2016년 6월 28일 화요일

Annali d'Italia 116

Annali d'Italia 116


Scura è in questi tempi la storia di Napoli e quella di Sicilia, per
un biasimevole difetto del Fazello, che non assegna i tempi delle
cose quivi avvenute, con togliere a me il campo di riferirle a' suoi
anni precisi. Quel che è certo, nel novembre di quest'anno finì i suoi
giorni _Niccolò degli Acciaiuoli_ Fiorentino, gran siniscalco del regno
di Napoli[1697], pel cui senno la _reina Giovanna_ e il _re Luigi_
si erano sostenuti in mezzo alle gravi loro tempeste. Ma Giovanna
dimenticò ben presto i di lui rilevanti servigi, con aver bensì
alzato, ma in breve depresso, un figliuolo di lui. In Sicilia (non ne
so io determinare il tempo) _don Federigo re_ di quell'isola ricuperò
Palermo, e in fine ritolse anche Messina alla _reina Giovanna_: laonde
andarono in fumo tutte le conquiste da lei fatte in quelle contrade.
Avvenne ancora che _Giacomo infante_ di Maiorica e duca di Calabria,
che già vedemmo marito d'essa reina, ma disgustato di lei, all'udire
insorta guerra in Ispagna, colà si portò, e vi rimase prigione. La
reina dipoi il riscattò collo sborso di sessanta mila ducati d'oro. Se
ne tornò egli nell'anno seguente in Italia, ma poveramente. La Cronica
di Bologna ha[1698] che la reina Giovanna, donna di gran coraggio, e
che sapea montare a cavallo, quando occorrea, l'avea tenuto in prigione
più di sei mesi, per levargli di testa la voglia d'essere re; ma io non
saprei assicurar la verità di questo fatto.
 
NOTE:
 
[1686] Corio, Istoria di Milano.
 
[1687] Chron. Veronens., tom. 8 Rer. Ital.
 
[1688] Cronica di Siena, tom. 15 Rer. Ital.
 
[1689] Chron. Placent., tom. 16 Rer. Ital.
 
[1690] Gatari, Istor. di Pad., tom. 17 Rer. Ital.
 
[1691] Annal. Mediolan., tom. 16 Rer. Ital. Corio, Istor. di Milano.
 
[1692] Cronica di Bologna, tom. 18 Rer. Ital.
 
[1693] Chron. Veronens., tom. 8 Rer. Ital.
 
[1694] Caresin., Chron. Venet., tom. 12 Rer. Ital.
 
[1695] Chron. Veron., ubi sup.
 
[1696] Vita Urbani V, P. II, tom. 3 Rer. Ital.
 
[1697] Matth. Palmerius, Vit. Nicolai Acciajoli, tom. 13 Rer. Ital.
 
[1698] Cronica di Bologna, tom. 18 Rer. Ital.
 
 
 
 
Anno di CRISTO MCCCLXVI. Indizione IV.
 
URBANO V papa 5.
CARLO IV imperadore 12.
 
 
Nacque nel maggio dell'anno presente a _Galeazzo Visconte_ in
Pavia una figliuola da Bianca di Savoia, a cui fu posto il nome
di _Valentina_[1699], e col tempo passò in Francia, maritata in un
principe di quella real casa. Per questa nascita si fecero mirabili
feste in quella città. Ed essendo in tal congiuntura capitati colà
_Niccolò marchese_ d'Este e _Malatesta Unghero_, che andavano per
loro affari alla corte del papa, tennero insieme con _Amedeo conte_
di Savoia al sacro fonte la fanciullina. Passarono dipoi i due primi
principi a Milano, dove ricevettero di grandi finezze da Bernabò,
quando il lor viaggio ad Avignone avea per iscopo la rovina di lui,
se la fortuna gli avesse assistiti. Giunti questi due principi al
papa, il mossero a maneggiare una lega, in cui avessero luogo non
solamente il papa stesso[1700], i suddetti due signori, _Francesco
da Carrara, Lodovico_ e _Francesco da Gonzaga_, ma anche lo stesso
_Carlo imperadore_, a cui fu d'essa lega dato il baston da comando, e
_Lodovico re_ d'Ungheria. Questa poi fu conchiusa nel dì 7 d'agosto
dell'anno seguente. Le apparenze erano che la volessero unicamente
contro le compagnie de' soldati masnadieri, flagello insopportabil
allora dell'Italia; ma creduto fu che segretamente si trattasse della
depression de' Visconti, la potenza de' quali dava da gran tempo troppa
gelosia a cadauno de' principi d'Italia. Appena l'accorto Bernabò ebbe
sentore di questo maneggio, che per chiarirsi delle lor intenzioni
diede ordine a' suoi ambasciatori di far istanza per essere ammesso in
quella lega. Il papa li rimise allo imperadore, e l'imperadore gli andò
menando a mano un pezzo, tanto che Bernabò si assicurò de' lor disegni.
Il perchè comandò ad _Ambrosio_ suo figliuolo, il quale si trovava
allora nel Genovesato, di assoldar sempre più gente. Fu ubbidito.
Pagava profumatamente, nè di più ci volea perchè tutti i ribaldi e
malcontenti ed Inglesi e Tedeschi corressero a lui: laonde raunò un
formidabile esercito[1701]. Passò questa gente alla Spezia, e ad altri
luoghi della riviera di Genova, saccheggiando dappertutto. Arrivarono
a Levanto, andarono a Chiavari. Tutti fuggivano per quelle parti, e in
Genova stessa era sommo lo spavento.
 
