2016년 6월 28일 화요일

Annali d'Italia 117

Annali d'Italia 117



speranze da lì a non molto svanirono. Era divenuta la Toscana un
misero teatro delle insolenze e della crudeltà de' soldati masnadieri.
Spezialmente Siena e Perugia ne provarono in questi tempi un nuovo
scempio[1708]. Correndo il mese di gennaio, tornò sul Sanese _Giovanni
Aucud_ colla compagnia degl'Inglesi, desertando, secondo il solito,
quel paese. Succederono varie battaglie di poco momento. Passarono
costoro sul Pisano a dar la sua a quel territorio; ma sul principio
di marzo eccoli di nuovo ad infestare il distretto di Siena. Allora
i Sanesi, unito quanto poterono di gente massimamente unghera, e
ricevuto dai Perugini un buon rinforzo, vollero tentar la fortuna con
una giornata campale nel dì 6 di marzo a Montalcinello. Male per loro,
perciocchè furono rotti colla morte o prigionia di moltissimi. Fra i
presi si contò Ugolino da Savignano nobile modenese, loro conservatore
e capitano di guerra, a cui fu messa taglia di dieci mila fiorini
d'oro. Cavalcò poscia l'Aucud sul contado di Perugia. Anche quel bravo
popolo si appigliò all'uso del ferro, piuttosto che a quello dell'oro,
per allontanar questi divorati da' suoi confini; ma, venuto a battaglia
al ponte di San Gianni, ne andò sconfitto colla morte, per quanto portò
la fama, di circa mille e cinquecento persone.
 
Grandi feste si fecero nel dì 3 di giugno in Milano[1709], perchè vi
si celebrarono le nozze di _Marco_ figliuolo di _Bernabò Visconte_
con _Isabella_ figliuola di _Stefano_ (ossia di _Federigo_) _conte
palatino_ e duca di Baviera. Parimente Bernabò diede per moglie a
_Stefano duca_ di Baviera _Taddea_ sua figliuola. A questo anno ancora
riferiscono gli Annali di Milano e il Corio[1710] le disavventure di
_Ambrosio Visconte_, bastardo di Bernabò. Era egli colla sua campagnia
di masnadieri passato in regno di Napoli verso l'Aquila, mettendo in
contribuzione e saccheggiando quelle contrade. La _reina Giovanna_,
raccolte tutte le sue milizie sotto il comando di Giovanni Malatacca
Reggiano, le spedì contra d'Ambrosio. Si venne ad una battaglia,
l'armata d'Ambrosio fu disfatta, ed egli con altri conestabili condotto
nelle carceri di Napoli, dove gran tempo fece penitenza, ma sforzato,
delle rapine e dell'altre molte sue iniquità. Io non so se questo
fatto appartenga all'anno presente. Ne' Giornali Napoletani[1711] e da
Sozomeno se ne parla all'anno 1370. Tuttavia sembra che più fede meriti
la Cronica di Siena[1712], dove all'anno seguente viene raccontata
questa battaglia, succeduta a Sacco del Tronto in Puglia. Erano circa
dieci mila tra fanti e cavalli quei d'Ambrosio; così fiera fu la
rotta, che pochi ne camparono, essendo rimasti o sul campo, o presi
in paese tutto irritato contra sì bestiale canaglia. Ambrosio, ferito
e preso, andò a riposar nelle prigioni. Secento di costoro furono
menati prigioni a Roma, giacchè anche le milizie del papa aveano avuta
parte alla vittoria. Trecento ne fece impiccare il papa; gli altri
condotti a Montefiascone, perchè vollero fuggire, furono anche essi
col laccio tolti dal mondo. Questa parve una crudeltà al Corio[1713].
Nell'anno presente[1714] a' dì 13 di gennaio compiè il corso di sua
vita _Marco Cornaro_ doge di Venezia, e fu alzato a quella dignità
_Andrea Contareno_ nel dì 20 di esso mese. Intanto _Bernabò Visconte_,
pieno di fiele con tra di _Lodovico_ e _Francesco da Gonzaga_ signori
di Mantova, si collegò con _Can Signore_ dalla Scala, padrone di Verona
e Vicenza, disegnando di assediar Mantova, e facendo credere, se gli
riusciva, di farne un dono allo stesso signor di Verona.
 
NOTE:
 
[1703] Georgius Stella, Annal. Genuens., tom. 17 Rer. Ital.
 
[1704] Vita Urbani V, P. II, tom. 3 Rer. Ital.
 
[1705] Raynald., Annal. Ecclesiast.
 
[1706] Chron. Estense, tom. 15 Rer. Ital.
 
[1707] Vita Urbani V, P. II, tom. 3 Rer. Ital.
 
[1708] Cronica di Siena, tom. 15 Rer. Ital.
 
