] Georgius Stella, Annal. Genuens., tom. 17 Rer. Ital.
 
[1642] Matteo Villani, lib. 10, cap. 90.
 
[1643] Chron. Veronense, tom. 8 Rer. Ital.
 
[1644] Johann. de Bazano, tom. 15 Rer. Ital. Chron. Estense, tom. eod.
 
[1645] Additamenta ad Cortus. Hist., tom 12 Rer. Italic.
 
[1646] Cronica di Bologna, tom. 18 Rer. Ital.
 
[1647] Johann. de Bazano, tom. 15 Rer. Ital.
 
[1648] Corio, Istor. di Milano.
 
[1649] Petrus Azarius, Chron., tom. 16 Rer. Ital., pag. 392.
 
[1650] Matteo Villani, lib. 11, cap. 4.
 
[1651] Annales Veteres Mutinens., tom. 11 Rer. Italic.
 
[1652] Petrus Azarius, Chronic., tom. 16 Rer. Ital., pag. 380.
 
[1653] Matteo Villani, lib. 11, cap. 2.
 
[1654] Cronica di Bologna, tom. 18 Rer. Ital. Chron. Estense, tom. 15
Rer. Ital.
 
[1655] Platin., Histor. Mant., tom. 20 Rer. Ital.
 
[1656] Corio, Istor. di Milano.
 
[1657] Matteo Villani, lib. 10, cap. 100.

댓글 없음: