2016년 6월 29일 수요일

Annali d'Italia 122

Annali d'Italia 122


fece grande scempio di quelle genti, le quali in fine umiliatesi
ritornarono alla di lui ubbidienza. Orrido e lagrimevole accidente
fu l'occorso in quest'anno nella città di Pavia[1793]. Mentre dal
castello si portava alla sepoltura il corpo del defunto giovinetto
_Carlo Visconte_, figliuolo di _Gian-Galeazzo_, nel passare sul ponte,
questo pel peso si ruppe, e caddero nell'acque profonde della fossa
murata da amendue i lati più di ottanta persone nobili di varie città
di Lombardia, e massimamente di Milano e di Pavia, che tutte rimasero
miseramente annegate. Vi si aggiunse un altro caso strano; cioè, appena
rotto il ponte, cominciò un diluvio di pioggia e gragnuola, che durò
più di due ore: il che servì ancora ad impedire ii soccorso di scale
e corde agl'infelici caduti. Il Gazata, autore degno, in questi tempi
di maggior fede, riferisce[1794] questo infortunio al dì 3 d'aprile
dell'anno seguente, e vuole che vi perissero cento e dieci persone
nobili. Dopo la vittoria riportata dall'esercito collegato contra
di _Bernabò_ al fiume Chiesi, _Giovanni Aucud_, trovando che molti
dei suoi Inglesi erano o rimasti estinti nel conflitto o feriti, e
veggendosi in paese nemico senza vettovaglia, oltre all'andare le genti
de' Visconti sempre più crescendo, ritirandosi bel bello, si ridusse
a Bologna. Gli tenne dietro con gran fretta anche il conte di Savoia
coll'esercito suo, e venuto sul Bolognese, quivi si fermò, aspettando
indarno le paghe promesse, con desolar intanto quel territorio amico.
Finalmente esso conte, non osando passare pel Piacentino e Pavese,
fu obbligato, se volle tornare in Piemonte, a prendere la strada
del Genovesato: il che gli costò molte fatiche, e perdita di gente e
cavalli, terminando con ciò la campagna, senza aver preso che poche
castella in Piemonte, e con aver solamente rovinati varii paesi.
 
_Galeazzo Visconte_ gran guerra fece sul Piacentino, e ricuperò gran
parte delle castella ribellate. Si trattò di pace; ma, non fidandosi
il papa de' Visconti, i suoi ministri ritrovando più conto in seguitar
la guerra, per cui arricchivano molto succiando la pecunia pontificia,
e profittando de' saccheggi, andò per terra ogni trattato, e continuò
la rovina di quasi tutta la Lombardia. Non era minor fuoco in questi
tempi fra i Veneziani e _Francesco da Carrara_ signor di Padova[1795].
La superiorità delle forze de' primi tale era, che il Carrarese,
diffidando di potere resistere, cercò di tirar in lega _Alberto_ e
_Leopoldo duchi_ di Austria, comperando nondimeno il loro aiuto con
cedere ad essi le città di Feltre e di Cividal di Belluno. Perciò
quei principi spedirono molte soldatesche contra de' Veneziani sul
Trivisano. Più altre ne inviò _Lodovico re_ d'Ungheria e di Polonia,
comandate da _Stefano vaivoda_. Intanto _Uguccione_ da _Tiene_,
nunzio di papa Gregorio XI, perorava presso i Veneziani per indurli
alla pace. Condiscesero essi, ma, conoscendo la lor potenza, diedero
varii capitoli contenenti eccessive dimande per parte loro, che il
Carrarese sparse dipoi dappertutto _per far conoscere l'ingordigia
de' suoi avversarii_. Fra varii incontri e piccioli fatti d'armi, uno
spezialmente fu considerabile nel mese di maggio ad una fossa fatta
dai Veneziani verso Pieve di Sacco. Sì vigorosamente combatterono
allora gli Ungheri, che disfecero l'armata veneta, con far prigioni
assaissimi nobili veneti. Ma in un altro fiero conflitto a dì primo di
luglio, che riuscì favorevole a' Veneziani, restò prigione lo stesso
Stefano vaivoda generale degli Ungheri con altri nobili di sua nazione
ed italiani: il che fu d'infinito danno al Carrarese. Imperocchè gli
Ungheri protestarono da lì innanzi di non voler più guerra, se non
veniva posto in libertà il loro generale. A questo mal tempo se ne
aggiunse un altro; e fu, che i Veneziani sollevarono segretamente
_Marsilio da Carrara_ contro di Francesco suo fratello signore di
Padova. Si scoprì la congiura, e Marsilio ebbe tempo da fuggirsene a
Venezia nel dì 3 d'agosto. Per tali disavventure, e perchè il popolo di
Padova, disfatto da questa guerra, forte se ne lagnava, si trovava in
grandi affanni Francesco da Carrara. Il perchè per mezzo del patriarca
di Grado cercò colla corda al collo pace da' Veneziani: pace vergognosa
e gravosa a lui, perchè data da chi era al disopra di lui, ma che servì
a liberarlo dai pericoli maggiori, a' quali si vedeva esposto.
 
Scrive Andrea Redusio[1796] che il celebre _Francesco Petrarca_, allora
abitante sul Padovano, fu spedito dal Carrarese a Venezia per ottener
questa pace, e che alla presenza dell'augusto senato veneto lo stupore
gli tolse di mente l'orazion preparata. Secondo il Caresino[1797], si
obbligò il Carrarese a pagar cento mila fiorini d'oro per le spese
della guerra. I Gatari[1798] dicono trecento cinquanta mila ducati
ossia fiorini d'oro. Il Sanuto[1799] scrisse ducento quaranta mila;
con pagarne di presente i quaranta mila. Fu inoltre forzato a mandare
al senato veneto _Francesco_ Novello suo figliuolo a chiedere perdono,
e a dirupar varie castella sui confini, e a cederne delle altre ai
Veneziani: i quali piantarono i confini dove lor parve, senza che il
Padovano osasse reclamare. In somma, per non poter di meno, ebbe una
lezion sì dura, che pregno d'odio e di rabbia ad altro non pensò per
l'avvenire che a farne vendetta. Fu pubblicata questa pace in Venezia
nel dì 21 di settembre. Anche i Genovesi[1800] nell'anno presente
diedero gran pascolo ai novellisti. Vogliosi essi di vendicarsi de'
Cipriotti per l'affronto lor fatto nell'anno precedente, indirizzarono
alla volta di Cipri la poderosa loro armata, composta di quarantatrè
galee e d'altri legni minori, con circa quattordici mila combattenti.
Presero nel dì 10 d'ottobre senza molto contrasto la capitale di
quell'isola, cioè Famagosta; e quivi piantarono il piede con farsi
rendere ubbidienza dalle altre città e terre dell'isola. Al giovinetto
_re Pietro Lusignano_, con cui fecero la pace, lasciarono il titolo
di re, obbligandolo a pagare loro ogni anno quaranta mila fiorini
d'oro. Da queste dissensioni dei cristiani non lieve profitto intanto
ricavarono i Turchi, la potenza de' quali ogni dì più andava crescendo
in Asia, calando nello stesso tempo quella de' Greci. Essendosi in
questo mentre[1801] ribellato alla regina _Giovanna il duca d'Andria_
della casa del Balzo, essa spedì contra di lui coll'esercito _Giovanni
Malatacca_ da Reggio, che assediò e prese Teano. Se ne fuggì il duca
ad Avignone, spogliato di tutti i suoi Stati, i quali la regina vendè
tosto ad altri baroni. Cosa strana vien raccontata dall'autore della
Cronica di Siena[1802]: cioè che in quest'anno (quasi fosse forza di
maligno pianeta) i frati di varii ordini religiosi ebbero brighe e
dissensioni, e ne seguirono varii ammazzamenti fra loro. E le calunnie
ed oppressioni furono frequenti ne' lor monisteri. Frutti erano questi
della general corruzion de' costumi che regnava allora in Italia, per
colpa spezialmente della lontananza de' papi e delle guerre continue.
Certo non v'ha scrittore di questi tempi che non tocchi il depravamento
in cui si trovavano quasi tutti gli ordini religiosi.
 
NOTE:
 
[1785] Georgius Stella, Annal. Genuens., tom. 17 Rer. Ital.
 
[1786] Gazata, Chron. Regiens., tom. 18 Rer. Ital.
 
[1787] Matth. de Griffonibus, tom. 18 Rer. Ital.
 
[1788] Chron. Estense, tom. 15 Rer. Ital.
 
[1789] Chron. Placent., tom. 16 Rer. Ital.
 
[1790] Chron. Estens., tom. 15 Rer. Ital.
 
[1791] Gazata, Chron., tom. 18 Rer. Ital.
 
[1792] Corio, Istoria di Milano. Gazata, Chron.
 
[1793] Annales Mediolanens., tom. 16 Rer. Ital. Chron. Placentin., tom.
eod.
 
[1794] Gazata, Chron. Regiens., tom. 18 Rer. Ital.
 
[1795] Gatari, Istor. di Padova, tom. 17 Rer. Ital. Caresin., Chron.,
tom. 12 Rer. Ital. Redus., Chron., tom. 19 Rer. Ital.
 
[1796] Andreas de Redusio, Chron. Tarvis., tom. 19 Rer. Ital.
 
[1797] Caresin., Chron. Venet., tom. 12 Rer. Ital.
 
[1798] Gattari, Istor. di Pad., tom. 17 Rer. Ital.
 
[1799] Sanuto, Chron. Venet., tom. 22 Rer. Ital.
 
[1800] Georgius Stella, Annal. Genuens., tom. 17 Rer. Ital.
 
[1801] Giornal. Napol., tom. 21 Rer. Ital.
 
 
 
 
Anno di CRISTO MCCCLXXIV. Indiz. XII.
 
GREGORIO XI papa 5.
CARLO IV imperadore 20.
 
 
Continuò bensì la guerra in Lombardia, ma assai melensamente, perchè
era in piedi un vigoroso trattato di pace[1803]. Nel dì 26 d'aprile
l'esercito della Chiesa e di _Niccolò marchese_ d'Este passò su quel di
Parma e Piacenza a' danni di quei paesi, e vi stette a bottinare sino
al dì 3 di giugno. Copiosamente ancora fornì di gente e di munizioni
le castella già ivi conquistate dal papa, e restate in suo potere. Nel
ritorno diede il guasto intorno alle castella de' Fogliani di Reggio,
perchè _Guido Savina_ da Fogliano, senza curar i nipoti, figliuoli
del giustiziato _Francesco_, le avea sottomesse a _Bernabò Visconte_.
Fu anche dato il sacco ai contorni di Carpi, per gastigare _Giberto
Pio_ che s'era collegato con Bernabò. Nello stesso tempo _Marsilio
Pio_ suo fratello stava attaccato al marchese d'Este. Ciò che impedì
altre militari imprese fu la pioggia continuata per più settimane,
che guastò le biade in erba, nè lasciò fare la raccolta de' fieni.
Succedette perciò una gravissima carestia per quasi tutta l'Italia.
E con questo malanno si collegò anche la pestilenza, che mirabili
stragi fece in Milano, Piacenza, Parma, Reggio, Modena e Bologna, o,
per dir meglio, in quasi tutta la Lombardia[1804]. Si provò lo stesso
flagello di carestia e moria in Roma, Firenze, Pisa ed altre città
della Toscana, Romagna e Marca, siccome ancora in Avignone ed altri
luoghi della Francia; per lo che rimasero spopolate alcune città.
Finalmente, giacchè non si potè per ora conchiudere la pace fra la
Chiesa e i Visconti, si stabilì almeno, per interposizione dei duchi
di Austria, la tregua d'un anno, la quale fu bandita nel dì 6 di
giugno. Probabilmente prima di questo tempo le milizie pontificie,
che col vescovo di Vercelli assediavano la cittadella di Vercelli,
dopo aver impedito i soccorsi che v'inviò _Galeazzo Visconte_, se
ne impadronirono: con che tutta quella città restò all'ubbidienza
della Chiesa. Se si vuol credere al Rinaldi[1805], in quest'anno
i Vigevanaschi, i Piacentini e Pavesi si ribellarono a _Galeazzo
Visconte_, e si diedero alla Chiesa: cosa, a mio credere, lontana
dal vero, perchè niuna di queste città nel temporale truovo io che
facesse mutazione alcuna. Secondo il Corio[1806], _Amedeo conte di
Savoia_ non solamente si staccò dalla lega del papa, ma eziandio si
collegò con _Gian-Galeazzo conte_ di Virtù, figliuolo di _Galeazzo
Visconte_. Ma non appartiene all'anno presente un tal fatto. Solamente
nell'anno seguente, per attestato del medesimo storico, Gian-Galeazzo
fu emancipato dal padre, ed autorizzato a potere far guerra e pace,

댓글 없음: