2016년 6월 29일 수요일

Annali d'Italia 121

Annali d'Italia 121



Altro destino ebbe la guerra di Bernabò col marchese estense.
_Ambrosio_ suo figliuolo bastardo, scelto per capitano colla sua
armata, collegato con _Manfredino signor di Sassuolo_, venne da Reggio
a dare il guasto al territorio di Modena[1775]. Gli furono a fronte
le genti del marchese, del legato pontificio, del Carrarese e de'
Fiorentini, e corsero anche esse a' danni del Sassolese. Poscia nel
dì 2 di giugno vennero alle mani le due nemiche armate. La sanguinosa
battaglia durò ore quattro continue; voltò in fine la spalle quella
de' collegati, con essere rimasti prigionieri _Francesco e Guglielmo
da Fogliano_, nobili reggiani, capitani dell'Estense e della Chiesa, e
_Giovanni Rod_ Tedesco capitano de' Fiorentini, e circa mille soldati.
Nè si dee tacere una delle tante crudeltà di Bernabò. Nel dicembre di
quest'anno fece intimar la morte al suddetto Francesco da Fogliano,
se non gli consegnava tutte le castella esistenti nel Reggiano. Ma
non era in sua mano il darle, perchè v'era guarnigione del papa e del
marchese Niccolò; e _Guido Savina_ suo fratello, che in esse castella
soggiornava, benchè scongiurato, sempre ricusò di consegnarle. Fece
Bernabò ignominiosamente impiccare quel prode cavaliere: barbarie
divolgata e detestata per tutta l'Italia. La perdita della battaglia
suddetta, che si tirò dietro la presa di Correggio, venne da lì a non
molto riparata coll'arrivo di numerose squadre d'armati, spedite dal
_cardinal Pietro Bituricense_, venuto nel gennaio a Bologna legato
apostolico, e da _Giovanna regina_ di Napoli. Queste impedirono a
Bernabò il piantare intorno a Modena due bastie, che gli erano costate
sessanta mila fiorini d'oro. Ma perciocchè esso Bernabò, volendo
prestar soccorso al fratello _Galeazzo_[1776], contra di cui era
marciato con molte forze _Amedeo conte di Savoia_, spedì verso Asti il
figliuolo Ambrosio, e buona parte dell'esercito suo[1777]: l'armata
de' collegati s'inoltrò sul Reggiano e Parmigiano, dove fece immenso
bottino, e rovinò il paese per otto giorni. Oltre a ciò, la compagnia
degl'Inglesi, sotto il comando di _Giovanni Aucud_, che militava per
Bernabò Visconte, terminata la sua ferma, e disgustata, perchè non
le fu permesso di venire a battaglia col conte di Savoia, passò ai
servigi del papa e de' collegati; e giunta sul Piacentino, dopo aver
prese parecchie castella di quel contado, quivi dolcemente si riposò
nel verno alle spese de' miseri popoli. Verso lo stesso territorio di
Piacenza si inviò nel novembre il conte di Savoia col disegno di entrar
sul Milanese; ma i fiumi grossi e le buone difese fatte dai Visconti
fecero abortir le sue idee[1778]. Eransi già ritirate ai quartieri
le milizie de' collegati, ed era seguita una tregua con Bernabò per
mezzo del re di Francia, quando Ambrosio Visconti, senza saputa del
padre (per quanto si fece credere), cavalcò con tutte le sue genti di
armi sul Bolognese[1779] nel dì 18 di novembre, dove diede un terribil
guasto, e bruciò case e palagi. Arrivò fino alle porte di Bologna
all'improvviso, niuno aspettando tal visita in vigor della tregua.
Ne menò via ben tre mila buoi, e il danno recato si fece ascendere
fino a secento mila fiorini d'oro. In Pavia nel dì 3 di settembre di
quest'anno finì di vivere _Isabella_ moglie del giovane _Galeazzo
Visconte_ conte di Virtù, e figliuola di _Giovanni re di Francia_,
principessa che per le sue rare virtù si truova sommamente encomiata
negli Annali di Milano e di Piacenza.
 
Non ostante che s'interponessero gli ambasciatori del legato
pontificio, dei Fiorentini e Pisani, per impedir la guerra che s'andava
preparando fra i _Veneziani_ e _Francesco da Carrara_ signor di Padova,
maniera non si trovò per quetar le differenze[1780]. Severamente
furono gastigati alcuni nobili veneti amici del Carrarese, che gli
rivelavano i segreti del consiglio. Ma ciò che maggiormente irritò
il senato veneto, fu l'avere scoperta un'indignità del Carrarese,
il quale segretamente avea spediti a Venezia alcuni suoi sgherri per
levar di vita certi altri nobili suoi nemici, perchè attraversavano
i trattati della concordia. A molti di quegli assassini costò la
vita lo scoprimento del disegno; e per questo si venne all'armi.
Gli avvenimenti di essa guerra, in cui fu assistito il Carrarese
da _Lodovico re_ d'Ungheria, furono varii, e veggonsi diffusamente
descritti dal Caresino, dal Redusio e dai Gatari. Fino poi a questo
anno erano durate le fiere nemicizie e guerre fra i re di Napoli
Angioini e i re di Sicilia Aragonesi[1781]. Dacchè il _re Pietro_ tolse
al _re Carlo I_ la Sicilia, non mai durevol pace seguì fra loro; nel
presente anno finalmente stabilirono un accordo _Giovanna regina_ di
Napoli e don _Federigo d'Aragona re_ di Sicilia, essendosi indotto
l'ultimo a riconoscere dalla regina in feudo quell'isola, e di pagarle
annualmente a titolo di censo tre mila once d'oro, cadauna delle quali
valeva cinque fiorini d'oro, e per conseguente quindici mila fiorini
d'oro per anno: somma veramente pesante; e di usare il titolo di re
di Trinacria, e non già di Sicilia, riserbato alla regina Giovanna.
Il Fazello[1782] con error grave fa mancato di vita il re Federigo
nell'anno 1368. Gli Atti pubblicati dal Rinaldi il comprovano vivo in
quest'anno, ed autore della suddetta concordia, la quale fu approvata
dal papa. Diede bensì fine al suo vivere nel dì 11 di luglio dell'anno
presente[1783] _Malatesta Unghero_ signore di Rimini, e, secondo la
Cronica di Bologna[1784], _della sua morte fu gran danno, perchè era
prode uomo, come sono stati sempre i Malatesti_. Il dominio degli
Stati rimase a _Galeotto_ suo zio e a _Pandolfo_ suo fratello, il
quale nell'anno appresso fece anch'egli fine a' suoi giorni. Facendosi
in quest'anno la coronazione di _Pietro re_ di Cipri, a cagion della
precedenza fra i balii o consoli, insorse gran rissa fra i Veneziani e
Genovesi[1785]. In favore de' primi furono i Cipriotti: laonde alquanti
Genovesi vennero uccisi, oppure precipitati dai balconi. Portata questa
disgustosa nuova a Genova, si sollevò gran rabbia e tumulto in quel
popolo, nè tardò quel doge _Domenico da Campofregoso_ a mettere in
ordine una possente armata marittima, di cui fu ammiraglio _Pietro
da Campofregoso_, fratello del doge, per passare in Cipri a farne
vendetta. Questo accidente risvegliò l'antica gara ed odio fra le due
nazioni veneta e genovese, onde ne seguirono poi sconcerti e guerre
implacabili.
 
NOTE:
 
[1769] Gatari, Ist. Pad., tom. 17 Rer. Ital.
 
[1770] Guichenon, Histoire de la Maison de Savoye.
 
[1771] Chron. Placentin., tom. 16 Rer. Ital.
 
[1772] Benvenuto da S. Giorgio, Istoria di Monferrato, tom. 23 Rer.
Ital.
 
[1773] Raynaldus, Annal. Eccles.
 
[1774] Cronica di Siena, tom. 15 Rer. Ital.
 
[1775] Annales Mediolan., tom. 16 Rerum Italic. Chronic. Placentin.,
tom. eod. Chronic. Estense, tom. 15 Rer. Ital.
 
[1776] Corio, Istor. di Milano.
 
[1777] Annal. Mediolan., tom. 16 Rer. Ital.
 
[1778] Gazata, Chron., tom. 18 Rer. Ital.
 
[1779] Cronica di Bologna, tom. 18 Rer. Ital.
 
[1780] Caresin., Chron. Venet., tom. 12 Rer. Ital. Gatari, Istor.
Padov., tom. 17 Rer. Ital. Andreas de Redusio, Chron., tom. 19 Rer.
Ital.
 
[1781] Raynaldus, Annal. Eccles.
 
[1782] Fazell., de Reb. Sic., lib. 9, cap. 6.
 
[1783] Cronica di Rimini, tom. 15 Rer. Ital.
 
[1784] Cronica di Bologna, tom. 18 Rer. Ital.
 
 
 
 
Anno di CRISTO MCCCLXXIII. Indiz. XI.
 
GREGORIO XI papa 4.
CARLO IV imperadore 19.
 
 
Per continuare la guerra contro i Visconti _papa Gregorio XI_, come si
usava in questi sì sconcertati tempi, impose le decime nell'Ungheria,
Polonia, Dania, Svezia, Norvegia ed Inghilterra. L'oro indi raccolto
servì ad accrescere le due armate, destinate l'una in Piemonte contra
di _Galeazzo Visconte_, e l'altra sul Modenese contra di _Bernabò_, di
lui fratello; i quali Visconti erano stati di nuovo scomunicati nella
pubblicazion della bolla _In Coena Domini_. La vendetta che ne fece
Galeazzo[1786], fu di spogliar gli ecclesiastici sottoposti al suo
dominio, e di esiliarli. Più discreto in questo fu Bernabò, quantunque
opprimesse i suoi anche egli con esorbitanti gravezze. Ora giacchè
era finita la tregua, senza che si fosse potuto intavolar pace fra i
Visconti e i collegati, _Bernabò_ nel dì 5 di gennaio spedì parte del
suo esercito ai danni del Bolognese[1787], cioè mille uomini d'armi da
tre cavalli l'uno, e trecento arcieri. Questa masnada pervenne sino a
Cesena saccheggiando tutto il paese. Ma mentre carichi di preda se ne
tornavano indietro, venne con loro alle mani, nel passare verso San
Giovanni il fiume Panaro[1788], _Giovanni Aucud_ coi suoi Inglesi e coi
Bolognesi, e li mise in rotta, con far prigioni circa mille persone.
Secondo la Cronica di Piacenza[1789], la maggior parte degli sconfitti
si salvò colla fuga; ma non è da credere, perchè erano in paese nemico.
Poscia nel dì 20 di febbraio il legato della Chiesa coll'esercito
marciò verso Piacenza e Pavia, e si impadronì del castello San
Giovanni. Quasi tutte le altre castella del Piacentino ed alcune del
Pavese, prevalendo in esse i Guelfi, si ribellarono a _Galeazzo_,
dandosi al legato; il che poi fu la loro rovina. Nello stesso tempo
_Amedeo conte di Savoia_ con un'altra poderosa armata passò il Po e il
Ticino, e giunse sino alle porte di Pavia, dove distrusse i giardini
di _Galeazzo Visconte_. Poscia, venuto sul territorio di Milano, si
accampò a Vicomercato, dove si fermò alquanti mesi, facendo scorrerie,
e mettendo in contribuzione tutto il paese. Seco erano _Ottone duca_
di Brunsvich e _Luchinetto Visconte_. S'inoltrò poscia sul Bresciano a
cagion di un trattato di tradimento che avea in Bergamo. Colà penetrò
colle sue genti anche il legato pontificio, chiamato in aiuto; e le
sue masnade in saccheggi ed incendii si studiarono di non essere da
meno degli altri. Affinchè non si unissero col conte di Savoia, accorse
l'armata de' Visconti, e presso Monte Chiaro disfece buona parte di
esso esercito pontificio, colla morte di circa settecento uomini, e
coll'acquisto di cinquecento cavalli. Ma nel dì 8 di maggio comparendo
colle loro squadre inglesi e franzesi _Giovanni Aucud_ e il _signore di
Cussì_, benchè inferiori di gente, diedero una gran rotta all'esercito
de' Visconti nel luogo di Gavardo, ossia al ponte del fiume Chiesi,
dove rimasero prigionieri moltissimi nobili italiani e tedeschi,
distesamente annoverati dall'autore della Cronica Estense[1790]. Fra
i principali si contarono _Francesco marchese_ d'Este fuoruscito di
Ferrara; _Ugolino_ e _Galeazzo marchesi_ di Saluzzo, _Castellino da
Beccheria, Romeo de' Pepoli, Gabriotto da Canossa, Federigo da Gonzaga,
Beltramo Rosso da Parma_, e _Francesco da Sassuolo_, quel medesimo
che, per avere ucciso il nobil uomo _Gherardo de' Rangoni_ da Modena,
occasionò la presente guerra. _Gian-Galeazzo_ conte di Virtù, figliuolo
di _Galeazzo_, che si trovò in quel frangente, per miracolo si salvò.
 
Narra il Gazata[1791] che in questi tempi passò per Milano e per Pavia
un vescovo nipote del papa con seguito di cinquanta persone, il quale
si esibì ai fratelli Visconti di trattar di pace col papa. Fu ben
veduto, e gli fu dato salvocondotto per passare al campo del conte di
Savoia, che si trovava allora sul Milanese. Ma Galeazzo, tenendogli
buone spie alla vita, scoprì ch'egli portava seco cento venti mila
fiorini d'oro per le paghe del conte. Buon boccone fu questo per lui;
tutto sel prese, facendo poi dire al prelato che con sicurezza se
n'andasse, ma che non dovea portar sussidii ai suoi nemici. Partissi
nel dì 13 di maggio da Sassuolo _Manfredino_ signor di quella terra per
andare a Firenze. Appena fu fuori, che quegli abitanti gli serrarono le
porte dietro. Volle rientrare, ma non potè. Fu appresso data la terra
al _marchese Niccolò Estense_; e così andarono dispersi da lì innanzi i
signori di Sassuolo con gastigo meritato da essi per la ribellione al
loro signore, e per l'ingiusto ammazzamento del Rangone. All'incontro
_Guido Savina da Fogliano_, staccatosi dalla lega, s'accordò con
_Bernabò Visconte_, sottomettendo a lui ventiquattro castella ch'egli
possedeva nel Reggiano, e ne riportò dei vantaggiosi patti. _Giovanni
vescovo_ di Vercelli della casa del Fiesco in quest'anno colle milizie
della Chiesa e colla fazion de' Brusati proditoriamente tolse a
_Galeazzo Visconte_ quella città, ma non già la cittadella, che si
sostenne. In tale occasione barbaricamente essa città tutta fu posta a
sacco, non men di quello che era succeduto alla città di Reggio. Era
stato cagione l'avvicinamento del conte di Savoia[1792] che alcune
valli del Bergamasco, per commozione de' Guelfi, s'erano ribellate
a _Bernabò Visconte_. Egli perciò spedì colà, nel mese d'agosto, il
prode suo figliuolo _Ambrosio_ con copia grande di gente d'armi per
mettere in dovere que' popoli. Trovavasi Ambrosio nella valle di San
Martino ad un luogo appellato Caprino, quando gl'infuriati rustici il
sorpresero con tal empito, che restò non solamente preso, ma anche
vituperosamente ucciso nel dì 17 d'agosto. Da questo colpo fu anche
aspramente trafitto il cuore di Bernabò suo padre; e però nel prossimo
settembre cavalcò egli in persona con grosso esercito in quella valle,

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