Annali d'Italia 141
Cominciò in quest'anno il giovinetto _re Ladislao_ a tentar sua
fortuna contra dell'emulo suo _re Lodovico_[2073]. Nel dì 10 d'aprile
spedì le sue genti allo sterminio della potente casa de' Sanseverini,
che teneva gran signoria in Calabria. Andarono ben fallati i suoi
conti; imperciocchè, sentendo questa mossa i Sanseverini, cavalcarono
un dì e una notte con fare settanta miglia (se tanto si può fare),
e sull'alba assalirono il campo nemico, che a tutt'altro pensava,
con isbarattarlo, far molti prigioni e guadagnar buon bottino. Si
contarono fra i prigioni _Ottone_ duca di Brunsvich principe di
Taranto, ed _Alberico_ conte di Barbiano. Costò al primo il riscatto
non più di duemila fiorini d'oro; non più di tre mila all'altro, ma
colla promessa di non militare per dieci anni contra di loro. Assai
danaro si ricavò dalle altre persone di taglia, se vollero conseguire
la libertà. Lorenzo Bonincontro[2074] riferisce più tardi questo
sinistro avvenimento, per cui il conte Alberico venne poi a militare
in Lombardia. Andò il _re Ladislao_ a Roma nel dì 30 di maggio, dove
immensi onori gli furono fatti. E perciocchè la _regina Costanza_ già
era venuta in isprezzo ad esso re, ed era successivamente mancato di
vita _Manfredi di Chiaramonte_ Siciliano suo padre, Ladislao propose in
Roma l'annientamento del suo matrimonio (secondo alcuni, non peranche
consumato) con essa regina, allegando di avervi consentito senza la
necessaria età, e come per forza, e ne riportò sentenza favorevole:
perlochè la sfortunata principessa, deposti i titoli regali, e trattata
qual privata femminuccia, fu poi collocata in matrimonio ad altri,
siccome diremo. Tornato a Gaeta Ladislao, uscì finalmente per la prima
volta in campagna coll'esercito de' suoi baroni, a' quali la _regina
Margherita_ teneramente colle lagrime sugli occhi il raccomandò.
S'impadronì dell'Aquila, e fece prigione il _conte di Monopoli_. Fu
attossicato in Capoa, e durò fatica a salvare la vita. Costrinse ad
abbracciare il suo partito _Tommaso Marzano_ duca di Sessa, ammiraglio
del regno, e _Stefano Sanseverino_ conte di Matera. Mise anche in rotta
i nemici a Monte Corvino, luogo che in quella congiuntura andò a sacco.
Nell'anno presente[2075] _Maria regina_ di Sicilia, condotta in
addietro per forza in Aragona dalla fazione aragonese, e maritata a
_don Martino_ della real casa d'Aragona, venne col marito in Sicilia,
correndo il mese di febbraio. Dopo avere oppressa, anzi spiantata la
fazione contraria de' Chiaramontesi, Palermo, Catania ed altre città,
vennero alla loro ubbidienza: al che si può credere che influisse
non poco l'aver essi abbracciato il partito del vero _pontefice
Bonifazio IX_. Ma essendo i medesimi da lì a qualche tempo tornati a
riconoscere l'antipapa _Clemente_, si risvegliò una fiera ribellione in
quell'isola, di modo che, a riserva di Messina, Siracusa e la rocca di
Catania, tutto il rimanente si sottrasse al loro dominio. Non mancavano
in tanto a papa Bonifazio turbolenze ne' suoi Stati, e cresceva
l'impegno di sostener la guerra contra del nemico _re Lodovico d'Angiò_
in favor dell'amico _re Ladislao_. Grande era il bisogno di danaro,
ed egli per questo continuò ad impegnare i beni delle chiese di Roma,
e ad erigere la metà delle annate per la collazion de' benefizii; del
che furono universali le doglianze del clero, nè minori si sentirono
per le decime imposte dall'antipapa al clero di Francia, e pur convenne
pagarle. Grave discordia e guerra civile avea in addietro lacerata la
città di Perugia per le fazioni de' Beccarini e Raspanti. S'invogliò
quel popolo di chiamar colà _papa Bonifazio_, il quale, già disgustato
delle insolenze a lui fatte dai Banderesi romani, non ebbe discaro di
accettar quella città per sua residenza[2076], con esigere innanzi che
in mano sua fossero rimesse le porte e le fortezze. Si portò egli colà
nel dì 17 d'ottobre, e si studiò di rimettere la pace fra i cittadini,
pace nondimeno che, secondo l'abuso di quei tempi, non fu di lunga
durata.
