2016년 6월 28일 화요일

Annali d'Italia 120

Annali d'Italia 120


[1757] Corio, Istor. di Milano.
 
[1758] Annal. Mediolan., tom. 16 Rer. Ital.
 
 
 
 
Anno di CRISTO MCCCLXXI. Indiz. IX.
 
GREGORIO XI papa 2.
CARLO IV imperadore 17.
 
 
Fecero gran rumore in Italia nel presente anno le calamità della città
di Reggio[1761]. Padrone d'essa _Feltrino da Gonzaga_ tirannescamente
opprimeva quel popolo, che perciò nulla più desiderava che di passar
sotto altro signore. I Boiardi, Roberti, Manfredi, principali d'essa
città, ne fecero parola al _marchese Niccolò_ d'Este signor di Ferrara
e Modena, rappresentandogli facile l'acquisto per la disposizion
favorevole di que' cittadini. La voglia di slargare i confini, da cui
non va esente alcuno de' principi; l'aver Feltrino usati in addietro
varii tradimenti ed insolenze al marchese; e le pretensioni che
tuttavia nudriva la casa d'Este sopra di Reggio, posseduto già da essa
anche nel principio del corrente secolo, gli fecero dare il consenso
a questa tentazione. Richiedeva l'impresa delle forze, e perciò prese
egli al suo soldo la compagnia di masnadieri di varie nazioni, messa
insieme dal _conte Lucio_ di Suevia, non so se fratello del già ucciso
conte Lucio Corrado, uomo che anche egli col prendere il soldo altrui,
o pur colle rapine e coi saccheggi manteneva le truppe sue. Sul Sanese
aveano costoro bruciate circa due mila case[1762], e spremuto da quel
comune per accordo otto mila fiorini d'oro a' dì 22 di marzo. Vennero
pel Bolognese a guisa di nemici; e il marchese, per coprire i suoi
disegni, gl'inviò sotto Sassuolo, mostrando di voler quivi piantare
una bastia, giacchè durava la guerra contra di _Manfredino_ signor
di quella terra. Poscia nel dì 7 d'aprile segretamente cavalcò la
gente del marchese a Reggio, sotto il comando di Bechino da Marano; e
presa la porta di San Pietro per forza, entrò vittoriosa nella città.
Feltrino da Gonzaga si rifugiò nella cittadella, e tenne forte anche
due porte della stessa città. Arrivò intanto lo scellerato conte
Lucio colle sue sfrenate masnade. L'ordine era, ch'egli non entrasse
nella città, per ischivare i disordini; ma costui trovò la maniera di
introdurvisi con promessa di non danneggiare i cittadini. Ma appena
quelle inique milizie furono dentro, che diedero un orrido sacco alle
case, ai sacri templi, con tutte le più detestabili conseguenze di
sì fatte inumanità. Nè ciò bastando allo iniquo condottiere, dacchè
intese che _Feltrino_ trattava con _Bernabò Visconte_ di vendergli
Reggio, anch'egli concorse al mercato. Venne per questo a Parma
Bernabò, dopo avere spedito a Feltrino _Ambrosio_ suo figliuolo (già
liberato per danari dalle carceri di Napoli) con aiuto di gente. Fu
conchiuso il contratto fra lui e il Gonzaga nel dì 17 di maggio, come
apparisce dallo strumento, per cui comperò Bernabò la città di Reggio
pel prezzo di cinquanta mila fiorini d'oro, con lasciare a Feltrino
il dominio di Novellara e Bagnolo, che erano del distretto di Reggio.
Altri venticinque mila fiorini (quaranta mila dicono gli Annali
Milanesi[1763]) pagò il Visconte al conte Lucio, affinchè gli desse
libera la città. Dopo di che tanto il Gonzaga, che il conte Lucio si
ritirarono, comandando costui alle genti del marchese d'andarsene,
altrimenti avrebbe contra di loro adoperata la forza.
 
