2016년 6월 28일 화요일

Annali d'Italia 118

Annali d'Italia 118



Giovanni dell'Agnello_ doge di Pisa, perchè temeva assai di
perdere suo stato per la venuta dell'imperadore, gli avea per tempo
inviati suoi ambasciatori e regali, ed erasi accordato con lui, con
permettergli l'entrare in Lucca, e cedergli il castello dell'Agosta.
Carlo inviò innanzi il patriarca d'Aquileia suo fratello a prendere il
possesso d'essa città, e dipoi vi si trasferì egli in persona. Quivi
si trovò anche l'Agnello a riceverlo, oppure, come altri scrissero,
v'andò egli dipoi con assai nobile accompagnamento a pagargli il
tributo della sua divozione. Ma un dopo desinare stando egli con altri
nobili in un ballatoio, ossia sporto, o verone, o ringhiera, a veder
le buffonerie d'un giocoliere[1726], cadde quel ballatoio, e con esso
lui Giovanni dell'Agnello, il quale, per tal caduta, si ruppe una
coscia. Altri vogliono che, rottosegli sotto per istrada un ponte di
legno, ne ricevesse quella rottura; ma è più sicura la prima opinione.
Portata a Pisa questa nuova, come se il doge, persona odiata e tenuta
come tiranno, fosse morto, si levò a rumore tutto il popolo, gridando
_libertà_; e quantunque i figliuoli dell'Agnello fossero corsi colà per
sostenere l'autorità del padre, o farsi esaltare eglino stessi[1727],
bisognò che in fretta scappassero per non restar vittime del furore
de' cittadini, i quali cominciarono a reggersi a comune. Nel dì 3 di
ottobre arrivò ad essa Pisa l'imperadore coll'imperadrice. Impose una
contribuzione a quel popolo, e prese in prestito da alcuni di que'
mercatanti dodici mila fiorini d'oro. Minacciava intanto i Fiorentini,
richiedendo da essi Volterra ed alcune castella tolte a' Lucchesi. La
risposta fu, che gli risponderebbono per le rime, s'egli avea voglia
di guerra. In questi tempi una strepitosa disunione fu in Siena fra i
nobili e il popolo[1728]. Spedirono i Salimbeni all'imperadore, perchè
mandasse un corpo dei suoi armati. Egli vi spedì _Malatesta Unghero_
signore di Rimini con ottocento cavalli, il quale, entrato in Siena,
ed unitosi col popolo, atterrò il governo dei nobili. Colà poi da
Pisa si trasferì anche l'imperadore nel dì 12 di ottobre, ed ebbe il
dominio di quella città, dove dichiarò suo luogotenente Malatesta.
Suo vicario avea anche lasciato in Pisa e Lucca _Gualtieri vescovo_
d'Augusta. Per fiorini mille e secento venti in Firenze era in pegno
la corona imperiale d'oro, perchè Carlo sempre si trovava sbrollo,
tuttochè ruspasse danari da ogni parte. I Sanesi gliela disimpegnarono,
e inoltre a lui pagarono e prestarono altri danari. Dopo la dimora di
pochi giorni in Siena l'Augusto Carlo cavalcò alla volta di Viterbo,
dove l'aspettava _papa Urbano_[1729]. Quivi, trattato che ebbero
dei loro interessi, Carlo s'avviò verso Roma, e gli tenne dietro il
papa. Vicino alla porta del castello Sant'Angelo s'incontrarono, e
l'imperadore a piedi addestrò il pontefice, che veniva a cavallo,
sino a San Pietro. Arrivata da lì ad alcuni giorni l'_imperadrice
Isabella_, quarta sua moglie, con gran solennità fu coronata dal papa
nella basilica vaticana correndo la festa degli Ognissanti. Sbrigato
poi dagli affari che l'aveano condotto a Roma, sen venne di nuovo
l'imperadore a Siena, dove trovò più che mai in confusione quella città
e territorio; imperciocchè i nobili ridottisi alla campagna e alle
lor castella, venivano di tanto in tanto sino alle porte della città
saccheggiando e bruciando, di modo che i cittadini si morivano di fame.
Fu dunque fatta una tregua, e si raffrenarono per un poco quei barbari
movimenti.
 
NOTE:
 
[1713] Corio, Istoria di Milano.
 
[1714] Caresinus. Chron., tom. 12 Rer. Ital.
 
[1715] Vita Urbani V, P. II, tom. 3 Rer. Ital.
 
[1716] Annales Mediolan., tom. 16 Rer. Ital.
 
[1717] Corio, Istor. di Milano.
 
[1718] Chron. Placentin., tom. 16 Rer. Ital.
 
[1719] Annal. Mediolan., tom. 16 Rer. Italic.
 
[1720] Chron. Estens., tom. 15 Rer. Ital.
 
[1721] Chron. Estense., tom. 15 Rer. Ital.
 