E pur crebbero gli affanni nel dì 13 di marzo, perchè _Galeazzo
Visconte_ mandò ad intimar la guerra a quel popolo. Si dubitò forte
che bollissero intelligenze per deporre _Gabriello Adorno_ doge,
dacchè fu manifesto essersi unito coi nemici _Lionardo di Montaldo_,
rivale dell'Adorno, e bandito in Genova. Fu dunque preso il partito
dal consiglio di Genova di trattar accordo coi signori di Milano,
e restò dipoi nell'anno seguente convenuto che i Genovesi pagassero
loro ogni anno quattro mila fiorini d'oro, e mantenessero quattrocento
balestrieri al loro servigio, e in tal guisa cessò quel rumore. Per
questo accordo _Ambrosio Visconte_ colle sue masnade si ritirò da
que' contorni, e tornò con _Giovanni Aucud_ a salassare i miseri
Sanesi[1702]. Se vollero essi levarsi d'addosso queste sanguisughe,
dappoichè varii loro luoghi aveano patito il sacco e l'incendio, fu
d'uopo pagare a' dì 23 di aprile dieci mila e cinquecento fiorini
di oro e molte carra di armadure, oltre a varii altri regali di
commestibili. Se ne andarono costoro col malanno alla volta di Roma. Al
servigio dei Perugini dimorava allora _Albaret_ Tedesco, capitano della
compagnia della Stella. Perchè costui trattava un tradimento in danno
di quella città, nel novembre tagliata gli fu la testa. D'ordinario
andavano a finir male questi capi d'assassini. Colla morte naturale,
che seguì nell'anno presente, di _Giovanni da Oleggio_, stato già
tiranno di Bologna, la città di Fermo ritornò sotto il pieno dominio
della santa Sede. Più istanze aveano fatte i Romani affinchè _papa
Urbano V_ riportasse la sedia pontificale e la residenza in Roma.
Veggonsi ancora lettere esortatorie del Petrarca per questo. Forse niun
bisogno avea egli di tali sproni, perchè, prima anche d'essere alzato
al trono pontificale, attribuiva i disordini dello Stato della Chiesa,
anzi dell'Italia tutta, alla lontananza dei papi, ed avea già mostrata
la sua disposizione a levarsi dalla Provenza. Pertanto, avendo presa
la risoluzion di venire a Roma, scrisse in questo anno al _cardinale
Egidio Albornoz_ che gli preparasse il palagio in Roma, ed un altro in
Viterbo, dove pensava di passar la state dell'anno prossimo venturo.
 
NOTE:
 
[1699] Corio, Istoria di Milano.
 
[1700] Raynaldus, Annal. Eccles.
 
[1701] Georgius Stella, Annal. Genuens., tom. 17 Rer. Italic.
 
[1702] Cronica di Siena, tom. 15 Rer. Ital.
 
 
 
 
Anno di CRISTO MCCCLXVII. Indiz. V.
 
URBANO V papa 6.
CARLO IV imperadore 13.
 
 
Finalmente volle _Urbano V papa_ dar compimento alla risoluzion sua
di trasferirsi in Italia, al dispetto de' cardinali franzesi che
fecero di mani e di piedi per frastornare questo lodevol disegno. Da
Venezia, da Genova, da Pisa e dalla _reina Giovanna_ gli furono a gara
esibite galee per condurlo, e servirgli di sicurezza e scorta[1703].
Ne accettò egli venticinque, e con queste nel dì 23 di maggio arrivò
a Genova, accolto con immensa allegrezza da quel popolo. Più di mille
persone per fargli onore si vestirono di drappo bianco, che così era
allora il rito. Volle alloggiar fuori di città; ma, fattagli paura
di qualche possibil sorpresa dalla parte de' Visconti, co' quali non
si erano peranche acconci i Genovesi, elesse un luogo più sicuro.
Pontificalmente vestito, e addestrato da _Gabriello Adorno_ doge e da
Deliano de' Panciatichi da Pistoia podestà, cavalcò per la città, e
nel dì 28 sopra le galee imbarcatosi di nuovo, passò nelle vicinanze di
Pisa, ma senza volere smontare in terra[1704]. Giunto a Corneto, quivi
trovò il cardinale legato _Egidio Albornoz_, e con lui andò a fermare
in Viterbo nel dì 9 di giugno i suoi passi[1705]. Indicibil fu in tutta
Italia il giubilo per questa venuta del pontefice. Non tardarono i
Romani a spedirgli una solenne ambasciata colle chiavi della città; e
_Niccolò Estense marchese_ di Ferrara[1706], dopo aver magnificamente
accolti in Modena que' cardinali che vennero per terra, e dopo
essere ito apposta a Venezia a prendere _Jacopo conte di Savoia_,
ed averlo condotto a Rovigo nel dì 3 di ottobre, si partì da Ferrara
con settecento uomini d'armi e duecento fanti riccamente vestiti, ed
arrivò nel dì 12 a Viterbo, dove era stata una sedizion del popolo che
mise gran paura a tutta la corte papale. Non altro che lui aspettava
il pontefice per muoversi alla volta di Roma; e però sotto la guardia
del marchese e delle sue genti nel dì 14 s'inviò colà, accompagnato
da _Amedeo VI conte di Savoia_, da _Malatesta Unghero_ signor di
Rimini, da _Ridolfo signore di Camerino_, e da copiosissima nobiltà
di tutti gli Stati della Chiesa e di Toscana, e dagli ambasciatori
dell'_imperadore_, del _re di Ungheria_, della _reina Giovanna_, e
d'altri principi e città. Sperava egli di far quella solenne entrata
in compagnia dello stesso _imperadore Carlo IV_ (che questo era il
concerto); ma sopraggiunti varii affari a quell'Augusto, differì egli
sino all'anno venturo la sua venuta. Accolto con incontro magnifico dal
clero e popolo romano, fra gli strepitosi viva andò il papa a smontare
alla basilica vaticana. Sulle scalinate, o per ordine o con licenza
di lui, il _marchese Niccolò_ conferì l'ordine della cavalleria a
sei nobili italiani e ad altrettanti tedeschi. Andò poscia il papa ad
alloggiar nel palazzo vaticano[1707].
 
Mancò di vita in quest'anno nella città di Viterbo, a dì 24 d'agosto,
un lume del sacro collegio, cioè il cardinal _Egidio Albornoz_,
personaggio, la cui memoria fu e sarà sempre celebre nella storia
ecclesiastica per le tante imprese da lui fatte in servigio temporale
della Chiesa romana, e per la sua mirabil attività e saviezza. Nel dì 5
d'aprile di quest'anno avea egli tolta a' Perugini la città d'Assisi.
Per questa perdita fu sommamente afflitto il papa, perchè più che mai
abbisognava de' consigli e dell'appoggio di questo insigne porporato.
Trovò esso pontefice al suo arrivo la famosa città di Roma ridotta
in pessimo stato, cadute le maestose fabbriche degli antichi Romani,
chiese rovinate, palagi abbandonati, case vote o diroccate, e con mano
toccò gli amari effetti della sì lunga assenza de' pontefici. Cominciò
ben egli a medicar queste piaghe; ma, siccome vedremo, le concepute

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