Enorme fu il tradimento; e pur con tanti esempi della mala fede di
questi iniqui masnadieri, i principi d'Italia li conducevano al
loro servigio; e il conte Lucio appunto passò da Reggio al soldo
di _Giovanni marchese_ di Monferrato, contro al quale aspramente
guerreggiava _Galeazzo Visconte_. Scrisse il Corio[1764], e prima
di lui l'autore degli Annali Milanesi, essere state le milizie di
Bernabò che diedero l'esecrabil sacco alla città di Reggio. La Cronica
Estense[1765], siccome ho detto, e Matteo Griffone[1766] attribuiscono
tanta iniquità alle soldatesche del conte Lucio. Ebbe bene a rodersi
le dita per sì infelice impresa il _marchese Niccolò_. Non solamente
non acquistò egli Reggio, ma servì lo sforzo suo a farla cadere in
mano del maggiore e più potente nemico ch'egli avesse; e fu la rovina
di quella sfortunata città, la quale rimase desolata, essendosene
ritirata buona parte de' cittadini o per le miserie sofferte, o per
non restare sotto il duro dominio del crudele Bernabò Visconte. Poco
stette ancora l'Estense a pagarne il fio, perchè _Ambrosio Visconte_
nel dì 14 d'agosto con ischiere copiose d'armati diede il guasto al
territorio di Modena, arrivò sul Ferrarese, assediò il Bondeno, e fece
inestimabil preda di persone e bestiami. Le mire di Bernabò andavano
oramai sopra Modena stessa: del che sommamente furono scontenti e in
pena _papa Gregorio_ e tutti i collegati, veggendo crescere sempre
più la potenza del possente Biscione. Contro le forze di _Galeazzo
Visconte_ non potea intanto reggere _Giovanni marchese_ di Monferrato,
ed avea già perduta parte del suo paese. Appigliossi dunque al partito,
siccome dicemmo, di condurre al suo soldo l'infedel _conte Lucio_, la
cui compagnia si faceva ascendere a circa cinque mila uomini d'armi,
oltre a gran quantità di balestrieri ed arcieri a piedi[1767]. Venne
Galeazzo Visconte a Piacenza, e quivi ammassò l'esercito suo, composto
di diverse nazioni, Italiani, Tedeschi, Ungheri, Spagnuoli, Guasconi
e Bretoni, con disegno d'impedire il passo a questi masnadieri. Ma
alle pruove giudicò meglio di non far loro resistenza. Passarono
dunque in Monferrato sul principio di giugno, e l'arrivo loro impedì
che Galeazzo non facesse alcun altro progresso nell'anno corrente.
Nel dicembre di quest'anno l'odio inveterato, che l'un contra l'altro
covavano i _Veneziani_[1768] e _Francesco da Carrara_ signor di Padova,
finalmente scoppiò in un'aperta dissensione e in preparamenti di
guerra. Gli autori veneti ne attribuiscono, e più probabilmente, la
colpa a Francesco da Carrara, che, alzato in superbia per la protezione
di _Lodovico_ potentissimo _re d'Ungheria_, avea fabbricato varie
castella, argini e chiuse oltre la palude d'Oriago, e in altri siti
che il comune di Venezia pretendea suoi. All'incontro, gli storici
padovani[1769] scrivono avere i Veneziani per odio ed invidia, e senza
ragione, mossi cotali pretesti per vendicarsi del Carrarese a cagion
della assistenza già data al re d'Ungheria, allorchè venne all'assedio
di Trivigi; giacchè non altrove avea Francesco fabbricato quelle ville
e fatte le fortificazioni, se non sul distretto di Padova.
 
NOTE:
 
[1759] Georgius Stella, Annal. Genuens., tom. 17 Rer. Ital.
 
[1760] Ammirat., Istoria Fiorentina, lib. 13.
 
[1761] Chron. Estense, tom. 15 Rer. Ital.
 
[1762] Cronica di Siena, tom. 15 Rer. Ital.
 
[1763] Annales Mediolan., tom. 16 Rer. Ital.
 
[1764] Corio, Istoria di Milano.
 
[1765] Chron. Estense, tom. 15 Rer. Ital.
 
[1766] Matth. de Griffonibus, Chron. Bononiens., tom. 18 Rer. Ital.
 
[1767] Chronic. Placentin., tom. 16 Rer. Ital.
 
[1768] Caresin., Chronic., tom. 12 Rer. Ital. Sanuto, Cron., tom. 22
Rer. Ital.
 
 
 
 
Anno di CRISTO MCCCLXXII. Indizione X.
 
GREGORIO XI papa 3.
CARLO IV imperadore 18.
 
 
Secondo il Guichenone[1770], _Giovanni marchese di Monferrato_,
principe glorioso, forse per gli affanni patiti ne' sinistri successi
della sua guerra con _Galeazzo Visconte_, gravemente s'infermò e
terminò i suoi giorni. Nella Cronica di Piacenza[1771] è scritto che
la sua morte accadde nel dì 13 di marzo del 1371. Ma il testamento
e i codicilli di questo principe dati alla luce da Benvenuto da
San Giorgio[1772], benchè non assai esatti nelle note cronologiche,
abbastanza ci assicurano esser egli passato all'altra vita dopo il dì
14 di marzo dell'anno presente, e prima del dì 20 d'esso mese. Sotto
la protezion del papa lasciò suo erede nel Monferrato _Secondotto_ suo
primogenito; e la città d'Asti volle che fosse per indiviso di esso
Secondotto, e di GIOVANNI, TEODORO e _Guglielmo_ altri suoi figliuoli,
e di _Ottone duca_ di Brunsvich suo parente, al quale avea anche donato
varie altre castella, deputandolo per tutore e curatore de' suddetti
suoi figliuoli insieme con _Amedeo conte di Savoia_. Aveva egli tenuto
Ottone di Brunsvich in addietro per suo principal consigliere, e quasi
secondo padrone di quegli Stati: cotanta era la sua onoratezza, fedeltà
e prudenza. Maggiormente si applicò esso duca da lì innanzi a sostener
gl'interessi di quei principi giovinetti. Ma si trovava egli in gravi
pericoli, perchè _Galeazzo Visconte_ minacciava la città d'Asti, e in
fatti passò ad assediarla nell'anno presente. Trattò di pace il duca
di Brunsvich, ma ritrovate troppo alte le pretensioni di Galeazzo, che
a tutte le maniere voleva Asti, se ne ritornò alla difesa di quella
città e del Monferrato, con implorar l'aiuto del suddetto Amedeo conte
di Savoia, valoroso principe di questi tempi. Era il conte cognato
di Galeazzo, cugino de' figliuoli del fu marchese Teodoro, e perciò
sembrava irresoluto; ma l'essersi _Federigo marchese_ di Saluzzo
collegato coi Visconti, e il timore che il crescere di Galeazzo non
ridondasse in proprio danno, gli persuasero di entrare in lega col
Monferrato. Inoltre seppe così ben rappresentare al papa la necessità
di reprimere i Visconti[1773], siccome gente vogliosa di assorbir
tutta l'Italia, che il trasse seco in lega, e n'ebbe gran rinforzo
di gente e danari. Erano unite anche le altre milizie pontificie con
quelle del _marchese Niccolò Estense_, di _Francesco da Carrara_ e
de' _Fiorentini_, per resistere in altre parti alle forze di _Bernabò
Visconte_. Quanto al Monferrato, durò lungo tempo l'assedio d'Asti:
v'andò un potente soccorso del conte di Savoia; seguirono varii
combattimenti colla peggio de' Visconti[1774]; e in fine sì vigorosa
difesa fecero di quella città il conte ed Ottone duca di Brunsvich,
con aver anche prese le bastie del Visconte, che Galeazzo fu forzato a ritirarsi colle mani vote.

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