[1709] Annales Mediolan., tom. 16 Rer. Ital.
 
[1710] Corio, Istoria di Milano.
 
[1711] Giornal. Napolet., tom. 21 Rer. Ital. Bonincontr., tom. eod.
 
[1712] Cronica di Siena, tom. 15 Rer. Ital.
 
 
 
 
Anno di CRISTO MCCCLXVIII. Indiz. VI.
 
URBANO V papa 7.
CARLO IV imperadore 14.
 
 
Continuò papa Urbano il suo soggiorno nel palazzo del Vaticano anche
nella primavera di quest'anno, e nel mese di marzo _Giovanna regina_
di Napoli e _Pietro re_ di Cipri vennero a Roma per baciargli i
piedi, e per trattar dei loro affari[1715]. Ad essa regina in segno
d'onore fu donata dal pontefice la rosa d'oro. Venuta la state, andò
il santo Padre a villeggiare a Montefiascone, della cui buon'aria e
situazione si compiacque assaissimo. Eresse quivi un vescovato e un
capitolo di canonici. Insigni parentadi si studiò sempre _Bernabò
Visconte_ di fare; ma _Galeazzo_ suo fratello gli andò innanzi anche in
questo. _Bianca_ sua moglie era sorella di _Amedeo VI conte di Savoia;
Isabella_, moglie di _Gian Galeazzo_ suo figliuolo avea per padre il
re di Francia. Contrasse egli parentela in quest'anno anche col re
d'Inghilterra[1716], con dare in moglie a _Lionello_ ossia _Lionetto_,
figlio d'esso re e duca di Chiarenza, _Violante_ sua figliuola. La
dote fu magnifica, perchè, oltre a ducento mila fiorini d'oro[1717],
concedette al genero la città d'Alba e molte castella in Piemonte,
come Montevico, Cuneo, Cherasco e Demonte. Nel dì 27 di maggio venne il
reale sposo a Milano[1718], accolto con ismisurata pompa e regali senza
fine dai Visconti fratelli, e da gran nobiltà dell'uno e dell'altro
sesso. Celebraronsi le nozze nel dì cinque di giugno, nel qual giorno
si fecero nobilissimi conviti, che si veggono descritti dall'autore
degli Annali Milanesi e dal Corio. Alla prima mensa, dove sedeano i
principi, fu ammesso anche _Francesco Petrarca_ insigne poeta: tanta
era la di lui riputazione. Ma infausto fine ebbe questo matrimonio;
imperciocchè il suddetto principe inglese, divenuto padrone d'Alba
e delle suddette castella in Piemonte, per intemperanza, o per altre
cagioni, finì di vivere in Pavia nell'anno presente (altri dicono nel
seguente) con incredibil rammarico e gravissimo danno di Galeazzo, il
quale non solamente perdè il genero, e seco le speranze di appoggio
dalla parte del re d'Inghilterra, ma neppur potè ricuperar Alba e
l'altre terre dotali del Piemonte, delle quali si fece padrone Odoardo
il Dispensiere inglese, siccome andremo vedendo.
 
Stava in questo mentre _Bernabò Visconte_ suo fratello attento agli
andamenti e preparamenti de' principi collegati, ben prevedendo
che l'aveano giurata contra di lui; sapea eziandio che _Carlo IV
imperadore_, capo della lega, si disponea a passar in Italia con
formidabili forze. Però da tutte le parti cercò al suo soldo gente,
e determinò di prevenire i nemici colle sue armi e con quelle di
_Can Signore dalla Scala_ suo collegato. Erano allora le armate di
Italia, siccome osservò il Corio, composte di varie nazioni. In quelle
di Bernabò e di Galeazzo si contavano Italiani, Tedeschi, Ungheri e
Borgognoni; e lo stesso succedea in quelle degli Estensi, Gonzaghi
e Scaligeri. Il papa nell'esercito suo avea gran copia di Franzesi,
Spagnoli, Bretoni, Provenzali e Pugliesi. Fra poco vedremo comparire
anche l'imperadore con Boemi, Schiavoni, Polacchi ed altre nazioni.
Se l'Italia stesse bene fra tanti e sì varii, quasi dissi, cani e
ladroni, ognun può immaginarselo. Avvenne[1719] che nel dì 9 di marzo,
trovandosi in Parma una grossa guarnigione di Bernabò, vennero alle
mani i soldati italiani coi tedeschi ed ungheri, e degli ultimi ne
rimasero uccisi trentadue. Fecero gli uffiziali del Visconte far tregua
di tre mesi fra loro, e si quetò per allora il tumulto. Ora Bernabò,
unite le sue armi con quelle del fratello _Galeazzo_ e dello Scaligero,
all'improvviso nel dì cinque d'aprile portò la guerra sul Mantovano
per terra e per acqua[1720], avendo fatto calare per Po una copiosa
flotta di galeoni armati. Entrò nel serraglio di Mantova da due parti,
mettendo a sacco e fuoco tutto il paese, e quivi fabbricò una bastia
fortissima. Anche dalla parte di Guastalla mandò un esercito verso
Borgoforte, e se ne impadronì. Non tardò _Niccolò marchese_ d'Este a
spedire in soccorso de' collegati Gonzaghi i suoi galeoni armati per
Po. Giunta a Borgoforte questa flotta, attaccò battaglia con quella del
Visconte. Dieci ore durò il combattimento; in fine la peggio toccò ai
legni estensi; e quelli che non si poterono salvar colla fuga, rimasero
in potere dei vincitori. Ciò fatto, l'esercito di Bernabò si accostò
maggiormente a Mantova. Intanto andarono covando i Tedeschi l'odio
conceputo contra de' soldati italiani per la rissa succeduta in Parma,
finchè se la videro bella. Essendo un dì sul Mantovano, senza far caso
della tregua giurata, assalirono i fanti italiani. Lunghissimo fu il
combattimento, e molti furono trucidati dall'una e dall'altra parte;
ma perchè gl'Italiani erano in minor numero, toccò loro la peggio; e
circa settecento d'essi si gittarono nel Po. Bernabò, ch'era in Parma,
corse a Guastalla tutto dolente, e tanto si maneggiò, che fecero
pace insieme. Anche in Bergamo, giunta la nuova dell'assassinio fatto
agl'Italiani dai Tedeschi ed Ungheri, quarantacinque di quei Tedeschi,
i quali erano ivi in presidio, furono spogliati ed uccisi.
 
Si mosse, nell'aprile di quest'anno, dalla Boemia _Carlo IV
imperadore_[1721] con un possente esercito, accompagnato dai duchi di
Sassonia, d'Austria, di Baviera, da' marchesi di Moravia e di Misnia,
e da varii altri vescovi e gran signori. Giunse nel dì 5 di maggio a
Conegliano, dove fu a rendergli i suoi ossequii _Niccolò marchese_ di
Ferrara. Nel dì 12 di giugno arrivò a Figheruolo sul Ferrarese, e seco
si congiunsero, le milizie di _papa Urbano_, governate dal _cardinale
Anglico_, vescovo d'Albano, fratello d'esso pontefice, con quelle della
_reina Giovanna_. L'anonimo autore degli Annali Milanesi[1722] (se pur
non è guasto il suo testo), per ingrandir la gloria de' Visconti, si
lasciò scappar dalla penna che questa armata ascendeva a cinquanta mila
cavalieri, senza la fanteria. L'autore della Cronica di Rimini[1723]
narra che Carlo venne in Italia con trenta mila cavalieri. E
all'incontro il Corio[1724] scrive essere stata l'armata dei collegati
di venti mila persone. Tuttavia, qualunque fosse l'esercito di lui,
pareva che l'imperadore avesse da ingoiare i Visconti. Ma Carlo IV,
principe debole di consiglio in quasi tutte le imprese sue, nulla fece
di rilevante in questo anno. Mise l'assedio ad Ostiglia, terra allora
del Veronese: non potè averla. Andò sotto alla bastia fabbricata da
Bernabò nel serraglio di Mantova, e con tutti i suoi assalti e con
tante forze non potè vincerla. Il peggio fu che, ingrossato il Po, li
suoi vollero tagliar l'argine del fiume per inondar la bastia; e quei
della bastia voltarono le acque addosso al campo dell'imperatore, di
modo che si trovò tutta la sua gente in pericolo, e convenne sloggiare
in fretta, lasciando anche indietro buona parte del bagaglio. Del pari
_Can Signore_ fece tagliar l'Adige, e lo spinse addosso al Padovano.
Andarono poi l'armi collegate a saccheggiare il Veronese. L'autore
della Vita di papa Urbano V lasciò scritto[1725] che Carlo si accomodò
collo Scaligero, e lo staccò dalla lega del Visconte. Null'altro di
rilevante fece l'imperadore con tanta potenza; e ciò che ridondò in suo
non lieve disonore, fu l'essersi egli fermato tanto colle sue genti
in Mantova, città amica e fedele, che quasi la ridusse all'ultimo
esterminio. Ora, dopo aver Carlo procurato una tregua, e, per quanto
fu creduto, ricevuta sotto mano buona somma di danaro dai Visconti, e
dopo aver licenziato molte delle sue milizie, a guisa di vinto si partì
da Mantova, e nel dì 24 d'agosto arrivò a Modena, dove il marchese gli
fece molto onore. Poscia pel territorio di Bologna passò in Toscana, e
nel dì cinque di settembre entrò nella città di Lucca.

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