2016년 6월 29일 수요일

Annali d'Italia 125

Annali d'Italia 125


chiuse nella Murata, e mandò per gl'Inglesi dimoranti in Faenza, che
tosto corsero a Cesena, ed ebbero ordine di mettere a fil di spada
quel misero popolo. Con ducento lance vi arrivò ancora _Alberico conte
Barbiano_, che era al servigio della Chiesa. Corsero costoro per la
terra, e fecero ben que' cittadini disperati quanta difesa poterono;
ma soperchiati dall'eccessivo numero di que' barbari, non poterono
lungo tempo reggere all'empito loro. Non vi fu allora crudeltà che
non commettessero i vincitori; fecero un universal macello di quanti
vennero loro alle mani, senza risparmiare vecchi decrepiti, fanciulli,
religiosi, ed anche donne pregnanti. Dalla loro sfrenata libidine niun
monistero di sacre vergini andò esente; tutto in fine fu messo a sacco,
chiese e case. Fu creduto che circa quattro mila persone rimanessero
vittima del barbarico furore; fuggirono quei che poterono; e l'Aucud,
per isgravarsi alquanto da sì grave infamia, mandò un migliaio di donne
scortato fino a Rimini, ritenendo quelle che più furono di soddisfazion
di que' cani. Circa otto mila di que' miseri fuggiti si ridussero a
Cervia e Rimini limosinando, perchè spogliati di tutto. Grande sparlare
che fu per questo de' ministri della Chiesa.
 
Ma neppur collo spoglio di Faenza e Cesena si saziò l'ingordigia di
questi diabolici masnadieri. Andavano essi chiedendo paghe[1843],
e paghe non venivano. Il perchè, nel giorno primo di marzo il
cardinale legato portatosi a Ferrara, quivi per aver danaro vendè la
desolata città di Faenza a _Niccolò marchese_ d'Este, da cui nel dì
6 d'aprile fu mandato _Selvatico Boiardo_ suo capitan generale con
alquante schiere d'armati a prenderne il possesso. Ma troppo male
impiegata fu quella somma d'oro (e fu di quaranta mila fiorini d'oro);
imperciocchè essendosi nell'ultimo dì d'agosto partito da Ferrara il
cardinal suddetto[1844], _Astorre dei Manfredi_, assistito da _Bernabò
Visconte_, dai Fiorentini e Forlivesi, per una chiavica entrò di
notte in Faenza, e se ne insignorì nel dì 25 di luglio, con restar
sommamente beffato il marchese. Celebraronsi con pomposa solennità
in quest'anno nel giorno ultimo di maggio le nozze di _Francesco
Novello_ figliuolo di _Francesco da Carrara_ signor di Padova con
_Taddea_ figliuola d'esso marchese _Niccolò_. Trattarono in quest'anno
i Bolognesi di pace col papa[1845], e nel settembre la conchiusero,
avendo ottenuta facoltà per cinque anni avvenire di reggersi a comune,
con pagare annualmente alla santa Sede dieci mila fiorini d'oro. In
quest'anno[1846], dacchè _Ridolfo da Camerino_ ebbe volte le spalle
ai Fiorentini, fece lor guerra colle forze del papa; ma ne riportò
solamente danno, e gli fu anche data una rotta dal _conte Lucio_
capitano de' Fiorentini. Reggevasi in questi tempi a comune la terra di
Bolsena. Cadde in pensiero ad alcuni frati minori di sottometterli alla
Chiesa, figurandosi forse di fare un'opera santa e meritevole[1847];
ed essendo il convento loro presso alle mura, v'introdussero una notte
i Bretoni. Il bel guadagno fu, che questi Barbari misero tutta la
terra a sacco, e vi tagliarono a pezzi forse cinquecento tra uomini e
donne. Anche in Foligno fu novità. Sollevatosi parte di quel popolo nel
dì 11 d'agosto, uccise _Trincio de' Trinci_ signore di quella città,
ed imprigionò un suo figliuolo; ma nel dì 22 di dicembre Corrado de'
Trinci, fratello dell'ucciso, di volere di un'altra parte di esso
popolo ricuperò la terra, e cavò di prigione il nipote. Era ogni cosa
in conquasso in questi tempi negli Stati della Chiesa e nel vicinato;
e i Fiorentini e Pisani fecero per forza dir le messe, senza volere
rispettar l'interdetto. Il papa per questo fulminò maggiori scomuniche,
ma senza far mutare cervello a' suoi nemici. _Bernabò Visconte_[1848],
per maggiormente assodare nel partito suo e de' Fiorentini _Giovanni
Aucud_ e il _conte Lucio_ Tedesco da Costanza, diede a cadaun di loro
in moglie due sue figliuole bastarde. Furono composte in quest'anno nel
dì 15 di giugno[1849] le differenze che vertivano fra _Gian-Galeazzo_
Visconte conte di Virtù, e _Secondotto marchese_ di Monferrato, con
avere Gian-Galeazzo accoppiata in moglie al marchese sua sorella
_Violante_, vedova di _Lionetto_ d'Inghilterra, e con promessa di
restituirgli Casale di Santo Evasio, ogni qualvolta fosse mancato di
vita _Galeazzo_ suo padre. Altre promesse fece dipoi Gian Galeazzo al
marchese e ad _Ottone duca di Brunsvich_, venuto apposta da Napoli per
assistere al giovinetto marchese. Ma, siccome vedremo, Gian-Galeazzo
non dovea credere che il promettere seco portasse l'obbligo di mantener
la parola.
 
NOTE:
 
[1833] Caresinus, Chron., tom. 12 Rer. Ital. Redusius, Chron., tom. 19
Rer. Ital.
 
[1834] Giornal. Napol., tom. 21 Rer. Ital.
 
[1835] Albert. Argentinensis, Chron. Magdeburgense.
 
[1836] Raynald., Annales Eccles.
 
[1837] Itinerar. Gregorii XI, P. II, tom. 3 Rer. Italic.
 
[1838] Vita Gregorii XI, tom. eod.
 
[1839] Ammirati, Istoria Fiorentina, lib. 13.
 
[1840] Matth. de Griffon., Chron., tom. 18 Rer. Ital. Cronica di
Bologna, tom. eod.
 
[1841] Chron. Estense, tom. 15 Rer. Ital.
 
[1842] Cron. di Rimini, tom. eod. Cron. di Siena, tom. eod.
 
[1843] Chronic. Estense, tom. 15 Rer. Ital.
 
[1844] Cronica di Rimini, tom. eod. Annal. Forolivien., tom. 21 Rer.
Ital.
 
[1845] Cronica di Bologna, tom. 18 Rer. Ital.
 
[1846] Ammirati, Istor. di Firenze, lib. 13.
 
[1847] Chron. Estens., tom. 15 Rer. Ital. Cronica di Siena, tom. eod.
 
[1848] Annal. Mediolan., tom. 16 Rer. Italic.
 
[1849] Benvenuto da S. Giorgio, Istoria del Monferrato, tom. 23 Rer.
Ital.
 
 
 
 
Anno di CRISTO MCCCLXXVIII. Indiz. I.
 
URBANO VI papa 1.
VENCESLAO re de' Romani 1.
 
 
Dell'anno presente funestissima sempre fu e sarà la memoria nella
Chiesa pel deplorabile scisma che accadde. Attendeva il pontefice
_Gregorio XI_ a risarcir le chiese di Roma, divenute nido di gufi,
perchè abbandonate per più di settanta anni da' cardinali, che, immersi
nelle delizie di Provenza, niun pensiero si metteano de' loro titoli,
e tutto lasciavano andare in rovina. Scorgendo ancora, che sminuendosi
ogni dì più la forza delle sue armi, più giovevole gli sarebbe riuscita
la pace che la guerra co' Fiorentini e coi lor collegati, adoperò la
mediazione del re di Francia per trattare d'un aggiustamento, nè poco
vi contribuiva _santa Caterina da Siena_. S'interpose ancora _Bernabò
Visconte_[1850]; e però in Sarzana si tenne un congresso, dove spedì
il papa per suo plenipotenziario _Giovanni cardinale_ della Grangia,
vescovo d'Amiens, e v'intervennero quattro ambasciatori _fiorentini_,
quei della _regina Giovanna_, e de' _Veneziani_ e _Genovesi_. In
persona ancora vi fu lo stesso Bernabò Visconte, mostrandosi più degli
altri portato alla concordia[1851]. Il dibattimento fu grande; ma ciò
che arenava l'affare consisteva nella pretensione del papa, che voleva
essere rifatto di ottocento mila fiorini, spesi, come egli dicea, in
questa guerra per colpa de' Fiorentini; laddove i Fiorentini non si
sentivano voglia neppur di pagare un soldo, essendo stati i cattivi
ministri del papa i primi ad offendere. Mentre si agitavano questi
punti, eccoti arrivare la morte di esso papa[1852]. Lo aveano di nuovo
sovvertito i cardinali franzesi per farlo ritornare in Francia, e si
figurò la buona gente che Dio per questo tagliasse il filo de' suoi
giorni, acciocchè si fermasse in Italia la corte pontificia, senza
por mente agli innumerabili disordini e scandali che tennero dietro
alla mancanza di questo pontefice. Succedette la di lui morte nel dì
27 venendo il dì 28 di marzo, e gli fu data sepoltura nella chiesa di
Santa Maria Nuova[1853]. Per tale avvenimento restò sospeso il trattato
della pace; e i ministri adunati in Sarzana se ne ritornarono alle lor
case per aspettar la creazione di un nuovo pontefice. Congregaronsi a'
dì 7 d'aprile a questo fine in conclave i cardinali che si trovavano
allora in Roma[1854]. Quattro soli erano i porporati italiani, dodici
i franzesi. Per cattivo augurio fu preso che in quello stesso giorno
un fulmine entrò nel conclave, e, bruciati alquanti arnesi, uscì per
una finestra. Cominciò tosto la discordia ad imperversare fra loro. I
primi volevano un papa di lor nazione, acciocchè si fermasse in Italia
la sacra corte. Da' Franzesi, che sospiravano di ricondurla di là da'
monti, se ne voleva un franzese[1855]; e fra essi Franzesi quei di
Limoges, che erano i più, particolarmente il desideravano della loro
città. Non fu difficile al popolo romano il conoscere l'intenzion de'
cardinali oltramontani; e però si svegliarono dei tumulti nella plebe,
che gridava: _Romano lo volemo, romano_. Dagli stessi magistrati furono
inviati ambasciatori al sacro collegio, con pregarlo di dare per questa
volta alla Chiesa di Dio un papa romano oppure italiano; e in fine
si venne ad esigerne solamente un romano; e intorno al conclave si
udivano le voci minacciose del popolo che richiedevano lo stesso. In
grande imbroglio ed anche paura si trovavano per questo i cardinali:
laonde, perchè non era creduto alcuno de' quattro porporati italiani
atto a sì sublime ministero, finalmente di concorde volere elessero
nel dì 8 di aprile _Bartolomeo Prignano_ arcivescovo di Bari, di
nazione Napoletano, che si abbattè allora in corte, sul riflesso che
non potendo avere papa un nazionale i Franzesi, avrebbono almeno un
suddito della casa di Francia, cioè della _regina Giovanna_. Accettò
egli, dopo qualche renitenza, o vera o finta, la gran dignità. Ma non
si attentavano i cardinali a pubblicar l'eletto, per timore che, non
essendo romano, rimanessero esposte le lor vite al furore del popolo,
il quale, subodorato che era seguita qualche elezione, più che mai

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