2016년 6월 29일 수요일

Annali d'Italia 127

Annali d'Italia 127



[1850] Annal. Mediolan., tom. 16 Rer. Ital.
 
[1851] Leonardus Aretin., Hist., lib. 9.
 
[1852] Raynaldus, Annal. Eccles.
 
[1853] Vita Gregorii XI, P. II, tom. 3 Rer. Ital.
 
[1854] Raynaldus, Annal. Eccles. Vita Gregorii XI, ubi supra.
 
[1855] Acta apud Papebrochium.
 
[1856] Georgius Stella, Annal. Genuens., tom. 17 Rer. Ital. Gatari,
Istor. di Padova, tom. eod.
 
[1857] Thomas de Acerno, P. II, tom. 3 Rer. Ital.
 
[1858] Giornal. Napolet., tom. 21 Rer. Ital.
 
[1859] Gazata, Chron. Regiens., tom. 18 Rer. Ital.
 
[1860] Vita Gregorii XI, P. II, tom. 3 Rer. Ital.
 
[1861] Thomas de Acerno, Part. II, tom. eod.
 
[1862] Annales Mediolan., tom. 16 Rer. Ital.
 
[1863] Albert. Argent., Chronic., Trithem. et alii.
 
[1864] Annales Mediolan., tom. 16 Rer. Ital. Corio, Istoria di Milano.
 
[1865] Chron. Estense, tom. 15 Rer. Italic.
 
[1866] Benvenuto da S. Giorgio, Istor. del Monferrato, tom. 23 Rer.
Ital.
 
[1867] Annal. Mediolan., tom. 16 Rer. Ital.
 
[1868] Chinazzi, Istoria, tom. 15 Rer. Ital.
 
[1869] Andreas de Redusio, Chron., tom. 19 Rer. Italic.
 
[1870] Cronica Estense, tom. 15 Rer. Ital.
 
[1871] Gino Capponi, del tumulto de' Ciompi, tom. 18 Rer. Ital.
Ammirati, Istoria di Firenze, lib. 14. Cronica di Siena, tom. 15 Rer.
Ital.
 
[1872] Georgius Stella, Annal. Genuens., tom. 17 Rer. Ital.
 
 
 
 
Anno di CRISTO MCCCLXXIX. Indiz. II.
 
URBANO VI papa 2.
VENCESLAO re de' Romani 2.
 
 
Erasi, come abbiam detto, dichiarata in favore dell'_antipapa Clemente
Giovanna regina_ di Napoli, a ciò animata dal re di Francia, per li
motivi politici, ma non cristiani, che abbiamo accennato di sopra. Però
Clemente, affin di confermare nel suo partito i Napoletani, si portò
per mare a quella città[1873]. Fu accolto dalla regina colle maggiori
dimostrazioni d'ossequio, come se fosse stato legittimo papa; ma non
l'intese così il popolo, siccome quello che per _Urbano_, creduto da
essi vero papa, e riguardato come compatrioto, nudriva più affetto,
mirando per lo contrario in Clemente un assassino della Chiesa di Dio.
Fecesi perciò una gran sollevazione contra di lui, di maniera che la
regina Giovanna, temendo anche di sè stessa, il fece sloggiare ben
presto, e ritornare a Fondi. Perch'egli non si teneva quivi sicuro,
nel mese di maggio s'imbarcò co' suoi scomunicati cardinali, a riserva
di due, che lasciò in Italia ad accudire a' suoi interessi; e, dopo
aver corso varii pericoli per le tempeste di mare, nel dì 10 di giugno
arrivò a Marsiglia, e poscia andò a piantare la sua residenza in
Avignone. Fece anch'egli de' nuovi cardinali, fece de' processi contra
di _papa Urbano VI_, scomunicò i di lui cardinali; e siccome Urbano
non men colle armi spirituali che colle temporali avea mossa guerra
a lui e a' suoi aderenti, anch'egli altrettanto praticò, con inviar
quei soccorsi di gente e di danaro che potè alla _regina Giovanna_, al
_conte di Fondi_ e al _prefetto da Vico_, ch'erano della sua fazione. E
qui cominciò a vedersi un mostruoso sconvolgimento nella Chiesa di Dio,
con darsi dall'uno e dall'altro i medesimi vescovati e benefizii[1874]:
dal che nacquero private e pubbliche guerre e stragi. E i grandi,
secondochè l'ambizione o l'interesse consigliava, aderivano a chi
dei due contendenti più loro offeriva, sposando ora l'uno ora l'altro
partito, e prevalendo quasi sempre i cattivi sopra i buoni, e toccando
le chiese a persone indegne con sommo esterminio della disciplina
ecclesiastica tanto ne' secolari che ne' regolari. Molti ancora dei
prelati e preti aderenti ad Urbano furono presi, uccisi od annegati
dai Clementini; e saccheggi, incendii ed ammazzamenti furono parimente
fatti dall'altra parte[1875]. Gran noia e danno recava intanto ai
Romani fedeli di _papa Urbano_ castello Sant'Angelo, perchè tuttavia
detenuto da un uffiziale dell'antipapa; e per questo il papa non potea
abitare al Vaticano. L'assedio vi fu posto, e nel dì 29 d'aprile
venne costretta quella fortezza alla resa colla fame, o piuttosto
con danaro. N'ebbe non poca gioia il pontefice, il quale nello stesso
mese fece predicare la crociata contra dell'antipapa e della regina
Giovanna, e prese al suo soldo la compagnia di San Giorgio, composta
di masnadieri italiani e tedeschi. Spese bene il suo danaro, perchè
costoro diedero una fiera rotta alla compagnia de' Bretoni, che era
a' servigi dell'antipapa, facendone grande strage, e prigioni quasi
tutti i caporali della medesima[1876]. Succedette questo fatto sotto
Marino nel dì 28 d'aprile. _Alberto conte di Barbiano_, ossia di Cuneo,
era il condottiere d'essa compagnia di San Giorgio, a cui si unirono
anche le soldatesche romane. Questo fu il colpo che maggiormente
affrettò l'antipapa a fuggirsene d'Italia. Dopo questi fatti la regina
Giovanna, per placare il popolo, si mostrò inclinata ad abbandonar
l'antipapa, e mandò anche suoi ambasciatori a Roma. Per colpa di
chi avvenisse, nol so dire; ben so che nulla ne seguì; e tornati gli
ambasciatori, continuarono le ostilità fra essa e papa Urbano, il quale
intanto inviperito cercava le vie di torle il regno, siccome in fatti
avvenne dipoi, per quanto vedremo. I Bolognesi[1877], prevalendosi,
di tali sconcerti, si rimisero maggiormente in libertà; e, per meglio
sostenersi, fecero lega coi comuni di Firenze, Perugia e Siena, sempre
nondimeno aderendo ad _Urbano VI_, papa legittimo.
 
Strepitosa fu nell'anno presente la guerra de' Veneziani e Genovesi.
Il racconto di essa esigerebbe più carte ma io, seguitando la brevità,
ne accennerò solamente i fatti più importanti, rimettendo per gli
altri men riguardevoli il lettore a Daniello Chinazzi[1878], al
Caresino[1879], ai Gatari[1880] e al Redusio[1881]. Di molte prodezze
avea fatto _Vittor Pisani_ coll'armata navale veneta nell'Adriatico;
ma questa armata si trovò molto sminuita e snervata per li patimenti
del verno e per mancanza delle vettovaglie, indarno richieste e indarno
aspettate da Venezia. Tuttavia, essendo sopraggiunta a Pola, dove
egli si trovava, l'armata navale de' Genovesi, comandata dal valoroso
_Luciano Doria_, il Pisani, sopraffatto dalle istanze de' suoi, benchè
alcune delle sue galee gli mancassero, perchè non peranche spalmate,
andò ad assalirla. Crudelissima fu la battaglia nel dì 5 oppure 6 di
maggio; sul principio vi restò morto da un colpo de' nemici il _Doria_
generale de' Genovesi, e presa la capitana. Ma sopraggiunte dieci altre
galee genovesi, poste dianzi in aguato, non potè reggere la flotta
veneta. Quindici galee rimasero in potere de' vincitori con più di due
mila prigioni, parte dei quali fu decapitata dagli inumani Genovesi
in vendetta dell'ucciso generale. Vittor Pisani con sette altre galee
salvatosi, andò a presentarsi al consiglio in Venezia; e quasichè la
sfortuna e l'evento sinistro di un fatto d'arme fosse un delitto, fu,
senza ascoltar sue scuse, cacciato in prigione. Ora per tal vittoria
insuperbiti i Genovesi, si misero in pensiero di procedere innanzi per
espugnar, se poteano, l'inespugnabil città di Venezia. Gran coraggio
facea loro a tale impresa anche _Francesco da Carrara_ signor di Padova
lor collegato, ed implacabil nemico dei Veneziani. Venne anche loro
un abbondante rinforzo di legni, d'armati e di munizioni da Genova,
condotto da _Pietro Doria_, nuovo generale di tutta l'armata. Pertanto
nel dì di Pentecoste comparvero i Genovesi al porto di San Niccolò di
Lido; entrarono in Chiozza picciola, ed unitisi con loro i ganzaruoli,
legni sottili inviati dal Carrarese, nel dì 16 d'agosto diedero un
furioso assalto di molte ore alla stessa città di Chiozza grande, e se
ne impadronirono colla morte di circa ottocento sessanta Veneziani,
e prigionia di circa tre mila e ottocento. Fu data a sacco la misera
città. A tale conquista tenne dietro quella di Loreo, della torre delle
Bebbe e d'altri siti; e la vittoriosa armata scorreva sino a Malamocco,
abbandonato da' Veneziani. Non si può esprimere la costernazione che
tal perdita e il brutto aspetto di peggiori conseguenze cagionarono
nell'animo dei Veneziani, gente in tante altre disavventure sempre
coraggiosa e costante. _Andrea Contareno_ doge non lasciò di far cuore
ad ognuno, e fu risoluto nel consiglio d'inviare ambasciatori a _Pietro
Doria_ per trattar di pace, con un foglio in bianco, per accettar le
condizioni anche più dure, purchè fosse in salvo la libertà di Venezia.
Il signor di Padova, siccome uomo saggio, consigliò di accettar la
pace. Ma il Doria non altra risposta diede agli ambasciatori, se non la
seguente: _Alla fè di Dio, signori Veneziani, non avrete mai pace da
noi, se prima non mettiamo la briglia a quei vostri cavalli sfrenati
che stanno sopra la porta della chiesa di san Marco. Imbrigliati che
sieno, vi faremo stare in buona pace_. E ricusati i prigioni genovesi,
con dire, che sperava di venir presto in persona a liberarli, con
sì aspre maniere li licenziò. L'alterigia genovese fu la salute
di Venezia[1882]. Molto ancora a salvarla contribuì l'ambizione ed
avarizia loro; perciocchè se avessero rilasciata Chiozza al Carrarese,
che ne faceva istanza, per attender essi colla loro armata a maggiori
imprese, forse diverso esito avrebbe avuta la presente guerra. Ma
si può credere che Iddio volesse salva in mezzo a tanti pericoli la
nobilissima città di Venezia.
 
Spirata la speranza della pace, ad altro non pensarono i saggi
Veneziani che a prepararsi per una gagliarda difesa. Ma ritrovarono
il popolo mal disposto, perchè tutti bramavano per capitano di
mare il valoroso ed innocente _Vittor Pisani_, e questi era nelle
carceri[1883]. Fu dunque presa la determinazione di metterlo in
libertà, con pregarlo di dimenticar le ingiurie, e di avere per
raccomandata la patria: il che non solo promise egli di fare, ma fece
in effetto da lì innanzi con una gloriosa intrepidezza e costanza.
L'allegria e il coraggio per questo si diffuse nel popolo tutto; ed
essendo stato proposto di armare quaranta nuove galee, con promettere
la nobiltà a chi maggiormente impiegasse uomini e denari in soccorso
del pubblico, mirabil cosa fu il vedere la gara de' benestanti che
andavano ad offerir sè stessi, i lor figliuoli, oppur somme rilevanti
di danaro; di modo che in breve tempo fu rimessa in piedi una fiorita
armata di legni e di gente, tutta pronta a dare il suo sangue in
aiuto della patria. Leggesi nelle Storie del Chinazzi e dei Gatari il
ruolo di coloro che generosamente contribuirono ad armare la suddetta
flotta. Capitan generale di essa volle essere lo stesso doge _Andrea
Contareno_; ammiraglio ne fu dichiarato _Vittor Pisani_. Intanto avendo
_Lodovico re d'Ungheria_ inviati a _Francesco da Carrara_ dieci mila
de' suoi combattenti[1884], sotto il comando di _Carlo_ figliuolo del
già _duca di Durazzo_, spedì esso Carrarese _Francesco Novello_ suo
figliuolo colle altre sue forze all'assedio di Trivigi, lasciando che
i Genovesi a lor talento si regolassero nella guerra. Trivigi fece
bella difesa, e deluse tutti gli attentati de' nemici. Moltissimi
fatti d'armi, parte favorevoli, parte contrarii, accaddero dipoi fra
i Veneziani e Genovesi, ch'io tralascio, ristringendomi a dire, che
accidentalmente attaccato il fuoco ad una cocca all'imboccatura del
porto di Chiozza, questi si affondò, e chiuse la bocca di esso porto,
con serrare nello stesso tempo in quella città i Genovesi. Fecero ben
questi delle incredibili prodezze; ma non minori furono quelle de'

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