Dominava in Pisa da gran tempo _Pietro Gambacorta_, governando,
secondo varie Croniche, umanamente e saviamente quel popolo. Racconta
all'incontro ne' suoi Annali il Tronci[2077], esser egli venuto in
odio a tutti i cittadini di Pisa, non già per le azioni sue, ma per
la prepotenza e per le insolenze de' suoi figliuoli, e d'altri della
famiglia medesima. Somma confidenza aveva egli data a _ser Jacopo
d'Appiano_, ossia _da Pisano_, uomo, benchè vile di nascita, benchè
malvagio in eccesso, pure suo segretario favorito, di modo che per mano
di costui passavano tutti gli affari più importanti di quell'illustre
città. La bandita fazion de' Raspanti manteneva segrete corrispondenze
con questo mal arnese; anzi lo stesso _Gian-Galeazzo Visconte_ per
fini suoi politici nascostamente fomentava stretta amicizia con lui;
nè il Gambacorta seppe mai prestar fede ai Fiorentini e ad altri che
gliel mettevano in sospetto. Per effettuare i suoi scellerati disegni
l'Appiano, vecchio allora di settant'anni, occultamente introdusse
in Pisa molte centinaia d'uomini suoi parziali, chiamati specialmente
da Lucca e dalla Garfagnana[2078]. Venuto il dì 21 di ottobre, uccise
_Jacopo Rosso de' Lanfranchi_, uno de' primarii cittadini: fatto, per
cui tutta la città fu in armi. Ancorchè non apparisse disposizione
alcuna dell'ingratissimo Appiano contra del suo signore, pure Pier
Gambacorta si afforzò con Lorenzo e Benedetto suoi figliuoli, e co'
suoi provisionati. Ma non cessando di fidarsi dell'Appiano, restò
miseramente ucciso egli, feriti e presi i suoi figliuoli, anch'eglino
furono tolti dal mondo. Dopo di che il traditore Appiano ebbe seguito
e forza per farsi proclamare signor di Pisa: colpo che sommamente
increbbe ai Fiorentini, i quali, perduto un buon amico, ebbero
da lì innanzi un dichiarato nemico in costui, siccome creatura di
Gian-Galeazzo Visconte, che all'aperta si diede poscia a conoscere
gran protettore di lui. I fuorusciti allora rientrarono tutti in Pisa;
ne uscirono i parziali de' Gambacorti, e non pochi altri de' migliori
cittadini, e fra gli altri lo stesso _arcivescovo Lotto Gambacorta_.
Di gravi molestie soffrì ancora in quest'anno la Toscana dalla
compagnia di masnadieri raunata da _Azzo da Castello_ e da _Biordo
de' Michelotti_[2079]. Per liberarsene furono obbligati i Fiorentini a
sborsare quaranta mila fiorini d'oro, sette mila i Sanesi, dodici mila
i Pisani, otto mila i Lucchesi. Ecco se sapeano dare dei buoni salassi
questi assassini. Altra via di cacciar costoro non ebbero i Perugini,
che d'invitare alla lor città il papa, siccome abbiam già detto. In
Genova gran commozione fu nell'anno presente contro ad _Antoniotto
Adorno_ doge di quella istabile repubblica[2080]. _Antonio Viale
vescovo_ di Savona nel dì 19 d'aprile fu il primo ad entrar coll'armi
nella città; ma preso e cacciato in un'orrida prigione fu costretto per
qualche tempo a far penitenza dell'attentato sconvenevole ad un pari
suo. Altro sforzo fu fatto nel maggio, ma con poco successo, contra
di esso doge. Finalmente nel dì 16 di giugno i Guelfi tutti, prese le
armi, fecero battaglia cogli avversarii, costrignendoli alla fuga, di
modo che anche l'Adorno segretamente si ritirò fuori della città, e in
luogo suo fu creato doge _Antonio di Montaldo_, parente del medesimo
Adorno, benchè in età di soli ventitrè anni.
NOTE:
[2067] Corio, Istoria di Milano.
[2068] Chron. Estense, tom. 15 Rer. Ital.
[2069] Gatari, Istoria di Padova, tom. 17 Rer. Ital.
[2070] Bonincontrus, Annal., tom. 21 Rer. Ital.
[2071] Ammirati, Istoria di Firenze, lib. 16.
[2072] Chronic. Estense, tom. 15 Rer. Ital.
[2073] Giornal. Napol., tom. 21 Rer. Ital.
[2074] Bonincontrus, Annal., tom. 21 Rer. Ital.
[2075] Raynald., Annales Ecclesiast. Histor. Sicula, tom. 24 Rer. Ital.
[2076] Chron. Estense, tom. 15 Rer. Ital.
[2077] Tronci, Annal. Pisani.
[2078] Chron. Estense, tom. 15 Rer. Ital. Bonincontrus, Annal., tom. 21
Rer. Ital. Sozomenus, Hist., tom. 16 Rer. Ital.
Anno di CRISTO MCCCXCIII. Indizione I.
BONIFAZIO IX papa 5.
VENCESLAO re de' Romani 16.
Mentre _papa Bonifazio_ dimorava in Perugia[2081], co' suoi buoni
maneggi trasse alla sua divozione il popolo d'Ancona, dianzi attaccato
all'antipapa. Per guadagnarsi l'affetto de' Bolognesi[2082], accordò
loro quanti privilegii e grazie seppero addimandare, confermando loro,
fra le altre cose, il supposto privilegio di Teodosio imperadore.
Acconciò ancora i suoi affari con altre città della Marca, lasciando ad
esse la libertà, purchè pagassero un annuo censo. Viterbo, occupato da
_Giovanni Sciarra_, gli era tuttavia contrario; ma i Romani, antichi
nemici di quella città, ostilmente usciti contro alla medesima,
obbligarono colla forza l'usurpatore a ricorrere alla clemenza del
pontefice. Camerino, Jesi, Fabriano, Matelica ed altri luoghi occupati
da varii signori, anch'essi gli ubbidirono, salva la signoria di que'
potenti, che promisero censo anche essi. Ma nel mese d'agosto ebbe
fine la quiete di Perugia, e la residenza del pontefice in quella
città. Ne era esclusa la fazione de' Raspanti, ed, unitasi questa
alla compagnia de' masnadieri di _Biordo de' Michelotti_, Perugino
di patria, si portò sotto Perugia. Trattossi d'accordo, e, il papa,
credendo alle promesse di que' fuorusciti, permise loro l'ingresso
nella patria. Male per la fazion contraria de' Beccarini, contra dei
quali non tardarono ad incrudelire col ferro i nuovi entrati; e non
potendo il pontefice frenar così fatto furore, si ritirò ad Assisi.
Entrò poscia Biordo in quella città, rimasta desolata, e tirannicamente
ne prese il dominio. La partenza del papa da Perugia fu cagione che i
Romani s'invogliarono di farlo ritornare a Roma. Spedirongli a questo
fine ambasciatori; e giacchè non ebbero difficoltà a prendere quelle
leggi che loro prescrisse il papa, il videro comparire a Roma, prima
che terminasse l'anno presente. Ma non terminarono in quest'anno
le violenze di Biordo[2083]. Avea papa Bonifazio, secondo l'uso del
nepotismo d'allora, creato marchese della Marca _Andrea_ suo fratello
di casa Tomacelli. Biordo l'assediò in Macerata; per interposizione
de' Fiorentini si salvò Andrea[2084], con avergli i Maceratesi pagata
la somma di mille fiorini d'oro. Diversamente scrive Bonincontro, con
dire che Biordo l'ebbe prigione, e ciò viene confermato da Teodorico di
Niem[2085]. Fu poi riscattato con danari dal papa, e Biordo s'impadronì
di varie città e castella della Marca. Anche i Malatesti, cioè _Carlo_
e _Pandolfo_, nel mese d'agosto coll'oste loro andarono fin sotto
Forlì saccheggiando il paese. Poco vi mancò che non facessero prigioni
_Francesco_ e _Pino degli Ordelaffi_, i quali poi colla valevole
applicazion del danaro liberarono per ora dalle forze de' nemici il
loro paese.
Guerra non fu in quest'anno in Lombardia, ma si videro bene i preludii
di quella che nacque nel seguente[2086]. Penava _Gian-Galeazzo
Visconte_ a tenere in freno il rancore conceputo contra di _Francesco
Gonzaga_ signore di Mantova, perchè egli s'era staccato da lui, e
molto più perchè avea manipolata una sì forte lega a' suoi danni, ed
ultimamente ancora, unito ad _Alberto marchese d'Este_, era stato a
Venezia a trattar con quella signoria. Intendeva ben egli a che fine
esso Gonzaga, aiutato dai collegati, avesse piantato un ponte sul Po
a Borgoforte, e ben afforzatolo ai due lati. Pertanto gli venne in
pensiero di far anch'egli un brutto scherzo al Gonzaga con divertire
dal loro letto le acque del Mincio. Fece a questo oggetto tagliare un
monte presso a Valezzo; fece far di grandi chiuse ed altri lavorieri
con incredibili fatiche e spese. Se riusciva il disegno, addio Mantova.
Restava essa priva del lago, cioè della sua fortificazione, e vicina
ad essere spopolata per l'aria fetente delle paludi. Ma più possanza
ebbe l'escrescenza del fiume, che le invenzioni degli architetti, e
andò a male tutto quel dispendioso lavoro: disgrazia, a cui soccombe
facilmente chi vuol far da maestro alla forza de' fiumi. Se ne erano
ingelositi forte i collegati, e tennero per questo i loro ambasciatori
un parlamento in Ferrara; e veduto poi che il fiume da sè stesso avea
provveduto al bisogno, altro non fecero per allora. Venne a morte nel
dì 30 di luglio[2087] _Alberto marchese d'Este_, signor di Ferrara,
Modena, Rovigo e Comacchio, principe di sempre cara ricordanza; e
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