[1722] Annal. Mediol., tom. 16 Rer. Ital.
 
[1723] Cronica di Rimini, tom. 15 Rer. Ital.
 
[1724] Corio, Istoria di Milano.
 
[1725] Vita Urbani V, P. II, tom. 3 Rer. Ital. Chron. Estense, tom. 15
Rer. Ital.
 
[1726] Cronica di Siena, tom. 15 Rer. Ital.
 
[1727] Tronci, Memor. di Pisa.
 
[1728] Cronica di Siena, tom. 15 Rer. Ital.
 
 
 
 
Anno di CRISTO MCCCLXIX. Indizione VII.
 
URBANO V papa 8.
CARLO IV imperatore 15.
 
 
Venne sul principio di novembre dell'anno presente a Roma _Giovanni
Paleologo imperador_ de' Greci[1730]. Il bisogno in cui egli si
trovava del soccorso dei Latini per resistere alla sempre più crescente
potenza de' Turchi, fatta ancor questa volta tacere la greca superbia,
l'indusse a venire a' piedi del romano pontefice, dove, senza farsi
molto pregare, abiurò gli errori de' suoi nazionali, e riconobbe la
superiore autorità del papa nella Chiesa di Dio. Poco giovò al greco
Augusto questo suo viaggio, e poco la di lui professione della fede
alla Chiesa latina. Non era in questi tempi men valente _Bernabò
Visconte_ negli affari della guerra che nei maneggi di gabinetto.
Fin l'anno addietro, parte col segreto favore dei duchi d'Austria
e di Baviera suoi generi, e parte, come corse la voce, e confessa
il Corio[1731], con regali disturbò tutti i disegni e gli sforzi di
_Carlo IV imperadore_ contra di lui, e riportò una tregua coll'armata
de' collegati. Andò poscia egli destramente trattando con esso
Augusto e col papa di pace, tanto che questa si stabilì fra esso lui,
_Galeazzo_ suo fratello, _Can Signore dalla Scala_, ed aderenti dall'un
canto[1732], e dall'altro il _pontefice_, l'_imperadore_, la _reina
Giovanna_, il _marchese d'Este_, i _Gonzaghi, Francesco da Carrara_, i
_Malatesti_ e i _comuni di Siena_ e _Perugia_. Nel dì 13 di febbraio fu
pubblicata questa pace, e demolita la bastia già fabbricata da Bernabò
nel serraglio di Mantova. A questo gran guadagno si ridusse tanto
sforzo d'un imperadore e di tanti suoi collegati. Fermavasi tuttavia in
Siena esso imperador Carlo, dove facea da padrone assoluto con rabbia
grande de' nobili, perchè esclusi, e non minore del popolo, che più
non comandava le feste. I Salimbeni soli e Malatesta erano quelli che
giravano le ruote del governo[1733]. Ma nel dì 18 di gennaio cominciò
il popolo a rumoreggiare; e, prese le armi, si attruppò, perchè erano
stati deposti i suoi difensori. Uscì l'imperadore di palazzo, e colla
barbuta in capo, e con circa tre mila cavalieri, accompagnato da
Malatesta Unghero, trasse al rumore per isbandar quella gente. Ma i
Sanesi coraggiosamente gli vennero contro, ed attaccarono battaglia al
campo; battaglia che durò ben sette ore colla morte di molti baroni
e di più di quattrocento uomini dell'imperadore. Rimase il popolo
padrone del campo, e prese circa mille e ducento cavalli, e molte
armi ed arnesi. _Malatesta_ cotanto si raccomandò, che fu lasciato
uscire di città con ducento cavalieri. Altrettanto fecero i Salimbeni.
L'imperadore si rifugiò nel palazzo, e restò quivi assediato. In tale
stato altro scampo non ebbe che di venire ad un accordo con ricavar
danari in compenso del danno e vergogna a lui fatta. Cinque mila
fiorini ricevè in contanti allora, quindici altri mila furono promessi
in tre paghe: con che perdonò ai Sanesi, e, confermati tutti i lor
privilegii, assai malcontento se n'andò a Lucca. Forte gli batteva
tuttavia il cuore. Fu in rotta coi Pisani; ma poi tra l'aggiustamento
che fece con loro, e l'aver fatto ripatriare Pietro Gambacorta[1734],
ne ricavò un regalo di cinquanta mila fiorini. Per altrettanta somma
fece accordo coi Fiorentini. Sottrasse Lucca dal dominio de' Pisani per
le tante istanze di quel popolo, che gli promisero altri venticinque
mila fiorini, e quivi lasciò per governatore il _cardinal Guido di
Monforte_. Poscia nel mese di luglio s'inviò coll'imperadrice alla
volta di Bologna[1735], dove fu a riceverlo _Niccolò marchese_ di Este,
e, condottolo a Ferrara con grande onore, andò poi accompagnandolo sino
ai confini del suo Stato. Imbarcossi Carlo colla moglie, e passò in
Germania, seco portando grosse somme d'oro, di cui era stato diligente
cacciatore, con empiere l'Italia di carte pecore, ma seco molto più
di vergogna portando per essere venuto in Italia a pacificarla, ed
avendola più che mai scompigliata, e per avere prostituita in varie
maniere la sublime dignità imperatoria.
 
Guerra fu in quest'anno fra _papa Urbano V_ e i _Perugini_[1736].
Perchè alla lor signoria erano state tolte le città d'Assisi e di
Città di Castello, sdegnossi forte quel popolo contro il pontefice, e
gli negava ubbidienza; anzi fece delle scorrerie fin sotto Viterbo,
dove soggiornava lo stesso Urbano. Perciò contra di loro fu inviato
un esercito con tali forze[1737], che nel presente anno, dopo molto
contrasto, Perugia abbassò l'ali, e si sottomise al legittimo suo
sovrano. Più strepito fece in Toscana un'altra guerra. Erasi dianzi
ribellata ai Fiorentini la riguardevol terra di San Miniato. Dacchè fu
uscito di Toscana l'imperadore, il comune di Firenze spedì l'esercito
suo ad assediarla; ma _Bernabò Visconte_, che sempre andava in traccia
di nuove brighe, si fece avanti, allegando di essere stato creato
vicario di San Miniato dall'imperadore, e che, se non dismettevano
quella danza, vi sarebbe entrato anch'egli colle sue armi. Non se
ne misero pensiero i Fiorentini. Bernabò, condotta al suo soldo la
compagnia degl'Inglesi di _Giovanni Aucud_, di cui s'era servito per
dare soccorso a' Perugini contro le genti del papa[1738], la spinse
in Toscana per far levar quell'assedio. Generale dei Fiorentini era
allora _Giovanni Malatacca_ Reggiano, per attestato della Cronica
Estense[1739], non sussistendo, come scrive l'Ammirati[1740], ch'egli
avesse finita la sua condotta, e in suo luogo fosse subentrato
Bartolino de Losco ossia de Bosco. Il Malatacca, siccome personaggio
pratico del suo mestiere, non volea battaglia, tenendosi assai sicuro
nelle sue bastie o trincee; ma i baldanzosi uffiziali di Firenze
col comando e con pungenti parole il costrinsero al combattimento
a Ponteadera. Fu disfatto il suo esercito nel dì 8 di dicembre
dall'Aucud, ed esso Malatacca fatto prigione. Non cessò per questo
l'assedio, perchè vi restavano le bastie, e colà i Fiorentini mandarono
nuova gente. L'Aucud, dopo la vittoria, diede il guasto al distretto di
Firenze sino alle porte.
 
Erasi ribellata ai Veneziani la città di Trieste[1741]. Quest'anno
valorosamente la ripigliarono. Di nuovo ancora si risvegliò la guerra
fra _Galeazzo Visconte_ e _Giovanni marchese_ di Monferrato[1742]. Dopo
la morte di _Lionello_ ossia _Lionetto_, figliuolo del re d'Inghilterra
e genero di Galeazzo, la città d'Alba ed assai altre castella in
Piemonte, date in dote alla figliuola, rimasero in potere di Odoardo
il Dispensiere, che co' suoi Inglesi le tenne forte senza volerle
restituire, ed anche per tradimento disfece un esercito inviato contra
di lui. Ma gli mancava la pecunia. Il marchese di Monferrato corse al
mercato, e collo sborso di ventisei mila fiorini d'oro ottenne in pegno
dal Dispensiere quello Stato, come apparisce dallo strumento stipulato
nel dì 27 d'ottobre, e rapportato da Benvenuto da San Giorgio[1743].
Per questa cagione da Galeazzo fu intimata la guerra al marchese, e le
sue milizie passarono a dare il guasto al Monferrato. Vicendevolmente
il marchese, che avea preso ai suoi stipendii il Dispensiere e
gl'Inglesi, entrò nel Novarese, con saccheggiar il paese, e bruciar
le terre di Biandrate e Garlasco. La città di Sarzana in quest'anno
spontaneamente si diede a _Bernabò Visconte_, ed egli tentò anche
l'acquisto di Lucca, che non gli venne fatto[1744]. Nacque nell'anno
presente a' dì 10 di giugno in Cotignuola _Sforza Attendolo_, che
vedremo celebre nel proseguimento della storia, e padre di _Francesco
Sforza duca_ di Milano. Negli Annali Milanesi[1745] (forse con più
fondamento) vien riferita la di lui nascita al dì 29 d'esso mese,
giorno di martedì. Turbolenze grandi furono in Pisa, e _Pietro
Gambacorta_ tanto seppe fare, che fu eletto capitano delle masnade,

댓글 없음: