2016년 6월 29일 수요일

Annali d'Italia 124

Annali d'Italia 124


sottrasse alla signoria della Chiesa, e nel dì dell'Epifania dell'anno
presente acclamò per suo signore _Sinibaldo_, figliuolo di _Francesco
degli Ordelaffi_, il quale nell'anno 1373 era mancato di vita in
servigio de' Veneziani.
 
A sì fatti sconcerti vennero dietro in breve innumerabili mali in
Italia. Soggiornava in Faenza il vescovo d'Ostia, conte della Romagna;
e perciocchè _Astorre_ ossia _Astorgio de' Manfredi_ teneva pratiche
per far ribellare ancor quella città, nè mancavano ivi risse e tumulti,
chiamò colà _Giovanni Aucud_, che co' suoi Inglesi era all'assedio di
Granaruolo[1823]. Entrato che fu l'Aucud colla sua gente, cominciò a
fare istanza per le sue paghe. Perchè era vota la borsa del ministro
pontificio, trovò l'iniquo inglese la maniera di pagarsi alle spese
dell'infelice città[1824], oppur ciò fu a lui ordinato, come fama
corse, dallo stesso conte della Romagna, ch'era il peggior uomo del
mondo. Col pretesto dunque che meditassero ribellione, trecento de'
principali cittadini cacciò in prigione; spinse fuor di città gli
altri (erano circa undici mila persone dell'uno e dell'altro sesso),
con ritener solamente quelle donne che piacquero a lui ed ai suoi.
Tutta la città con inudita crudeltà fu interamente data a sacco, e vi
restarono trucidate circa trecento persone, massimamente fanciulli.
Ecco quai cani tenessero allora al suo servigio in Italia i ministri
pontificii. Nel mese d'aprile anche Imola si sottrasse all'ubbidienza
del papa, e ne divenne poco appresso padrone _Beltrame degli Alidosi_.
Di Camerino parimente e di Macerata in queste rivoluzioni s'impadronì
_Ridolfo da Varano_, personaggio di gran valore. Chiaramente conobbe
allora _papa Gregorio XI _a quanti malanni avessero non men egli che
i suoi predecessori esposta l'Italia, e soprattutto gli Stati della
Chiesa colla lor lontananza. Perciò allora fu che prese la risoluzione
di trasportar la corte di qua da' monti per timore di perdere tutto,
giacchè Roma stessa tutta era in confusione, e buona parte de' baroni
romani in rivolta. Ma conoscendo che la presenza sua sarebbe riuscita
un inutile spauracchio, se non veniva fiancheggiata dall'armi, assoldò
in breve tempo un esercito di Bretoni sì poderoso, che, secondo il
comune uso d'ingrandir sempre il numero de' combattenti e i successi
delle battaglie, fama fu che ascendesse a quattordici mila cavalli.
Alcuni dicono dodici mila. Buonincontro[1825] non li fa più di sei
mila cavalli, ed altri non più di quattro. Certo non furono solamente
ottocento, come ha il Corio[1826]. Diede il pontefice il comando di
quest'armata a _Roberto cardinale_ della basilica de' dodici Apostoli,
fratello del conte di Genevra, cioè ad un mal arnese, che zoppicava
d'un piede, e maggiori vizii nascondeva nel petto.
 
Costui, dichiarato legato apostolico, calò in Italia, e sul
principio di luglio arrivò con quella perfida e bestial gente sul
Bolognese[1827]. Dopo essersi impadronito di Crespellano, Monteveglio
ed altri luoghi, cominciò delle fiere ostilità contra de' Bolognesi;
ma più si applicò a dei trattati segreti per ricuperar Bologna.
_Ridolfo da Camerino_, generale de' Fiorentini, che ivi si trovava,
uomo accorto, non mai volle uscire a battaglia. Proverbiato per questo,
rispondeva: _Io non voglio uscire, perchè altri entri_. Nel dì 11
di settembre scoperte le mine tenute da esso cardinale in Bologna,
ne pagarono il fio alcuni nobili che teneano mano alla congiura,
coll'esserne stati alcuni decapitati, ed altri banditi. Continuò poi
per tutto l'autunno la guerra sul Bolognese, commettendo i Bretoni
ogni maggior crudeltà, con desolar tutto, e incendiar molte migliaia
di case. Il Cronista Bolognese[1828] ce ne lasciò una lagrimevol
descrizione, accompagnato da gravi doglianze contro i pastori della
Chiesa. _I Fiorentini_ e _Bernabò Visconte_ non dimenticarono di dar
soccorso in questi pericoli a Bologna. Ma _Niccolò marchese di Ferrara_
favoriva la parte del papa, e fu creduto che il cardinale gli volesse
vendere quella città. Intanto il papa conchiuse pace con _Galeazzo
Visconte_[1829], rilasciando a lui la città di Vercelli, Castello
San Giovanni, e circa cento altre castella sul Piacentino, Pavese e
Novarese: con che Galeazzo sborsasse in varie rate ducento mila fiorini
d'oro. Ma ripugnando il vescovo di Vercelli a restituire Vercelli,
Galeazzo ne entrò in possesso solamente nell'anno seguente, essendo
stato tradito il vescovo da' suoi, e fatto prigione. Allo sdegno del
papa contra de' Fiorentini, i quali aveano eccitato sì grave incendio
negli Stati della Chiesa, parve poco il mettere l'interdetto a Firenze,
il fulminare contra di quei magistrati le più terribili scomuniche ed
altre pene. Stese ancora il gastigo contra di qualunque Fiorentino che
si trovasse in Europa, dando facoltà a cadauno di farli schiavi, e di
occupar le loro mercatanzie ed ogni loro avere; e però in qualche luogo
di Francia ed Inghilterra[1830], quasi fosse un enorme delitto l'essere
Fiorentino, fu mirabilmente eseguita la concession papale, benchè si
trattasse di tante persone innocenti, le quali niuna relazion aveano
colle risoluzioni prese in Firenze: cosa che può far orrore ai nostri
giorni, e dovea farlo anche allora. Furono cacciati da Avignone, e
ne fuggirono da altri paesi per paura di tali pene tanti Fiorentini,
che, venuti in Italia, poteano formare un'altra città. Fu posto
l'interdetto a Pisa e a Genova, perchè que' popoli non aveano scacciato
i Fiorentini.
 
La speranza intanto di rimediare a tanti sconvolgimenti di cose
parea riposta nella venuta del pontefice; nè mancarono persone pie,
e, fra l'altre, santa _Caterina da Siena_, che con lettere calde il
sollecitarono a tal risoluzione, promettendogli cose grandi, se si
lasciava vedere in Italia[1831]. Perciò, venuto egli a Marsiglia
nel dì 22 di settembre, e servito dipoi dalle galee della _regina
Giovanna_, de' _Genovesi_ e _Pisani_, s'imbarcò nel dì 2 d'ottobre, e
nel dì 18 arrivò a Genova, dove si fermò alquanti giorni, a cagion del
mare grosso, che per tutto il viaggio gli fu contrario, di modo che
per quella fortuna si affogò il vescovo di Luni, e si ruppero molti
legni. Finalmente giunse a Corneto, e, quivi sbarcato, celebrò poi
le feste del santo Natale. Accorsero gli ambasciatori romani[1832] a
complimentarlo, e gli diedero con uno strumento il pieno ed assoluto
dominio di Roma, conservando nondimeno varii loro usi e privilegii.
Guerra fu in questo anno fra _Leopoldo duca_ d'Austria e i _Veneziani_
per segreti impulsi, come fu creduto, di _Francesco da Carrara_[1833].
Possedeva il duca le città di Feltro e di Belluno. Di colà a dì 15 di
maggio spedì egli senza disfida alcuna tre mila cavalli addosso al
territorio di Trevigi, che fecero in quelle parti un gran guasto, e
piantarono dipoi due bastie a Quero. Forniti che si furono di gente i
Veneziani, espugnarono quelle bastie, e il lor generale _Jacopo de'
Cavalli_ Veronese passò fin sotto Feltro, e vi mise l'assedio, ma
poi se ne ritirò. Succedette anche un fatto d'armi colla peggio de'
Veneziani. Interpostosi finalmente mediatore _Lodovico re _d'Ungheria,
seguì fra loro una tregua di due anni, che fece depor l'armi ad
amendue le parti. Arrivato a Napoli[1834] nel dì 25 di marzo dell'anno
presente_ Ottone duca di Brunsvich_, solennemente sposò la _regina
Giovanna_. Riuscì parimente in quest'anno[1835] a _Carlo IV imperadore_
di far eleggere _Venceslao_ suo figliuolo re de' Romani: il che seguì
nelle feste di Pentecoste; ma gli convenne comperar questa elezione
dagli elettori con esorbitante somma di danaro; cioè con promettere a
cadaun di essi venti mila fiorini. Ne scarseggiava egli assaissimo, e
però impegnò loro i dazii e le rendite dell'imperio.
 
NOTE:
 
[1819] Benvenuto da S. Giorgio, Istoria di Monferrato, tom. 22 Rer.
Ital.
 
[1820] Cronica di Bologna, tom. 18 Rer. Ital. Matthaeus de Griffon.,
Chron., tom. eod.
 
[1821] Gazata, Chron., tom. 18 Rer. Ital.
 
[1822] Chron. Foroliviense, tom. 22 Rer. Ital.
 
[1823] Gazata, Chron. Regiens., tom. 18 Rer. Ital. Rubeus, Hist.
Ravenn., lib. 6.
 
[1824] Cronica di Bologna, tom. 18 Rer. Ital.
 
[1825] Bonincontrus, Annal. tom. 21 Rer. Ital.
 
[1826] Corio, Istoria di Milano.
 
[1827] Matth. de Griffon., Chronic., tom. 18 Rer. Ital.
 
[1828] Cronica di Bologna, tom. eod.
 
[1829] Gazata, Chron., tom. eod.
 
[1830] Annales Mediolanenses, tom. 16 Rer. Ital.
 
[1831] Vita Gregorii XI, P. II, tom. 3 Rer. Ital.
 
[1832] Raynaldus, Annal. Eccles.
 
 
 
 
Anno di CRISTO MCCCLXXVII. Indiz. XV.
 
GREGORIO XI papa 8.
CARLO IV imperadore 23.
 
 
Disposte in Roma tutte le cose pel solenne ricevimento di _papa
Gregorio XI_, si mosse egli da Corneto, e per mare e pel Tevere arrivò
colà nel dì 17 di gennaio[1836]. Magnifico fu l'apparato, con cui
l'accolse quel popolo, incredibile il plauso e l'allegrezza d'ognuno,
tutti sperando finiti i pubblici guai, guarite le piaghe dell'Italia,
dappoichè al vero suo sito si vedea ritornato il vicario di Cristo
con tutta la sacra sua corte. La piena descrizione dell'itinerario di
questo papa, e del suo felice ingresso in Roma, l'abbiamo da Pietro
Amelio agostiniano[1837]. Ma questo sereno non durò molto. Troppo in
secoli tali erano avvezzi i baroni e i popoli tutti alle rivoluzioni.
Non sono men difficili ad estinguere i mali abiti del corpo politico,
che quei del corpo naturale e dell'animo umano. In fatti dal popolo
di Roma non gli fu mantenuto se non pochissimo di quello che aveano
promesso[1838], con seguitar massimamente i dodici caporioni a voler
comandare, e a tenere in piedi i Banderesi. _Francesco da Vico_,
tiranno di Viterbo e d'altri luoghi, soffiava nel fuoco; fors'anche i
Fiorentini vi teneano pratiche per questo. Cercò dunque il buon papa
di acconciar colle buone questi rumori. Andò poscia a villeggiare ad
Anagni, e gli riuscì nel mese di novembre di pacificar il prefetto da
Vico con accordo onorevole. Altrettanto bramava di fare coi Fiorentini,
e loro apposta mandò ambasciatori; ma cotanto erano que' magistrati
immersi nel loro vendicativo impegno, lusingandosi di sostenerlo con
facilità dacchè aveano mossa sì gran tempesta, che rifiutarono ogni
ragionevol concordia, benchè del non seguito accordo dessero eglino
la colpa al papa, che a chiare note protestava di volersi vendicare
de' Fiorentini. Più ancora si figuravano essi facile l'abbassamento
della corte romana, perchè aveano saputo staccare a forza di danaro
dall'armata pontificia _Giovanni Aucud_ colla sua compagnia d'Inglesi.
Scrive l'Ammirati[1839] che gli assegnarono ducento cinquanta mila
fiorini l'anno: tanta era la lor forza ed izza contra del pontefice.
Ma per la condotta di costui, o per altri motivi, disgustato
_Ridolfo Varano_ signore di Camerino, e generale dell'armi loro,
inaspettatamente passò alla banda del papa. Il gastigarono i Fiorentini
con far dipignere l'effigie di lui impiccato pe' piedi nel loro
palazzo: del che egli si rise; e una pittura più sconcia degli Otto,
che allora governavano Firenze, fece anch'egli fare in Camerino. Ma
prima di questi avvenimenti, un troppo orribile fatto succedette nella
città di Cesena, che gran discredito diede all'armi pontificie[1840].
Avea quivi messa la sua residenza il sanguinario _cardinal di
Ginevra Roberto_; la sua guardia era di Bretoni. Nel dì primo di
febbraio[1841], perchè uno di questa mala gente volle per forza della
carne da un beccaio, si attaccò una rissa. La disperazione avea preso
quel popolo, perchè i Bretoni, dopo aver consumato tutto il distretto,
erano dietro a divorar anche la città[1842]. Trassero a questo rumore i
cittadini in aiuto del lor compatriotto, e gli altri Bretoni a sostener
il loro compagno. Divenne perciò generale la mischia, e più di trecento
di quegli stranieri rimasero uccisi. Il cardinale pien di furore si

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