2016년 6월 29일 수요일

Annali d'Italia 140

Annali d'Italia 140


A questo fine cavalcò Giovanni Aucud nel dì 10 di maggio colle forze
de' collegati, ed entrò nel Bresciano, dando il sacco a quel paese e
al Bergamasco. Penetrò ancora un buon corpo d'armati da Bologna sul
Reggiano e Parmigiano[2056], per tenere maggiormente distratte le
armi nemiche. Ma nuova alcuna non s'udì nel mese suddetto, e neppur
nel giugno seguente, dell'arrivo del conte d'Armagnacco; di modo che
trovandosi intanto l'Aucud mancante di viveri, e insieme di qua e di
là ristretto dalle guarnigioni ben disposte da _Ugolotto Biancardo_,
oppure da _Jacopo del Verme_, capitani del Visconte, nel mese di luglio
levò il campo. Inseguito da' nemici, diede loro una rotta, e poi con
ordine maraviglioso per mezzo al paese nemico si ridusse di nuovo sui
confini del Padovano, carico d'onore e di bottino. Sulla fede di Andrea
Gatari[2057] ho io scritta questa ritirata.
 
Ma eccoti avviso che l'Armagnacco è in Italia, e che viene furioso
addosso al conte di Virtù. Tornò in campagna colle sue genti l'Aucud, e
s'innoltrò fino sul Cremonese, per darsi mano co' Franzesi, se questi
più si appressavano. Era il conte di Armagnacco in gran credito nel
mestier della guerra; era parente della real casa di Francia, e seco
conducea[2058], chi dice quindici mila, chi dieci mila cavalli, e chi
meno, con alcune migliaia di fanti. Venne egli baldanzoso, niun conto
facendo de' Lombardi, anzi parlandone dappertutto con vilipendio.
Fu il suo primo sforzo contro del Castellazzo, dove Jacopo del Verme
generale di Gian-Galeazzo avea messo buon presidio. Usciti un giorno
i difensori, diedero ad esso conte delle busse: il che fu cagione che
egli s'ostinasse maggiormente a voler per forza quel castello. Come
seguisse il resto delle sue imprese, v'ha discordia fra gli scrittori.
A me sembra più da attendersi il racconto del Corio[2059]. Venne
un dì pensiero all'Armagnacco di riconoscere in persona la città di
Alessandria, e con cinquecento de' suoi nobili e migliori cavalieri
andò sino alle porte di quella città: e, smontato co' suoi, che
andavano gridando: _Fuori, o vilissimi Lombardi_, stava aspettando, se
uscivano. Irritato da tali ingiurie Jacopo dal Verme, colà inviato dal
Visconte, spinse fuori cinquecento de' suoi più scelti combattenti,
che attaccarono una cruda battaglia. Sostennero i Franzesi gran tempo,
ma in fine sconfitti presero la fuga; indarno nondimeno, perchè quasi
tutti rimasero prigioni. Lo stesso conte venne in poter dei nemici
vincitori, e, condotto in Alessandria, tardò poco a dar fine alla
sua baldanza e a' suoi giorni, o per ferite, o per troppo essersi
riscaldato ed avere bevuto[2060], oppure, come alcuni sospettarono,
per veleno. Per questa perdita spaventato il resto delle sue genti, si
levò in fretta dall'assedio del Castellazzo; ma inseguiti alla coda dal
valoroso Jacopo del Verme, e fra Nizza dalla Paglia ed Ancisa messi in
rotta, buona parte d'essi fu uccisa o presa. Gran bottino fu fatto; e,
presi gli ambasciatori fiorentini, si riscattarono a caro prezzo, non
meno che gli altri nobili. Scrivono altri[2061] che seguì un general
fatto d'armi tra i Lombardi e i Franzesi colla sconfitta degli ultimi.
Comunque sia, indubitata cosa è che nel dì 25 di luglio una piena e
mirabil vittoria ne riportò l'esercito del conte di Virtù, il quale
perciò fece dappertutto fare gran festa.
 
Ora veggendosi egli liberato da questo turbine, v'ha chi scrive, aver
egli tosto pensato a rispignere _Giovanni Aucud_, che s'era accampato
sul Cremonese, con ispedirgli contro tutta la sua armata. Una delle
imprese più rinomate di esso Aucud fu la ritirata ch'egli fece in
questa congiuntura con tale prudenza e stratagemmi, che meritò di
essere uguagliato ai più gloriosi capitani romani; di modo che, ad
onta dei nemici incomparabilmente superiori di numero, e non ostante
l'impedimento dei fiumi, diede loro delle percosse, e sano e salvo
finalmente si ritirò colle sue milizie a Castelbaldo sui confini del
Padovano. Ma ho io accennato due diverse imprese, cioè due ritirate
fatte in quest'anno dall'Aucud; pure, ritrovandosi chi ne mette
una sola (e forse con più verisimiglianza), desidero io che sia il
suo luogo alla verità. Essere può molto bene che l'Aucud, prima
che comparisse in Italia l'Armagnacco, sloggiasse dal Cremonese,
nè più ritornasse in quelle parti. Così ha specialmente la Cronica
Estense[2062], che suol essere più fedele delle altre, perchè scritta
da autori contemporanei. Ora il conte di Virtù, volendo vendicarsi de'
Fiorentini, che coi lor maneggi e danari aveano messo a repentaglio
il suo dominio[2063], spedì alla volta di Sarzana _Jacopo del Verme_,
con ordine di assalire il distretto di Firenze, giunto che fosse sul
Pisano, comandando nello stesso tempo alle altre sue genti alloggiate
in Siena d'uscir anche elle coi Sanesi dall'altra parte a' danni de'
Fiorentini. Preveduto questo colpo, fu richiamato frettolosamente da
Padova in Toscana Giovanni Aucud colle sue soldatesche, e si provvidero
i Fiorentini d'altre genti d'armi. Unitosi il Verme nel mese di
settembre co' Sanesi, penetrò nel cuore del territorio fiorentino: ma
gli fu sempre a fronte e a' fianchi l'accortissimo Aucud. Seguirono
varii scontri fra loro, ora favorevoli ed ora sinistri, colla morte
e prigionia di molti; ma niun riguardevole fatto d'armi accadde. Non
si dee però tacere che la Cronica di Piacenza[2064] racconta che nel
dì 16 di dicembre, conducendo i Fiorentini da Pisa un gran convoglio
di mercatanzie e vettovaglie, questo cadde in mano delle genti del
Visconte, restando prese circa due mila some, e da secento cavalieri,
che servivano di scorta ad esso convoglio. Nel mese di settembre,
credendo il Visconte di trovare indebolito _Francesco da Carrara_
per la partenza del suddetto _Giovanni Aucud_[2065], inviò _Ugolotto
Biancardo_ con un altro esercito per infestare il Padovano. Piantò esso
Ugolotto due bastie intorno a Castelbaldo. Ma il _conte da Carrara_,
sopravvenuto col popolo di Padova, il fece, suo malgrado, ritirare,
con dargli anche una pizzicata, e distrusse dipoi le inalzate bastie.
Per testimonianza di Sozomeno[2066], in quest'anno i Sanesi, che già
erano sotto il patrocinio di _Gian-Galeazzo Visconte_, per maggiormente
impegnarlo a sostenerli contro la potenza dei Fiorentini, lo elessero
per loro signore; e cassati gli anziani ed altri magistrati, riceverono
per loro governatore _Andrea Cavalcabò_ a nome d'esso Visconte. Entrò
in quest'anno _Giovanni Sciarra_ col braccio della sua fazione in
Viterbo, e, fatta strage di ducento di que' cittadini, e, cacciata fuor
di città la parte contraria, violentemente s'impadronì di quella città.
 
NOTE:
 
[2042] Georgius Stella, Annal. Genuens., tom. 17 Rer. Ital.
 
[2043] Ammirato, Istoria di Firenze, lib. 15.
 
[2044] Annal. Foroliviens., tom. 22 Rer. Ital.
 
[2045] Giornal. Napolet., tom. 21 Rer. Ital.
 
[2046] Raynald., Annal. Eccles.
 
[2047] Sozomenus, Chron., tom. 16 Rer. Ital.
 
[2048] Guichenon, Histoir. de la Maison de Savoye.
 
[2049] Vita Clementis antipapae, P. II, tom. 3 Rer. Ital.
 
[2050] Georgius Stella, Annal. Genuens., tom. 17 Rer. Ital.
 
[2051] Annal. Foroliviens., tom. 22 Rer. Ital. Sozomenus, Chron., tom.
16 Rer. Ital.
 
[2052] Chron. Estense, tom. 15 Rer. Ital.
 
[2053] Ammirati, Istor. Fiorentina, lib. 15.
 
[2054] Gatari, Istor. di Padova, tom. 17 Rer. Ital.
 
[2055] Annal. Mediolan., tom. 16 Rer. Ital. Chron. Placent., tom. eod.
Chron. Foroliv., tom. 22 Rer. Ital.
 
[2056] Chron. Estense, tom. 15 Rer. Ital.
 
[2057] Gatari, Istor. di Padova, tom. 17 Rer. Ital.
 
[2058] Idem, ibid., Chron. Placentin., tom. 16 Rer. Ital. Annales
Mediolanenses, tom. eod.
 
[2059] Corio, Istor. di Milano.
 
[2060] Poggius, Hist., lib. 3.
 
[2061] Chron. Placent., tom. 16 Rer. Ital.
 
[2062] Chron. Estense, tom. 15 Rer. Ital.
 
[2063] Ammirati, Istor. Fiorentina, lib. 15.
 
[2064] Chron. Placent., tom. 16 Rer. Ital.
 
[2065] Gatari, Istor. di Padova, tom. 17 Rer. Ital.
 
[2066] Sozomenus, Chron., tom. 16 Rer. Ital.
 
 
 
 
Anno di CRISTO MCCCXCII. Indiz. XV.
 
BONIFAZIO IX papa 4.
VENCESLAO re de' Romani 15.
 
 
Dispiaceva forte _papa Bonifazio_ l'arrabbiata guerra che si facea tra
il conte di Virtù e i Fiorentini collegati col Carrarese[2067]. Affine
di smorzar questo fuoco, avea spedito _Ricciardo Caracciolo_, gran
maestro dell'ordine di Rodi, a Firenze e Pavia per indurre le parti
alla pace. E perciocchè anche _Antoniotto Adorno_ doge di Genova con
zelo avea fatte le medesime proposizioni, furono mandati a Genova gli
ambasciatori delle potenze interessate; e, dopo grandi dibattimenti
nel gennaio di quest'anno, si conchiuse una tregua di trent'anni fra
loro[2068]. Rinunziò _Gian-Galeazzo_ alle sue pretensioni sopra Padova,
con che _Francesco Novello_ pagasse cinquecento mila fiorini d'oro
al Visconte in cinquanta anni, dieci mila per anno. Andrea Gataro
scrive[2069], essere stati promessi solamente sette mila fiorini l'anno
per anni trenta. Promesse sì lunghe sperava bene il Carrarese che non
avrebbono effetto col tempo. Di _Francesco il vecchio_ suo padre,
che era prigione in Como (altri scrivono in Monza) nulla si parlò,
figurandosi il figliuolo di poterne poi ottenere la liberazione dalla
magnanimità di Gian-Galeazzo, se pure egli si curò molto di riaverlo
vivo. Gli altri capitoli della tregua, che fu pubblicata nel dì due
di febbraio, si leggono presso il Corio, e son anche riferiti negli
Annali del Bonincontro[2070]. Disputandosi in quell'accordo, chi ne
sarebbe garante, _Guido Tomasi_, ambasciator fiorentino, la finì con
dire[2071]: _La spada sarà mallevadrice per tutti_. Ma poco fidandosi
i potenti d'Italia del Visconte, principe che colle forze grandi
univa poca fede per la cocente voglia di dilatar le fimbrie, vollero
assicurarsi in avvenire contra i di lui tentativi. _Francesco Gonzaga_
signore di Mantova quegli fu che più degli altri si mosse. Andò a
Roma, Firenze, Pisa, Bologna e Ferrara, e fermò una segreta lega di
tutte queste potenze, la qual conchiusa in Bologna nel dì 11 d'aprile,
accresciuta nel progresso, finalmente nel dì 8 di settembre fu gridata
in Mantova, e si scoprì che v'erano entrati anche _Francesco Novello da
Carrara_, ed _Astorre_ ossia _Eustorgio de' Manfredi_ signore d'Imola.
N'ebbe gran rabbia Gian-Galeazzo Visconte, il quale in questi tempi
attese a fabbricare il fortissimo castello, che tuttavia sussiste
nella città di Milano, ed ebbe nel dì 23 d'esso mese la consolazione di
veder nato da Caterina sua moglie un secondogenito, a cui fu posto il
nome di _Filippo Maria_[2072]. Nè si vuol tacere che di molte insidie
furono tese al suddetto Gonzaga nel suo ritorno da Roma; il perchè fu
necessitato a venir per mare in Toscana, e di là a Firenze e Bologna. Gli facea la caccia il conte di Virtù.

댓글 없음: