2016년 6월 29일 수요일

Annali d'Italia 135

Annali d'Italia 135


in fretta se ne tornò a Verona, malcontento sicuramente di sè stesso
e dei suoi. Dopo questa vittoria, la quale non so come viene posta dal
sopraddetto Cronista Estense circa il dì 12 di maggio, spedì _Francesco
da Carrara_ ambasciatori a Verona per esortar lo Scaligero ad una buona
pace, con offerir anche onesti patti. Non ne riportarono essi se non
delle orgogliose risposte. Anzi si diede lo Scaligero ad assoldare più
che mai gente, e condusse il _conte Lucio Lando_ al suo servigio con
cinquecento lancie e quattrocento fanti. Riscattò ancora con danari
i nobili prigioni. All'incontro, il Carrarese spinse le vittoriose
sue milizie sul Veronese, che vi recarono immensi danni, e presero la
bastia di Revolone. Trasse egli ancora al suo soldo il famoso capitan
di guerra _Giovanni Aucud_, e maggiormente rinforzò l'esercito suo.
Per lo contrario, rimesso in forze lo Scaligero, e creato suo capitan
generale il suddetto conte Lucio, portò la guerra sul Trivisano, e
fece di molti progressi e danni. Continuarono dunque le ostilità con
gran vigore, finchè il verno consigliò tutti a prendere riposo. Ebbero
guerra nella primavera dell'anno presente[1986] i Bolognesi contra
de' conti di Barbiano, ed assediarono quel castello. Al loro soldo si
trovava il conte Lucio suddetto, che, secondo sua usanza, li tradì,
e però nel dì 8 d'aprile si aggiustarono quelle differenze, restando
il _conte Giovanni_ padrone come prima di quel castello. Fecero i
Bolognesi dipignere nel loro palazzo il suddetto conte Lucio, come
traditore, impiccato per un piede. S'era costui ritirato a Faenza, ed,
unitosi con _Astorre dei Manfredi_ signor di quella città, tornò ad
infestare ii territorio bolognese, e a tener mano coi Pepoli banditi
per farli ritornare in Bologna: il che costò la vita o il bando a
molti. Oltre a ciò, nel dì 15 di giugno cavalcarono con tutte le lor
forze i Bolognesi fino alle porte di Faenza, ardendo e saccheggiando.
Seguì poscia accordo fra essi ed Astorre de' Manfredi. Ma nel dicembre
di nuovo il conte Lucio colla sua compagnia venne sul Bolognese per
vendicarsi dell'affronto a lui fatto, e grandi ruberie ed incendii ne
seguirono.
 
NOTE:
 
[1972] Cronica di Rimini, tom. 15 Rer. Ital.
 
[1973] Chron. Estense, tom. 15 Rer. Italic. Annales Forolivienses, tom.
22 Rer. Ital.
 
[1974] Georgius Stella, Annal. Genuens., tom. 17 Rer. Ital.
 
[1975] Bonincontrus, Annal., tom. 16 Rer. Ital. Sozomenus, Histor.,
tom. eod.
 
[1976] Theodoricus de Niem, Hist.
 
[1977] Gobelinus, in Cosmod.
 
[1978] Raynaldus, in Annal. Ecclesiast. Gazata, Chron., tom. 18 Rer.
Ital.
 
[1979] Giornal. Napolet., tom. 21 Rer. Ital.
 
[1980] Gatari, Istor. di Padova, tom. 17 Rer. Ital. Bonfin., de Reb.
Hung.
 
[1981] Chron. Estense, tom. 15 Rer. Ital.
 
[1982] Bonincontrus, Annal., tom. 21 Rer. Ital.
 
[1983] Gatari, Istoria di Padova, tom. 17 Rer. Italic.
 
[1984] Gazata, Chron. Regiens., tom. 18 Rer. Italic.
 
[1985] Chronic. Estense, tom. 15 Rer. Ital. Redus., Chron., tom. 19
Rer. Ital.
 
[1986] Matth. de Griffon., Chron., tom. 18 Rer. Ital. Cronica di
Bologna, tom. eod. Gazata, Chron. Regiens., tom. eod.
 
 
 
 
Anno di CRISTO MCCCLXXXVII. Indiz. X.
 
URBANO VI papa 10.
VENCESLAO re de' Romani 10.
 
 
Era tutto sconvolto, siccome dicemmo, per la morte del _re Carlo_
il regno di Napoli; crebbero nell'anno presente i guai in quelle
contrade. Perciocchè avendo i Sanseverini ed altri baroni del partito
angioino commosso il giovinetto _Lodovico duca d'Angiò_, che s'era
già intitolato re di Sicilia, cioè di Napoli, a venire in Italia,
promettendogli la conquista di quel regno, egli mandò innanzi _Ottone,
duca di Brunsvich_ e principe di Taranto, con grandi forze. Ottone,
siccome pratico del paese, prese quell'assunto, meditando vendetta
della morte data alla _regina Giovanna_ già sua moglie dal _re Carlo_
contra dei di lui figliuoli[1987]. Nel dì primo di giugno, unito egli
coi Sanseverini e cogli altri baroni della sua lega, e con un copioso
esercito, marciò alla volta di Napoli, incoraggito dalle dissensioni
che bollivano fra la _regina Margherita_ e i governatori della città
eletti da quella nobiltà e popolo. Fu permesso a' suoi soldati di
entrare nella città a cinquanta e sessanta per volta per fornirsi del
bisognevole. Ciò dispiacendo alla fazion del _re Ladislao_ e della
regina sua madre, si venne un giorno a battaglia, acclamando gli uni
il _re Ladislao_ e _papa Urbano_, ed altri il _re Lodovico_. S'inoltrò
sì forte la briga, che la regina, temendo di sè e de' suoi figliuoli,
nel dì 8 di luglio, dal castello dell'Uovo si trasferì a Gaeta, dove
poi si fermò per anni parecchi. Venne _Raimondo Orsino_ conte di
Nola per sostenere la signoria della regina e la divozione a papa
Urbano; ma essendo riuscito ad Ottone duca di Brunsvich d'entrare in
Napoli nel dì 20 del suddetto luglio[1988], non passò quel mese che
prevalse affatto il partito angioino. Furono spediti ambasciatori al
_re Lodovico_ e all'antipapa _Clemente_, di modo che fu obbligato in
quella città chi teneva per papa Urbano e pel re Ladislao a tacere.
Vendetta allora fu fatta contra di coloro che si credeano aver avuta
parte nella morte data alla regina Giovanna. Dimorava intanto _papa
Urbano_ in Lucca, mirando con dispetto le rivoluzioni di Napoli, tutte
contrarie a' suoi interessi[1989]. Detestava egli Lodovico d'Angiò
suo nemico e protettore del falso pontefice; ma non per questo aderiva
punto al re Ladislao e alla regina Margherita sua madre. Avendo egli
già fulminata la sentenza contra del re Carlo, e dichiarato devoluto
il regno, non sapea fare un passo indietro. Gli mandò bensì la _regina
Margherita_ a Genova ambasciatori, pregandolo d'avere misericordia
de' suoi figliuoli, e di permettere che all'ucciso re suo consorte
fosse data l'ecclesiastica sepoltura. Anzi, sperando maggiormente
di placarlo, liberò dalle carceri Francesco Butillo nipote di lui, e
gliel'inviò fino a Genova. Nulla si potè per questo ammollire il duro
cuore d'Urbano, che più che mai seguitò a far processi, e ad aggiugnere
condanne a condanne contra della regina e de' suoi figliuoli; levò
anche loro il principato d'Acaia. Gli cadde poscia in pensiero di poter
conquistare per la santa Sede il regno di Napoli in mezzo ai rivali
partiti; e giacchè era stato ucciso in Viterbo dai Romani _Angelo
prefetto di Roma_, ed era tornata quella città alla sua ubbidienza, da
Lucca nel dì 23 di settembre si mosse egli, e trasferissi a Perugia,
per essere più a portata dell'esecuzione de' suoi disegni.
 
Poichè non aveva potuto _Francesco da Carrara_ indurre alla pace lo
sconsigliato _Antonio dalla Scala_, non lasciò da lì innanzi via
alcuna per atterrarlo affatto[1990]. Ebbe maniera di staccare da
lui il _conte Lucio_, con promettergli dieci mila fiorini d'oro per
regalo; e costui se n'andò. Quindi nello stesso mese di gennaio inviò
l'esercito a' danni del Veronese sotto il comando di _Giovanni d'Azzo_
e di _Giovanni Aucud_, due valenti e insieme accortissimi capitani,
i quali per miracolo andavano ben d'accordo nel maneggio di questa
guerra. Era con loro _Francesco Novello da Carrara_, primogenito del
medesimo signor di Padova, con altri valorosi condottieri d'armi. Per
lo spazio di quarantacinque giorni, dacchè furono entrati nel Veronese,
continuarono a dare il guasto e saccheggio al paese. Ma usciti in
questo mentre in campagna anche _Giovanni degli Ordelaffi_ di Forlì
e _Ostasio da Polenta_ signor di Ravenna, capitani dello Scaligero,
con armata più numerosa, cominciarono ad angustiar quella di Padova,
con impedir le vettovaglie e levarle i foraggi; di maniera che furono
obbligate le genti carraresi a ritirarsi a poco a poco per tornarsene
sul Padovano. Grandi furono i disagi che patirono nel retrocedere, e si
fu più volte vicino ad un fatto d'armi; ma gli avveduti generali de'
Carraresi lo schivarono sempre per la debolezza in cui si trovavano
le affamate loro milizie, tutto dì inseguite e molestate da' nemici.
Allorchè furono essi giunti verso Castelbaldo al Castagnaro, talmente
si videro incalzati e stretti dall'esercito veronese, che nel dì 11
di marzo convenne prendere battaglia. Vantaggiosamente si postarono i
Padovani a un largo fosso, e quivi sostennero, anzi ributtarono più
volte i nemici, essendo già da qualche tempo introdotto l'uso delle
bombarde da fuoco, le quali faceano grande strepito e strage. Dacchè
ebbero i saggi capitani de' Carraresi fatto calar la baldanza all'oste
contraria, _Giovanni Aucud_ passò il fosso co' suoi, e con tal empito
e forza assalì i Veronesi, che andarono a terra le lor bandiere, e in
rotta tutto il campo loro. Secondo la lista che ne lasciarono i Gatari,
restarono prigionieri circa quattro mila secento venti uomini d'armi a
cavallo, fanti ottocento quaranta, e i due generali dello Scaligero,
cioè _Giovanni degli Ordelaffi_ ed _Ostasio da Polenta_[1991], con
altri assai nobili capitani, che furono poi tutti trionfalmente
introdotti in Padova. Ma neppure per questa sì grave sconfitta
prese miglior consiglio _Antonio dalla Scala_. Nel suo maltalento il
mantennero i Veneziani, che gli mandarono tosto quaranta mila fiorini
d'oro, promettendone anche più. E però quantunque il Carrarese di nuovo
mandasse ambasciatori ad offerirgli pace, più testardo e adirato che
mai contra del Carrarese, serrò gli orecchi ad ogni aggiustamento,
e deluse ancora le pratiche fatte da _Venceslao re de' Romani_ per
riunir gli animi loro. Costò caro ai Veronesi e Vicentini questa pazza
ritrosia del loro signore, perchè entrata ne' lor territorii l'armata
dei Padovani, portò il sacco e la desolazione sino alle porte di
Verona.
 
Stava intanto con occhio cerviere mirando queste rotture
_Gian-Galeazzo_ signor di Milano, e da quell'astuto che era pensò
tosto a rivolgerle in profitto suo. Avea già nel precedente anno
spediti ambasciatori tanto allo Scaligero che al Carrarese, offerendo
lega nello stesso tempo ad amendue. Molto più continuò questo
giuoco nell'anno presente. _Francesco da Carrara_, tra perchè gli
premeva di non aver per nemico il potentissimo Visconte, con cui lo
Scaligero era come d'accordo, e perchè vantaggiose esibizioni erano
a lui fatte dal Visconte, strinse in fine lega nel dì 19 d'aprile
dell'anno corrente con lui. I patti erano, che vincendo toccasse a
_Gian-Galeazzo_ Verona[1992], e al _Carrarese_ Vicenza. Nel giorno
stesso mandò il Visconte la disfida ad _Antonio dalla Scala_,
allegando que' pretesti di muovergli guerra che non mancarono mai a
chi colla voglia di conquistare può congiugnere le forze. Fu permesso
a _Giovanni d'Azzo_ di passare ai servigi del conte di Virtù, cioè
dello stesso Gian-Galeazzo, che continuava a farsi chiamare così; e
_Giovanni Aucud_ anch'egli prese congedo dal signore di Padova. Restò
nondimeno il Carrarese ben fornito di gente, e mentre il conte di Virtù
mosse le sue armi contro lo Scaligero, e s'impadronì del castello di
Garda, anch'egli spedì _Francesco Novello_ suo figliuolo ed _Ugolotto

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